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Autore: Phantom Lady    03/03/2012    2 recensioni
Cosa potrebbe succedere se Alfred *spunta Alfred*
Alfred: Ehi, non parlare di me senza il mio permesso!
Io: Ma... è per...
Alfred: Lascia fare a me *mi spinge da parte*... Allora.
"Cosa potrebbe succedere se un meraviglioso ed eroico americano decidesse di mostrare le proprie geniali invenzioni al Meeting Mondiale?" Sì, è perfetto... risalto abbastanza?
Io: Veramente... ah, lasciamo perdere.
Alfred: *prende microfono* Ha altre dichiarazioni?
Io: Ve', è probabile che vi sia un lontano acceno di shonen'ai.
Alfred: O_______ò *cerca di sopprimermi*
Io: Ah, scusate, ma siccome sono poco presente al computer potrei aggiornare con un po' di lentezzaaaaa...
Grazie per la pazienza e buona lettura!
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Allied Forces/Forze Alleate, Axis Powers/Potenze dell'Asse, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Atlantis ~

 

-Parte seconda: L'asse Roma-Berlino-


Feliciano si alzò di scatto e cercò allarmato Ludwing, che si rigirava tra le coperte.
-Ho fatto un incubo!- disse l’italiano guardando l’amico in preda al panico.
-Quale?- gli chiese calmo il superiore, guardandolo.
-America ci aveva invitato al meeting mondiale e ci aveva fatto entrare in un sandwich gigante- Ludwing gli battè una mano sulla spalla –e il sandwich ha avuto un guasto. Forse c’era poco keckup. Fatto stà che poi ci siamo tutti separati e io... voglio Lovinoooo- cominciò a piangere tra le braccia del tedesco, che lo consolava.
Una donna si affrettò a venire da loro, allarmata dai singhiozzi di Feliciano. Era una suora vestita di nero il cui abito puliva per terra. Rivolse loro un sorriso preoccupato e immensamente pio. Mosse le labbra appena e Feliciano catturò qualche parola in latino riguardante delle preghiere.
-Vi siete svegliati in tempo per la cena. Dio vi benedica- alla fine di ogni frase diceva sempre “Dio vi benedica” come Cina diceva “aru~”
-Pastaaaa!- urlò Feliciano, mettendosi in piedi e asciugandosi le lacrime in fretta. Aveva un modo così repentino di passare da un’emozione a un’altra...
La donna lo guardò con fare interrogativo e, mentre scortava i due verso la sala dei pasti, recitava qualche preghiera in latino e costringeva i ragazzi a ripetere la litania, correggendo la pronuncia e spiegando il significato.
La sala che raggiunsero era magnificamente grande. Degli immensi rosoni ornavano le guglie, le vetrate colorate dipingevano la luce del sole che filtrava nella chiesa. Sul tetto vi erano dei disegni dorati, così brillanti e vividi che, quando riflettevano la luce del sole, erano abbaglianti. Sui muri correvano degli affreschi che raccontavano la storia di un uomo, dal tratto così realistico, dai colori così meravigliosi che sembrava che la scena stesse danzando davanti ai loro occhi. I due cominciarono a fare dei giri intorno a sè stessi per ammirare la sala in ogni suo particolare, cogliendo nuovi dettagli ad ogni occhiata.
A rovinare quella bellezza  era la tavola, circondata da mendicanti, persone vestite di stracci, menomati. Ludwing provava un po’ di ribrezzo per quella gente, fece soltanto una smorfia, poi cercò un posto dove sedersi.
Il piatto era povero, un mezzo bicchiere di acqua,  una fetta di pane e una di formaggio. Il cibo non aveva un bell’aspetto, ma per fame fu costetto a ingurgitare quegli alimenti duri e senza sapore.
“Inghilterra cucina comunque peggio” si disse Ludwing, come se la cosa potesse confortarlo.
-Ah, ah. Molto divertente- rise di gusto Feliciano. L’amico lo guardò con un’espressione interrogativa.
-Ok, dov’è la pasta?!- sembrava davvero arrabbiato.
La suora di prima si avvicinò e gli rispose che non c’era nessun alimento con quel nome.
L’italiano aprì la bocca in un’espressione di sconcerto e poi balbettò qualcosa.
-Mi tocca mangiare queste schifezze?- fece triste indicando il cibo adagiato sul tavolo rugoso.
-Per l’amor del cielo! Rifiuti questa benedizione di Nostro Signore!?- esordì l’altra, basita, come se davanti avesse l’anticristo e non un semplice umano.
Feliciano diede una botta a Ludwing, che si stava sforzando di mangiare.
-Tanto lo so che non piace neanche a te- sorrise l’italiano –lo fai solo perchè hai fame. A te non interessa la religione- poi spostò lo sguardo sull’amico e sulla suora, che stava diventando paonazza.
-Fuori dalla casa del Signore!- gridò, indicando la porta.
-Oh, donna, non ti arrabbiare!- ribattè Feliciano, ingenuo. –Come fa un uomo a vivere in una casa così grande?-
Ludwing si battè una mano sul viso e lo guardò, sussurrandoglio qualcosa come “Dio” e “religione”
L’italiano sembrò illuminato: -Ma certo! Io prego ogni giorno-
La donna cominciò ad irritarsi sempre di più e ripetè l’ordine.
Feliciano si gettò a terra con le lacrime agli occhi, le mani intrecciate davanti al petto: -La prego buona donna! Non mi faccia del male! Sono ancora vergine, non sarebbe divertente!- usava sempre la stessa scusa, ma chissà se valeva ancora? –La prego, non mi faccia del male, farò tutto quello che vuole- agitava la testa e le lacrime si infrangevano tra i capelli, che ballavano nell’aria.
La suora strinse i pugni e prese i due ragazzi per le orecchie.
-E non fatevi mai più rivedere!- gridò la donna, calciandoli dalla chiesa.
I due si rialzarono, pulendosi l’abito. Ludwing lo guardò sinistramente e prese a camminare per le vie polverose della città. Teneva una distanza di sicurezza da lui e ogni tanto lo guardava. Feliciano continuava a fissarlo con il solito sorriso ilare e ignaro.
Ludwing mise le mani nelle tasche della camicia e cercò di tastarne l’interno. Sentì solo la stoffa intrecciata. Chiuse gli occhi e poi guardò l’amico, che fece la stessa cosa.
-Non abbiamo soldi- fecero all’unisono.
-Pizzicotto a te, fortuna a me!- rispose Feliciano, tirando un pezzo di pelle e carne all’amico.
Ludwing gli diede una botta alla mano e gli invieì contro: -Ma ti sembra il momento!?-
L’italiano si compresse e lo guardò con i suoi grandi occhioni marroni da cane bastonato. Il tedesco strinse il pugno per resistere, ma il viso implorevole dell’amico gli fece pena e gli accarezzò i capelli: -Scusa- gli disse imbarazzato.
Ripresero a camminare tra le vie, spintonati dagli altri e tirati verso i negozi dai commercianti. Quando entrarono nel mercato le loro orecchie cominciarono a scoppiare. Feliciano si avvicinava curioso a tutte le bancarelle, prendeva le cose in mano e chiamava Ludwing, per fargli vedere le cose che stava osservando. L’amico lo tirava via per un braccio ricordandogli che non avevano soldi e che, se li avessero avuti, li avrebbero usati più saggiamente.
-Che noia, sei- faceva il broncio Feliciano e già adocchiava qualche cosa di carina da osservare e toccare.
Uscirono dal mercato tutti interi, la gente gli dava le gomitate e appiattiva al proprio petto le provviste comprate, temendo che qualcuno potesse rubarle.
Feliciano passò fischiettando accanto ad una donna con in mano un cestino, ferma davanti a una bancarella, indecisa su cosa comprare. L’italiano ci infilò la mano e cominciò a palpare cosa ci fosse sotto. Sentì una stoffa leggera e la scostò abilmente con le dita, poi toccò della carne fresca e si leccò le labbra. Ne accarezzò la superficie morbida e compatta. Dopo poco urlò, togliendo la mano dal cestino della donna, che si girò di scatto.
Cominciò a baciarsi il dito, che un animale gli aveva morso. Un bambino cominciò a piangere e la donna spostò la coprtina. Non era carne di vitello, era un bambino!
La donna gridò aiuto e tre uomini corsero in suo soccorso. Si scrocchiarono le dita e strinsero i pugni. Feliciano vide le vene gonfiarsi sul loro collo e i loro occhi bruciare. L’italiano fece un passo indietro, ma altre due persone bloccavano le vie di fuga. Gli uomini si avvicinarono sempre di più e Feliciano si gettò a terra, in lacrime.
Li pregò di non fargli del male e gli dissè che avrebbe fatto tutto quello che avrebbero voluto. Gli uomini non lo ascoltarono e uno di loro gli diede un pugno in faccia e Feliciano cadde a terra, in preda al dolore.
Ludwing vide la folla eccitarsi e accalcarsi intorno a un punto e, non vedendo più l’amico, cercò di farsi spazio, spostando la gente che gli ostruiva il passaggio. Non fu facile, perchè tutti gli urlavano contro, altri lo spingevano indietro o riceveva gomitate dalla gente entusiasta.
Ludwing spinse a terra una donna e un bambino e riuscì a passare.
Feliciano era  inginocchiato, che chiedeva un po’ di clemenza. Perdeva sangue dal naso e piangeva, davvero, questa volta.
Un uomo gli diede un pugno, ma il tedesco lo fermò e rigiò la mano, torcendogli il polso.
-Lasciatelo in pace!- ringhiò lui, poi riprese –E’ solo un lurido amante della pasta!-
Feliciano si sentì sollevato, quando vide l’amico che lo difendeva, si asciugò le lacrime e saltò in piedi, abbracciandolo. Strinse tra le dita la camicia dell’amico e sentì la stoffa fredda, il polpastrello scivolò sotto un bottone e gli accarezzò la pelle.
Ludwing si ribellò imbarazzato: -Ma che combini?!- gli urlò contro, imbarazzato, poi si rivolse agli uomini che attendevano impazienti.
-Be’?- chiese uno di loro.
La donna di prima si mise davanti a Ludwing e lo rimproverò: -Stai difendendo un bugiardo!-
Il tedesco si voltò verso Feliciano, che arrossì, colpevole.
-Che... che cosa hai fatto?- chiese all’amico, ma gli rispose la donna: -Voleva rubare mio figlio!- e prese a piangere, con la testa tra le mani, che posò sulla spalle del suo uomo.
Ludwing gli rivolse uno sguardo di rimprovero ferreo e freddo come suo solito.
-Io... pensavo che fosse... volevo fare come mio fratello!- si giustificò il moro –Avevi fame e volevo prenderti qualcosa da mangiare! Anche quando voglio fare qualcosa di buono finisco per combinare un macello! Sono totalmente inutile!- Feliciano corse via piangendo.
Quelle parole scossero una parte di Ludwing, che si era commossa, e si morse le labbra per essere stato tanto sciocco. Allungò una mano per fermarlo, ma si era già fatto strada tra la gente. Lui lo seguì ma non riuscì a trovarlo. Lo cercò per tutte le strade, tra le più polverose e sudice, chiese in giro, ma nessuno rispose. Controllò ovunque, setacciò ogni centimetro quadrato di terreno, entrò nei negozi, nelle taverne. Ma non lo trovò.
Si asciugò il sudore per la corsa e, proprio quando credeva di non avere più speranze di trovarlo, sentì un singhiozzo provenire da dietro un angolo, seguito da altri copiosi.
Si avvicinò lentamente e vide Feliciano in un angolo, con le gambe portate al petto e le mani che nascondevano il viso, come se Ludwing non sapesse che stava piangendo.
Si sedette vicino a lui e gli posò una mano sulla spalla. Lentamente lo avvicinò al suo petto e gli tolse le mani dal viso, asciugandogli le lacrime con le dita. I suoi occhi erano rossi e stanchi.
-Feliciano, non piangere- gli disse, accarezzandogli i capelli, ma si sentì subito in imbarazzo e smise pian piano.
L’altro balbettò qualcosa e chiuse gli occhi, trattenendo il respiro, cercando di reprimere i singhiozzi a fatica. L’italiano si passò una mano sul viso e cercò di ritornare a respirare regolarmente con poco successo.
-Ludwing, mi dispiace!- disse tirando su col naso. Un rivolo di sangue gli colò fino alla bocca.
-Non ti preoccupare- gli sorrise il tedesco.
Quando i loro occhi si incontrarono Ludwing lesse in quelli dell’amico un sincero pentimento e decise di perdonarlo, oppresso dai sensi di colpa. Non ce ne era un gran motivo, dato che era dalla parte della ragione, ma quello sguardo così pieno lo faceva sentire irrimediabilmente colpevole.
Ludwing gli accarezzò il viso e posò le sue labbra sulla guancia dell’amico, che per un momento smise di tremare. Le sue gote erano calde e sentì un piacevole teporino percorrergli tutto il corpo, fino ad arrivare alle guance, che si imporporarono. Il tedesco strinse la presa intorno all’amico, portandolo a sè. L’italiano chiuse gli occhi, cullato dall’altro, perdendosi nei suoi pensieri.
Ludwing gli spostò i capelli dal viso e gli diede un buffetto affettuoso: -Il mio inutile Italia- sussurrò.


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Nota di Phantom Lady: Pensavate che mi fossi dimenticata di Ludwing e Feliciano, vero? E infatti è così La realtà è che volevo fare una cosa un po’ diversa e avevo in mente una cosa un po’ lunghetta. Siccome sono tutti partiti da un bosco alla ricerca di una città, volevo che non fosse tutto uguale, così ho deciso che Feli e Lud si sarebbero trovati in una città. Inoltre penso di avergli dedicato un capitolo alquanto lungo (considerando i precedenti) e metterlo insieme all’altro sarebbe stato particolarmente noioso per i lettori. Ah, nel caso ve lo stesse chiedendo, no, non mi sono dimenticata di loro e me ne sono ricordata solo rileggendo la storia, no. Avevo già macchinato tutto quanto, sì. In realtà non è vero, ma datemi corda. Spero che vi sia piaciuta.
Grazie a chi mi segue e buona lettura
Phantom Lady

 

  
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