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Autore: Melanyholland    03/03/2012    8 recensioni
Chuck Bass era abituato ad ottenere sempre ciò che voleva. Il suo piano era infallibile e la vittoria avrebbe avuto il dolce sapore delle labbra di Blair.
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass, Dan Humphrey, Serena Van Der Woodsen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione
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2. The Kissing Bandit

 

“Ehi, sorellina.”

“Ti ho detto di non chiamarmi così.” sbottò Serena, in automatico. “E vorrei ricordarti che questo è il corridoio delle ragazze. Il St. Jude è di là.”

“Qui il panorama è migliore.” obiettò Chuck, occhieggiando lascivo le scollature di un paio di matricole. Serena sbuffò e roteò gli occhi, poi aprì il suo armadietto e vi infilò un quaderno ad anelli.

“Hai visto Blair?”

“Non recentemente.” mentì lui, con una scrollata di spalle. Oh, sapeva dov’era Blair. Sapeva sempre dov’era Blair.

“Devo parlarle e non risponde alle mie chiamate.” sospirò Serena.

“Ho una cosa per te.”

“Se ti slacci i pantaloni, giuro che ti arriva una ginocchiata lì in mezzo.” lo ammonì lei, con un’occhiataccia. “Esattamente come due anni fa”.

Chuck rise, nostalgico. Quelli sì che erano bei tempi.

“Eri appena uscita da uno sgabuzzino con un cameriere del catering. Pensavo volessi cancellare il ricordo con un’esperienza di qualità.”

“Basta, non ne voglio parlare.” replicò Serena, con il suo solito atteggiamento da verginella oltraggiata. Solo uno come Humphrey poteva cascarci, rifletté Chuck. Per lui, Serena aveva smesso di essere credibile in quel ruolo di vestale innocente quando a un party l’aveva vista tirare su una striscia di coca dagli addominali nudi di uno sconosciuto e poi mettersi a cavalcioni su di lui per baciarlo con la lingua.

Comunque, Chuck la accontentò e le porse un libro di calcolo.

“Che roba è? Non ho matematica, questo semestre.”

“È di Humphrey.”

“E allora perché ce l’hai tu?”

“L’ha dimenticato in classe”.

In realtà, Chuck aveva convinto Lester Creed, un tizio di terza abile coi lucchetti, a rubarglielo dall’armadietto in cambio di un invito assicurato per il Lost Week-End di quell’anno.

Serena inarcò le sopracciglia.

“Ancora non spiega perché ce l’hai tu.” ribatté e Chuck doveva darle credito: era più arguta di quanto ci si aspettasse da lei a una prima occhiata. “Da quando ti preoccupi di Dan?”

“Mi preoccupo per te, sorellina. Siamo una famiglia, ora.” sussurrò teneramente e, al suo verso scettico, proseguì, criptico: “Credo che dovresti dare un’occhiata a pagina ventisei. Sono sicuro che non vorresti cadesse in mani sbagliate.”

“Ma di che parli?”.

Finalmente aveva l’attenzione di Serena, che aprì le mani istintivamente per afferrare il libro appena lui lo lasciò cadere. Chuck non rispose. Le scoccò un sorrisetto e le voltò le spalle per andar via, infilandosi una mano nella tasca dei pantaloni beige. 

Serena lo fissò con le sopracciglia aggrottate finché lui e la sua andatura ciondolante non sparirono dietro un angolo, poi aprì il libro. Era decisamente di Dan. Riconobbe la calligrafia con cui aveva scarabocchiato il suo nome sulla prima pagina e la carta profumava vagamente di waffle e caffé. Un odore che la riportava a piacevoli giornate passate con Dan a casa sua, abbracciati sul letto a vedere un film o a studiare insieme per un esame o semplicemente a baciarsi e fare l’amore.

All’improvviso, si sentì in colpa per come lo aveva trattato, riducendolo a un reietto, scansato da tutti. Forse Dan non aveva avuto tutti i torti: si stava davvero comportando come le Perfide. Certo, vederlo con Amanda l’aveva ferita –come poteva, Dan, aver dimenticato la loro storia, aver dimenticato lei, così in fretta? Come poteva accusarla ingiustamente? - ma forse stava dando troppa importanza alla sua uscita con quella ragazza. A parte parlare di libri noiosi, non avevano condiviso niente. Non come lei e Dan. Quello era prezioso e indimenticabile, speciale.

Sospirò e sfogliò il libro fino alla pagina indicata da Chuck. Quando ci arrivò, vide un foglio rosa pastello accuratamente ripiegato infilato nel mezzo.

“Cosa..?”.

 

Caro Dan,

scusa se al club sono stata un po’ brusca con te, ma ero davvero sconvolta per quello che mi avevano fatto Serena e le sue amiche. Ho parlato con i miei e ho deciso di non frequentare più la Constance. Non è una scuola che fa per me, non ho la forza di oppormi tutto l’anno alle prepotenze e agli scherzi crudeli delle ragazze. Avevi ragione, a proposito, sono davvero cattive e Serena non fa eccezione, anche se finge di no. È esattamente come loro, anzi peggio, perché come dici tu, ha finto per un anno con te di essere migliore.

Perciò lascio la città. Spero non mi giudicherai male per questo, perché sei stato l’unico gentile con me e vorrei che conservassi un buon ricordo del tempo che abbiamo passato insieme, anche se è stato breve. Io di certo non dimenticherò mai il bacio che mi hai dato dopo avermi rincorsa per consolarmi dello scherzo meschino di Serena e le altre. E’ stato il più bello che abbia mai ricevuto.

Mi sarebbe piaciuto stare insieme a te, ma non ce la faccio proprio. Scusa. 

 

Tua,

Amanda

 

Serena sentì gonfiarsi un nodo in gola, zuppo di lacrime trattenute e rabbia. Come aveva potuto? Parlare male di lei alle spalle, credere davvero che non fosse diversa dalle Perfide, come se il loro amore e il tempo in cui la guardava come se fosse la cosa più bella che gli fosse mai capitata, non fosse mai esistito. Come se non l’avesse mai conosciuta davvero. Proprio lui, il primo e l’unico a cui Serena avesse mai davvero aperto il suo cuore con fiducia e onestà, completamente, ora sputava su tutto ciò che avevano condiviso ritenendolo una falsità.

Non riusciva a realizzare quale colpo facesse più male, se quello, o il fatto che avesse baciato quella lì solo a una settimana di distanza dalla loro rottura, perfino dopo quel tacito messaggio che si erano lanciati in ascensore.

Serena? Io continuo...

Lo so. Anch’io... ti amo.

No, era troppo. Non gli avrebbe permesso di umiliarla così. Le guance le bruciarono di vergogna appena si rese conto che solo un momento prima si sentiva in colpa per averlo isolato da tutti. Ma ora non più, anzi, quello era solo l’inizio. Accartocciò il foglio nel pugno e se lo infilò nella tasca del cardigan, irata. Chuck aveva ragione, meglio che occhi indiscreti non lo leggessero: Gossip Girl si sarebbe presa di nuovo gioco di lei e tutti avrebbero pensato che era assolutamente patetica, ancora lì in lutto per la rottura con Dan mentre lui se la spassava con la prima che capitava. Al contrario,  ora avrebbe dimostrato a tutta Manhattan che di Dan non le importava proprio nulla, era acqua passata. Totalmente. Dan avrebbe visto inerme le foto di lei che si divertiva con altri, da solo, nella sua squallida stanzetta da quattro soldi. Perché alle loro feste di certo nessuno lo avrebbe più invitato, ora che lei non era più al suo fianco a tenerlo per mano.

Serena si diresse a passo deciso verso il cortile, mento alzato, occhi ferventi di determinazione e chioma dorata che seguiva indomita ogni suo movimento sui tacchi alti degli stivali di pelle. Chiunque la notò in quel momento –e furono in molti-, non poté fare a meno di pensare che Serena Van der Woodsen sembrava una vera dea.

 

*

 

“Stasera aperitivo al Geisha.” annunciò Blair, sedendosi al tavolo di Penelope, Iz e Hazel. Il suo tono non ammetteva repliche. Aveva deciso che la migliore strategia per riconquistare il potere era dare l’impressione che Serena non glielo avesse mai tolto, come se l’incidente con i foulard fosse così di poco conto per lei da esserle passato del tutto di mente. Purtroppo, Penelope non sembrava avere intenzione di renderle la vita facile, come al solito:

“Viene anche Serena?”

“Se glielo chiedo, lo farà.” ribatté Blair, sprezzante. Serena aveva provato a contattarla almeno una decina di volte, di certo si sentiva tremendamente in colpa. Pertanto, sarebbe stato un gioco da ragazzi convincerla a seguirle al sushi bar. Del resto, pensò Blair piccata, glielo doveva. Insieme a un bel po’ di scuse sentite.

“Adoro il sushi.” cinguettò Hazel e le altre annuirono, rispettose.

“Davvero un’ottima idea, B”.

Blair sorrise soddisfatta, in bocca già il sapore della vittoria. Chuck si sbagliava e glielo avrebbe gettato in faccia presto: riconquistare il trono era stato semplicissimo, anche più che con la piccola Jenny. Del resto, Serena non era mai stata granché nei giochi di potere.

Dovette però riconoscerle che era bravissima nelle entrate in scena a effetto. Si materializzò al loro tavolo con irruenza, le guance accalorate e uno sguardo feroce che Blair non le aveva mai visto. Perfino lei si sentì un po’ in soggezione.

“Stasera ho voglia di ballare. Che ne dite di un giro per i locali più in dell’Upper East Side?”.

Le ragazze si scambiarono occhiate e sorrisetti, mentre Blair avvertì un tuffo allo stomaco e il viso farsi paonazzo.

“Veramente abbiamo già impegni, per stasera, S.” replicò risoluta, grata che la voce non tradisse la sua profonda insicurezza. Eppure, le ragazze sembravano fiutarla lo stesso, come avvoltoi con un animale in fin di vita. La guardavano con scherno e un sorriso divertito a fior di labbra, appena percettibile.

“Ah, sì? Quali?” chiese Serena, sbadatamente.

Geisha.”

“Quel posto è una noia, B.” si lamentò come una bambina capricciosa. A Blair venne davvero voglia di artigliarle la gola e cominciare a stringere. Quello che fece fu restare impalata a fissarla, incredula e sbigottita. Serena non la trattava mai in quel modo. Non da quando era tornata.

“Ma...”

“Su, ho voglia di scatenarmi. Chi è con me?”

“Io ci sto.” aderì entusiasta Penelope, seguita all’istante dalle altre. Blair si sentì di nuovo in un incubo, in balia di eventi che non riusciva minimamente a controllare, bloccata, inerme

“Tu vieni?” le domandò Serena, gettandosi dietro la spalla i capelli biondi. A quel punto, Blair esplose. La sua opinione doveva essere decisiva, doveva essere essenziale. E non solo perché era la regina, ma soprattutto perché era la sua migliore amica! In passato era capitato che Serena non avesse problemi a liquidarla per spassarsela con altri, ma era sempre stato sotto l’influenza manipolatrice di Georgina o di qualche cocktail. Ma stavolta non aveva scuse.

“A fare cosa? Ad agitare il fondoschiena e farmi palpeggiare da un gruppo di ragazzi sbronzi e sudati? No, grazie.” sbottò, furibonda, alzandosi in piedi di scatto. “Non sono una simile sgualdrina, io”.

Serena sembrò cogliere l’allusione, perché si rabbuiò, aggrottando la fronte:

“Bene. Allora divertiti a stare a casa da sola”.

Le ragazze sghignazzarono maligne e fu troppo. Blair dovette andarsene in fretta perché non poteva permettersi una scenata isterica di fronte a tutti e aveva davvero voglia di cancellare a suon di improperi quello sguardo di superiorità e condiscendenza dall’insopportabile faccia di Serena.

Da lontano, Chuck aveva seguito tutto lo scambio. Scoccò un’occhiata compiaciuta verso Serena, attorniata dalle ragazze che chiacchieravano eccitate, poi seguì Blair nella sua ritirata.

 

*

 

Blair arrivò spedita al bagno delle ragazze, fendendo la folla di studentesse riverse nei corridoi per la pausa di metà mattinata.

“Fuori.” sbraitò perentoria, spalancando le porte e le due tizie davanti ai lavandini si scambiarono un’occhiata sorpresa e divertita prima di riporre rossetto e fard nelle borse e obbedire, chiudendo la porta alle loro spalle. Del resto, sapevano chi era.

E ora andranno a raccontare a tutti che Blair Waldorf è entrata in bagno sconvolta e probabilmente si inventeranno anche che stavo piangendo o che so io ed entro stasera sarà su Gossip Girl e l’intera scuola riderà di me.  Tutto per colpa di Serena!

Blair sferrò rabbiosa un calcio al secchio accanto ai lavabi, che rotolò in un tragitto a mezza luna lasciando dietro di sé una scia di salviette per le mani usate. La odiava. Era di nuovo il primo anno di liceo, Serena era la ragazza ammirata e invidiata da tutti e lei era solo l’amica meno bella, meno divertente, meno popolare, quella che viveva nella sua ombra e che qualche volta chiamavano Claire. Anzi, adesso era perfino peggio, perché i riflettori erano stati anche su di lei e Serena glieli aveva soffiati senza sforzo, dimostrando al mondo che Blair non valeva nulla al suo cospetto, che era regina solo per sua gentile concessione e nel caso Serena cambiasse idea, come era accaduto, Blair doveva solo chinare la testa e dichiararsi umilmente sconfitta.

“Oh, se lo può scordare.” dichiarò ostile  e combattiva al proprio riflesso nello specchio. Aveva gli occhi brillanti di lacrime trattenute e le guance rosse. I capelli erano un po’ arruffati, così estrasse una mini spazzola dalla borsa e se li riavviò con qualche affondo brusco nel castano. Cercò di sfogare in quei movimenti la stizza che provava, ignorando deliberatamente la porta di una delle toilette che si rifletteva nello specchio, alle sue spalle, volgare tentatrice di gesti che aveva promesso a se stessa di non compiere più.  

 Quando i boccoli furono di nuovo domati e in ordine –così come gran parte del suo subbuglio interiore-, ripose la spazzola, si applicò uno strato fresco di lucidalabbra Endless Ruby e si chinò per tirare su le autoreggenti bianche, scivolate lievemente durante la corsa. Per farlo con più comodità si era sollevata la gonna scozzese intorno alla vita e ovviamente fu proprio in quel momento che Chuck entrò nel bagno, incurante di limitazioni sociali di così scarso interesse come la divisione dei servizi per donne e uomini.

“Chuck!” lo redarguì, sorpresa e imbarazzata.

“Che fai, cominci senza di me?” la rimproverò lui vizioso, fissando le sensuali gambe abbronzate fasciate dalla seta candida. Prima che Blair facesse ricadere la gonna sulle ginocchia con uno sbuffo seccato, Chuck riuscì a cogliere la V conturbante del suo sesso racchiuso fra le cosce e avvolto in eccitanti mutandine rosse di pizzo.  

Dato che era un adolescente prestante che non ci dava dentro da secoli, si sentì subito prendere dalla voglia di sbatterla al muro, divaricarle le cosce e strapparle gli slip coi denti, prima di baciarla, leccarla e succhiarla proprio lì, fra le pieghe morbide, umide e assolutamente afrodisiache. In pochi minuti, lei sarebbe stata bollente e lui non avrebbe avuto altro sulla lingua che quel sapore peccaminoso e dolce che era squisitamente, semplicemente Blair.

Sarebbe stata l’estasi.

Blair, che conosceva fin troppo bene lo sguardo lustro che Chuck le stava rivolgendo, si sentì arrossire quando lo vide leccarsi le labbra e socchiudere gli occhi in una fantasia di sicuro oscena che poteva vedere solo lui.

“Chuck, non puoi lasciarmi in pace nemmeno nel bagno femminile?” protestò, irritata. Per di più, l’interruzione le aveva permesso di tirare su una calza soltanto, perciò la destra continuava a starsene raggrumata all’altezza sbagliata. Era seccante e scomodo. Tutto era seccante e scomodo in quella giornata pessima, accidenti.

Chuck posò lo sguardo sul suo viso e rispose, in quel tono gentile che era tutto per lei:

“Ho visto che te ne andavi di corsa e sono venuto a controllare che fosse tutto okay.”

“Beh, è tutto okay!” esclamò Blair veemente, la voce incrinata che smentiva le sue stesse parole. Ci mancava solo la preoccupazione di Chuck, a scombinarle i sentimenti già turbati dal tradimento di Serena. Si voltò verso lo specchio e ricominciò a sistemarsi i capelli già perfetti con le mani, tanto per sembrare occupata e farlo andare via.

Ma Chuck non demorse. Blair ascoltò i suoi passi sempre più vicini con crescente agitazione e il movimento sempre più insensato delle dita fra i boccoli.  

“Blair.” la chiamò pacato e lei percepì la sua mano che le prendeva il mento per costringerla a guardarlo. Sottrasse il viso dalle sue dita, ma lo guardò, mordendosi il labbro per trattenere il fiume di parole che sentiva gorgogliarle nel petto, ansiose di riversarsi fuori dalla bocca in un flusso isterico di confessione.

“Lo sai che a me puoi dire tutto.”

“No, non posso.” ribatté, algida, scuotendo la testa e inghiottendo le parole che le ardevano nella gola. “Non ora che anche tu sei dalla parte di... di quella.”

“Non dire sciocchezze. Io sono sempre dalla tua parte.” obiettò Chuck con naturalezza e Blair fece una smorfia incredula, ma lui sapeva che stava per cedere. Ne aveva colti tutti i segni: l’estrema rigidità della postura, i denti che continuavano a torturare il labbro, le mani che tremavano appena, il respiro breve e secco.

“Se vuoi che ti aiuti a detronizzare Serena, devi solo chiedere.”

“Non ho bisogno del tuo aiuto.” ripeté Blair distogliendo gli occhi, cocciuta e orgogliosa.

“Lo sai che insieme siamo invincibili.” insisté Chuck, incalzante, prendendole la mano e posandovi un bacio galante. “Chiedimelo, Blair”.

Blair lo guardò. Chuck sembrava sinceramente intenzionato ad aiutarla. Anzi, sembrava che la faccenda gli stesse particolarmente a cuore. Oh, Blair non era una stupida: sapeva che Chuck voleva approfittare della situazione per tentare di rimettersi con lei, voltando le carte a suo proprio vantaggio.

“E sentiamo, che vorresti in cambio del tuo aiuto?” domandò, inarcando le sopracciglia.

Chuck fece un mezzo inchino e le sorrise, affascinante.

“Solo l’immenso piacere di stare con te”.

Appunto.

“Quindi invece di complottare al telefono mi toccherà vederti di persona per ogni passo del piano?” chiese Blair, derisoria.

Chuck da parte sua era sempre più soddisfatto: Blair aveva praticamente già accettato di lavorare con lui, tutto andava per il verso giusto. Scosse la testa, enigmatico.

“Bass, se vuoi propormi condizioni, sbrigati. La campanella sta per suonare e, al contrario di te, io arrivo sempre puntuale in classe. Certo”, aggiunse, con uno scintillio arguto negli occhi scuri: “Non significa che rinuncerò a contrattare, se ce ne sarà bisogno”.

Chuck la lasciò sulle spine ancora per un po’, approfittando della pausa per rievocare ancora una volta quelle eccitanti mutandine rosse; poi, quando vide che Blair era sul punto di ribellarsi e piantarlo lì come la gattina focosa che era, rispose:

“Voglio un appuntamento. A cena. E soprattutto”, abbassò il tono in un sussurro carezzevole, avvicinando il volto a quello di lei. “Voglio il dopocena.”

“Scordatelo!” sbottò Blair, spingendolo via e ignorando il bocciolo di eccitazione nel bassoventre. “Se speri che faccia sesso con te solo perché mi dai un aiuto, che tra l’altro io non ti ho mai chiesto, sei pazzo.”

“Pazzo di te, Waldorf.” sorrise Chuck, divertito. “E io non ho mai parlato di sesso. Per me”, cominciò, seducente e ruffiano, cingendole i fianchi: “Il premio più ambito è solo un tuo bacio.”

“Una cena e un bacio?”. Blair rise, genuinamente sollevata. “Stai perdendo il tuo talento negli affari, Bass.”

“Dato che la trattativa è per te così vantaggiosa, perché non accettare?” la stuzzicò lui, gli occhi puntati nei suoi e le mani che le accarezzavano i fianchi, possessive. Blair ricambiò il suo sguardo per un po’, soppesando i pro e i contro. Probabilmente Chuck pensava che, trascorrendo del tempo con lei, sarebbe riuscito a riconquistarla. Ma si sbagliava e glielo avrebbe dimostrato. Nel frattempo, poteva  benissimo approfittare del suo contributo nella distruzione di Serena.

Un nemico alla volta, chèrie, un nemico alla volta.

“Beh, ho baciato un mucchio di perdenti giocando a Obbligo o Verità. Per cui....” sorrise, insolente. “Affare fatto, Bass.”

“Bene”.

Chuck sorrise a sua volta, compiaciuto. Blair conosceva quell’espressione, la sfoggiava sempre quando aveva messo a segno un punto. Si domandò se ci fosse un aspetto di quella faccenda che stesse sfuggendo ai suoi accurati calcoli, finché il suono della campanella la riscosse e si allontanò di un passo da Chuck, sottraendosi alla stretta avida delle sue mani.

“Devo andare in classe.” annunciò.

“Non hai dimenticato qualcosa?”.

Blair lo guardò confusa. Confusione che si trasformò in vero e proprio sbigottimento quando lo vide abbassarsi di colpo e infilarle le mani sotto la gonna.

Chuck!” protestò, indignata, afferrandolo per i capelli e strattonando per fargli male.

“Ahia, Waldorf! Voglio solo aiutarti a tirare su anche l’altra calza.” si giustificò lui, restando in ginocchio ma sollevando la testa dalle pieghe della sua gonna con un’espressione offesa e dolorante. “So che ti dà fastidio. Continui a toccarti la gamba con la mano.”

“Se tu non mi avessi interrotta prima, l’avrei fatto io. È  colpa tua!”

“Allora lasciami rimediare.” ribatté lui, in un tono ragionevole che le dava sui nervi, considerando che le stava palpeggiando le gambe in un bagno femminile e quello era tutto fuorché ragionevole.

Comunque, Blair sbuffò e lo lasciò fare, perché era la migliore strategia per toglierselo dai piedi alla svelta e perché, dopotutto, la sensazione delle sue mani che le accarezzavano la coscia non era poi così spiacevole.  

No, aspetta, questo no, si rimproverò mentalmente. Certo che era spiacevole. Era orribile. Sì, sì.

Intanto, Chuck era in paradiso. Fece scorrere le mani sulla coscia, poi insinuò i pollici sotto l’orlo della calza e percepì la pelle liscia, raggiante di calore. Sollevò la lingerie con premurosa lentezza, come era solito fare quando, un anno prima, al contrario gliela sfilava. La gonna gli impediva di guardare, perciò in quel momento fra lui e Blair c’era solo tatto: caldo, morbidezza, il pulsare ritmico di un’arteria, l’indolente scivolare del tessuto fine sulla gamba liscia e viva. Quando finalmente la calza si tese, senza poter più proseguire la scalata, Chuck indugiò e racchiuse la coscia fra le mani per godere ancora un po’ di quella piccola parte di lei che gli stava concedendo. Blair sopra di lui risucchiò l’aria e trattenne il respiro: le sue dita la sfioravano in quel punto in cui era più bollente e bisognosa, accarezzandola appena.

Chuck...”

Chuck sollevò gli occhi e si accorse che lei aveva serrato le palpebre, le guance accaldate e il respiro concitato. Persa ogni inibizione, una mano salì a racchiudere nel palmo la sua delicata femminilità.

“...stop.” sussurrò lei, buttando fuori l’aria in un soffio allarmato. Sollevò le palpebre e lo guardò, ripetendo, più decisa: “Fermati, Chuck, basta”.

Chuck annuì a malincuore, mettendo da parte la sua frustrazione. La voleva. Non aveva mai voluto nessuna così violentemente. Ma doveva essere paziente. Era solo questione di giorni, ormai, se tutto fosse andato secondo i suoi piani.

Ritrasse la mano, ma non rinunciò a posarle con riverenza un bacio sulla coscia, lì dove era coperta dalla gonna scozzese blu, prima di alzarsi in piedi e tornare a sfoggiare il suo sorrisetto vizioso marchio di fabbrica.

“Ci sentiamo oggi pomeriggio per i dettagli, Waldorf.”

“Bene.” acconsentì lei senza guardarlo e Chuck fu lieto di sentire che la sua voce non era ancora del tutto a posto, incrinata e sfiatata.

Sì, ne era certo: di lì a pochi giorni, Blair sarebbe stata sua.

 

End#2

 

 Note dell’Autrice:

 

[1] “The Kissing Bandit” è un film del 1948 con Frank Sinatra.

[2] Lo scambio fra Serena e Dan in ascensore risale alla 2x03 (The Dark Night) e in originale è così:

Dan: Serena? I still...

Serena: I know. Me too. I love you.

[3] Ringrazio tutti i lettori, spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento.

 

Al prossimo!

Melany

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

  
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