Butterò questo mio enorme
cuore tra le stelle un giorno,
giuro che lo farò,
e oltre l'azzurro della tenda nell'azzurro io volerò.
Quanto tempo era passato da
quando aveva lasciato la Contea? Tantissimo, solo un anno era vero, ma a lui
pareva tantissimo, troppo, infinito. Tornava, con un peso di meno intorno al
collo e mille pesi in più nell’animo. Quali cose orrende aveva visto! Morte,
dolore, sofferenza, tradimento. Come le avrebbe cancellate dalla sua mente? Come
sarebbe sopravissuto ancora con tutte quelle immagini immonde che riempivano i
suoi sogni, i suoi pensieri, le due lacrime silenziose versate nelle sere senza
luce e senza luna? Grazie a lei. Il pensiero di quell’essere puro e felice gli
alleggeriva il cuore, gli rinfrescava i pensieri, gli tranquillizzava l’animo.
Il suo angelo, la sua luce del cuore, la tenerezza a cui sempre aveva pensato
per tutto quell’anno anche se mai a nessuno ne aveva parlato, nè dato a vedere
che lei gli mancava tanto. Parlava della Contea, vero, ma era solo un modo per
nascondere agli altri che era lei che voleva: in cima al Monte Fato, tra le
braccia della Morte, sotto l’Occhio di Sauron... lei, lei e solo lei, una
costante, un pensiero sempre presente. Il suo sorriso, il pensiero che, se non
avesse resistito, il mondo in cui lei vive sarebbe stato distrutto gli aveva
dato le forze. Doveva distruggere quell’Anello, pensava, perchè il mondo in cui
lei vive potesse ancora esistere, perchè la sua purezza rimanesse tale e non
macchiata dal sangue e dagli sputi degli orchi, perchè il suo sorriso rimanesse
sulle sue labbra e perchè lui lo potesse rivedere non appena tornato.
E quello fu il suo primo pensiero, quando la guerra nella Contea fu finita:
andare da lei. Non si riposò. Il suo sorriso di gioia dopo la vittoria scomparì.
Solo un sorriso tirato, due piedi veloci che lo portavano verso la fattoria
fuori città. Teso, era teso. Voleva vederla, era curioso di sapere che faccia
avrebbe fatto quando lo avesse visto davanti a lei. Vide la fattoria, era
felice, il cuore gli scoppiava! L’ultima volta che si era sentito così quand’era
stato? Forse alla festa di Bilbo... gli ultimi suoi istanti di vita ignara
dell’esistenza dell’Unico e della malvagità della sua storia. Oltrepassò il
cancello dello steccato con un salto. Se nulla era cambiato a quell’ora lei era
a lavorare nelle stalle. Si precipitò lì, guardò dentro al locale: non c’era
nessuno. Nessun animale, niente paglia, nemmeno lei. Dubbioso uscì dalla stalla:
forse con la guerra era successo qualcosa anche a loro ed erano tutti in casa?
L’avrebbe vista lì, tornò ad essere felice. Si affrettò verso la porta di casa,
dimenticò di bussare la aprì –Sono tornato!- esclamò. La voce gli uscì dalla
bocca un po’ stridula, era troppo emozionato. Davanti a lui vi erano solo i tre
fratelli che si girarono di scatto verso di lui alzando i visi dai fogli che
avevano sul tavolo –Oh, chiedo scusa- disse abbassando il capo e cercando di
darsi un contegno –Posso sapere dov’è Ryna?- chiede in tono cortese accennando
un inchino
-Ryna?- chiese Meroim, guardandolo con gli occhi stanchi –Ma guarda che...-
-Ti porto io da Ryna- lo interruppe Soim che si alzò di scatto dal tavolo –Voi
continuate pure senza di me, torno tra pochissimo, immagino vorranno stare soli
dopo tanto tempo- i due annuirono, lo Hobbit raggiunse Frodo e lo accompagnò di
nuovo fuori dalla porta, richiudendola poi alle sue spalle –Seguimi, Frodo
Baggins- disse a bassa voce per poi cominciare a camminare.
E con le mani amore, per le
mani ti prenderò
e senza dire parole nel mio cuore ti porterò
Sotto un grande e frondoso albero. I fiori erano sbocciati quasi tutti, ormai era estate, e alcuni di essi cadevano ogni volta che il vento, troppo forte, li staccava. Scendevano lenti, piroettando su se stessi, girandosi, spostandosi nell’aria, quindi si posavano a terra sull’erba. Alcuni di essi si posavano su una zona dove l’erba ancora non era cresciuta, perchè la terra era stata smossa. Altri ancora si posavano su una pietra bianca, scivolavano su di essa ed arrivavano a terra dopo le ultime evoluzioni sulla sua fredda e candida superficie. La bianca pietra riportava solo una scritta, “Ryna Rumbe”, incisa sul davanti e poi dipinta di un colore argentato nelle scanalature.
ma voleremo in cielo in carne ed ossa, non torneremo....Più
Frodo allungò una mano,
piegandosi in avanti, e scostò un fiore che si era fermato sulla sommità della
pietra. Fatto questo tornò in piedi e fece un passo indietro osservando la
pietra e i fiori intorno. In silenzio, nella solitudine nella quale Soim lo
aveva lasciato rimase ad osservare, immobile. “Lo Stregone Bianco” aveva
raccontato Soim “Ha tentato di prendere possesso di casa tua, per farne la sua
base... Ryna si era istallata lì dentro e faceva di tutto per allontanarlo,
qualsiasi cosa fosse nelle sue capacità. Lo Stregone non si dimostrò cattivo con
lei, probabilmente l’aveva sottovalutata: non credeva potesse dare così tanto
filo da torcere. Un giorno però decise di porre fine a quella controversia e si
scagliò contro il giardino, distruggendolo. Ryna corse fuori per proteggerlo, ma
uscì solo dalla porta e la richiuse. Egli aveva capito che lei amava quei fiori,
sperava abbassasse la guardia se li avesse distrutti. Ryna rimase lì e anche
quando si avvicinò, alto e potente, e la minacciò con la sua magia terribile,
lei non si mosse: allargò le braccia e coprì con il corpo la porta per non farlo
passare. Bastò un attimo ed egli la pugnalò: era stanco di quella pulce che gli
dava fastidio e così... la schiacciò”.
Frodo strinse tra le mani l’interno delle tasche dei pantaloni ed abbassò il
capo, stringendo forte gli occhi, incassando la testa nelle spalle, sforzandosi
di non reagire. La ragazza più bella del mondo per lui, la sua luce, la sua
gioia: era stata uccisa perchè cercava di proteggere quello che in futuro sapeva
sarebbe diventato il loro rifugio d’amore, la loro casa. Il tutto mentre lui non
c’era, mentre lui non era presente per proteggerla, non era lì per difendere la
casa, al suo fianco, per proteggere il loro futuro, insieme. Così, in piedi, ma
come rannicchiato su se stesso, mentre la sua anima si accartocciava intorno al
cuore, tentò di non singhiozzare, di non piangere, di non far nulla, ma il
dolore era troppo.
E pianse, e singhiozzò davanti alla tomba del suo amore, Ryna.
E senza fame e senza sete
e senza aria e senza rete voleremo via.
FINE
Dedicata a chi ancora crede nell’amore e, nonostante tante sofferenze, ancora
non ha smesso di sperare
Canzone dell’ultimo capitolo: La donna cannone – F. De Gregori