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Autore: lispeth_    04/03/2012    5 recensioni
Guardava quegli occhi neri come la pece percorrere tutta la stanza. La stava cercando, sentiva il suo respiro ansioso di poterla toccare un'altra volta. Roxanne voleva urlare, ma facendo così avrebbe rivelato il suo nascondiglio all'assassino. La sua risata le fece gelare il sangue. "Ti troverò Roxanne Holmes, non puoi scappare" ringhiarono le sue labbra. Non era umano, era un mostro. E andava fermato, prima che fosse troppo tardi.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Love your ass Adrian
Fuck me Adrian
Love Adrian’s eyes


A volte si sentiva improvvisamente scomparire dal mondo. Diventare polvere ed essere trasportata dal vento. Non riusciva più a interagire con tutto ciò che le era attorno. Tutto scorreva senza il suo intervento. Spettatrice di un mondo senza di lei. Quella mattina diventò talmente lunga da strappare man mano pezzi della speranza di Roxanne di poter riappacificarsi con Sawyer. Voleva vederlo subito, in quel momento e spiegargli come si sentiva e di quanto avesse bisogno del suo vecchio ragazzo senza tutte quelle preoccupazioni per quello che era successo. Avrebbe preferito essere da qualche altra parte piuttosto di star vicino ad Adrian Kain che non faceva altro che perforare le sue spalle con lo sguardo. La stava torturando psicologicamente e sapeva che prima o poi si sarebbe chinata alle sue ginocchia stremata.
“Pensi di riuscire a resistermi solo perchè non sei stupida come Cheryl?”la sfidò Adrian al suo fianco. Sapeva che stava sorridendo nonostante non conoscesse così tanto quel ragazzo. Eppure conosceva il tipo di tono malizioso della sua voce, lo accompagnava sempre con sorriso accattivamente che faceva cadere ai piedi qualunque tipo di ragazza.
“Tu non dovresti nemmeno parlare” disse stizzita Roxanne cercando di guardare davanti a sè la lavagna piena di nomi conosciuti e che non aveva voglia di annotare sul suo quaderno solamente pieno di scarabocchi.
Le lancette scorrevano lentamente, sembravano quasi tornare indietro. Sarebbe stato meglio se fossero davvero tornate indietro nel tempo, magari avrebbe potuto evitare l’incidente di Sawyer e lei avrebbe ancora il suo ragazzo di sempre. Il Sawyer nuovo di zecca senza alcuna ammaccatura. Chiuse gli occhi e iniziò a contare, lo faceva sempre quando aveva paura, la teneva concentrata solo sui numeri e la escludeva dai problemi esterni. In quel momento aveva paura: di poter perdere Sawyer per sempre; di non riuscire ad essere all’altezza della situazione che si sarebbe presentata dopo alcuni giorni senza di lui ma soprattutto aveva paura di cambiare idea su Adrian. Sapeva che il suo odio era debole, gli sarebbero bastate poche scalfiture da essere abbattuto solamente con un soffio. Giro lentamente lo sguardo verso il suo compagno di banco che sembrava aver ritirato le armi per qualche secondo. Si concese pochi secondi per osservarlo bene per poi tornare a guardare la lavagna.
Odialo Roxanne, odialo e basta.
Le piaceva pensare che la causa di tutti i suoi problemi fosse quel ragazzo e che semplicemente ignorandolo si sarebbe tutto sistemato. Sarebbe stato veramente troppo semplice se Adrian Kain fosse il suo unico problema.
La campanella finalmente suonò e Roxanne potè sfuggire dalle grinfie di quel ragazzo che doveva odiare. Si incamminò verso casa senza guardarsi indietro. Percorse la strada diretta guardando i suoi piedi: voleva evitare di incontrare qualcuno o di fermarsi a guardare qualcosa di curioso.
Non appena si chiuse la porta di casa alle spalle potè finalmente respirare. Stava diventando un’abitudine tornare a casa in quel modo, come se quelle quattro mura potessero veramente proteggerla dai suoi pensieri. Trovò suo fratello Noah in salotto a masticare biscotti al cioccolato con tutta la serenità del mondo. Gli scompigliò delicatamente i capelli per poi sedersi sul divano.
“Papà ha detto che non torna a casa per cena” disse il ragazzino leggermente riccio senza distogliere lo sguardo dal suo cartone preferito.
“Allora compreremo una pizza stasera che ne dici?” gli occhi di Noah si illuminarono immediatamente di gioia, adorava semplicemente quando la sorella lo viziava in quel modo solamente per colmare l’assenza del padre.
“Si, io la voglio il salame”
“Sai che il salame ti fa fare gli incubi, prenderò due belle pizze margherita e fattele bastare”
“Ok va bene mi accontento” disse per poi ritornare a fissare lo schermo del televisore.
Roxanne se ne andò in camera sua e si chiuse la porta alle spalle. In quel suo piccolo rifugio poteva finalmente sfogare la sua rabbia contro suo padre. Premette il viso sul cuscino e iniziò ad urlare con tutto il fiato che aveva.
“Che succede?” chiesi improvvisamente una voce alle sue spalle. Roxanne si alzò immediatamente dal letto e guardò verso la sua scrivania, Sawyer sedeva sulla sua sedia girevole e la guardava con due occhiaie di uno che non dormiva da un mese.
“Sawyer mi hai fatto prendere un colpo. Che diavolo ci fai in camera mia? Come sei entrato?” gli chiese con una mano sul cuore ancora agitato per lo spavento. Lentamente riprese a battere normalmente nonostante fosse ancora irrequieto nella presenza di Sawyer.
“Mi ha fatto entrare Noah, era talmente concentrato a guardare cartoni che avrebbe fatto entrare chiunque”
“Che ci fai qui?”
“Sono venuto a scusarmi” sussurrò alzandosi dalla sedia e avvicinandosi al letto. Si sedette sulla fondo del letto facendo segno a Roxanne di sedersi accanto a lui. Solo quando la ragazza fu completamente seduta iniziò a parlare.
“Mi volevo scusare del mio comportamento di questa settimana, sono leggermente stressato per quello mi è successo e il non ricordarmi nulla mi fa totalmente impazzire. Ma non ho pensato a quanto questo potesse ricadere su di te” le prese dolcemente la mano cominciando a giocare con le sue dita poi ne avvicinò il dorso alle sue labbra. Per quanto potesse arrabbiata con lui per averla esclusa dalla sua vita per un’intera settimana, quando le fu così vicino l’unica cosa che poté sentire fu un leggero formicolio che le percorse lentamente tutta la schiena.
Per quanto fosse arrabbiata con Sawyer non riuscì a dire assolutamente niente. Rimase incantata per qualche secondo a guardare quegli occhi azzurri che le chiedevano pietà.
Stupidi film. Stupidi libri. La facevano troppo facile quando si trattatava dell’amore. I problemi si annullano e il fulcro non è altro che quel sottile filo che unisce i loro cuori. E gli sbagli? Quelli venivano completamente annullati dal potere universale dei sentimenti veri. Chi la volevano dare a bere? Roxanne ogni volta che leggeva un simile affronto voleva lanciare il libro contro il muro.
Non erano altro che un mucchio di stronzate. I problemi esistevano, anche nell’amore, anzi sembravano essere ancora più difficili del solito.
Sicuramente se fosse stata un personaggio di una storia d’amore avrebbe cancellato dalla sua mente tutti quei problemi per concentrarsi solamente sul presente. Ma era impossibile. Non riusciva minimamente a dimenticare quello che era successo con Adrian, quello che era accaduto al suo ragazzo e a come veniva trattata negli ultimi giorni da Cheryl. Sarebbe peggiorato?
“Ehi Rox stai bene?” le chiese Sawyer vedendola improvvisamente sbiancata.
“Si sto bene, solamente che mi sei mancato terribilmente” disse Roxanne cercando di tenere a bada tutti i suoi problemi premendoli verso il basso del suo corpo, non dovevano disturbarle il cuore in quel momento.
Fuori dalla finestra il cane del vicino continuava ad abbaiare, il vento faceva picchiettare i rami dell’albero contro la sua finestra e il cielo rombava come se fosse in corso una guerra celeste. Nel momento in cui le labbra di Sawyer si posarono sulle sue tutto scomparve in un attimo, venne il silenzio ma il dolore rimase.

“Hai sentito? Kayla darà una festa a casa sua. Un festa in maschera ci credi?” Reneè saltellava davanti a un volantino colorato anche troppo male che annunciava la troppa necessità di essere popolare in quella scuola. Roxanne ammirava Kayla. Era la ragazza più bella della scuola e nonostante tutto non si dava delle arie e non pretendeva di essere trattata con un certo rispetto. Quell’uscita della festa in maschera però l’aveva delusa. Kayla non era fatta per delle feste in grande stile e che comprendessero l’intero istituto.
“Sembra fantastico” disse Roxanne con poco entusiasmo notando in basso a destra la clausola di invitare qualcuno dell’istituto. Nessuno di esterno? Oh un’altra festa alla quale non sarebbe andata perchè non poteva andarci con Sawyer.
“Avanti Rox non fare quella faccia. Ci vuole un certo entusiasmo in queste cose. So già che vestito mettermi, oddio ma devo trovarmi anche qualcuno”
“Io non penso che verrrò”
“Perchè no?”
“Non posso portare nessuno di esterno e siceramente non voglio trovare un rimpiazzo del mio ragazzo solamente per entrare a una stupida festa di carnevale” il suo buon umore era mutato improvvisamente. Aveva trascorso una bellissima nottata insieme a Sawyer ma tutto era stato cancellato dal sole del mattino che l’avevano costretta a lasciare il letto e a trascinarsi fino a scuola.
“Non c’è bisogno di essere così nervosi, puoi benissimo venirci con me. Non è necessario presentarci in coppia con un ragazzo” disse Reneè mostrando in continuazione il suo sorriso smagliante che avrebbe potuto convincere anche la povera Roxanne che non aveva nessuna voglia di andare a una festa. Finì per sospirare al cielo e a rinunciare al suo stupido ego.
“Ok va bene ci andremo insieme, ma smettila di guardarmi in quel modo” sembrava che stesse per scoppiare da quanto fosse entusiasta per quella notizia. Le concesse trenta secondi di euforia per poi fargliela contenere per tutto il resto della mattinata.
A pranzo non si parlò d’altro. Vestiti, trucchi, maschere e naturalmente scarpe. Reneè dimenava in aria il suo pezzo di pane senza l’intenzione di mangiarlo mentre il vassoio di Roxanne faceva invidia al ciccione nel tavolo accanto. Peccato che lei non avesse tanta fame. Era più preoccupata per lo sguardo di Adrian Kain dall’altra parte della stanza. Il suo braccio circondava la spalla di Jennifer Rivers, ma il suo sguardo era costantemente puntato verso Roxanne come se sapesse esattamente quanto le desse fastidio essere osservata da qualcuno. Stava lì nella sua posizione da padrone dal mondo stuzzicando con la lingua la cannuccia del suo bicchere. Disgustata da quello spettacolino, Roxanne si alzò in piedi di scatto e senza dire niente a Reneè se ne andò nel bagno delle donne dove sapeva non l’avrebbe mai raggiunta. Si lavò la faccia ripetutamente senza paura di far colore il trucco o qualcos’altro di completamente assente sul suo viso. Perfino le pareti del bagno risvegliavano quel nome.
Adrian Kain ha il sedere più bello del mondo.
Adrian Kain scopami.
Occhi di Adrian Kain siete miei. Avrebbe preferito che quella sfortuna capitasse a qualcun’altra. Avrebbe ceduto quell’oscurità a chiunque. Almeno avrebbe ripreso a dormire tranquillamente. La sue notti sarebbero tornate normali. Frugò nel suo zaino in cerca di un pennarello indelebile che premette contro il muro come se volesse inciderlo.
Adrian Kain sei la paura della notte.
Scrisse senza pensarci quelle parole e rileggendole la fecero stare ancora più male. Schiena contro il muro e le lacrime cominciarono a coprire il suo viso mentre si sedeva a terra sul pavimento bagnato e con la testa tra le mani. Voleva uscire da quell’incubo. Da quella meravigliosa gabbia d’oro.
Improvvisamente il suo viso si bagnò di lacrime di paura. Era spaventata che potesse succedere qualcosa di irreversibile. Non comprendeva da dove derivasse tutta quella inquietudine, ma aveva la stessa sensazione come quella la notte prima della morte della sua amica di infanzia.
Tutto quello che poteva fare non era altro che alzarsi da terra lavare nuovamente il viso dal sapore dell’incertezza ed entrare nei corridoio della scuola ingorgato da troppe persone.
“Eccoti, dove diavolo eri finita?” Renee sembrava essere preoccupata per la sua amica, non l’aveva mai vista in quello stato tranne quando le aveva raccontato della morte della madre. Le sue labbra all’epoca erano talmente tremanti da non riuscire a far uscire le parole giuste. Tutto quello che ricevette come risposta dall’amica rossiccia fu un solito “tutto bene” prima che scomparisse nuovamente in mezzo alla folla.

Sentiva il suo profumo nell’aria, l’avrebbe riconosciuto fra mille, eppure non riusciva a vederla. Sentiva il suo respiro, ma il suo viso rimase ancora celato. Un frastuono colpì la porta del bagno ed eccola che apparve in tutto il suo splendore. La sua pelle lattea faceva venire voglia di toccarla per non parlare dei suoi capelli rossicci che risplendevano anche sotto alla misera luce al neon del bagno. Adrian fissava Roxanne Holmes scrivere violentemente il suo nome sul muro del bagno e poi la vide piangere. Rimase qualche minuto in quelle condizioni come se fosse spaventata da qualcosa di invisibile o che forse solamente lei riusciva a vedere e poi improvvisamente se ne andò proprio come era arrivata.
Adrian uscì dal suo nascondiglio e andò immediatamente ad indagare. Lentamente percorse il suo nome scritto in diverse calligrafie fino a trovare la sua. Rimase interdetto nel leggere la parola “paura” accanto al suo nome. Il sopracciglio bucato con il piercing si alzò leggermente sorpreso e la bocca si increspò in un leggero sorriso. Un amaro sorriso di vittoria che solo lui poteva capire.
Mani in tasca e fu di nuovo fuori dal bagno delle ragazze dove si nascondeva per spiare come un maniaco. Percorse velocemente il corridoio zig zigando tra gli studenti con estrema maestria. Sapeva esattamente dove trovarla, nonostante non la conoscesse affatto.
La trovò in quella panchina sul retro della scuola. Quel luogo dove si erano parlati per la prima volta. Adrian si avvicinò con passo lento e con una sigaretta spenta in bocca.
“Sembra che non sia una giornata speciale per tutti” disse il biondino sedendosi accanto a lei lentamente. La ragazza sussultò nel sentire la sua voce come lui sperava ma non si voltò nella sua direzione.
“Devi andartene” disse con una voce ferma continuando a fissare la rete di confine della scuola. Quel suo atteggiamento lo fece ridacchiare divertito, da quando le dava gli ordini?
“Oh e sentiamo, perché dovrei andarmene?”
“Perché non sopporto la tua presenza”
“Potresti semplicemente andartene tu non credi? Io non ho voglia di spostarmi, sono appena arrivato, e non capisco che cosa mai ti ho fatto per ricevere un simile trattamento”
La ragazza sospirò. La sua mano tremava come una foglia battendo sul legno della panchina.  Il  ragazzo si accese la sigaretta inspirando una dose di nicotina per poi buttare fuori il fumo dalla bocca. Sfiorò la sua mano inavvertitamente sentendo quanto fosse fredda. Fu un toccò veloce ma intenso. Sentì una leggera scossa attraversargli tutto il braccio.
“Non dovresti essere qui” gli disse improvvisamente scostandosi una ciocca di capelli dietro all’orecchio scoprendo una parte del suo collo. Adrian ne fu talmente invitato da avvicinare leggermente  il suo viso a quella parte leggermente scoperta vicino alla clavicola.
“E perché mai?” le chiese soffiandole sul collo.
Lei sapeva esattamente quello che stava cercando di fare. Stava puntando sul suo fascino solamente per trattarla come tutte le altre ragazze della scuola. Non si sentivo di certo superiore alle altre, ma non era di certo una puttana da esposizione come lo erano certe ragazze della sua età. Sentire il suo respiro sul collo però, la fece stare in estasi per tre secondi esatti. Riuscì addirittura a contarli mentalmente prima che lui si allontanasse di nuovo da lei con il suo solito sorrisetto soddisfatto.
“Ti avevo chiesto di lasciarmi in pace”
“Ma non ne ho voglia” le disse nuovamente troppo vicino a lei perché potesse pensare razionalmente. Quel ragazzo era un pericolo pubblico. Un diavolo tentatore  che sapeva fare fottutamente il suo lavoro. Era impossibilitata ad agire, come se fosse inchiodata su quella panchina. Quella sua immobilità le costò caro quando sentì le sue labbra sfiorarle il collo. La loro traiettoria seguiva un punto preciso, passando da dietro al suo orecchio destro fino ad arrivare alla sua clavicola. Doveva resistere, doveva pensare ad altro. Si mise a contare i suoi respiri leggermente accelerati, la aiutarono a ritrovare lentamente se stessa.
Il sangue riprese a circolare nelle sue mani che finirono direttamente sul viso di Adrian. Un tonfò colpì il ragazzo che non lo smosse nemmeno di un centimetro. Non servirono parole per esplicitare lo stato d’animo di Roxanne.
Era fuori di sé per l’imbarazzo e per il comportamento insistente del ragazzo.
“Stammi lontano o potrebbe finire male” gli disse senza sapere nemmeno quello che diceva. Quello che disse infatti fecero solamente ridere di gusto il ragazzo. Dio se la sua risata era malvagia e angelica nello stesso momento.
“Davvero? Che mi faresti?” chiese con aria di sfida aggiungendo come accessorio il suo ghigno personale. Le diede comunque via libera per andarsene, le sue mani erano levate in aria in segno di una resa temporanea e Roxanne ne approfittò per andarsene prima che le sue guance prendessero lo stesso colore dei suoi capelli.
E come ogni volta aveva perso la sfida contro Adrian. Ancora una volta era scappata senza riuscire ad agire e quella volta aveva perfino concesso al mostro di avvicinarsi troppo a lei, quasi come se ormai non fosse più capace di difendersi.
Dov’era finita? Chi era?
  
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