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Autore: Darik    04/03/2012    2 recensioni
Dopo l'arrivo del nuovo pilota, giungeranno molti cambiamenti per i piloti di Evangelion.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Rewriting of Evangelion'
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3° CAPITOLO

La tensione nella sala di controllo era quasi palpabile, intanto che i tecnici si mettevano ai loro posti.

Oltre la vetrata c’era solo un buio assoluto.

Un uomo con indosso una divisa da alto ufficiale della Nerv entrò nella stanza, affiancato da una donna, in camice bianco, la cui espressione era seria e impenetrabile.

Lei e uno dei tecnici si scambiarono uno sguardo.

“Comandante Williams”, esordì la donna, “siamo pronti a eseguire il test”.

Williams, alto e con uno sguardo da duro, il corpo possente, da militare di lungo corso ormai abituato a tutto, scandì con chiarezza ogni parola: “Si dia inizio all’esperimento”.

Le prime fasi consistettero nel togliere alcuni ancoraggi, mentre dei fari si accesero illuminando il buio oltre la vetrata.

Qualcuno deglutì quando vide l’oggetto dell’esperimento finalmente visibile.

“Dottoressa Aoi”, chiese uno degli operatori rivolgendosi anche con lo sguardo alla persona dietro di lui, “é sicura che il suo sistema informatico di pilotaggio funzioni?”

“Certo. In battaglia non si può usare perché non è in grado di eseguire ordini complessi, e quindi non può adattarsi al carattere imprevedibile della realtà. Ma se si tratta di un semplice test di movimento come questo, va benissimo”, spiegò con sicurezza la scienziata.

“Il sistema di pilotaggio informatico è stato attivato. Non si riscontrano problemi”, comunicò un altro dei tecnici.

“Non si registra alcuna anomalia nei sistemi del corpo”, informò un secondo tecnico.

Non ci volle molto perché terminassero tutti i controlli di routine.

“Il gran momento è arrivato”, annunciò infine la dottoressa.

Williams annuì. “Attivare il meccanismo S2!”, ordinò infine.

Alle intense luci bianche che stavano davanti a loro, se ne aggiunse una nuova, di un vigoroso colore rosso.

Una luce così forte, che aveva anche qualcosa d’innaturale.

Tutti rimasero a fissarla, ammutoliti.

Anche la dottoressa Aoi, che però fu la prima a ridestarsi, e tirò leggermente la manica del comandante.

Williams sussultò lievemente, come se avesse ricevuto una piccola scossa. “Ehm... eseguire il primo movimento”.

Uno dei tecnici cominciò a digitare degli ordini sulla sua tastiera e dovette concentrarsi molto, perché le mani gli tremavano abbastanza.


Tre ore dopo, concluso il test, Williams e la dottoressa uscirono dalla sala di controllo, non accorgendosi dei diversi, silenziosi sospiri di sollievo alle loro spalle.

Il comandante fece un lieve inchino alla Aoi. “Le devo fare i miei complimenti, dottoressa. Non solo il suo sistema sperimentale di pilotaggio informatico funziona egregiamente, ma anche i suoi calcoli sul meccanismo S2 si sono dimostrati esatti”.

L’altra sorrise soddisfatta. “La ringrazio, comandante. Immagino che dopo questo evento, la mia immagine in questa base sia stata completamente rivalutata”.

Lei, infatti, era arrivata alla seconda divisione della Nerv, in Nevada, da appena un mese, perché facesse semplicemente da aiutante ai vari scienziati che lavoravano in quel luogo a un progetto delicatissimo.

Però quando, ricontrollando i dati equazionali e frattali sul meccanismo S2, aveva notato un errore dalle conseguenze terrificanti e lo aveva fatto notare, era stata sommersa da un mare di derisione e di altezzosi ‘resta al tuo posto, novellina’.

Tuttavia la dottoressa non si era arresa, aveva spiegato tutto al comandante Williams, il quale aveva obbligato gli scienziati della base a rifare tutti i calcoli insieme alla donna.

Alla fine i vecchi pavoni in camice bianco dovettero ammettere che quest’ultima aveva dannatamente ragione e l’errore era stato corretto: altrimenti l’elemento S2, una volta attivato, avrebbe creato una sorta di buco nero capace di risucchiare tutta la divisione Nerv chissà dove.

Così almeno aveva ipotizzato la scienziata, e dopo che l’esperimento di attivazione dell’elemento S2 era riuscito, probabilmente aveva davvero avuto ragione anche su quel disastro evitato quasi per un soffio.

“Ora può andare, dottoressa. Si occupi dell’operazione di trasferimento”, ordinò Williams.

“Subito. Anche se mi permetto di farle notare che potremmo compiere altri test, magari con un pilota umano”.

“L’ordine di trasferimento è già stato dato e accettato!”

Il messaggio era chiaro.

“Come vuole lei, comandante” rispose allora Aoi andandosene.

Williams tirò fuori un fazzoletto e si asciugò un lieve sudore sulla fronte.

“E anche questa è andata. Comunque io non voglio una cosa capace di mostruosità simili nella mia base, così come non la vogliono gli altri. Nessuno voleva pilotarlo e per quella faccenda della sincronia è importante che il pilota sia rilassato. Comunque, da domani, quel mostro dell’Eva-04 sarà affare della prima divisione in Giappone”.

****

“Molto bene, ragazzi, anche per oggi avete finito, potete uscire”.

La voce della dottoressa Ritsuko Akagi suscitò reazioni diverse nei quattro Children: Rei rimase impassibile, Shinji guardò alla sua destra, dove sapeva trovarsi lo 02. Asuka, invece, sbuffò scocciata, mentre Mana tirò un sospiro di sollievo.

I piloti uscirono dalle capsule per dirigersi verso le docce degli spogliatoi, il tutto sotto gli sguardi di Misato e Ritsuko, che li monitoravano da una sala controllo.

La scienziata sorseggiava una tazza di caffè. “Di recente i tassi di sincronia di Shinji e Mana sono molto calati. Specialmente quello del Fourth Children”.

“Si sa niente delle cause?”, domandò Misato senza togliere lo sguardo dai monitor.

“Non lo so. Comunque deve essere legato a quello che è successo durante lo scontro col 12° Angelo, e per Mana posso ipotizzare di cosa si tratti: ha paura dell’Eva”.

“Paura?”

“Sì. Del resto la distruzione di quella sfera è stata uno spettacolo sconvolgente anche per noi che siamo abituati agli Evangelion. Quindi figurati per lei”.

“Stai dicendo che Mana sarebbe diversa dagli altri?”

“Certo. Mettendo da parte Rei, Asuka pilota l’Eva per dimostrare il suo valore a tutti, Shinji lo stesso, anche se in chiave meno esibizionista, perché penso che lui voglia farsi accettare soprattutto da suo padre. Mana, invece, pilota l’Eva solo per dovere. Nulla la costringe veramente a salirci a bordo”.

“E siccome si è ritrovata coinvolta in tutta questa faccenda quasi per caso, dopo quello che ha visto l’altra volta, è tentata di mollare tutto”, concluse Misato.

“Esattamente”.

“Io non credo che si tratti solo di dovere, penso che Mana piloti per un motivo specifico, e per quanto possa andare in crisi, non credo che mollerà”, obbiettò il maggiore.

“Lo speriamo tutti”.

“Sì, come no”, borbottò Misato andandosene.

La scienziata la osservò uscire, poi si concentrò su un dossier che aveva davanti, proveniente dalla seconda divisione in Nevada.

Dopo averne sfogliate alcune pagine, attivò il citofono.


Shinji si fermò davanti all’ingresso dello spogliatoio femminile e bussò, proprio nel momento in cui la porta si aprì, rivelando la presenza di Asuka.

I due si ritrovarono uno davanti all’altra.

La sorpresa di Asuka fu abbastanza notevole. “Oh, Shinji!”

“Ehm, ciao Asuka”.

“Volevi chiedermi qualcosa?”

“Be, sai, quando siamo andati a fare, diciamo, shopping…”

Asuka ebbe un sussulto.

“Volevo…”

“Volevi?”

Shinji scrutò alle spalle di Asuka.

“Cosa fai?”, domandò quest’ultima.

“Volevo vedere se c’era Mana. La mattina di quel giorno avevo programmato con lei una delle nostre uscite. Poi, quando tu mi hai ordinato di venire con te, io l’avevo avvertita, però adesso vorrei sapere se ci è rimasta male o…”

Shinji non finì la frase perché l’espressione di Asuka passò dalla curiosità di sapere a una strana smorfia di rabbia e disgusto.

La ragazza lo scostò bruscamente e se ne andò con passi assai veloci.

“Chissà cosa le è preso”, si chiese il giovane grattandosi dietro la testa.

Nello spogliatoio era rimasta Ayanami, che stava sistemando alcune cose nella sua cartella.

Il ragazzo, non osando entrare nello spogliatoio femminile, richiamò l’attenzione della First Children agitando un braccio e chiamandola. “Ehi, Ayanami, sai dov’è Mana?”

“Poco fa la dottoressa Akagi l’ha chiamata col citofono. Non conosco il motivo”, fu la risposta impassibile.

“Capisco”, disse Shinji attendendo qualche attimo. “Senti, Ayanami…”

“Cosa c’è?”

“Ultimamente non abbiamo parlato molto. Voglio dire, non è che noi due abbiamo mai parlato tanto, però ultimamente mi sembri così assente”.

La ragazza chiuse la cartella e uscì dallo spogliatoio, dando l’impressione di non voler rispondere, finché non si fermò alle spalle di Shinji. “Tu sei un bravo ragazzo, ma non capisci. Impara prima a capire cosa accade davanti ai tuoi occhi”.

Detto questo, se ne andò, lasciando confuso il giovane Ikari.


Maaya aveva appena schiacciato la quarta mosca con un panno, per poi alzarsi dallo sgabello e cominciare a sgranchirsi le gambe, guardando il suo bel locale vuoto.

“Uffa, ma quella sfera ha spaventato proprio tutti?”

La smorfia di disappunto si tramutò in un sorriso quando vide qualcuno entrare.

“Salve salve salveee!!”, esclamò raggiante.

Mana rispose con un debole sorriso. “...salve”.

“Oh, sei tu, cara la mia fringuellina. Che gioia rivederti! Che cosa vuoi che ti prepari?”

Come risposta, Mana si sedette su uno sgabello di fronte al bancone e restò muta, con lo sguardo basso.

Maaya si fece più seria, andò a sedersi dietro il bancone in modo da fissare in faccia la sua cliente, che restava sempre con lo sguardo basso.

Restarono così per un bel po’, e siccome l’altra non sembrava voler rompere il suo mutismo, Maaya fece per alzarsi e andare a prendere un bicchiere d’acqua.

“Aspetta…”

La proprietaria del ristorante tornò prontamente a concentrarsi sulla sua cliente.

“Cosa c’è che non va?”

“Vorrei farti una domanda. Tu hai mai fatto parte di qualche gruppo?”

“Intendi in senso specifico o generale?”

“In generale”.

“Mm, sì, diciamo di sì”, rispose Maaya poggiando le braccia sul bancone e sporgendosi in avanti.

“E…”, continuò Mana rimuginando ogni parola, “…avevi una funzione in questo gruppo?”

“Diciamo ancora di sì”.

“Cosa ti capitava se non sapevi svolgerlo bene?”

“E’ un’esperienza che non ho fatto”.

Sentendo questo, Mana si rabbuiò e si alzò per andarsene.

Una mano d’acciaio si posò su una sua spalla e la fece risedere.

“Niente giri di parole!”, commentò seccamente la ristoratrice. “Sputa il rospo!”

“Il fatto è che, non so se posso parlarne con te di queste cose”.

“E’ roba che riguarda gli Evangelion, giusto? Sta tranquilla, fa conto di essere in un confessionale. D’altronde, se avessi detto in giro quello che ho saputo in passato, la cara Misato sarebbe stata licenziata all’istante”, la rassicurò con un sorriso malizioso.

Mana sospirò. “Mi hanno scelta per pilotare un Evangelion che tra poco arriverà da noi. Si tratta di un test di attivazione”.

“E allora? Mi sembra un incarico di responsabilità”.

“Sembra, ma non lo è. Sai, io non ho un’intelligenza eccezionale, sono nella media, come altri miliardi di persone nel mondo. Però a volte ho un buon intuito, e ho capito che vogliono scaricarmi”.

Maaya non si aspettava una cosa del genere. “La Nerv vuole sbatterti fuori? E perché mai?”

“Non hanno usato proprio quel termine, e non mi hanno invitata ad andarmene. Ma la dottoressa Ritsuko Akagi è stata a suo modo molto chiara. Prima ha parlato dei risultati dei miei ultimi test: il mio tasso di sincronia sta calando sempre di più, e a causa di non ben specificate ‘ulteriori cause’, c’è il rischio che tra uno o due mesi scompaia del tutto. Poi ha cambiato improvvisamente discorso e mi ha riferito che hanno deciso di farmi testare l’Eva-04. Ufficialmente perché il soggetto inizialmente selezionato per il test, un ragazzo della mia scuola, si è rotto una gamba poco tempo fa. Però…”

Maaya scosse grevemente la testa. “Ho capito. Non è un test per lo 04. E’ un test per te. Se riesce, vorrà dire che forse come pilota di Eva puoi ancora dare qualcosa. In caso contrario…”

“Esatto”, confermò Mana.

“E non si sa niente delle altre cause?”

“Oh, non ho bisogno di uno psicologo per capirle: io ho paura dell’Eva. Tu non hai visto quello che ho visto io contro il 12° Angelo. E’… è stato indescrivibile! Mostruoso!!”

Mana cominciò a tremare.

“E ho paura di questa città. Ho paura dei miei compagni”.

“Di quei cucciolotti?!”

“Purtroppo sì! Asuka sembra che da un momento all’altro voglia saltarmi addosso per divorarmi, Ayanami è fredda come un robot, anche se in fondo potrbbero pure essere delle brave ragazze. Ma Shinji…. Shinji mi sfrutta!”

“Eeehhh!!??”, esclamò sbalordita l’altra.

Mana si sporse in avanti e le sussurrò qualcosa nell’orecchio.

“Ah”, fece allora la ragazza con gli occhiali calmandosi in parte.

“Io glielo lascio fare perché sono in debito con lui. Ma non fa nulla per farmi sentire davvero a mio agio! Sembra tanto buono, ma è solo un dannato egocentrico! E della peggiore specie, perché non credo lo faccia con cattive intenzioni. Quindi non capisce cosa m’infligge. All’inizio pensavo di poter reggere questa situazione, d’altronde mi ha spiegato cosa ha dovuto subire in passato, però adesso io temo di non farcela più! Salgo a bordo di un mostro, non ho amici, sto sempre da sola, vengo sfruttata!”

Infine Mana sbatté i pugni sul bancone. “Dio, odio questo mondo della Nerv! Non riesco e non voglio farne parte! Se fossimo in un manga, io sarei uno di quei personaggi superflui che appaiono solo ogni tanto e non servono alla trama.”

“Voglio tornare a casa!”, concluse facendosi scappare qualche lacrima.

Maaya si mise a braccia conserte. “Allora cosa ti dà fastidio veramente? Se vuoi andartene, perché non lo fai? E perché mi sembra che ti abbia seccato l’idea di poter essere congedata?”

Mana fece un lieve sorriso. “Vedo che, per fortuna, non ti sfugge nulla”.

L’altra s’indicò la testa. “Cosa credi? C’è parecchia materia grigia qui dentro!”

“Il fatto”, riprese allora il Fourth Children, “è che devo pensare alla mia famiglia. Contro gli angeli, tutto può fare la differenza, quindi anch’io. E poi…”

“Questione di orgoglio?”

“… sì. Dopo aver imparato a utilizzare l’Evangelion, non ci tengo a farmi trattare come un giocattolo che viene buttato via perché non è più considerato divertente. Cavolo, sono proprio scema, vero? Prima me ne esco con discorsi strappalacrime e poi tiro fuori l’orgoglio. E come lo lego all’affetto per la mia famiglia? Sono altruista o egoista?”

Mana si mise le mani tra i capelli e scosse la testa. “Perché la vita è così complicata?”

Maaya annuì. “La situazione è ben complessa. Se resti, soffri perché ti senti un’estranea qui e te la fai sotto a salire sull’Eva. Se te ne vai, soffri perché ti sembra di abbandonare la difesa della tua famiglia e sarebbe come ammettere che sei una perdente. Comunque sono gli esseri umani a essere complicati. Ed è questo che li rende così interessanti”.

“E allora cosa dovrei fare?”

“Cercare di resistere. Tu sei qui per un motivo, e non è detto che questo motivo si debba sapere presto. Forse, se fossimo in un manga, tu sei uno di quei personaggi che solo alla fine dimostrano la loro importanza, e non c’è niente di male nell’avere un orgoglio. E’ la tua dignità di essere umano che lo crea”.

“Ma è così dura!”, obbiettò Mana.

“Ovvio che lo sia. La vita è dura, e gli esseri umani sono complessi proprio perché devono essere in grado di adattarsi a essa. Accetta la sfida, Mana, puoi farcela, non perché sei una supereroina, ma perché gli esseri umani hanno le potenzialità per affrontare qualunque cosa. Sarà una sfida difficile, però sono proprio le cose difficili che, riuscendo, danno i risultati migliori”.

Calò qualche lungo attimo di silenzio.

“Hai finito?”, domandò poi Mana.

“Oh sì, odio i pistolotti troppo lunghi”, fu la risposta.

“Allora”, il Fourth Children si strinse nelle spalle, “vorrà dire che tenterò, gli farò vedere di cosa sono capace”.

“Brava! Così mi piaci!”, esclamò gioiosa Maaya abbracciando con forza Mana, che si ritrovò col viso sprofondato nel petto, piuttosto rigoglioso, della sua consigliera.

Resistere agli abbracci di Maaya era già un notevole test di resistenza.


Il veloce treno correva nelle viscere della terra, diretto alla base della Nerv.

Il mezzo contava diversi vagoni, ma solo due passeggeri, che si concentrarono sul paesaggio sottostante non appena fu raggiunta la cupola del Geo-Front, illuminata da un’intensa luce pomeridiana, ben visibile tramite finestrini pulitissimi.

“Eccolo qui, il nostro Geo-Front. Insieme alla città sopra di noi, è un capolavoro dell’ingegno umano”, commentò il vice-comandante Kozo Fuyutsuki.

“Un ingegno piegato a un fine anch’esso molto umano, forse troppo: proteggerci dal mondo esterno brulicante di nemici”, continuò Gendo Ikari.

“Non c’è niente di sbagliato nel volersi difendere”.

“Certo. Tuttavia arriva sempre il momento in cui bisogna affrontare il nemico, e questo momento per noi potrebbe arrivare molto presto”.

“Non ti riferisci solo agli angeli, vero?”

“Esatto. L’assorbimento dello 01 significa che gli angeli stanno evolvendo rapidamente, ma questa possibilità era prevista. Così com’era previsto che la Seele iniziasse a trovare eccessiva la nostra indipendenza. E’ il misterioso elemento sconosciuto che mi preoccupa”.

“Nelle ultime settimane non si sono rilevate stranezze intorno al Fourth Children”.

Gendo poggiò un gomito sul bordo del finestrino e guardò l’esterno come se cercasse qualcosa. “Perché a quel pilota non è successo niente. Di chiunque, o di qualunque cosa si tratti, è evidente che interviene solo quando al Fourth Children accade qualcosa di spiacevole. Anche l’incidente del sasso è stato preceduto, stando a un rapporto di Rei, da un’aggressione del Second Children alla Kirishima”.

“Capisco”, fece allora Fuyutsuki. “Ma oltre a sorvegliare il Fourth, che possiamo fare?”

“Fuyutsuki”, Gendo fissò negli occhi il suo vice “secondo te cosa succederebbe se io facessi qualcosa di azzardato affidandomi soprattutto alla fortuna?”

“Penso che comincerebbe a nevicare all’inferno!”, rispose l’altro con stupore latente, che aumentò assai quando un lato della bocca di Gendo si piegò in un sorriso spavaldo.

****

L’enorme aereo militare, successore dello Stealth ma molto più grande, volava lento e maestoso, con sotto agganciata una gigantesca croce rossa.

Su di essa c’era attaccato un gigante di colore bianco tendente all’argenteo.

Il cielo era abbastanza sereno, ma all’orizzonte s’intravedevano diversi cumulonembi.

Uno dei due piloti dell’aereo attivò la radio.

“Qui Ecta 64 a Neopan 400. Confermo orario di partenza. Su questa rotta sono segnalate nubi temporalesche. Chiediamo verifica possibilità di volo”.

Dall’altra parte giunse un rumore di scariche e poi la risposta. “Neopan 400 a Ecta 64, non risulta alcun impedimento per il vostro volo. Proseguite secondo il programma”.

“Ricevuto Neopan 400, confermiamo arrivo in Giappone secondo orario prestabilito. Ecta 64, chiudo”.

 

 

  
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