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Autore: Akuma    06/10/2006    2 recensioni
L'unica cosa che conta è uccidere. L'unica vita importante è la propria. Il cuore nascosto da strati di ghiaccio puro, per non cadere vittima di sofferenza, angoscia e follia.
"Hai dei bellissimi capelli."
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Freezer, Nuovo personaggio, Zarbon
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo I

Capitolo VI - Guerriero dagli occhi d’oro, l’imperfezione della vita


T'amo senza sapere come, né quando né da dove,

t'amo direttamente senza problemi ne' orgoglio:

così ti amo perché non so amare altrimenti

che così, in questo modo in cui non sono e non sei,

così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,

così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.

-Pablo Neruda-


- Che-diavolo-fai.- una pugnalata al cervello.

Senza tono. Senza enfasi. Senza nemmeno un briciolo di rabbia.

L’inespressività di Niime, peggiore di qualsiasi gesto di collera, lo gettò irrimediabilmente nella confusione più totale. Nei suoi occhi il nulla.

- I-io, niente... solo... niente.- Zarbon ritrasse di scatto la mano, tentando di trovare le parole giuste, aveva cominciato a sudare freddo e nella testa avevano avuto origine come una deflagrazione milioni di pensieri senza senso.

- Che cosa diavolo pensi di fare?- questa volta la ripetuta domanda gli arrivò dritta allo stomaco, senza mezzi termini. Lui non rispose, rimase con la bocca aperta e gli occhi spalancati, cercando di articolare dei suoni non definiti.

Tutt’un tratto Niime spinse il pulsante dell’apertura del portello ed uscì, finalmente cavando le lame dei suoi occhi dal cervello del guerriero.

Zarbon le fu subito dietro.

- Ehi, no! Aspetta! Dove te ne vai!?- gridò, ma ormai la sagoma della ragazza era lontana, nel rossore del cielo. La distesa desertica e tenue, dai colori caldi e soffocanti li accolse come a dar loro un affettuoso e materno benvenuto, ignara del fatto che si trattava solo di questione di istanti prima di venire rasa al suolo.


- Niime, fermati! Ascoltami!!-

La ragazza continuava imperterrita a bombardare di ki blast la zona, incurante degli appelli del guerriero che le ingiungevano di fermarsi.

- Niime!- la raggiunse in aria, bloccandole un braccio. Una sfera di energia scintillava davanti al suo volto perfetto, un tempo ornato da orecchini e diadema, persi su un pianeta che non avrebbe mai più incontrato i suoi occhi.

- Levati dai piedi.- gli intimò lei, con tono risoluto.

- Sono il tuo capitano e indipendentemente dai fatti, sei tenuta ad obbedirmi!- fu l’appello ferreo e categorico di Zarbon.

- No.- semplice risposta. Niime strattonò il braccio, ma lui lo riafferrò con l’altra mano.

- Quello di poco fa è stato un incidente!- finalmente deciso a toccare il tasto dolente, si specchiò nel suo volto latteo.

- Come fai a sapere che cosa penso io?- gli domandò la compagna, abbassando l’altra mano. Zarbon deglutì, perlomeno distendendo i nervi, ma rimase muto, chiedendosi cosa mai avrebbe dovuto replicare - So solo che tu tenevi una mano qui.- concluse lei, indicandosi il seno.

- Sì... ma... le mie intenzioni erano buone!- fu la rapida risposta dell’altro, colto alla sprovvista, impaziente di discolparsi.

- Cosa...?- lei sentì il proprio fiato spezzarsi in gola.

Ed in un attimo la sua espressione di ghiaccio si sciolse, incapace di mantenersi, vinta da uno stato d’ilarità del tutto nuovo.

E scoppiò a ridere.

Sotto gli occhi stralunati del guerriero, la risata più nitida che avesse mai solcato le labbra di Niime si fece largo nella vallata. Forse l’unica della sua vita.

La bocca distesa, i denti bianchissimi che risaltavano con il rossore estremo delle iridi ora socchiuse, gli zigomi rialzati... e la voce. La più limpida risata di donna che avesse mai sfiorato il suo udito.

Fu come se quel riso, quel suono fosse immagine. Vivace, colorato, si fece figurato.

- Tu sei pazzo!- riuscì a dire tra i singhiozzi, scuotendo il capo dai cortissimi capelli neri.

- Ehi! Ma... che dici!?- si trovò a replicare lui, con una punta di falso risentimento, ma lasciandosi inevitabilmente trasportare. Il suo cuore fu come ornato di luce, tutto in un istante.

- Che non sei certo il perfetto esempio di sanità mentale.- sospirò Niime, asciugandosi le lacrime e tenendosi l’addome - ‘Le mie intenzioni erano buone’ è stata una delle uscite più infelici che abbia mai sentito.- prese un nuovo respiro, scuotendo le spalle - Comunque, andiamo, se avessi voluto violentarmi non avresti tenuto la tua mano tremante ad ascoltare il battito... del mio cuore.-

Glielo disse con tono soave, talmente armonioso da suonargli come un tacito ringraziamento. E lui fu sicuro di aver assunto all’istante un colorito vermiglio.

Ma la compagna fu discreta anche in questo, gli voltò serenamente le spalle e riprese a bombardare il suolo di colpi gialli incandescenti.


Stava seduta su quell’altura da un pezzo, con le gambe penzoloni giù per il dirupo. L’orizzonte era una massa deserta, una linea orizzontale perfetta colma di impercettibili cumuli fumanti.

Aveva riso.

Aveva deciso di scavalcare la linea sottile del non essere.

Aveva stabilito di poterselo permettere, di non riuscire a farne a meno.

Forse... aveva già perso il controllo con il primo sorriso che aveva rivolto a quel guerriero e ora si stava facendo sempre più forte in lei il desiderio di dar libero sfogo a ciò che Freezer aveva intrappolato il giorno della sua nascita, della sua consacrazione.

Poco lontano, Zarbon considerava il fatto che forse non avrebbero più avuto occasione di essere soli: al loro ritorno il tiranno avrebbe disposto nuovi incarichi, nuove missioni, probabilmente con diversi sottoposti, in differenti pianeti della galassia.

Forse in seguito non ci sarebbero stati altri momenti di placidità nella guerra.

Quando le si avvicinò, Niime rimase impassibile a fissare l’orizzonte. La sua linea del dorso era praticamente perfetta; la spina dorsale disegnava un tracciato lungo la schiena, fino ad arrivare al punto in cui la coda le era stata recisa di netto per sempre, coperto dalla stoffa violacea di quell’indumento preso, per così dire, in prestito sul pianeta precedente.

Le mille cortissime piume di corvo si agitarono per un attimo, mosse dal vento della distruzione.

Poi finalmente si voltò verso di lui e per l’ennesima volta le lame pungenti dei suoi occhi carmini si rifletterono nell’oro colato delle iridi del guerriero.

- E’ ora di partire.- annunciò, mentre lei si rialzava, facendo in modo di trovarsi giusto dinnanzi a lui, a pochi centimetri dal suo volto, a fissarlo con occhi carichi.

- Una volta mi hai chiesto perché lavoro per Freezer. La vuoi una risposta?- la voce di lui era cupa e scura, veniva dalla gola.

- Ne hai una?- gli rispose la compagna, mentre l’atmosfera rossastra del cielo e dell’aria si rifletteva sul suo profilo tratteggiato.

- No.- smorzato, ma sincero.

Zarbon si voltò verso l’orizzonte, socchiudendo gli occhi e schiudendo di nuovo le labbra.

- La verità è che Freezer ci usa. Ci atterrisce, ci distrugge.- lo disse di nuovo con tono consapevole, disincantato - E noi siamo quello che vuole, non possiamo essere altro.-

- Se vuoi morire, ti ucciderò.- risolse lei, le sopracciglia distese.

L’intero pianeta, spoglio e desolato, li guardava sofferente, risentito, ora conscio che di lì a poco sarebbe stato invaso dalle colonie del sovrano.

E in un attimo fu come se le centinaia di vite che si era preso dall’inizio delle guerre, del delirio, della follia si riversassero d’un tratto nella sua bocca, tutte insieme, in un ammasso disperato ed informe, deformandogli il volto.

- Non lo faresti.- scosse il capo, placido.

La plasticità di vetro delle unghie di Niime poggiò sulla sua guancia fredda, risvegliandolo.

- Non lo farei.- una conferma dolorosa e senza voce, ripetuta volutamente per sottolineare che oramai, giunti a quel punto, il rendersi conto di possedere un cuore era stata la cosa più autodistruttiva in cui potessero incorrere.

Lui le si rivolse in uno scatto gli occhi spalancati, afferrandole la mano per poi gettarle le braccia ai fianchi e stringerla. Stringerla con la forza del nucleo pulsante di una stella. Stringerla come mai aveva stretto nessuno.

Le braccia erano arrivate a cingerle l’intera schiena, quasi a non voler lasciare trapelare nemmeno il più piccolo atomo di lei. Quasi a volerla accogliere tutta, insinuarsi nelle sue vene, farla sua senza remore, né gentilezza. Sbranarla.

- Vorrei che tu immaginassi che posso regalarti un futuro.- glielo sussurrò all’orecchio, sfregando il proprio volto al suo, chinandosi su di lei ed accogliendola interamente - Vorrei che tu credessi a questa bugia.-

Niime alzò le mani fino a raggiungere il suo volto e gli accarezzò la fronte, seguendo la linea di quegli stupendi fili verdi che gli ricadevano setosi lungo il dorso massiccio.

- Hai dei bellissimi capelli.- fu la risposta che gli arrivò.

   
 
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