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Autore: Strega_Mogana    06/10/2006    4 recensioni
La rowling ha detto che Severus Piton non può amare. Perchè? dopo averci riflettuto assieme a delle ragazze questo é quello che è uscito fuori.. I pensieri di Piton, un passato e il futuro in una pozione.
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa One-Shot non ha nulla a che vedere con tutte le altre che ho già postato. E' il risultato di una discussione fatta sul form di Piton (Severus Piton Fan Forum) dopo che la zia Row ha dichiarato che Piton non può amare. Perchè? cos'ha di diverso? Io mi sono data questa risposta.. buona lettura! Elena


Ero solo un ragazzo.
Un ragazzo che tutti cercando di evitare.
Un ragazzo insignificante.
Inutile.
Invisibile per il resto del mondo.
E’ sempre stato così.
Fin da quando sono nato, tutti, tranne mia madre, mi evitavano.
Primi fra tutti mio padre.
Il mio odiato genitore babbano, quell’essere privo di poteri magici che non faceva altro che picchiare la moglie solo perché era diversa, perché era speciale.
E io sono cresciuto nel terrore di esser strano come mia madre, per anni ho creduto che quello che riuscivo a fare anche solo con il pensiero, quello che capivo guardando una persona, fosse una cosa negativa, la prova che ero un demone malvagio generato da una donna maledetta.
Mio padre, così cattolico, non tollerava la magia... ancora adesso mi chiedo cosa ci abbia visto mia madre in un uomo così.
Lei diceva sempre che non era mai stato violento, che, i primi anni di matrimonio, era uno splendido e lui era l’uomo più dolce del mondo, ma che tutto era finito nel momento in cui aveva usato davanti ai suoi occhi la magia rivelando al sua vera natura.
C’era stata costretta, un bambino era finito in un pozzo e sarebbe morto perché nessuno aveva i mezzi o il coraggio per scendere a prenderlo. Una notte, mentre tutti dormivano, mia madre era scivolata tra le ombre delle case e aveva portato in salvo il bambino con l’aiuto della magia.
Mio padre l’aveva seguita e aveva visto tutto.
Io avevo solo qualche mese, non ricordo un padre generoso o amorevole.
Ma solo un uomo ubriaco che imprecava contro al consorte e che mi chiudeva nella mia misera camera al buio a piangere se avevo, per caso, fatto qualcosa di strano o maledetto come amava definirlo lui.
Mia madre, invece, piangeva in silenzio, rassegnata ed incapace di lasciare il marito.
Mio padre mi ha sempre evitato e guardato con disprezzo quando i fumi dell’alcool non gli annebbiavano la mente.
Sono cresciuto senza conoscere l’affetto di mio padre ma non mi importava, anche se sono il suo ritratto io sempre stato migliore di lui.
Non ho mai avuto bisogno dell’amore di nessuno.
Ho capito di esser migliore di lui a otto anni, quando é morto miseramente durante una rissa in una locanda malfamata e puzzolente, mentre sbraitava ubriaco fradicio che c’erano dei demoni travestiti da uomo sulla terra e che il primo di tutti era suo figlio Severus.
Evitato dai coetanei, dai parenti e da ogni essere vivente sono cresciuto in un misero quartiere frequentato da prostitute e ladri, la feccia peggiore dell’Inghilterra.
Morto quel babbano che mi ha dato il suo cognome mia madre ha iniziato a lavorare come sguattera.
Mio nonno, Augustus Prince, saputo della fine miserabile che stava facendo la figlia, la mattina del mio undicesimo compleanno, poco dopo aver ricevuto la lettera di Hogwarts, si era presentato nella nostra misera casa, ha guardato tutto con la smorfia più disgusta che avessi mai visto in vita mia e mi ha portato via da mia madre.
Lei non ha lottato, sapeva che la vita che mio nonno mi avrebbe offerto era molto di più di quello che poteva darmi lei, ha rinunciato a me, sapendo che, probabilmente, non mi avrebbe più rivisto.
E’ morta l’anno dopo, sola in casa.
Il dolore che ho provato per la sua perdita solo io posso capirlo, non ho mai dimostrato quello che provavo, mai una briciola di affetto o amore, solo rispetto inculcatomi con la forza e la paura di una delle terribili punizioni di mio nonno.
Così sono cresciuto con l’idea che l’amore rende deboli, cechi, vulnerabili e che porta solo dolore.
Non volevo diventare come mio padre e neppure finire come mia madre.
Così prese d’esempio mio nonno, un uomo rispettabile, potente mago, rispettato da molti e temuto da ancor più persone.
Volevo diventare come lui, lui non provava amore, non provava dolore, era un essere perfetto, privo di sentimentalismi inutili.
Si era privato di quello che rende un uomo debole: i sentimenti.
Studiavo solo per poter vedere quello sguardo d’approvazione che mi riservava solo quando preparavo una pozione complicata o eseguivo perfettamente un incantesimo di livello superiore. Volevo che mi ammirasse, che fosse fiero dell’essere che aveva plasmato senza schiocche frivolezze come abbracci e parole di conforto.
Volevo che vedesse l’uomo che stavo diventando.
Ad Hogwarts ero uno degli studenti meno gettonati della scuola ma ero quello che più prendevano in giro.
Non che mi interessassero i loro insulti, sapevo di esser migliore di loro, non avevo bisogno della loro approvazione o dei loro elogi per sentirmi potente; io ERO più forte di loro ma ero solo in svantaggio numerico.
E’ facile prendersela con un ragazzo solo quando si é in quattro.
Vigliacchi... ecco cos’erano i malandrini... quattro vigliacchi.
Covavo la rabbia, la frustrazione e, forse, inconsciamente, senza neppure ammetterlo a me stesso, l’invida per quello che loro erano, l’esatto opposto di quello che sono sempre stato io.
Ho vissuto così per anni e ancora oggi non sono cambiato.
A che pro?
Ma poi... c’é stato un periodo che non capivo quello che stavo facendo, ero sempre stato certo che qualsiasi sentimento positivo influenzasse la mia posizione, che l’amore, distruggesse quello che era sempre stato il mio piano: diventare un essere insensibile come mio nonno.
Ma c’era lei... quella maledetta mezzosangue come me, con i suoi capelli rossi, i suoi grandi occhi verdi e quel sorriso... quel sorriso così caldo e benevolo che avrebbe fatto innamorare perfino mio nonno.
Ero stregato dalla sua bellezza, dalla sua intelligenza e dal suo carattere.
Stregato... si non c’era altra parola per definire quello che provavo: Lily Evans mi aveva stregato come mai una donna aveva fatto.
Mi credevo superiore, in essere perfetto che poteva privarsi dell’amore come se fosse un panno lercio o un fazzoletto usato.
Mi sono sbagliato.
Illuso, uno stupido ragazzino che guardava da lontano il suo oggetto del desiderio immaginando, sognando ad occhi aperti che il suo sogno diventasse realtà.
Stupido... molto, molto stupido.
Ma é l’amore che fa fare cose folli, cose del tutto inspiegabili.
L’amore ti acceca... ti mostra la realtà in maniera distorta.
Ogni sorriso era diventato una droga che lentamente scorreva nelle mie vene, non riuscivo mai a farne a meno. Anche se sapevo che quel sorriso non sarebbe mai stato rivolto a me io continuavo a sperare, illudendomi che un giorno avrei avuto il suo cuore.
Mio... solo ed esclusivamente mio...
La seguivo, la fissavo, ascoltavo di nascosto le sue conversazioni, in aula non avevo che occhi per lei recuperando le ore di studio di notte, immaginavo noi due insieme, a passeggiare mano nella mano per i giardini, a baciarci di nascosto tra le rientranze buie dei muri in corridoio, nelle aule vuote.
E poi la fine di tutto.
Vedevo Potter, l’odioso, presuntuoso, arrogante Potter, farle la corte e io soffrivo nell’anima, nel cuore, un cuore che credevo di aver rinnegato a dodici anni e che invece aveva continuato a battere senza che io me ne fossi accorto..
Li vedevo insieme, vedevo i miei sogni realizzarsi per un altro ragazzo, e io mi disperavo perché sapevo che un essere indegno come Potter non poteva stare con angelo come Lily.
E anche se sapevo che neppure io la meritavo, volevo che fosse mia... solo mia e di nessun altro.
Ma lei non é mai stata mia, era solo un sogno bellissimo e lontano.
Un sogno che cullavo dentro di me, un piccolo raggio di sole nella mia cupe esistenza senza amore.
Quando li ho visti baciarsi davanti alle serre non ho più capito nulla.
Sono corso nei sotterranei, piangevo come un bambino idiota.
Ho sempre avuto quella formula, tenevo il foglietto dentro un libro di magia oscura, non so perché, era una cosa impensabile, inimmaginabile, snaturare così l’animo umano era vietato e contro natura.
Ma io vedevo solo quello che il mio dolore mi faceva vedere, vedovo quei due ovunque e James che si pavoneggiava con chiunque avesse sotto tiro.
Era una situazione impossibile da gestire.
Iniziai a preparare la pozione di notte, nel bagno dei ragazzi mentre gli altri dormivano, preparavo tutto alla perfezione, con quel modo quasi maniacale che avevo ereditato da mia madre.
L’unica cosa che avevo ereditato da lei, oltre che alla magia.
La pozione procedeva bene, come la relazione tra Lily e Potter e, più li vedevo innamorati e felici, più lavoravo alla mia pozione mettendoci rabbia, delusione e rassegnazione.
Fu pronta in un mese... un infuso che avrebbe eliminato ogni residuo d’amore dal mio cuore.
Poche gocce per rendere il mio animo impermeabile da qualsiasi sentimentalismo per parecchie settimane.
Ora sono nel mio studio, nello stesso castello dove ho preparato quell’infuso, quella pozione che mi ha portato via il mio amore verso la giovane Evans e che mi ha reso l’uomo che sono ora.
Apro il primo cassetto della mia scrivania e prendo un’ampolla panciuta di vetro nero, dentro c’é quello che resta della mia pozione.
Mi é durata quasi vent’anni.
La apro e ne verso quattro gocce nel bicchiere pieno d’acqua che ho sulla scrivania.
Questa pozione mi aiuterà a finire il mio compito.
Vedo il liquido nero farsi strada tra l’acqua trasparente trasformandola in un liquido grigiastro e poco più denso. Chiudo la mano attorno al sottile stelo di vetro e lo porto alle labbra.
Il suo sapore é amaro come la sconfitta che provo ogni volta che devo ricorrere a questo metodo per non provare più sentimenti, sento l’odore delle foglie di digitale che ho triturato, sento il pungente aroma delle radici di ortica.
Mentre il liquido scende inesorabile giù per la mia gola ricordo tutte le volte l’ho bevuta: quando ero un Mangiamorte e credevo che la soluzione a tutti i miei problemi fosse Lord Voldemort e il rifiuto della debolezza umana, quando sono arrivato qui, traditore e ferito dal mio stesso comportamento disumano e ho dovuto berla per non ricordare i momenti in cui sognavo ad occhi aperti di esser l’uomo di Lily.
Il liquido finisce, sento trambusto fuori dalla porta, Vitius entra senza eppure bussare e balbetta qualcosa sull’arrivo dei Mangiamorte e di Silente imprigionato nella torre.
Sento che la pozione fa effetto, il mio cuore non sussulta, resto immobile ad ascoltare le parole di questo omino, so quello che devo fare e quello che ho appena bevuto mi aiuta a non avere esitazioni nel portare a termina l’ultima missione che Silente mi ha affidato.
Con una rigidità impossibile per un uomo qualsiasi schianto Vitius ed esco di corsa dal mio ufficio.
Mi sento gli occhi di mio nonno puntati addosso come quando avevo undici anni, sento il suo sguardo perforare le mie deboli difese, vuole vedermi debole per deridere la mia vigliaccheria.
Ma io non sono un vigliacco.
Sono solo un uomo che non può amare.


FINE
   
 
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