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Autore: Arimi_chan    05/03/2012    2 recensioni
Due vite che apparentemente non hanno nulla in comune, forse solo una grande solitudine, ma che si intrecceranno inevitabilmente scoprendo il vero significato della parola "casa".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

 

 

Ciao a tutti! XD

Finalmente anche il secondo capitolo è pronto.

Sono davvero felice di vedere in quanti abbiano letto e in quanti abbiano già messo la storia tra le seguite.

Certo, il vostro parere mi è ancora sconosciuto, e non vi nascondo che sia un pò demoralizzante.

Spero che questo capitolo possa piacervi. So che le cose sono un pò lente, e da perfetta pignola che sono, voglio che tutto sia perfetto e ben spiegato.

Detto questo, buona lettura. =)

 

                                                                                                                                      Simona

 

Il caldo era soffocante.

Per essere le 4 del pomeriggio, Atlantic City si manifestava ai suoi occhi come il deserto del Sahara.

Le due interviste fatte quella mattina erano andate bene. Certo, un pò noiosette, solite domande e solite risposte. Per fortuna c'era suo fratello che, non riuscendo a sopportare tanta serietà, sdrammatizzava con qualche battuta.

Il sound-check non era andato particolarmente bene, Shannon era stato grandioso, come sempre, ma sia lui che Tomo, il loro chitarrista, apparivano fisicamente e mentalmente stanchi.

Erano in tour da più di un anno e mezzo, e sebbene all'inizio l'idea lo affascinasse, adesso non ne poteva più, era davvero stanco.

Fare concerti, cantare, viaggiare erano le cose che più gli piacevano, ma dopo tanto tempo fare sempre le stesse cose lo innervosiva parecchio, e sapeva che, in tre ore di libertà, non avrebbe mai scaricato la tensione accumulata in tutti quei mesi.

Non aveva una vera e propria meta, gironzolava per la città più per sgranchirsi le gambe che per altro.

Aveva passato quasi tutta la mattinata seduto, ed era certo che se si fosse trovato a casa, a Los Angeles, avrebbe indossato i suoi pantaloni preferiti e si sarebbe fiondato a fare un pò di jogging, almeno per tenersi in forma.

Il suono del cellulare lo distrasse dai suoi pensieri, e quando realizzò che era il fratello a chiamarlo, provò un senso di tenerezza.

Aprì la chiamata e subito la voce così familiare e calda di Shannon lo invase. Il tono di voce era arrabbiato e divertente al tempo stesso.

Da quello che aveva compreso, suo fratello aveva bisogno di un nuovo paio di occhiali da sole.

Tomo, e solo Dio sapeva come, era riuscito ad inciapare su di un cavo, al palazzetto dove avrebbero suonato, e, cercando di aggrapparsi a Shannon, non solo gli aveva tolto gli occhiali, che erano andati a sbattere contro delle barre di metallo, me era anche caduto di faccia a terra, ("Un volo epocale" Lo aveva definito Shannon) procurandosi un enorme bernoccolo.

Jared, che non voleva scoppiare in una risata fragorosa, solo per rispetto verso il fratello, gli disse che si sarebbe fermato ad un Mc Donald's per prendere la solita insalata, e che lo avrebbe aspettato lì.

Riposto il suo, amato, Blackbarry in tasca, si avviò verso l'entrata del fast-food.

Non c'era tantissima gente, e per lo più si trattava di coppie con prole al seguito.

Un bambino tenerissimo, con due grandi occhi nocciola e la bocca sporca di gelato, lo salutò con la manina, anch'essa sporca, ed un sorriso non ancora perfettamente corredato di dentini.

Con una faccia buffissima e il più dolce dei suoi sorrisi, Jared pronunciò un piccolo "ciao" .

E con ancora l'immagine del piccolo in testa, decise di avviarsi verso la fila, per ordinare. C'era solo una famiglia davanti a lui, quindi pensò che prendere il suo adorato telefono e controllare twitter, gli avrebbe alleggerito l'attesa.

Dopo aver risposto a qualche fan e postato una vecchia foto, vide che la famiglia che lo precedeva andava via con i vassoi stracolmi. Fatto un passo avanti si ritrovò davanti ad una cameriera bionda.

La ragazza, con gli occhi sulla cassa , non lo aveva ancora notato e , detta una cosa ad un suo collega, tornò al suo posto.

"Prego." Disse lei ancora ad occhi bassi.

"Un'insalata e una sprite, grazie." Rispose lui, e vide la ragazza selezionare al computer il suo ordine.

"Serve altro?" Chiese la ragazza alzando lo sguardo e guardandolo negli occhi.

" Basta così..." riuscì a sussurrare lui.

Jared pagò e prese il vassoio che lei gli porgeva, salutandolo educatamente.

Jay ece un cenno con il capo, e lentamente, molto lentamente, si diresse verso il primo tavolo libero.

In testa, solo due profondi occhi blu come il mare.

**************************************************

Quella mattina era iniziata davvero male.

Victoria che, come al solito faceva i capricci perchè non voleva alzarsi, il lavandino della cucina che, inspiegabilmente aveva iniziato a perdere e per finire la chiamata del suo datore di lavoro.

Quel giorno, le aveva detto, avrebbe dovuto lavorare per 8 ore consecutivamente, invece del solito spezzato. Francis, una sua collega, era a casa con la febbre.

Avrebbe voluto dire di no, ma i soldi dello straordinario le servivano e, più per la figlia che per se stessa, era pronta a fare ogni sacrificio.

Prima di accompagnare la bimba all'asilo era passata dalla vicina per chiederle se poteva passare a prendere la piccola alla scuola materna alle 4.

La signora Jones era una simpatica donna anziana che abitava a pochi metri da lei e l'aveva presa sotto la sua ala protettiva dopo il suo arrivo. Non solo l'aveva aiutata in tutto, dopo il trasferimento, ma le teneva anche Victoria tutti i pomeriggi. Viveva da sola e ogni domenica, a pranzo, il figlio Oliver con la moglie e il piccolo Patrick le facevano visita. Non era un peso per lei tenerle la bambina, anzi, diceva che le risollevava lo spirito e che le faceva piacere rendersi utile.

Lasciata la piccola all'asilo, si era diretta verso il centro della città pronta per un'altra, stancante, giornata di lavoro.

Arrivata al fast-food sembrava che le cose sarebbero solo peggiorate. Un centinaio di ragazzi riempirono il locale e il bagno era praticamente inutilizzabile. Erano tutti, o quasi, vestiti di nero ed erano visibilmente eccitati per, così le sembrava di aver sentito, un concerto che si sarebbe svolto quella sera.

Se riusciva a sopravvivere ad una giornata come quella, pensava, avrebbe anche potuto scalare l'Himalaya.

La folla della mattinata sembrava essere scemata con il passare delle ore, anche se centinaia di ragazzini continuarono ad arrivare almeno fino alle due. Non era riuscita a mettere sotto i denti nemmeno una patatina, aveva fame ed era stanca. Alle tre non vedeva l'ora di andarsene, ma restavano ancora due ore e sapeva che, se avrebbe evitato di pensarci, sarebbero passate più in fretta.

E così fù.

Alle cinque, accontentato anche l'ultimo, bizzarro, cliente, aveva chiuso la cassa ed era andata a cambiarsi.

Entrò nel piccolo bagno privato e si sciacquò il viso. Vide la proprio immagine riflessa allo specchio e pensò di essere troppo magra, con occhiaie sempre più accentuate e la pelle spenta.

Nonostante fosse soddisfatta della sua vita, non poteva dire si essere davvero completa.

Le cose non erano cambiate poi molto dal suo arrivo, non aveva ancora molti amici, a parte i colleghi di lavoro non conosceva nessuno, e le sue attenzioni erano concentrate soprattutto su Victoria, la casa e il lavoro.

Afferrò la borsa, salutò i colleghi e uscì dal locale.

Non si era mai sentita osservata come in quel momento, effettivamente era da un pò che si sentiva inquieta.

Uno degli ultimi clienti si era comportato in maniera molto strana, quasi si fosse sorpreso di trovarla lì, ma era sicurissima di non aver mai visto quell'uomo in vita sua. L'aveva sorpreso più e più volte osservarla dal tavolino in fondo, vicino alla finestra, ed era stato raggiunto, poco dopo aver ordinato, da un altro uomo. Vide ancora i due fissarla e proprio mentre lei usciva, i due si alzarono.

Per un attimo aveva avuto paura, ma osservandoli bene si accorse che non sembravano tipi in grado di farle del male. Sperava solo che non fossero degli avvocati o degli investigatori mandati da Alexander.

I rapporti con il suo ex compagno non erano dei migliori, ma riuscivano ad avere delle conversazioni pacifiche e, prima che lei partisse, avevano sistemato tutti i documenti per l'affidamento della bambina. Inoltre, l'aveva sentito il giorno prima e non gli sembrava ci fossero problemi, la loro conversazione era stata la solita, sarebbe passato a prendere la bmbina il venerdì sera e l'avrebbe riportata la domenica pomeriggio, come sempre.

Si convinse che quei due non conoscessero Alexander e, facendo finta di niente, continuò a camminare.

 

 

 

 

 

   
 
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