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Autore: Arimi_chan    27/02/2012    0 recensioni
Due vite che apparentemente non hanno nulla in comune, forse solo una grande solitudine, ma che si intrecceranno inevitabilmente scoprendo il vero significato della parola "casa".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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cap 1

                                                                                                                                                                                                     

 

                              La voce dell'anima

 

 

Nonostante abitasse ad Atlantic City, nel New Jersey, da poco più di otto settimane, Carly sapeva esattamente come destreggiarsi per le vie della città.

Certo, non era proprio un paesino da un centinaio di abitanti, ma non era minimamente paragonabile agli immensi parchi, gli alti grattacieli e le sfavillanti luci di New York.

Abitava in una casa in stile coloniale costruita verso la fine del 1800. Vista da fuori somigliava più ad una catapecchia, ma pian piano era riuscita a modificare la veranda, sostuituito qualche asse e aggiustato i cardini alle finestre.

L'aveva arredata secondo i propri gusti, e nonostante possedesse solo due camere, una cucina, un bagno ed un salotto, era tutto quello che poteva desiderare.

Dalla vecchia casa a New York aveva portato solo lo stretto indispensabile, alcuni affetti personali, vestiti ed i giocattoli della piccola Victoria.

Victoria, sua figlia, aveva da poco compiuto quattro anni, ed era una dolce bambina dai boccoli castani e gli occhietti verdi ereditati dal padre, Alexander.

Dopo aver accompagnato la piccola alla scuola materna, Carly si recò verso il centro della città dove avrebbe fatto la spesa e pagato qualche bolletta.

Il mercoledì era il suo giorno libero, e sicuramente non lo avrebbe passato tra aspirapolvere e TV a casa.

Il suo era un misero lavoro, ma bastava a far condurre a lei e alla piccola, una vita dignitosa.

Il Mc Donald's dove lavorava era il più grande della città e si trovava esattamente tra il vecchio municipio e la scuola di polizia.

I primi giorni fù tutto molto caotico ed imprevisto, non conosceva la città, non aveva uno straccio di amica e l'unica cosa che faceva a lavoro era pulire il locale, e i tavoli che ospitava, per otto ore al giorno.

Per fortuna, era stata spostata in cucina, dove si sentiva una piccola chef, ma Nathan, ventunenne universitario con contratto part-time, la riportava con i piedi per terra chiedendole un Big Mac o una porzione di patatine.

Nonostante fosse il più umile dei lavori, la sera si addormentava con il sorriso sulle labbra.

Era si, una madre single, separata, come insisteva a definirla sua madre, ma poco le bastava per essere serena e orgogliosa della sua vita: un tetto sopra la testa, un pasto caldo, e il sorriso di Victoria.

Entrò nel piccolo mini-market per comprare lo stretto indispensabile -Pasta, pane, latte, uova e biscotti- .

Il cassiere, un uomo sulla quarantina, alto e pieno di muscoli, le faceva la radiografia ogni volta che la vedeva.

Certo, per essere una donna di 34 anni aveva proprio un bel fisico.

Dopo la gravidanza si era ripresa subito, tornando, in pochi mesi, alla sua forma abituale, e il non aver potuto allattare Victoria dopo il parto era stata la sua benedizione.

Probabilmente il fatto di essere una biondona dagli occhi azzurri la faceva apparire, agli occhi maschili, come una graziosa Barbie, dalle gambe snelle e vertiginose, pronta per essere corteggiata.

Dopo aver riempito il piccolo cestino con quello che le serviva, si avviò, come un condannato lungo il miglio verde, verso la cassa.

Bob, così si chiamava il tutto muscoli e niente cervello, le aveva subito fatto l'occhiolino e cercò di far risplendere il suo -fantastico!- sorriso.

Peccato che due denti, gli incisivi per la precisione, mancassero dalla parte sinistra della sua bocca.

Più che un omone di cui aver paura, sembrava un leone senza denti.

Mise i suoi acquisti nelle classiche buste di carta, e si avviò, sorridendo per l'assurdo paragone pensato, verso l'uscita.

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Jared Leto era un uomo come gli altri...bè, quando non era attorniato da fan, o non saltellava su un palco, o non stava davanti ad una telecamera.

Si, lui era una di quelle persone che la gente chiamava comunemente "Star".

Ed effettivamente lo era.

Cantante, attore, regista, chitarrista e all'occorrenza si improvvisava anche pittore e bassista. Un artista poliedrico che riusciva a spaziare nell'arte a 360 gradi.

Nato in una fredda mattina di Dicembre dell'ormai lontano 1971, non aveva avuto nè un'infazia particolarmente felice, nè molti amici.

Il suo migliore amico, e un pò figura di riferimento maschile, era Shannon, suo fratello.

Di un anno e mezzo più grande di Jared, Shannon era, anche lui, un artista: batterista, fotografo e, occasionalmente, attore.

Qualcuno aveva definito il loro rapporto come "morboso", quasi fossero due amanti, ma prontamente rispondevano che il loro era un rapporto molto più intenso di quello che che lega 2 semplici fratelli, erano l'uno la spalla dell'altro.

Jared era sempre stata una persona profonda, sostenitore di alcuni vecchi ideali e sempre pronto ad aiutare il prossimo.

La notorietà e la fama l'avevano portato ad assumere un comportamento schivo e riservato, soprattutto con gli sconosciuti.

Ma se nella vita privata si mostrava abbastanza chiuso, nella vita pubblica, e soprattutto nel lavoro, era un vero e proprio leader.

Nulla doveva essere lasciato al caso e tutto era meticolosamente calcolato minuto per minuto.

Soprattutto se si trattava della sua band, i 30 Seconds to Mars.

Quel caldo giovedì di fine Agosto si era alzato di malavoglia.

Non aveva dormito molto, colpa dell'afa, ma anche di una nuova melodia che aveva deciso di tormentarlo alle tre del mattino.

Amava stare in tour, ma una cosa che proprio non gli andava giù era dover attraversare il paese, in lungo e in largo, su un tourbus.

Emma, la sua fidata assistente, o martire, dipende dai punti di vista, gli aveva già riepilogato il programma della giornata: Alle undici intervista con un giornaletto per teenagers, alle dodici appuntamento in radio, pranzo veloce, sicuramente un'insalata, verso l'una, e poi il sound-check per il concerto di quella sera. A volte si domandava come facesse a sopravvivere a tanta freneticità.

"Jared, mi stai ascoltando?" Lui, sentendosi chiamare, scosse il capo, quasi a scacciare via i pensieri che gli annebbiavano la mente.

"Scusami Emma, sono solo un pò stanco." Rispose avvicinando le mani al volto.

Con espressione quasi materna, Emma prese un profondo respiro e , appoggiata una mano sulla spalla del ragazzo, in segno di conforto, gli disse quelle paroline magiche che il ragazzo non aveva afferrato pochi secondi prima.

"Jay, dalle 4 alle 7 sei libero!" Ed accompagnò il tutto con un grande sorriso

"Davvero?" Quasi incredulo, gli occhi sbarrati per la sorpresa, Jared non riuscì a dire altro.

"Davvero." Rispose rassicurante Emma.

Ecco, quella sarebbe stata una bella giornata, pensò.

Regalò ad Emma uno dei suoi migliori sorrisi e poi si avviò placidamente verso il piccolo bagno del tourbus.

Per adesso il suo unico desiderio era arrivare, il più in fretta possibile, ad Atlantic City.

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Massalve a tutti! XD

Se siete arrivati fin qui, vuol dire che sono riuscita a non annoiarvi, e ne sarei già felice.

E' la prima fanfiction che scrivo su di loro, e devo dire che mi sento abbastanza impreparata rispetto a voi, quindi, se ci fosse qualcosa di sbagliato vi pregherei di farmelo notare! =)

Non so ancora da quanti capitoli sarà composta questa storia, è ancora in fase di scrittura, ma le idee ci sono, così come anche la fine.

Potrà sembrare la classica storiella d'amore, i due che si incontrano, si conoscono e si amano, ma non sarà così.

Saranno tanti i temi e le relazioni toccate e spero che qualcuno di voi apprezzi.

Detto questo, se volete spendere due parole per farmi sapere cosa ne pensate, io non mangio nessuno! XD

A presto, Simona.

 

 

 

 

   
 
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