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Autore: ChiakiRhapsody    05/03/2012    6 recensioni
Vuoto.
Nulla.
Il bianco etereo del vuoto riempiva tutto.
Silenzio.
Improvvisamente. Un suono! Come una magia, come a voler rompere il vuoto.
Una nota pura, una goccia di pioggia che cade nel deserto.
La storia di un ragazzo che darà tutto per la musica.
Receniste in tanti grazie ;D
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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love's rhapsody

Rhapsody of notes

 

-Capitolo 2: Love’s Rhapsody-

Arrivai dopo venti minuti di autobus a scuola, tutto allietato da quel bellissimo concerto di Gershwin che non riuscivo a levarmi dalla testa. Ero innamorato di quel suo concerto in Fa, soprattutto del terzo movimento, il più movimentato e forte di carattere.

Scesi così dall’autobus e mi fermai di fronte a scuola a parlare con i miei compagni di classe prima di entrare.

In classe mia, eravamo solo io e una mia compagna di nome Helena, che era anche la mia migliore amica, che suonavamo uno strumento, infatti, lei, era una bravissima flautista, mi emozionavo vedendo le sue piccole dita che spingevano le chiavi producendo una melodia da pifferaio magico.

Comunque entrammo poco dopo in classe e dopo pochi minuti dal suono della campanella arrivò la professoressa di latino. Le due ore di latino erano davvero stressanti, avrei notevolmente preferito farmi l’intero Hanon e Beyer ! Poi oltre le due ore di latino, prima della ricreazione, mi aspettava ancora un’altra ora di algebra. Finalmente, quando passò anche quell’ultima noiosissima ora, scendendo di corsa le scale mi diressi verso l’aula magna, dove ad aspettarmi c’era il mio svago di metà giornata: infatti, lì mi aspettava un pianoforte che io amavo tantissimo, anche perché mi piaceva farmi sentire dalla gente che così passava.

Quasi mai nessuno si fermava a sentirmi, ma a me non importava più di tanto giacché ero contento anche così.

Amavo quel pianoforte! Era un quartino Petrof, con un suono delicatissimo, un po’ scordato, ma io amavo i suoni un po’ scordati, anche perché secondo me, erano perfetti per le opere più romantiche. Quel giorno volli suonare un brano da poco imparato; quel preludio lo amavo fino alla follia, come anche il suo compositore.

Secondo il mio insegnante Rachmaninoff era il compositore che più di chiunque altro mi rappresentava di più.

Quel preludio pieno di sbalzi da ppp a fff, tutta quell’espressività, quell’animo tormentato che si percepiva.

Quando Rachmaninoff compose questo preludio, era da poco uscito dal conservatorio e considerò sempre il Preludio in Do Diesis minore come uno dei suoi brani di debutto, infatti, rimase sempre tra i suoi preferiti.

Quel pezzo aveva un livello di espressività altissimo, iniziato con un pianissimissimo, fin da subito aveva caratteri forti, ma sempre molto dolci e romantici.

Ora e mai troverò le parole per descrivere la bellezza di quel pezzo.

Sapevo solo che la mia anima non mi apparteneva più, ormai era lei che scivolava su quei tasti.

Mi sentivo libero! Il mio cuore stava volando via e un’altra volta, iniziavo a viaggiare con la mente in luoghi che non avevo mai visto, ma che solo con la musica riuscivo a immaginare; ma suonando quella musica, nulla di bello riuscì ad arrivare alla mia mente, m’immaginavo solo un luogo preso dalla devastazione,c’era la sola solitudine.

Un mondo completamente si prospettava davanti ai miei occhi mentre viaggiavo, a mala pena riuscivo a trattenere le lacrime.

Riuscivo a vedere solo una città grigia, devastata da una guerra. Lì ormai non vi era più nessuno, e tutto veniva ancora più rattristito da qualche fiocco di neve che imbiancava tutto, ed io lì solo a cercare disperatamente qualcuno, mentre le lacrime m’iniziavano a scendere dai miei occhi mezzi socchiusi.

Ogni tanto sembrava che avessi trovato qualcuno, in tutta quella landa desolata, invece, niente, tutto terminò, con la più completa solitudine e sofferenza. Sembrava come se tutto fosse definitivamente morto.

Il vuoto, da dove tutto era iniziato, così, lì era finito, nel buio, nel silenzio.

Intanto Helena, senza che me ne accorgessi era dietro di me ad ascoltarmi, con una mano sopra gli occhi, cercando di nascondere le lacrime che pure a lei erano scese.

Così mi alzai dallo sgabello e mi avvicinai a lei. Portai la mia mano sulla sua guancia, e con il pollice le tolsi le lacrime che gli solcavano il viso, e dolcemente le sussurrai: “Il tuo viso non è fatto per essere rovinato dalle lacrime”. Seguì poi un sorriso, come a chiederle se andasse tutto bene.

Lei allora arrossì.

Io per lei non provavo nulla di speciale, in fondo eravamo solo molto amici, ma, forse per lei tutto ciò le sembrava di più di un’amicizia, infatti, arrossiva sempre quando le parlavo.

Però, pensandoci bene qualcosa per lei sentivo, ma non sapevo riconoscere la differenza tra amore e amicizia.

Diciamo solo che con Helena stavo bene e il legame che ci univa era speciale.

Ma la cosa che mi piaceva di più di lei era la sua maestria nel suonare il flauto! Il suono era dolce e armonioso, allegro, e che mi metteva sempre il sorriso sulle labbra.

Avrei voluto tanto che un giorno avesse suonato un brano insieme a me, ma ogni volta che glielo chiedevo rifiutava e si girava da un’altra parte, era troppo timida.

Era così tenera quando diventava tutta rossa, forse qualcosa di più fra noi stava per nascere, qualcosa di magico, o almeno lo speravo, sarebbe stato così bello.

Quella sera riflettei tanto su cosa realmente provassi per Helena, così dopo aver capito che in fondo quello che provavo per lei, forse era vero amore, decisi quella stessa sera di impararmi un brano solo per lei.

Il giorno dopo, a ricreazione, le chiesi di venirmi, anche quel giorno, ad ascoltare.

Mi misi seduto di fronte a quei magnifici tasti e lei si poggio sul pianoforte come sempre, allora iniziai a suonare quella musica stupenda; incominciò tutto con poche note, poi una cascata fortissima di arpeggi, la tensione saliva, ma dolcemente poi riscendeva, fino ad un dolce tempo, colmo d’amore.

Non avrei potuto scegliere brano migliore per la persona che amavo se non “ Playing love”, una suonata che a mio parere esprimeva tutto quello che può essere l’amore che provavo per Helena.

Note delicatissime scivolavano sulla tastiera. Mentre suonavo, la guardavo negli occhi, mentre lei arrossiva;i suoi bellissimi occhi celesti iniziarono a luccicare: sembravano zaffiri!

Allora mentre tornavo con lo sguardo sui tasti, lei si staccò dal pianoforte e venendomi dietro mi abbracciò.

Non una parola, nulla.

 A quel punto le mie mani si staccarono dal piano, ma subito lei mi disse con la sua calda voce:

“ Per favore, continua a suonare, non fermarti”.

Quelle parole e quell’abbraccio mi fecero capire che anche lei mi amava, era una cosa così bella.

Allora mi commossi anch’io. Lei, quella musica, i nostri sguardi. Come non essere felici di tutto ciò.

 

Continua……

 

Nota dell’autore:

Allora questo capitolo secondo me è un po’ corto ma fa niente spero che vi piaccia il testo e le musiche che ho scelto per questo capitolo.

Ecco qui i link per le musiche:

“Preludio in Do diesis minore” di Seirge Rachmaninoff

http://www.youtube.com/watch?v=d-qwJoFQ3qo

 

 “Playing Love” di Ennio Morricone da “La leggenda del pianista sull’oceano”

http://www.youtube.com/watch?v=mIhqjRWZ77Y

   
 
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