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Autore: Wren07    05/03/2012    2 recensioni
In quel momento conoscere il nome della stanza, della città o del pianeta in cui si sarebbe svegliato di lì a un anno, a un mese o un’ora gli sembrava una pretesa irrealizzabile quanto insensata, perché l’unica cosa reale erano i movimenti lenti di Kurt sul suo corpo, mentre quegli occhi azzurri aprivano il cielo nei suoi.
Kinn ambientata dopo la 03x12
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Finn Hudson, Kurt Hummel | Coppie: Finn/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Rubik’s Cube
Personaggi: Finn Hudson, Kurt Hummel
Rating: Giallo
Genere: Fluff, angst, malinconico (insomma un miscuglio definito "flungst" dalla mia amabile beta)
Avvertimenti: One-shot
Beta: Joey, che continua a portarmi sulla cattiva (?) strada (ammmore infinito)
Note: Ispirata alla canzone “Rubik’s Cube” degli Athlete (da grande voglio fare la spacciatrice di musica) e ambientata dopo la 03x12 e la scena che ha fatto esplodere il mio cuore Furtiano/Kinniano.

 

Risultato di un parto travagliato portato avanti per amore  odio di mia moglie/musa/terapista Charlie (nostra figlia Kiiinn! Non ho dimenticato che mi devi un cubo di Rubik, anyway, daaarlin').

 

 
Rubik’s Cube
 
 
Lost in the playground,
Late night nostalgia,
Open the sky for me, now.
 
   (Rubik’s Cube – Athlete)
 
 
 
 
 
 
Il corpo di Finn, le mani serrate intorno alla federa del cuscino e i nervi tesi, era ancora premuto contro quello di Kurt, la cui stretta in quel momento sembrava l’unica forza capace di mantenerlo sulla terra.
 
 
 
Per un attimo, che a Finn parve dolorosamente interminabile, gli occhi di Kurt si staccarono dai suoi, per correre istintivamente oltre le lenzuola a righe rosse e azzurre (sul gusto estetico delle quali in quel momento Kurt non aveva neanche avuto l’energia di ironizzare) e posarsi sul suo comodino, ingombro come al solito. Su di esso torreggiavano i due bicchieri di latte che Kurt aveva portato poco prima, che per sua gioia o disappunto non sarebbero riusciti a bere caldo.
 
 
 
Non appena Kurt ebbe di nuovo gli occhi fissi nei suoi, Finn si avvicinò alle sue labbra, pensando che, se avesse allungato ancora lo sguardo, avrebbe notato sul comodino anche gli opuscoli dei College newyorkesi che gli aveva portato qualche settimana prima.
 
Probabilmente avrebbe inarcato un sopracciglio, giudicandoli stropicciati in maniera vergognosa, ma, rilevando gli spessi segni di evidenziatore giallo che li ricoprivano, non avrebbe potuto fare a meno di incrinare le labbra in uno dei suoi sorrisi assenti, crudelmente irresistibili per Finn.
 
 
 
In condizioni di maggiore lucidità – pensò Finn soffocando una risata sul collo di Kurt, che in quel momento fu scosso da un tremito – starebbe probabilmente ascoltando i consigli del fratellastro riguardo alle agevolazioni dei college, ai prezzi delle stanze in affitto e ai mezzi pubblici nelle vicinanze; ma in quel momento conoscere il nome della stanza, della città o del pianeta in cui si sarebbe svegliato di lì a un anno, a un mese o un’ora gli sembrava una pretesa irrealizzabile quanto insensata, perché l’unica cosa reale erano i movimenti lenti di Kurt sul suo corpo, mentre quegli occhi azzurri aprivano il cielo nei suoi.
 
 
 
Adesso Kurt si era accucciato su di lui, con le braccia intrecciate intorno alla sua schiena e la testa affondata nel suo petto, quasi a volersi nascondere dal cuscino, o dal mondo fuori dalla porta di quella camera.
 
 
Anche Finn avrebbe voluto potersi nascondere in quell’istante, esattamente come faceva al parco a sette anni.
 
Una volta aveva individuato un nascondiglio perfetto in un angolino tra i cespugli: Carole aveva quasi chiamato la polizia, prima di trovarlo, tirarlo fuori e tempestarlo di prediche, nonostante le quali Finn aveva continuato ad avere nostalgia di quel rifugio solo per lui.
 
 
 
 
Rivolse di nuovo lo sguardo al comodino, ricordando che vi era appoggiato anche un cubo di Rubik ritrovato sepolto in un cassetto e ora ben lontano dall’essere risolto.
 
Finn sapeva che presto anche i colori di quel momento si sarebbero confusi, che entrambi sarebbero stati costretti a concentrarsi su altre facce della loro vita, che forse non avrebbero mai più trovato la combinazione giusta per un momento di perfezione come quello, ma entrambi sapevano che non c’era posto per pensieri del genere in quel letto con lenzuola dai colori assurdi, in cui era scivolato dalle spalle di Finn il peso del mondo.
 
 
 
Mentre Kurt posava con leggerezza le labbra sull’incavo del suo collo, Finn si strinse di più a lui, e continuò a stringerlo senza più preoccuparsi di treni, bicchieri o lenzuola, pur sapendo che quel cielo scoperchiato dagli occhi di Kurt si sarebbe richiuso, lasciandolo solo con la nostalgia di un bambino perso nel parco.
   
 
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