Un vecchio
Distruzione. Devastazione. Confusione. In poche parole: CAOS. Diagon Alley non è più quella bella via calda e luminosa, dolce porto dei maghi d’Inghilterra. Ora è solo un prolungamento di Nocturn Alley. Già, proprio quella, la via che tutti odiavano è la signora incontrastata, residenza esclusiva dei mangiamorte più fedeli di Lord Voldemort. Si, perché lui ha trionfato ed Harry Potter non è altro che un misero ricordo. Ed ora il buio avvolge il mondo magico come una pesante cappa che nemmeno un timido raggio di sole o il pallido riflesso della luna riescono a penetrare. Mangiamorte che passeggiano sicuri, spavaldi dietro le loro maschere d’argento mentre la popolazione si inchina al loro passaggio. Ma il vero orrore non è lì, all’esterno. Ciò che veramente fa tremare il mondo è il Death Manor, un castello in cui vengono rinchiusi tutti gli oppositori di Voldemort. No, non lasciatevi ingannare da quell’aspetto così bello e ricercato, dai grandi giardini e dai corridoi ricchi di arazzi. Ciò che vi deve terrorizzare sono i suoi sotterranei. Immensi labirinti scavati nel ventre della terra che riecheggiano dei lamenti dei prigionieri. Piccole celle di pochi metri pullulano di esseri magri e denutriti. Se li vedeste non riuscireste a riconoscerli; loro, pallide e fievoli imitazioni di ciò che furono in vita. Perché qua non si vive, si lavora, si lascia che i sensi si ottundano ogni giorno di più, per preservare la mente nella speranza di qualcosa. Qualcosa che, però, non arriverà mai. Un uomo si trascina lento verso il centro dei sotterranei, ha le mani grosse e ruvide per via del duro lavoro, la pelle rugosa per gli anni e la schiena curva per i dolori sopportati. E' quasi felice, se ancora può provare qualche sentimento, di dirigersi verso il nucleo di quel piccolo inferno. Lì, infatti, c’è una sala dalla quale nessuno è mai uscito. Almeno le sue sofferenze finiranno. Di guardia ci sono due robusti mangiamorte. Lo guardano. Sanno chi è. Il loro signore lo aspetta, devono farlo passare. Il prigioniero avanza. Le vesti lacere fluttuano attorno al suo corpo; guscio vuoto di un’anima morta anni prima. La sala, enorme e spoglia, è illuminata solo da qualche torcia. L’aria è pesante. Il silenzio domina il luogo; solo il lento arrancare dell’uomo lo turba. Al centro della sala, assiso su un trono di cristallo nero c’è lui, Voldemort. La sua voce roca riempie la sala: -Benvenuto Arthur-. A quel saluto il prigioniero sembra riscuotersi, aveva dimenticato di chiamarsi così…
Molly…aveva scordato quanto dolce potesse essere quel nome. Si accasciò a terra; disperato. No, non doveva mostrarsi debole. Doveva reagire. Si alzò. Voldemort sorrise. Per Arthur Weasley, uno degli uomini più fedeli e devoti a Silente e Potter, l'ultimo membro dell'ordine della fenice ancora in vita, aveva trovato una speciale tortura. Si, oggi si sarebbe divertito; avrebbe donato una morte insolita. Riprese a scrutarlo attentamente con i suoi fiammeggianti occhi rossi.
“E’ in un
lungo corridoio. Aspetta. Da una porta giungono delle urla di dolore. E’
nervoso. Non sa cosa fare. Sta per alzarsi ma tutto cessa; Molly non si lamenta
più ma il vagito di un neonato rompe il breve silenzio creatosi. Un medimago lo
fa entrare. Dentro la stanza, stasa su un letto c’è lei, la sua Molly, tra le
sue braccia un bimbo. Dopo averle fatto una carezza lo prende in braccio. E’
così piccolo e fragile. Lui, il suo piccolo Bill”
Arthur è disperato. I suoi sentimenti si sono risvegliati, il dolore lo sta sopraffacendo. Si accascia, inerme, al suolo. Inutile tentare di lasciare che i ricordi scorrano senza farlo soffrire. E’ come se mille lame gli trafiggessero il cuore e non può fare altro che piangere. Piangere e sperare di non riaprire più gli occhi.
“ UN
VECCHIO E UN BAMBINO SI PRESER PER MANO
E ANDARONO INSIEME
INCONTRO ALLA SERA
LA
POLVERE ROSSA SI ALZAVA LONTANO
E
IL SOLE BRILLAVA DI LUCE NON VERA.
Era sera. Il sole stava tramontando. Si trovava sulle rovine di Hogwarts, la scuola che aveva formato tanti grandi maghi ma che era stata abbattuta come un castello di carte. Offerta come sacrificio al signore del male aveva resistito fino all’ultimo ma, alla fine, era crollata. Una piccola mano stringeva la sua. -Cos’è questo posto nonno?-.
L’IMMENSA
PIANURA SEMBRAVA ARRIVARE
FIN DOVE L’OCCHIO DI UN UOMO POTEVA GUARDARE
E
TUTTO D’INTORNO NON C’ERA NESSUNO
SOLO IL TETRO CONTORNO DI TORRI DI FUMO.
La voce acuta e
squillante di Andrew
l’aveva riscosso. Si girò verso il nipote -Vieni, avviciniamoci-.
I
DUE CAMMINAVANO, IL GIORNO CADEVA
IL VECCHIO
PARLAVA E PIANO PIANGEVA
CON
L’ANIMA ASSENTE, CON GLI OCCHI BAGNATI
SEGUIVA
IL RICORDO DI MITI PASSATI.
Arrivati vicino all’ingresso si fermarono. Arthur fece sedere il bimbo che lo guardò con occhi seri e attenti. -Ora, tesoro, ti racconterò la storia di questo castello.- disse, e iniziò a raccontare. Man mano che parlava le lacrime scendevano, copiose. Gli parlò della magnificenza di Hogwarts, di suo padre e dei suoi zii che avevano trascorso lì la maggior parte della loro giovinezza.
I
VECCHI SUBISCONO L’INGIURIA DEGLI ANNI
NON
SANNO DISTINGUERE IL VERO DAI SOGNI
I
VECCHI NON SANNO NEL LORO PENSIERO
DISTINGUER NEI SOGNI IL FALSO DAL VERO.
E la mente di Arthur vagò. Mentre il suo cuore veniva oppresso dal dolore. Già, perché ormai era solo, e si sarebbe ucciso se non avesse dovuto badare ad Andrew, l’ultimo dei Weasley.
E
IL VECCHIO DICEVA GUARDANDO LONTANO
IMMAGINA
QUESTO COPERTO DI GRANO
IMMAGINA
I FRUTTI E IMMAGINA I FIORI
E
PENSA ALLE VOCI E PENSA AI COLORI.
E
IN QUESTA PIANURA FIN DOVE SI PERDE
CRESCEVANO
GLI ALBERI E TUTTO ERA VERDE
CADEVA
LA PIOGGIA SEGNAVANO I SOLI
IL RITMO DELL’UOMO E DELLE STAGIONI.
Andrew lo ascoltò, serio ed attento; immaginando ciò che il nonno gli raccontava. Non aveva mai conosciuto i suoi parenti. Erano morti prima che nascesse. Sua madre, la bellissima Fleur Delacour, era morta di parto. Non sapeva cosa fosse una famiglia, aveva solo il nonno. Non sapeva cosa fosse la felicità, viveva in un tempo di guerra. Non sapeva cosa fosse una casa, dovevano sempre fuggire perché ricercati.
IL
BIMBO RISTETTE, LO SGUARDO ERA TRISTE
E
GLI OCCHI GUARDAVANO COSE MAI VISTE
E
POI DISSE AL VECCHIO CON VOCE SOGNANTE...
Ad un certo punto Arthur si riscosse. Era troppo tardi. I mangiamorte li avevano accerchiati. Non si fecero scrupoli ad uccidere il piccolo Andrew.”
Quell’avada kedavra aveva posto fine alla sua vita. Non ricordava più niente. Con il suo adorato nipote era morta anche la sua anima. Voldemort è soddisfatto. Si è divertito a sufficienza. Ora può pure porre fine alla quella miserabile vita. Non gli serve più. -Avada kedavra!-. Quelle due semplici parole pongono fine alla vita del prigioniero. Arthur si lascia morire con un sorriso. Fiducioso, sa che presto raggiungerà i suoi cari, la sua famiglia, il suo adorato nipotino. Strano come solo ora, nel suo ultimo momento di vita, gli sia venuto in mente ciò che disse Andrew prima dell’attacco dei mangiamorte
-MI PIACCIONO LE FIABE, RACCONTANE ALTRE-.
Ciao a tutti!
Come nella mia fic precedente mi sono appoggiata alla bellissima canzone “Il vecchio e il bambino” di Guccini che vi consiglio di ascoltare durante la lettura di questo piccolo racconto. Dedico questa fic a Ele&Nora, le migliori amiche e lettrici che si possano desiderare. Spero vi sia piaciuta, Ciao ciao!