Capitolo II –
A beautiful Unicorn
***
“Brittany. Britt, ti prego svegliati. Ti prego. Ti
prometto che domani ti insegno a leggere l’intero calendario. Ti prometto che
ti comprerò tutto il torrone che vorrai. Ma ti prego, ti scongiuro, svegliati. Dimmi
qualcosa. Riesci a sentire la mia voce?”
E’ accaduto tutto circa 3 mesi e mezzo fa. Puck ci
aveva invitato ad una festa in discoteca, nella periferia di Lima. Era la prima
volta in cui rivedevamo Quinn dopo i due anni che aveva passato nel Connecticut
per continuare i suoi studi a Yale, dopo l’estate sarebbe dovuta ripartire,
così ne aveva approfittato per fare un salto e salutare i suoi vecchi amici del
McKinley.
Rachel fu la prima ad arrivare, naturalmente
accompagnata dal sempre presente Finn Hudson. Si sedette su una panchina del
parco che stava di fronte alla discoteca e iniziò a muovere nervosamente il
piede sul terreno. Finn le sedeva goffamente a fianco, teneva delicatamente il
braccio intorno al suo collo e batteva il tempo sulla panchina. Guardando il
cielo con la sua solita aria confusa, fantasticava sulla prossima canzone di successo.
Quinn arrivò subito dopo. Non era cambiata per nulla, o forse si era alzata di
qualche centimetro.
Rachel, appena la vide, si alzò di scatto scrollandosi
di dosso il braccio di Finn,corse ad abbracciarla e, dopo averle scambiato un
sorriso di intesa, iniziò a sopprimerla di domande sulla sua vita a Yale.
Nonostante tutto, Quinn la trovava tutt’altro che invadente. Era estremamente
felice di sentire che Rachel non era cambiata affatto, continuava ad essere la
solita Rachel Berry dal carattere stressante e un poco invadente, ma allo
stesso tempo gentile e confortante. Era come tornare ai vecchi tempi, tutto era
rimasto come prima.
Kurt e Mercedes non si erano fatti pregare due
volte, arrivarono a braccetto con qualche minuto di ritardo, come qualunque donna
d’alta classe che si rispetti. Avevano passato la serata a provare tutti gli
abiti, i trucchi e le acconciature immaginabili e, alla fine, dopo averne
provati a centinaia, avevano finito col scegliere il primo abito della lista.
Blaine non era potuto venire quella sera, aveva in
programma un’esibizione speciale in un piccolo locale dove era solito esibirsi.
Qualche settimana prima un discografico l’aveva notato ed era rimasto così
tanto colpito dal suo talento, che aveva promesso di ritornare per la sua
prossima esibizione insieme a dei colleghi in cerca di un ragazzo di talento
come lo era di certo Blaine Anderson. Non poteva rinunciarci, quella poteva essere l’occasione
della sua vita. Ma di sicuro si sarebbe fatto perdonare più tardi a casa,
quando il suo ragazzo sarebbe tornato e gli avrebbe raccontato ogni particolare
dell’intera serata insieme agli amici del Glee, con l’entusiasmo di un bambino
dopo il suo primo giorno di scuola.
Io e Brittany arrivammo per ultime, ero contenta di
rivedere Quinn dopo tanto tempo e anche Britt lo era, forse ancora più di
quanto immaginassi.
“The Unholy Trinity”. Noi tre eravamo sempre state inseparabili al liceo, avevamo
passato tanto tempo tra le uniformi delle Cheerios e gli scherzi infantili a
chiunque fosse meno popolare di noi. E ora che le nostre strade si erano
separate, pur essendoci sentite parecchio al telefono durante la sua permanenza
a Yale, non era la stessa cosa.
Britt mi guardava sorridente mentre cercavo
sfrenatamente un parcheggio e mostravo il medio a qualche guidatore idiota che
si lamentava per il rumore del clacson. Mi scostava dolcemente i capelli dietro
l’orecchio e io ogni tanto mi giravo verso di lei e mi mettevo a fissarla come
si fissa un dipinto, la osservavo in tutte le sue sfaccettature, osservavo ogni
minimo particolare del suo viso, e mi chiedevo come una creatura umana potesse essere così perfetta.
Quando trovai parcheggio approfittai della
sbadatezza di Brittany, che cercava disperatamente il suo bracciale sotto il
sedile dell’auto, per fumarmi una sigaretta. Non dovevo farmi notare, a lei non
piace quando fumo. Dice che non mi fa bene e in effetti ha ragione, ma mi aiuta
a distendere i nervi. Purtroppo ci mise meno tempo del previsto a ritrovare il
suo bracciale, riuscendo così a sorprendermi proprio nel momento in cui stavo
schiacciando il mozzicone sull’asfalto con il tacco della scarpa. Mi si
avvicinò e piantò i suoi occhi nei miei.
“San, quante volte te lo devo ripetere ancora?
Questa robaccia ti fa male. E io non voglio che tu muoia prima del dovuto.”
Risi istintivamente dimenticandomi per un attimo che
lei mi stava fissando con aria serissima. Mi avvicinai al suo viso e baciai le sue
labbra alla ciliegia. Per un istante ci guardammo negli occhi senza dire una
parola, lei tornò a sorridere ed io ebbi la sensazione che tutti i problemi
fossero svaniti in quello sguardo, in quell’attimo non mi importava più di
nulla, se non del mio piccolo unicorno dai capelli dorati.
Sono passati diversi anni dalla prima volta in cui
abbiamo capito di esserci innamorate, eppure ci guardiamo ancora come se avessimo
scoperto di amarci solo in quel momento.
“Ti amo San. Non mi lasciare mai, ok?”
Le presi la mano e mi incamminai verso il parco
tenendola stretta alla mia.
“Mai Britt Britt. Mai.”