Io la conosco una
stella di febbraio…
Anche se “conosco” non
è un verbo
che si può veramente
associare ad una stella…
La guardo fluttuare
alta nel cielo
e rischiarare il buio
della notte,
consolando la mia
solitudine.
Ma a volte, quando i
suoi raggi chiari
arrivano ad
accarezzarmi la fronte,
mi sorprendo a
crogiolarmi nell’illusione
che non sia poi tanto
lontana,
e che potrei quasi
sfiorarle la mano…
Questa storia è
dedicata a lei.
Buon compleanno Titti.
Stelle di febbraio
February stars
Floating in the dark
Temporary scars
February stars
February stars – Foo
Fighters –
Nell’aria serale del diciassette febbraio indugia ancora l’atmosfera del San Valentino appena passato: il venticello gelido, che scompiglia leggermente i capelli di Ron, profuma di zucchero e ricorda coi suoi sussurri le promesse bisbigliate dagli innamorati.
E’ forse il periodo più freddo dell’anno e fa ancora buio presto, tanto che alle sei del pomeriggio, il sole si è già completamente nascosto oltre l’orizzonte ed il blu del cielo é trapuntato di stelle. Sembrano tante piccole cicatrici sulla liscia pelle dell’oscurità.
Ron e Hermione se ne stanno seduti, spalla contro spalla, su un muricciolo al confine tra Hogsmeade e la via che porta ad Hogwarts. La luce fioca e i rumori serali del vicino villaggio magico tengono loro compagnia.
Hermione guarda il cielo, rapita, e lui osserva lei, incantato nello stesso modo, attirato dai disegni che le luci dei locali poco distanti, mescolati a quelle delle stelle, lasciano apparire sul suo viso sereno.
« Non sono bellissime le stelle di febbraio? » dice lei all’improvviso. Continua a tenere il naso in su e lascia vagare lo sguardo sull’intera volta celeste, come se non volesse tralasciarne neanche un pezzetto.
Il tentativo di Ron, di trovare un nome per le forme che scova sulle guance arrossate dal freddo di Hermione, viene interrotto da quella domanda.
« Uhm? » porta anche lui gli occhi al firmamento. « Sono diverse negli altri mesi dell’anno? » le chiede a sua volta, convinto che lei esporrà una teoria scientifica, letta da qualche parte, per cui le stelle a febbraio si mostrano più splendenti rispetto al resto dell’anno.
« Non so… è che nelle sere di febbraio mi sembra quasi di arrivare a toccarle. Mi hanno sempre fatto quest’effetto » risponde invece Hermione. Allunga verso il cielo la mano, che non ha mai smesso di stringere la piuma che le ha regalato Ron nel pomeriggio, e prende a disegnare nel vuoto, tra le stelle.
Ron segue con gli occhi i ghirigori immaginari che la piuma bianca traccia nell’aria, scruta più attentamente le stelle che se ne stanno immobili, in attesa di essere raggiunte dal tocco di Hermione.
« E’ per questo che ti piaceva tanto quella piuma? » le domanda per punzecchiarla un poco. « Ti permetterà di scrivere il tuo nome nel cielo? »
Lei scuote la testa e ride.
Uno sbuffo prepotente di vento li fa rabbrividire entrambi, Hermione ritira la mano e si stringe nel cappotto, nascondendo il mento nella sciarpa rossa e oro.
Ron allunga il braccio e la avvicina a sé, lei si accoccola contro il suo petto e posa la testa sulla sua spalla.
Hermione ride di nuovo e ride anche Ron, approfitta del freddo per tenerla ancora una volta tra le braccia. Ringrazia mentalmente quel venticello dispettoso, come se ci fosse tuttora bisogno di un pretesto per abbracciarla, come se dovesse seguitare a frenare la smania che lo spinge a cercare un contatto col corpo di lei, ed accontentarsi dei rari momenti in cui non risulta così sconveniente avvinghiarsi in quel modo ad un’amica. Ha dovuto limitarsi per così tanto tempo, che a volte cerca ancora degli espedienti per sfiorarla. Le abitudini sono dure a morire.
Ron poggia il mento sulla testa di lei, si lascia pizzicare il collo dai suoi capelli crespi, ne identifica il profumo e sorride: hanno assorbito l’odore della torta di melassa che hanno sbocconcellato insieme da Madama Piediburro. Hermione si rigira per l’ennesima volta la piuma tra le mani, ne accarezza i bordi irregolari con i polpastrelli. Ron si perde nella ripetitività di quel gesto, e con la mente ritorna a qualche ora prima…
Hermione ha tanto da raccontare, come sempre. Gli parla di tutte le
lezioni che l’hanno colpita, delle difficoltà che ha incontrato durante le
verifiche, dei dubbi e delle perplessità sui M.A.G.O. incombenti.
Ron la ascolta senza fiatare, beandosi dell’entusiasmo che riconosce
nella sua voce e del calore confortante dei loro palmi legati, che tiene
nascosti dentro la tasca del suo cappotto al riparo dal freddo.
Negli ultimi mesi, ha sentito spesso la mancanza di Hogwarts. Non ne
parla quasi mai, neanche con Harry, ma è come se una parte di sé fosse ancora
all’interno del castello, così ascolta i resoconti di Hermione in silenzio. Tenta
di trattenere nella memoria tutte le parole, tutti i momenti che lei gli
riferisce, in modo di poter attingere a quella piccola “riserva” di ricordi felici
quando la malinconia preme troppo insistentemente, quando si mischia alla
nostalgia che prova per Hermione e la tristezza rischia di soffocarlo.
Passeggiano lentamente. Lui vorrebbe quasi che il tempo trascorso con
lei potesse essere scandito dalla velocità dei loro passi, gli piacerebbe avere
il potere di rallentarlo fino ad arrestarlo completamente e non doverla salutare
a fine giornata.
Invece il tempo non si ferma, scivola via tra una risata ed un breve
battibecco, e Ron cerca di scacciare lontano il pensiero che presto dovranno
separarsi di nuovo.
Guardano le vetrine, entrano ed escono dai negozi, salutano gli amici
che incontrano. Lui si sente a casa, gli sembra di non aver mai deciso di non
tornare ad Hogwarts, che nulla sia cambiato. Eppure, mentre stringe più forte
la mano di Hermione dentro la tasca del cappotto, sa che tutto è cambiato.
Si lascia guidare dal suono della voce di lei attraverso intrecci di
strade, nei locali che conoscono da anni e che rendono l’atmosfera ancora più
familiare, si crogiola nell’illusione passeggera di fare ancora parte di tutto
questo.
Accompagna Hermione in libreria, riconosce la scintilla che le si
accende negli occhi di fronte alle alte pile di libri presenti, e non può fare
a meno di sorridere per quella punta di gelosia verso le pagine rilegate, che
gli pizzica irrazionalmente al centro del petto. A volte ha sospettato che non
sarebbe mai riuscito a prendere il posto che lei aveva riservato ai libri nel
cuore.
Hermione rimane sulla soglia, abbraccia con lo sguardo tutti gli
scaffali, come se volesse salutarli uno per uno, alla fine fissa lui negli occhi,
gli sorride. « Andiamo? »
Ron aggrotta la fronte, perplesso: pensava che avrebbero trascorso
almeno un paio d’ore lì dentro. Poi risponde al sorriso di lei e annuisce.
« Credevo che volessi passare il pomeriggio a cercare un nuovo mattone
soporifero che ti aiutasse a prendere sonno ».
Hermione alza gli occhi al cielo con uno sbuffo. « I libri oggi possono
aspettare » dichiara.
Il sorriso di Ron si allarga, le poggia un braccio sulle spalle. « Mai
stato più d’accordo! »
Se lo deve ricordare, si vuole segnare la data. Diciassette febbraio:
Ron – uno, libri - zero.
« E poi devo già prendere una piuma » continua Hermione.
« Ah. Ecco ». Il braccio di Ron ricade lungo il proprio fianco.
Lei ridacchia, scuote la testa e si riappropria della sua mano. Lo
trascina in High Street, verso il negozio di piume Scrivenshaft; Ron si finge
un po’ offeso, ma dopo un attimo abbandona il broncio e si lascia contagiare
dalla gioia di lei.
Scrivenshaft è un bel locale: ampio e luminoso, tutto è ordinato e
sembra che ogni articolo risplenda di una luce speciale, che attira lo sguardo
e invoglia a comprare. Ron e Hermione gironzolano tra piume e calamai di ogni
colore e dimensione; di tanto in tanto si sorprendono a guardare l’altro invece
di valutare gli oggetti in esposizione. Ron si stupisce di non essere ancora in
grado di sostenere le occhiate di lei, senza che le proprie orecchie vadano a
fuoco.
D’un tratto Hermione si blocca, una piuma ha catturato la sua
attenzione: è bianca, con il pennino decorato da sottili incisioni eleganti, ed
il cartellino sottostante informa che è molto costosa.
La esamina anche Ron. Non gli sembra particolarmente diversa da quelle
con cui lei scrive abitualmente, ma non riesce ad ignorare il sospiro di
desiderio che Hermione si lascia scappare. Ron sa che lei non la comprerà,
opterà per una più economica. In effetti, non ha bisogno di quella piuma per
scrivere i suoi temi, produrrebbe dei componimenti da “Eccezionale” anche con
un articolo da quattro soldi. Un pensiero però prende forma nella mente di Ron:
quella bella piuma stretta tra le piccole dita di Hermione, l’aria soddisfatta
di lei mentre la punta sottile scorre su una pergamena nuova. E decide di voler
vedere realizzata quella visione.
Afferra la piuma e si dirige al banco per pagarla.
« Che stai facendo? » chiede Hermione, presa alla sprovvista.
Ron si ferma. « La compro » risponde facendo spallucce. « Per te ».
Hermione spalanca gli occhi ed un istante dopo lo raggiunge, tenta di
fermarlo. « Ron, no! Non devi, davvero, è… è troppo... ».
« Ti piace? » la interrompe lui.
« Sì, ma… »
« Non devo ».
« Infatti » annuisce Hermione.
« E’ vero, non devo, ma voglio! » conclude Ron e riprende a camminare
verso il banco, lasciandola dietro di sé a boccheggiare.
Quando escono dal negozio, Ron legge nei gesti di lei l’impazienza: non
parla, ma si tormenta i capelli con le dita e gli lancia sguardi indefinibili.
La conduce nella stradina accanto al negozio, cercando di celarle la
soddisfazione che prova nel vederla così confusa. Estrae dal sacchetto la bella
piuma bianca ma, nel momento di porgergliela, la sua spavalderia viene meno, esita.
Potrebbe dirle che se ne avesse la possibilità, gli piacerebbe
inventare una sorpresa per lei ogni giorno; che aveva voglia di regalarle
qualcosa di speciale per il San Valentino che hanno dovuto trascorrere
separati; oppure che semplicemente voleva essere la causa del suo sorriso
ancora una volta. E poi potrebbe farle sapere che pensa a lei continuamente; che
a volte, quando la immagina lontana, ha l’impressione che gli abbiano portato
via un pezzo di cuore; che aspetta con ansia che l’anno finisca per poterla
riavere vicino. Invece gli muoiono le parole in gola. In certi casi si
identifica ancora in quel bambino di undici anni sull’Espresso per Hogwarts, il
primo giorno che l’ha incontrata.
Le tende la piuma, muto.
Lei la prende, la accarezza, ne studia i particolari, estasiata. Poi
guarda lui, scuote la testa. « Hai speso un sacco di soldi ».
Ron si stringe nelle spalle ed infila le mani nelle tasche, ora è lui
ad essere in imbarazzo. « Vorrà dire che offrirai tu la torta di melassa per
merenda ».
Hermione sorride, gli si butta al collo con una tale impetuosità, che
lui è costretto ad indietreggiare di diversi passi per non cadere. Lo bacia
sulle guance, sul naso, sulla fronte, in qualsiasi punto riesce ad arrivare,
finché lui non la prende tra le braccia e cattura le sue labbra con le proprie.
E mentre lei ride contro la sua bocca, Ron pensa che nessun sacrificio
si rivelerà mai troppo gravoso, se il risultato sarà la felicità di Hermione.
« Forse dovremmo andare ».
« Eh? » la frase di lei lo riporta al presente, alle stelle di febbraio, alla giornata che sta per concludersi.
« Harry e Ginny ci staranno aspettando » gli ricorda.
« Oh. Ehm… sì » farfuglia Ron scoprendosi improvvisamente affranto.
Hermione scende dal muricciolo e
porta giù anche lui, tirandolo per la mano. Hanno appuntamento con Harry e
Ginny un po’ più avanti. E’ tempo di salutarsi, Hermione tornerà con Ginny al
castello e Ron raggiungerà Londra con Harry, tramite
Quando i piedi di Ron toccano terra, lui si rende effettivamente conto che quelli sono gli ultimi istanti che passa con lei. L’amarezza gli trafigge il petto con i suoi spilli acuminati, improvvisa e subdola, gli impone di stringere Hermione un momento ancora, prima di lasciarla andare.
Si ferma sul posto e trattiene il palmo di lei nel proprio. Si blocca anche lei quando si accorge che Ron non ha intenzione di muoversi, si riaccosta a lui.
Si guardano. L’aria serale sembra un po’ più mite ora, quasi volesse confortarli.
Ron vorrebbe rivelarle ciò che prova, sarebbe il momento giusto per offrirle i discorsi che gli sono rimasti impigliati tra i denti quel pomeriggio, ma avverte lo stesso groppo in gola che gli ha impedito di parlare quando le ha donato la piuma. Si limita a rispondere allo sguardo interrogativo di lei e ad affondare i denti nelle labbra per non darsi dello stupido ad alta voce, mentre tenta di tenere a bada le parole che spingono per uscire allo scoperto tutte assieme, senza un criterio. Le ascolta vorticare nel suo cervello, si ingarbugliano. Cerca di metterle a posto, di dare un senso alle frasi, ma lui non è mai stato bravo con la logica ed è convinto che non riuscirà a spiegarsi.
Le stringe la mano più forte per darsi coraggio, abbassa la testa ed inspira profondamente, ma quando rialza il capo, l’espressione di Hermione lo sorprende: gli sorride, raggiante, e Ron ritrova la lucentezza delle stelle nei suoi occhi.
Ha sempre ammirato l’abilità di Hermione di comprendere, anche quando di comprensibile c’era davvero poco. Anche stavolta lei ha capito tutto. Nonostante lui non abbia detto una parola, Ron riesce a leggere la consapevolezza nel sorriso di lei.
In due passi Hermione è nuovamente ad un soffio da lui, si solleva sulle punte dei piedi, gli posa le mani sulle spalle, alza il mento ed aspetta.
Ron le prende il viso ed affoga nel suo sguardo sicuro. E si sente tanto fortunato come mai gli è capitato nella vita, perché stringe tra le braccia la ragazza più straordinaria che conosca, perché non ha mai avuto davvero bisogno di parlare per farsi capire da lei.
La bacia di nuovo, stavolta sotto lo sguardo complice delle stelle di febbraio.
Lascia fluire le emozioni che teneva imbrigliate mentre il suo respiro si fonde con quello di Hermione, avverte il suo corpo vibrare attaccato al proprio, come fosse uno strumento che solo lui riesce a far suonare. E rivive, ogni volta come la prima volta, quella sensazione di essere nel posto a cui appartiene e nello stesso tempo, di fluttuare in uno spazio sconosciuto.
Hermione si aggrappa a Ron e lui la cinge con urgenza mentre si perde nella delicatezza delle sue labbra, mentre il cielo e la terra si confondono una con l’altro e lui smarrisce la misura del tempo. Il sapore ed il profumo di Hermione, la pelle liscia di lei sotto le dita, le mani allacciate al suo collo che gli accarezzano la nuca, i loro corpi premuti uno contro l’altro, sono le sole cose di cui è ancora consapevole. Tutto il resto è un vortice incoerente di luci, colori e suoni.
La bacia ancora, e ancora.
Una, due, tre volte.
Lei risponde ai baci, gli sfiora il viso con i polpastrelli. Lo guarda, rossa in viso, con tutte le stelle di febbraio che danzano nei suoi occhi. Lo bacia anche lei una volta, e un’altra volta, di nuovo, finché dimenticano chi ha iniziato e chi deve rispondere.
Poi si abbracciano stretti, e in quell’abbraccio Ron svela più di mille parole, più di mille promesse.
« Hey, Caposcuola Granger! Da quando quel tipo di smancerie è tollerato in pubblico? »
Hermione si stacca da Ron con un sussulto.
Lui si volta, deciso a litigare con chiunque abbia interrotto il loro saluto, ma quando si trova di fronte sua sorella Ginny per mano con Harry, non può fare altro che sbuffare e dondolare la testa, interdetto.
« Pensavamo foste già più avanti » prova a giustificarsi Hermione, mentre cerca invano di sistemarsi i capelli, visibilmente imbarazzata.
« Abbiamo fatto tardi » li informa Harry.
Ron sente un gran calore intorno alle orecchie. Non ama essere sorpreso a scambiarsi effusioni con Hermione, e il ghigno furbo che ostenta Ginny è uno dei motivi del suo fastidio.
“Non dire niente!” mima lui con le labbra nella direzione di sua sorella, esibendo il cipiglio più severo che gli riesce.
Ginny gli rivolge un gran sorriso, gli fa l’occhiolino e scuote la testa. Ron abbassa lo sguardo e sorride alle sue scarpe.
« Credo che da qui dobbiate continuare da sole » sente dire a Harry.
Hermione annuisce, si avvicina all’amico e lo abbraccia.
Ron e Ginny si scambiano un saluto con la mano.
« Di’ alla mamma che sto bene e che non c’è bisogno che mi mandi un gufo al giorno! »
« Vedrò quello che posso fare, ma non ti assicuro che mi darà ascolto » la avvisa Ron con un’alzata di spalle.
Quando Hermione si stacca da Harry e si rivolge a Ron, lui sa che non può più rimandare il momento dell’addio ormai. La stringe forte tra le braccia, la solleva quasi da terra e tenta di non pensare a quanto pare lontano il loro prossimo incontro.
« Ci vediamo presto » gli sussurra lei nell’orecchio.
« Sarò qui ad aspettarti » ribatte Ron prima di sciogliere l’abbraccio.
Insieme ad Harry, accompagna con
lo sguardo le ragazze che percorrono la strada in direzione di Hogwarts. Quando
le vedono scomparire dietro la curva, indugiano ancora un attimo sul posto. A
Ron scappa un sospiro nel momento in cui si voltano e s’incamminano verso il
luogo dove li attende
Harry è sempre taciturno dopo gli incontri con Ginny, tiene la testa bassa e le mani nelle tasche, assorto nei suoi pensieri.
Anche Ron è pensieroso, diviso tra la malinconia della separazione e le emozioni che si sono susseguite nel suo animo per tutto il giorno. Alza gli occhi al cielo ed incontra per l’ennesima volta le stelle, che sembrano sorridergli benevole, e in un istante si sente colmo della vastità dell’infinito.
« Non sono bellissime le stelle di febbraio? » mormora per ricordare le parole di Hermione.
Harry non si mette ad ammirare il firmamento, fissa lui invece e scoppia a ridere.
« Che c’è? » Ron abbandona lo studio del cielo per spostare l’attenzione sull’amico.
« Che fai? Mi diventi sdolcinato adesso? » lo canzona Harry.
« Eh? Ma… ma chi? Io? Non dire sciocchezze! » farfuglia Ron.
Rimane indietro di qualche passo e, indignato, osserva l’amico che continua a sghignazzare. Quando è sicuro che nessuno possa vederlo però, riporta di nuovo lo sguardo alle stelle e pensa, sdolcinato o no, che Hermione aveva ragione: esistono momenti in cui credi quasi di arrivare a toccarle.
Ok, prima che pensiate che io sia definitivamente impazzita, lasciatemi motivare un paio di scelte…
Prima di tutto voglio canalizzare la vostra attenzione sul tempo verbale: il presente. Non mi ci ero mai cimentata prima ed è stato un po’ un esperimento usarlo questa volta, ma è venuto fuori inaspettatamente da solo, assieme all’idea della storia. Ho deciso di utilizzarlo perché mi dava il senso della reale conclusione della guerra: non c’è più la paura del passato, né quella di un futuro che forse neanche arriverà, Ron e Hermione vivono il momento, sperimentano gioie e dolori di una vita “normale”.
Il secondo punto da “chiarire” è che, nonostante il mio smodato amore per l’IC, ho deciso di tratteggiare i personaggi di Ron e Hermione attraverso un leggero OOC stavolta. Ho fatto questa scelta perché volevo descrivere la “fase” dell’innamoramento in cui ti sembra quasi di camminare a mezzo metro da terra, di galleggiare tra le nuvole; il momento in cui quasi non ti senti più tu, non ti riconosci, in cui perdi un po’ di te stesso per trovare l’altro. Ho tentato comunque di rimanere fedele al carattere originale di Ron e Hermione, spero di esserci riuscita, che ne dite?
Scontato, ma doveroso dire che se non avessi ascoltato “February star” dei Foo Fighters in un momento di profonda crisi da pagina bianca, non sarebbe esistita neanche una parola di quelle che avete letto.
Questa storia si è classificata PRIMA nel contest “Accio Love – Dimostra il tuo fattore RH nel sangue” di Nora_90_. Di seguito trovate le belle parole che la giudicia ha speso per la mia shot.
Grazie a tutti quelli che hanno inserito le mie storie tra le preferite/ricordate/seguite, che hanno recensito o semplicemente letto uno dei miei scritti. Grazie a quelli che lo faranno anche con questo.
A presto, non so quando, ma a presto!
Emmahp7
Accio love – dimostra
il tuo fattore RH nel sangue – contest di Nora_90_
Prima classificata:
Emmahp7 - Stelle di febbraio
- Grammatica e sintassi:
9.8/10
La grammatica è quasi perfetta, se non fosse per un piccolo errore di
battitura.
- “ […] oltre l’orizzonte ed il blu del cielo é
trapuntato di stelle.” il presente
dell’ausiliare essere si scrive sempre con l’accento grave.
La sintassi è chiara e fluida, il tuo periodare è ben articolare. La scelta di
un tempo verbale presente l’ho trovata vincente, leggendo la tua storia sembra
proprio di esserci dentro.
- Stile e lessico: 10/10
Il lessico è ricco, ma non troppo ricercato. Tralasciando quel piccolo errore
di battitura, la storia scorre fluida.
- Caratterizzazione dei personaggi (naturalmente IC): 9.5/10
Come hai accennato tra le note, i personaggi non sono del tutto IC, ma d’altra
parte le persone crescono, evolvono, non possono rimanere statiche. A mio
parere sei riuscita a descrivere i personaggi in modo credibile, analizzando le
loro sensazioni, senza uscire dai canoni. Dopotutto avevano solo un pomeriggio
per stare insieme, non potevano sprecare del tempo prezioso a battibeccare.
- Originalità: 9.8/10
La tua storia non può essere definita propriamente originale, ciò che la rende
tale è il modo in cui l’hai sviluppata.
La canzone di sottofondo l’ho trovata perfetta.
- Sviluppo della trama: 10/10
Hai trattato il pomeriggio in ogni minimo particolare, all’interno della
narrazione niente è stato lasciato al caso. La storia esaudisce ogni
aspettativa.
- Gradimento personale: 6/6
Francamente non so cosa dire, sono davvero a corto di parole. Ho amato la tua
storia fin dall’inizio. L’ho letta e riletta un sacco di volte e ogni volta ne
ho apprezzato un diverso aspetto. Mi ha fatto sorridere, emozionare; sei
riuscita a catturarmi fin dalle prime righe e, una volta arrivata alla fine,
non ho potuto non rileggerla ancora e ancora.
- Punti Bonus: 4/4
I prompt sono ben inseriti all’interno della storia,
correlati da un filo sottile ed inscindibile.
Piuma, 2p
Torta di melassa, 2p
Totale: 59.1/60