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Autore: Anto1    07/03/2012    6 recensioni
Gabriel ha fatto la sua scelta ed è ormai a capo del Direttorio. Non risolve più casi sul paranormale e ha dei sottoposti che lavorano per lui. Ma cosa succederebbe se una persona a lui molto cara fosse direttamente minacciata? Perché continua a vedere in sogno Serventi? Cosa vuole davvero da lui? Ma soprattutto, cosa vuole dalla sua Claudia?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Parcheggiò la sua moto sotto casa di lei: era l’unico mezzo che avessero a disposizione, giacché la donna si era allontanata da quel posto contro la sua volontà. Nonostante da quel giorno fosse passato più di un mese, Claudia non riusciva a sentirsi a casa, guardando quei mattoni bianchi. Aveva lasciato metà del suo cuore a Villa Antinori, fra quelle stanze in cui lui l’aveva curata e dove l’aveva visto allenare quei ragazzi; fra quegli alberi fitti dove si erano uniti in modo così sublime. Lui la prese per mano, conducendola verso la porta, e aspettò che trovasse le chiavi di scorta (il mazzo originale era nella borsa che aveva gettato sul pavimento, quella dannata sera in cui l’aveva incontrato la prima volta). Finalmente, aprì; diede una fugace occhiata in giro: tutto era come l’aveva lasciato, un po’ in disordine; sui mobili regnava indisturbato uno spesso millimetro di povere. Sospirò, voltandosi verso di lui.
“Mi sa che oggi mi toccherà passare la giornata a puli…” gemette, mentre lui le chiudeva le labbra con le sue.
Lei rispose al bacio, sorpresa ed entusiasta; il bacio era dapprima dolce e lieve, poi si fece intenso; indietreggiarono, e lei si ritrovò con il corpo premuto contro la porta; le mani di lui erano appoggiate contro quel legno verniciato; le braccia la circondavano in modo che non avesse via di scampo. Come se volesse cercarla: in cuor suo, non aveva aspettato altro da quando erano entrati. Il bacio si intensificò tanto da lasciarla senza fiato, pregante per avere qualcosa di più. Fece un suono di protesta, quando le labbra di lui si staccarono dalle sue, sostituito subito da un sospiro di sollievo e piacere, quando Gabriel prese a baciare il suo collo, e a denudarle le spalle spostando a morsi quella maglietta che le copriva.
“Chiama la tua segretaria e dille di cancellare tutti gli appuntamenti della settimana” le disse, fra un bacio e l’altro.
“Co… come? Che cosa faremo, in una settimana?” il potere di quelle labbra sul suo corpo era così forte che si stupì nel sapersi ancora capace di formulare una frase sensata.
L’occhiata che le diede pochi secondi dopo, staccandosi da lei, la lasciò senza fiato: era un’occhiata brillante di affetto e desiderio, come non ne aveva mai viste.
“Lo scoprirai presto” le sussurrò, prendendo a baciarle il collo, per poi passare alle clavicole e al petto.
Con mano tremante, lei prese il cellulare dalla tasca dei jeans e cercò il numero della sua segretaria nella rubrica; azione non facile in quel momento. Aspettò che rispondesse, cimentandosi nell’impresa impossibile di ignorare la sensazione di quelle labbra sulla sua pelle, di quelle mani che ora strusciavano fra i suoi capelli, per avvicinare quel collo morbido ai suoi baci. Ora le sue labbra erano sulla sua fronte, sulle sue guance: si chiese per quanto tempo avrebbe resistito. Finalmente, Laura rispose.
“Claudia, tutto bene? E’ da un po’ che non ti sento, ti è successo qualcosa? Tutto a posto?” la sua voce era concitata.
“S-sì…  no! Ho un po’ di mal di testa, non verrò a lavorare per una settimana. Ah!” non aveva potuto evitarlo: Gabriel le aveva preso la vita da dietro, sfiorandole con il naso la nuca; vi aveva piazzato un bacio, poi l’aveva morsa, dolcemente: il cervello di Claudia si era momentaneamente offuscato.
“Claudia, ti senti bene? Hai una voce strana!”
“Sto… sto un po’ male, credo che mi stenderò un po’.” Aveva finalmente chiuso la chiamata, e il cellulare era caduto per terra, mentre lei, incapace di resistere ancora, si era voltata verso di lui, baciandolo appassionatamente. Si diressero verso la camera da letto di lei, con le bocche incollate. Nell’impeto della passione, lui la spinse su quelle lenzuola bianche, appoggiando la sua fronte a quella della donna. Ora non c’erano più né cellulari, né lavoro, né doveri verso la Chiesa a tenerli separati; l’avrebbe presa lì, su quelle coperte, ma sarebbe stato solo l’inizio: leggendo nella sua mente, aveva visto che, quando lui l’aveva lasciata, quel dannatissimo giorno su quella terrazza, lei si era sentita mancare, aveva pianto internamente; aveva pianto per quelle braccia che non l’avrebbero mai più toccata, si era sentita morta. Era corsa a casa e si era domandata cosa sarebbe successo, se lui, quel giorno, avesse scelto lei. Ora glielo avrebbe mostrato; avrebbe colmato quei sette giorni orribili che lei aveva dovuto sopportare a causa della sua precedente decisione insensata. Lui indossava ancora la sua divisa nera, senza però la stoffa bianca; con rabbia, si strappò la camicia, rivelando il suo petto nudo, il suo torace muscoloso e glabro, le sue spalle forti. Lei accarezzò dolcemente quel torace su cui un giorno prima c’era stata una profonda ferita, quella pelle su cui aveva pianto, disperata, pensando di perdere il suo uomo per sempre. A quel ricordo, abbracciò con impeto le sue spalle. Svelto, lui obbedì a quel richiamo: in un attimo, lei si ritrovò nuda, sotto di lui; entrambi frementi di desiderio. La profondità di quel bacio era quasi insostenibile. Rabbrividì, mentre lui si staccava dalla sua bocca per scendere sul suo mento, sul suo collo, andava a gustare le perle rosee dei suoi seni, facendola sospirare; scese fino al ventre, ricordandosi che con loro c’era pure un altro essere, ricordandosi che doveva trattare quel corpo come una cosa sacra; accarezzò il loro bambino sfiorandolo con la guancia, mentre lei prendeva ad accarezzargli con dolcezza i capelli rossi. Lui percorse di nuovo quella pelle di miele per poi guardarla negli occhi, leggendo nella sua mente: vide amore, desiderio, profondo affetto e perfino impazienza. Con orrore, vide anche quello che le era successo in quell’orrendo giorno: lei seduta nel suo studio, con un paziente; ma la sua mente vagava, era con lui, anelava le sue braccia, che non avrebbero più potuto confortarla; la vide che si alzava e, con un filo di voce, chiedeva al paziente di andare via, e alla sua segretaria di spostare gli appuntamenti. Sentì il suo dolore addosso, un dolore che gli tolse il fiato; lei gli mise una mano sul cuore, pregandolo di non sprecare quel momento. Gabriel, allora, non ebbe più indugi: baciò le sue labbra, esplorando con la lingua l’interno della sua bocca, gustandola come si gusta un dolce prelibato, e, nello stesso tempo, cominciò ad agire, muovendosi dentro di lei, stringendola forte a sé. Continuò ad esplorarle la mente, e arrivò a quello stesso giorno, poche ore dopo: lei stava piangendo davvero, questa volta, disperata. Non chiedeva altro, se non averlo con sé, poterlo abbracciare, baciare, farlo suo. Aveva cominciato a liberare quei singhiozzi, sperando che potessero soffocare il dolore; che il dolore potesse ottenebrare la sua mente; desiderava svenire, morire, cadere in un sonno profondo, svegliarsi e dirsi che quell’addio era stato solo un brutto sogno, e che presto l’avrebbe avuto con sé. Lui copriva quei singhiozzi coi suoi baci, asciugava quelle lacrime sfiorando con le mani quella pelle; riempiva il senso di vuoto facendole sentire la sua presenza, entrando in quel corpo sacro con la dolcezza di una carezza. Quella tristezza lasciò lentamente il posto ad una felicità radiosa. E anche lei allora poté leggere la mente di lui, e vedere cos’aveva provato quel giorno: tristezza, abbandono, odio per quel senso del dovere che lo aveva fatto allontanare dalla donna che amava. Vide questo, e anche quello che gli era successo dopo: la malinconia che lo aveva sgretolato da dentro tanto da fargli rifiutare i pasti, da non farlo più dormire; si era lentamente così deteriorato nel fisico da non poter più lavorare, perdendo interesse persino nella Congregazione. Solo una persona c’era nei suoi sogni: lei. Riempì di baci quelle guance, quel collo, quelle spalle virili, quel petto ampio, scolpito da giorni e giorni di allenamento, gemendo per l’intensità con cui la stava facendo sua. Sospirando, gli prese la testa fra le mani.
“Chiudi gli occhi, e non fare niente fino a che non te lo dico io” gli sussurrò.
Lui obbedì come un bambino, tremando, un attimo dopo: lei stava percorrendo il contorno delle sue labbra con le sue; le aveva inumidite passandovi dolcemente la lingua, ed era entrata nella sua bocca, accarezzandola. Lui sperava di ricevere subito un comando, perché non sapeva fino a che punto il suo cervello e il suo corpo avessero retto; finalmente il comando venne, telepatico: lui rispose con veemenza al bacio, contemporaneamente addentrandosi ancora di più in lei; Claudia sospirò, seguendo all’unisono i suoi movimenti, ormai stanca di sentirsi ancora separata da lui; ricaddero sulle lenzuola con le mani intrecciate, i loro corpi che calzavano perfettamente uno con l’altro.
Da quel momento, passarono il tempo di quei sette giorni a fare l’amore, fermandosi solo per i pasti, quando le loro bocche erano impegnate a masticare; ma, per il resto, le loro bocche erano unite in un profondo bacio d’amore. Perfino sotto la doccia, quando, contro la parete quasi trasparente, lui le prendeva le mani, facendo aderire i loro corpi bagnati, baciando quelle gocce che le cadevano amò sera, quando entrarono insieme nella vasca da bagno, Gabriel si ricordò di quando aveva dovuto lavarla, quel giorno in cui Serventi le aveva fatto perdere la memoria. Strinse una mano a pugno: l’avrebbe ucciso di nuovo, se avesse potuto. Lei lo richiamò alla realtà, chiamandolo dolcemente per nome, e rimase spiazzata quando lui le fece vedere con la mente come l’avesse desiderata impotentemente in quel frangente: lei ne fu così colpita da mettersi a piangere. Sconvolto, asciugò quelle lacrime con la sua lingua; baciò quegli occhi, mentre l’acqua scorreva fra i loro corpi. Claudia era così tiepida e morbida in quel momento! Si abbandonarono all’oblio; Gabriel reggeva la testa di lei affinché il marmo freddo della vasca non le facesse male, e poggiava il mento sui suoi capelli, baciandoli affettuosamente; continuò a tenerla stretta in quell’abbraccio fino alla fine.

“E così sarà, fino alla fine!” esclamò Claudia, guardando compiaciuta il disegno che aveva appena completato.
Claudia con uno splendido vestito da sposa, così leggero da sembrare quasi una tunica, le spalle nude; dei brillantini scendevano come pioggia fra i suoi capelli di mogano; Gabriel la teneva in braccio, vestito di uno smoking bianco dai risvolti neri. Negli occhi di entrambi si leggeva tutto l’amore che si possa desiderare. Alonso, senza neanche la talare a classificarlo come sacerdote, li aveva sposati con solo una striscia argentata applicata sul braccio; sarebbe stato quello il segno di riconoscimento della Chiesa fondata da Gabriel.
Elisa si sporse un po’ per vedere il capolavoro dell’amica.
“Niente male, mi sorprendi sempre di più, devo ammetterlo!”
“Già, ben fatto, Agatha! Ma devo dirvi: se questo non succedesse davvero, non potrei farvi interferire col destino.” La voce roca di Anna si era intromessa nella conversazione.
“Suvvia, Anna, non essere così rigida! Succederà fra un mese, e poi Agatha si è offerta di fare loro da stilista; non dimenticare che i preparativi spettano a me, Agatha, Elisa ed Enzo!” aveva detto Nadia, baciando il fidanzato.
“E poi, dopo che abbiamo finito con i preparativi di Gabriel e Claudia, toccherà a noi, sei mesi dopo!” le aveva ricordato lui, con un sorriso.
“Già!” aveva concluso Elisa, poggiando la penna sul foglio. Sorrise.
Teneva stretta la mano di sua moglie, aspettando con ansia e impazienza. Le baciò la fronte, con affetto.
“Ti amo!”
Gli occhi di lei gli risposero stanchi, ma felici. Una felicità che s’intensificò in maniera spropositata, quando l’infermiera mise fra le braccia della mamma il loro figlio: era grande e sano, con una testolina su cui già s’intravedeva una peluria rosso-chiaro che sarebbe diventata col tempo rosso-rame. Quegli occhi chiusi erano di un colore azzurro scuro, quasi castani intorno all’iride. Suo padre toccò con un dito quella piccola mano, che si richiuse prontamente a stringerlo, con forza.
“Benvenuto nel mondo, Sebastiano Pietro Antinori.”
Il bambino sorrise, aprendo improvvisamente gli occhi.
Fine




Mi scuso per due cose: il computer su cui stavo scrivendo il capitolo stamattina, nel pomeriggio si è bloccato e non ha voluto saperne di accendersi, forse per colpa di un virus, e quindi ho dovuto riscrivere sul portatile (dove la tastiera non funziona bene) la prima scena d’amore, che onestamente in quell’altro era descritta meglio. Che delusione! Perché non salvo mai quello che scrivo? Secondo, non ricordo il nome della segretaria di Claudia, quindi le ho appioppato il primo nome che mi passava per la mente. Comunque, questo è l’ultimo capitolo, spero che vi piaccia e di non aver deluso nessuno! Ora credo che sarò assente per un po’ dal sito della ff, causa studio e la stesura del mio secondo romanzo. Vi ringrazio tutte per le vostre recensioni, siete fantastiche!
  
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