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Autore: PeaceS    07/03/2012    4 recensioni
Una storia che solo Hogwarts conosce. Lily Potter è scappata dopo aver distrutto la scuola di magia e stregoneria più famosa al mondo; è andata lontano, dove quel male che coltiva dentro potrà essere liberato o assopito.
Harry non perde speranza, continua a cercarla, ma non è lui a trovarla, ma è lei a ritornare dopo anni di assoluto silenzio.
Una nuova guerra, una nuova setta, un nuovo potere che smuove le forze oscure. Scorpius e il suo amore, quello che sembra tormentare la famiglia Malfoy da secoli.
Ma ora è lui bene, e lei male. Riuscirà, questa volta, l'amore ad averla vinta?

- E tra nove mesi avrai anche qualcun'altro da amare. - disse Scorpius, facendogli sgranare gli occhi. Lily rise, allontanandosi di un paio di passi e stringendo la mano al ragazzo, che la strinse a sé. - Aspettiamo un bambino, papà. - disse, con le lacrime agli occhi, mentre un urlo invase le pareti della tana. Ginny strinse a sé la sua bambina, mentre Harry scuoteva il capo. E capì che quell'amore non sarebbe mai finito, perché avrebbe amato quel bambino come Lils... e insieme ad Albus e James si sarebbero ricostruiti una vita. Una vita fatta di felicità e sorrisi.

Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Lily/Scorpius
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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La rosa nera. Sembrava il titolo di un film babbano, romantico come pochi e ridicolo come tanti; ma questa volta Harry sapeva che non si trattava di un regista in vena di dolcezza, né di una scrittrice di romanzi rosa, ma di ben altro. 

La rosa nera. Harry Potter aveva sperato con tutte le sue forze di aver messo fine alla guerra anni fa, dopo aver eliminato Lord Voldemort e il terrore che portava il suo nome; ma sapeva che non sarebbe mai finita, sapeva che ci sarebbero stati altri folli come lui, ma quel che non sapeva era se c'era ancora la forza di continuare una guerra che oramai non gli apparteneva più.

Era stanco di combattere, di quelle guerre inutili, di corpi straziati, di lacrime amare. Si era barricato nel suo ufficio da settimane oramai, senza nemmeno mettere il piede fuori dalla porta, esattamente da quando erano iniziati quegli omicidi.

Erano state sterminate tre famiglie, nella quale erano presenti otto bambini. Con quale coraggio? Bambini innocenti, terrorizzati, così piccoli da poter essere spezzati con un solo dito. Ma era inutile stupirsi, oramai conosceva la mente degli assassini, e sapeva che non guardavano in faccia a nulla. Nemmeno dinnanzi alla paura di una piccola creatura.

La rosa nera. Harry, con un gesto secco della mano, scaraventò tutti i documenti posti sulla sua scrivania per aria. Quella guerra non sarebbe mai finita, e lui sarebbe stato per sempre il cavallo di punta. Sarebbe stato sempre il prescelto, nonostante non lo fosse da tempo.

Scosse il capo, e un filo di luce, flirtato attraverso le spesse tende di velluto alle sue spalle, andò a posarsi su una fotografia posta di fianco alla lampada sulla sua scrivania, attirando la sua attenzione. Raffigurava la sua... famiglia

Il suo sorriso, e le braccia che circondavano la vita di sua moglie. James, che ammiccava verso l'obiettivo, e Albus, che rideva spensierato. E poi... lei. Alta, snella, dai lunghi capelli rossi e la carnagione pallida. Lei, che aveva gli occhi di sua madre, ma più scuri, più profondi, quasi senza fine. Lei, con l'imitazione di un sorriso sulle labbra carnose e rosee.

Le sue dita, animate di forza propria, andarono ad accarezzare il viso di sua figlia. Quanto le mancava... di notte sognava ancora quegli abbracci che sapevano di pesca, amore, e quelle sigarette fumate di nascosto. Avrebbe dato di tutto per riaverla ancora tra le braccia, e stringerla così forte da fargli mancare il fiato.

Avrebbe fatto di tutto per riaverla a casa, e rimproverarla per qualcosa di sbagliato. Una lacrima scese lenta dai suoi occhi smeraldini, scorrendo lungo la guancia e trovando riposo sulla sua bocca. Non era stata l'unica, erano cinque anni esatti che di notte, da solo, piangeva guardando quella foto.

Piangeva guardando la sua bambina, non sapendo dove fosse, se viva, morta. Non sapeva se sua figlia fosse nei guai, o stesse piangendo proprio come stava facendo lui in quell'esatto momento. - Dove sei? - mormorò a bassa voce, ingoiando come fiele singhiozzi e lacrime.

 

 

 

Si asciugò con lentezza estenuante il sangue che le stava colando dalle labbra, socchiudendo lo sguardo. Tese i muscoli del collo, e sorrise quando sentì un brivido correrle lungo la schiena; sapeva che lui era proprio dietro di lei, e sapeva anche che stava sorridendo.

Si girò di scatto, e con il coltello d'argento che le aveva regalato anni prima Denholm, lo colpì dritto al petto. Due occhi rossi si fissarono sconvolti nei suoi, mentre un gemito uscì da quelle labbra che sembravano scolpite nel marmo.

Delle volte, Lily, si domandava perché quelle creature fossero così belle. ''Per ingannare'', le aveva detto Den. ''I demoni hanno due facce: quella con cui incantano le proprie vittime, e quella di cui si nutrono, quella che rispecchia la loro anima. Marcia.''

Vide la pelle del vampiro rinsecchirsi, diventare come quelle pergamene antiche che si sgretolano al sol tocco. L'iride cominciò a sciogliersi come neve al sole, e a colare lungo le guance tumefatte, mentre le ossa si piegarono su sé stesse. 

Quant'erano fragili i vampiri, quando gli si toccava quel cuore raggrinzito. Lily si alzò lentamente, sogghignando. - Puttana. - disse, prima di decomporsi definitivamente. - Morto che cammina. - sbuffò Lils, scuotendo il capo.

- Tutto bene?

Un sospiro sulla sua pelle, e una stretta ai polsi. Den sorrise tra i suoi capelli, le lasciò i polsi e le strinse i fianchi, e lo sentì rabbrividire quando la sua schiena toccò il suo pettò. Forse quel vampiro aveva ragione: quelle braccia le ricordavano lui, ma continuava a perdercisi. 

Quegli occhi bianchi le ricordavano lui, ma continuava a non abbassare lo sguardo, continuava a reggere con orgoglio. Un bacio leggero sulla spalla nuda, e una carezza sul collo. - Credo che sia venuto il momento di tornare a casa. - mormorò al suo orecchio, facendola sobbalzare.

Casa. 

Dimenticalo.

Non pensarci più.

- Cosa succede? - domandò, rigirandosi tra le sue braccia e ritrovandoselo a pochi centimetri dalle labbra. Lui non voleva lasciarla andare, sapeva chi c'era lì ad aspettarla. Oltre la prigione. 

- C'è una guerra in corso. Le forze oscure si stanno mobilitando, e hanno deciso di mettersi contro la comunità magica, stanchi di nascondersi. Non possono arrestarti, oltre ad essere la figlia di Harry Potter tu sei l'unica che può fermare tutto. - disse, guardandola intensamente.

- Non me la sento... - sussurrò, quasi come fosse una supplica. Denholm le baciò la fronte, sentendola fin troppo fragile tra le braccia. Un solo movimento brusco, e sarebbe riuscito a spezzarla in due. - Devi. La tua famiglia è in pericolo, e non sarai sola. Ci sarò io con te. - 

Scappa.

Ma non era tempo di scappare, non più oramai. Era tempo di ritornare a casa, e proteggere chi aveva protetto lei. Era tempo di proteggere chi amava, e farlo sul serio quella volta.

 

 

 

- Sei fidanzato, dovresti smettere di pensare a qualcuno che non ti merita e mai ti meriterà. 

Parole secche, gelide, che spezzarono il silenzio rinsonante nella sala da pranzo di Malfoy Manor. Draco Malfoy per poco non si strozzò con il pollo arrosto quando sua moglie prununciò quelle parole verso suo figlio. Eccola lì, a capo tavola, come una regina senza corona.

Capelli biondi, legati in uno chignon alto e severo, occhi azzurri truccati alla perfezione, e pelle liscia, come quella di un bambino. Severa, fiera di sé stessa e di ciò che possedeva. L'esatto opposto di lei, l'esatto epposto dell'amore.

- Quello, madre, scusa l'impertinenza, è il tuo fidanzamento, non il mio. - sibilò Scorpius, zittendo la madre e facendo ridacchiare la sorella, che gli fece l'occhiolino. Aerial. La ragazza della sua vita, l'unica che ricambiava il suo amore.

La sua piccola principessa. Una quindicenne tutto pepe dal sorriso solare e i capelli castani. Quando era nata si chiedeva se sua moglie l'avesse tradito, ma quegli occhi non mentivano, erano il marchio Malfoy, come la sua epidermide chiara.

- Cosa stai dicendo? - sbottò Astoria, facendo sobbalzare Aerial, che la guardò in tralice. Sembrava che tra madre e figli non scorresse buon sangue, e questo era palpabile dalla severità che tralipava dagli occhi dei tre. 

Astoria non ci aveva mai messo amore con loro, pensava a sé stessa, alla casa, ai galà, alle cene di lavoro, e a come apparire ogni santissimo giorno su qualche rivista di gossip magica. Lei era una Malfoy, oramai, e doveva vantarsene.

Ma Draco aveva deciso di metterci amore con loro, di non fare lo stesso errore di suo madre. Gli dimostrava il suo affetto con i soldi, e non con gli abbracci e le carezze. ''Un Malfoy non fa queste cose''. Eppure Draco aveva sempre saputo che l'amore di suo padre nei suoi confronti era infinito.

Glielo aveva dimostrato salvandolo più volte, sacrificando quasi la sua vita per lui. Proprio come sua madre. La sua dolcissima Narcissa. Quindi aveva deciso di dimostrare ai suoi figli l'affetto a parole, a gesti e fatti, non con la materialità.

Come sarebbe dovuto essere.

- L'hai scelta tu per me, non io. E' un fidanzamento di convenienza, ma io non la amo, e mai lo farò. - disse Scorpius, ad occhi bassi. Inutile guardarli, erano vuoti, non c'era sentimento, né luce. Eppure, Draco, sperava ancora di vederli brillare, come quando ritornava da Hogwarts e quel sorriso riusciva a riscaldare tutto. 

Persino il suo cuore.

- Basta, non mi va di discutere di queste sciocchezze a tavola. Astoria, ti ho detto mille volte che quel discorso è chiuso, basta rimarcarci sopra, ci siamo intesi? E tu, Scorpius, cerca di conoscere meglio Elizaveta, è una brava ragazza. Non vogliamo costringerti a sposarla, ma solo a conoscerla. - disse, chiudendo definitivamente la conversazione.

Suo figlio gli sorrise riconoscente, mentre sua moglie lo trucidò seduta stante. Beh, se gli occhi potessero uccidere... lui sarebbe già morto. 

 

 

 

Due giugno duemilaquattordici, Harry non avrebbe mai più dimenticato quella data. Harry avrebbe ricordato per sempre quel giorno, sempre. Finalmente era uscito dal suo studio, aveva deciso di fare colazione con sua moglie, sempre più preoccupata per lui, e James e Al, che avevano deciso di discutere con il padre sul da farsi.

Erano entrambi Auror, anche se James preferiva medicare anziché combattere, e avevano saputo di questa nuova setta che stava terrorizzando il mondo magico. Si erano seduti a tavola, silenziosi. Erano le nove in punto. Sua moglie l'aveva baciato, rasserenandogli un po' la giornata, e James si stava grattando la barba incolta che lo facevano vent'anni più vecchio.

Albus sorseggiava il suo caffè, giocando con i suoi capelli oramai arrivati alle spalle. Nonna Molly lo aveva minacciato più volte - se non li tagliava l'avrebbe fatto lei - ma suo zio Charlie, che lo capiva fin troppo bene, era sempre riuscito a fargli scampare la tortura.

Quando poi, tutto d'un tratto, quando il sole aveva accarezzato i visi stanchi della famiglia Potter, la porta d'ingresso si era spalancata. Avevano alzato gli occhi, all'unisono, e dinnanzi si erano ritrovati un fantasma.

Viso pallido, segnato da alcune cicatrici, occhi spenti, vuoti, socchiusi per la stanchezza. Capelli legati in una lunga treccia, e il corpo fin troppo magro, come se non mangiasse da secoli. Pantaloni di una tuta logora, una maglia stretta che le si alzava fin sopra l'ombelico appena si muoveva, scarpe da ginnastica e un lungo mantello che le copriva le spalle fragili.

Dietro di lei un uomo, alto sui metro e ottantanove, dai corti capelli biondi e grandi occhi bianchi. Elegante pantalone nero, che fasciava le gambe muscolose. Camicia bianca, e mantello che gli copriva metà viso. Un vampiro di razza.

I tre uomini di casa si alzarono con le bacchette sguainate, ma rimasero sbalorditi quando i due gettarono bacchette e varie armi ai loro piedi. Erano venuti in pace. - No, non vogliamo farvi del male, lui è un mio amico, credetemi... non vi toccherebbe nemmeno con un dito. Sono... sono semplicemente ritornata. - sussurrò quella voce, quella che era mancata così tanto come l'aria.

Silenzio per alcuni secondi, poi alcune sedie a grattare il pavimento e la gioia di due voci maschili. Lily venne sommersa di abbracci da i suoi fratelli maggiori, e da sua madre che sembrava aver ripreso la voglia di vivere, ma lei aveva occhi solo per lui.

- Papà. 


 

   
 
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