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Autore: Tsuki Hoshizora    08/03/2012    1 recensioni
A Feliks erano sempre piaciuti gli abiti femminili: li vedeva nelle vetrine dei negozi e desiderava con tutto se stesso poterli indossare. A volte, fingeva addirittura di avere una sorella e diceva alle commesse che erano per lei. Per sua fortuna, infatti, aveva una corporatura esile e dei lineamenti piuttosto androgini, così capitava spesso che lo scambiassero per una ragazza! Si era chiesto tante volte come sarebbe stato nascere donna. Sarebbe stato meglio? Come lo avrebbe trattato Toris? Avrebbe tanto voluto possedere una bacchetta magica, quando arrivavano quei pensieri...
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Lituania/Toris Lorinaitis, Polonia/Feliks Łukasiewicz
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
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04 - Cosa hai fatto ai capelli?

Feliks sembrava aver perso completamente la facoltà di muoversi, oltre che la capacità di parlare, dato che continuava a starsene fermo sul posto, le braccia ciondolanti lungo i fianchi e due occhi quasi del tutto sgranati dalla sorpresa. Questa sua reazione metteva non poco a disagio Toris, il quale si stava ormai chiedendo da svariati minuti quando esattamente il polacco sarebbe scoppiato a ridergli in faccia: vedendo poi che questa sua replica usuale tardava ad arrivare, cominciò a preoccuparsi.
Insomma, si era appena comportato da classica ragazzina isterica e gelosa di una qualche pessima Soap Opera, mettendosi terribilmente in ridicolo; non era assolutamente normale che l'altro non se ne approfittasse per trarne divertimento, sostenendo per l'ennesima volta quanto il volto di Lituania fosse "buffo".
Distolse lo sguardo dal viso di Polonia, le guance un po' imporporate per l'imbarazzo, fissando la porta alla sua destra che si apriva sull'ampia sala in cui si sarebbe tenuta la discussione di lì a poco, notando solo allora che si stavano accomodando tutti a sedere intorno al tavolo.
Decise così che quello strano silenzio si era ormai proteso troppo a lungo e, onde evitare di dover fronteggiare la spaventosa quantità di domande che stava cominciando a propinargli la sua mente riguardo a quanto appena successo, si costrinse a prendere la parola.
«Ehm, senti Po, non sarebbe il caso di andare a prendere posto?», chiese quindi con un filo di voce.
«Mmm? Ah! Sì, tipo, hai perfettamente ragione
~», esclamò improvvisamente il ragazzo, sobbalzando e scuotendo subito dopo il capo, in modo tale da tornare lucido e ben presente. Non era proprio il momento adatto per assentarsi dalla realtà.
Si affrettarono dunque ad entrare, realizzando con disappunto che erano arrivati troppo tardi e che non erano rimaste neanche due sedie vicine libere. Avrebbero dovuto sedere distanti, circostanza più unica che rara per le due nazioni, così abituate a stare quasi quotidianamente assieme.
Se il lituano aveva inizialmente cercato di trovare una qualche soluzione però, sospirando rassegnato non appena si era reso conto di quanto sarebbe apparso stupido chiedere a qualcuno di spostarsi, l'altro non si era neanche posto il problema. Non tanto per cattiveria, quanto per il puro e semplice desiderio di sfruttare l'occasione a suo vantaggio! Le azioni del compagno stavano diventando sempre più imprevedibili, sempre più curiose.. Per quanto da un lato sapesse di stare in qualche modo facendo un torto all'amico, non riusciva davvero a darsi un contegno. Cos'altro si poteva celare dietro al suo sorriso rassicurante?
Si era così attaccato al braccio sinistro di Toris, costringendolo ad abbassarsi ed avendo in tal modo la possibilità di farsi sentire senza dover obbligatoriamente alzare troppo la voce. Doveva mettere in atto la sua piccola strategia, mancava ormai pochissimo all'inizio della conferenza.
«Senti, Liet, tipo, io vado totalmente a sedere accanto a Feliciano, almeno chiarisco il malinteso.. Tu, tipo, raggiungi totalmente i tuoi fratelli. Guarda, là, tipo, accanto a Lettonia ed Estonia! Ci ritroviamo totalmente qua fuori a fine riunione~», sussurrò Feliks all'orecchio del ragazzo, sorridendogli tranquillo giusto un attimo prima di correre via. Lituania avrebbe voluto controbattere od opporsi, ma non ne ebbe minimamente il tempo.
Dovette quindi accettare la decisione presa da Polonia senza fiatare, una sensazione abbastanza sgradevole che gli circolava in corpo, mentre raggiungeva in fretta e furia la sua postazione, salutando con un cenno della mano i due baltici.
Non appena si fu seduto si accorse di avere precisamente davanti niente di meno che il polacco, il quale lo salutò sventolando appena la mano da sopra il tavolo, l'aria spensierata di chi sta magnificamente e non ha nessun problema al mondo, per poi tornare a chiacchierare e ridacchiare assieme a Veneziano. La cosa non era affatto casuale, ma il lituano questo non lo sapeva. Ciò nonostante, era comunque soddisfatto al pensiero di poterlo tenere sott'occhio, per quanto la visione riuscisse comunque ad irritarlo.
Prendeva appunti, ascoltava quanto veniva detto dai vari relatori, ma non mancava un solo istante in cui non osservasse l'altro. Inutile dire che l'amico se n'era perfettamente accorto, poiché di tanto in tanto ricambiava le occhiate dell'altro, sventolando con apparente nonchalance le lunghe trecce bionde, un sorrisetto compiaciuto sulle labbra. Tutta quell'attenzione non gli dispiaceva affatto.
Quando poi la discussione fu terminata, Feliks si alzò in piedi, raccogliendo i fogli che gli erano stati dati e avviandosi all'uscita. Fu prontamente affiancato da Toris, il quale non disse niente, ma si limitò semplicemente a camminare. Subito dietro di loro c'erano Raivis ed Eduard, che continuavano a fissarsi a metà fra il preoccupato e il confuso, bisbigliando di tanto in tanto tra di loro, entrambi sorpresi dall'insolito silenzio che aleggiava fra i due compagni. Qualcosa stava cambiando. O magari erano semplicemente a corto di argomenti. Insomma, poteva succedere a chiunque.
In ogni caso, visto che per quel giorno avevano finito con il lavoro, ognuno tornò rispettivamente alla propria casa.
Arrivato finalmente a destinazione, Polonia si lasciò andare di peso sul divano, affondando la testa in un cuscino: aveva trascorso tutto il tragitto fatto assieme a Lituania con addosso il fortissimo impulso di stringergli la mano, cercando con tutti i mezzi possibili di trattenersi ed era stata press'a poco una tortura. Sapeva che sarebbe stato visto come sospetto e non riusciva a decidere se fosse il caso di venire del tutto allo scoperto, mettendo così in gioco quei sentimenti repressi che negli ultimi mesi lo avevano messo a dura prova; inoltre, era perfettamente cosciente del fatto che l'unico inconveniente poteva non essere solamente il suo genere. Era così spaventato all'idea di non essere ricambiato che preferiva restare nel dubbio, per quanto fosse una condizione snervante.
In realtà, una minuscola parte di lui neanche credeva alla possibilità di un cambiamento nella loro situazione attuale, per quanto nel complesso continuasse a sperarci quasi ciecamente. Forse perché temeva che i segnali che cercava di mandare all'altro non arrivassero affatto al destinatario.
Ciò fu in parte smentito dalle chiamate che il polacco ricevette nei giorni successivi da parte dell'amico, le quali cominciarono ad arrivare ad orari regolari e sembravano mirate unicamente ad accertarsi che stesse bene. Normalmente era più facile che fosse il primo ad usufruire in maniera eccessiva del telefono ai danni del lituano, anche per la più piccola sciocchezza, ad orari del tutto inappropriati, motivo per cui il ragazzo ne rimase completamente spiazzato, almeno in principio.
Due settimane dopo, alla terza volta che alzava la cornetta in un giorno, non dette neanche il tempo all'altro di dire "pronto".
«Tipo, sto totalmente bene! Non mi stanno derubando, non ho dato fuoco alla cucina e certamente non morirò di fame o sete!», disse tutto d'un fiato, quasi cantilenando, mentre si sforzava di trattenere eventuali risate.

«Sul serio, Liet, sei, tipo, diventato totalmente uno stalker? Essere donna non mi rende non autosufficiente», aggiunse infine, impedendo nuovamente all'altro di aprire bocca, mentre arricciava distrattamente il filo dell'apparecchio intorno all'indice destro. Era dannatamente adorabile che si preoccupasse a quel modo per lui, ma al contempo questo lo esasperava. Un po' perché a lungo andare diventava noioso, un po' perché l'idea che questa strana evoluzione potesse dipendere esclusivamente dal suo aspetto fisico lo turbava.
«Eh? Ah! No.. Io.. ero solo preccupato, ecco», rispose una voce titubante e balbettante dall'altro capo del telefono. «Lo sai bene cosa provoca l'ansia al mio stomaco», sentì poi bisbigliare, non si sa bene rivolto a chi.
«E allora, tipo, smettila totalmente di preoccuparti~», esclamò prontamente.
«Lo sai che non lo faccio apposta!», tentò di giustificarsi l’altro, la voce vagamente lagnosa e supplicante, captando l’ovvietà di quelle parole e, nonostante ciò, conscio di non essere in grado di controllarsi.
«Però lo fai~», concluse spicciolo il biondo.
A quelle parole Toris ammutolì, borbottando qualcosa d'incomprensibile. Poi aggiunse una flebile richiesta di scusa, appena percettibile. Se c'era una cosa che però Feliks non sopportava era che l'altro dovesse discolparsi quotidianamente per cose delle quali non aveva un'effettiva colpa, senza mai fare concretamente qualcosa per cambiare quei lati del suo carattere che danneggiavano solamente lui. Del resto, non aveva il diritto di fargli la predica, visto e considerato che era il primo a non ascoltarlo quasi mai, quindi si limitò a tacere.
«Uhm, senti Liet..», chiese poi dal nulla Polonia, interrompendo quella pausa di silenzio che era caduta fra i due.
«Dimmi!», esclamò Lituania, quasi di scatto.
«Domenica sei libero? Per accompagnarmi, tipo, a fare shopping a Varsavia, ovviamente. Sai, è totalmente noioso da soli!», ribatté un po' impacciato l'altro, mentre arrossiva fino alla punta delle orecchie. Meno male che non poteva vederlo in quell'istante.
«Oh, aspetta che controllo..», rispose in un sussurro l'altro, mentre in sottofondo si sentiva distintamente un fruscio di fogli. Con ogni probabilità stava sfogliando l'agenda per controllare di non avere eventuali impegni.
«Okay, sono libero! Dimmi il programma.», aggiunse infine.
Fu deciso che si sarebbero ritrovati a casa del polacco, per poi trascorrere il resto della giornata a giro per la capitale. Era ancora inverno, quindi avrebbero dovuto coprirsi per bene onde evitare di beccarsi un malanno! Si sa che da quelle parti il clima è estremamente rigido.. Però, a detta del telegiornale, quel giorno non sarebbe dovuto nevicare o piovere in alcun modo. Questo rassicurò in qualche modo anche il lituano, il quale non ci teneva ad inzupparsi come durante la loro ultima uscita.
Ora che quest'ultimo ci faceva caso, oltretutto, era stato a seguito di quell'occasione che l'altro aveva deciso di cambiare. Dai discorsi che aveva fatto allora, effettivamente si percepiva che qualcosa non andava. Si diede dello stupido per non averlo capito immediatamente, ma non è mai facile comprendere una persona tanto variabile e lunatica quanto il compagno. O avrebbe dovuto cominciare a chiamarla "amica"? Che poi, per  quanto sarebbe andata avanti questa stravagante magia?
Fu solamente quando arrivò il giorno in questione che un dubbio attanagliò dolorosamente lo stomaco di Toris, facendolo boccheggiare per un minuto buono davanti al vetro dello specchio, gli occhi spalancati e la mascella cadente.

Manco dovessi andare ad un appuntamento con una ragazza, si era rimproverato mentalmente con rabbia. Era un pensiero sciocco, eppure, nel momento in cui si era ritrovato ad andare avanti e indietro davanti all'armadio, terribilmente indeciso su cosa indossare, gli era balenato in mente con forza. Solitamente, infatti, non aveva nessuna esitazione sull'abbigliamento, era una persona che indossava quasi le prime cose che adocchiava non appena apriva le ante.
Era quindi corso in bagno a sciacquarsi il viso, schiaffeggiando con forza le guance, nel tentativo di darsi un contegno, mentre il cuore batteva all'impazzata dentro al petto, tanto era preso dal panico. Insomma, si parlava del suo migliore amico. Per quanto il corpo fosse quello di una donna, restava sempre il solito.
Ma anche questa certezza gli si frantumò davanti, quando, analizzando obiettivamente i giorni passati, si rese conto che qualcosa nell'atteggiamento del ragazzo era cambiato. Anzi, anche il suo comportamento era nettamente diverso. Non si sentiva tanto confuso da chissà quanti mesi. Il peggio è che non riusciva a trarne le conclusioni, mancava qualcosa d'importante che continuava a sfuggirli.
Decise di finirla lì e, per una volta tanto, staccò la spina al cervello, sbrigandosi ad uscire di casa.
Arrivato davanti all'ingresso dell'abitazione di Feliks, però, nonostante la determinazione iniziale, s'immobilizzò sullo zerbino, una mano bloccata a mezz'aria accanto al campanello. Rimase in quella posizione per minuti che a lui parvero ore, per poi realizzare che il portone era socchiuso. Si sentì così stupido che si sarebbe volentieri sotterrato seduta stante, ma si limitò a scuotere la testa rassegnato nei suoi confronti e ad entrare.
Polonia non era né in salotto, né in cucina, né in corridoio. Lituania decise quindi di controllare al piano di sopra, dirigendosi prima in camera da letto, poi in bagno. La porta era spalancata, così fece capolino con naturalezza al suo interno, sorridendo pacatamente, ignaro di cosa avrebbe dovuto fronteggiare di lì a poco.
Il polacco se ne stava con aria seria davanti allo specchio, i lisci capelli biondi completamente sciolti e un fiocco rosa abbastanza grande posizionato al centro del capo, proprio sopra l'attaccatura. Per un attimo la sua immagine e quella di Bielorussia si sovrapposero davanti agli occhi del lituano, terrorizzandolo quasi a morte. Due persone tanto diverse non avevano niente a che fare l'una con l'altra, erano una visione da far accapponare la pelle. Neanche nei suoi peggiori incubi avrebbe mai potuto immaginarsi un simile ibrido.
Inutile dire che il suo sorriso morì sul nascere, mentre arretrava in fretta di qualche passo, battendo così una sonora testata al muro. 
Ultimamente gli capitavano fin troppo spesso incidenti di quel tipo, non era un buon segno. Era così sotto shock che non fu in grado neanche di urlare, restando stupidamente a bocca aperta.
Anche il polacco, non appena si accorse di essere osservato, fece balzo all'indietro dallo spavento, finendo per sedersi sul bordo della vasca da bagno, se non rischiare direttamente di caderci dentro.
«Liet, tipo, sei impazzito? Mi hai totalmente fatto perdere vent'anni di vita!», quasi gridò quest'ultimo, portandosi una mano al petto.
«Cos'hai fatto ai capelli?», chiese di rimando l'altro, respirando affannosamente, mentre tornava ad avvicinarsi. La sua voce era ridotta ad un rantolo insignificante.
«Oh, beh, sai, tipo, ho pensato..», cercò quindi di giustificarsi il biondo, balbettando debolmente e giocherellando nervosamente con i propri pollici.
Non gli fece neanche terminare la frase, dirigendosi seduta stante verso il lavandino e afferrando la spazzola, due elastici verde scuro e due mollette bianche a forma di coniglio. Aveva già memorizzato con una sola occhiata i colori degli abiti che indossava: un vestito color panna ed un maglioncino verde chiaro. Sapeva bene, del resto, quanto ci tenesse il ragazzo ad indossare dei colori ben coordinati fra loro. Sotto questo punto di vista era decisamente più modaiolo di lui, il quale si limitava alla comodità e all'anonimato.
Quindi tolse quel fiocco dai suoi capelli 
 forse troppo bruscamente, a giudicare dall'espressione leggermente sofferente del compagno  e si sedette accanto a lui, facendogli girare lievemente il capo, in modo tale da fare una divisa ben dritta; credeva fermamente che gli stessero meglio le solite due trecce, quindi, sebbene non fosse un parrucchiere esperto, cercò di fare quanto poteva.
L'altro se ne rimase completamente in silenzio per tutto il tempo, fissando ovunque fuorché l'amico. Solo a lavoro concluso si specchiò, osservandosi attentamente la chioma. Ne era così entusiasta che si sarebbe messo a saltellare sul posto, ma gli era già bastato tutto il disordine che aveva creato con le sue stesse mani quella mattina, accatastando vestiti su vestiti sopra al letto, tanto era teso ed emozionato. Si era ovviamente premurato di rimettere tutto in ordine prima che l'altro arrivasse, poiché sapeva perfettamente che dopo sarebbe stato impossibile trascinarlo fuori, tanto era maniaco della pulizia.
«Ecco fatto», sentenziò poi Toris, annuendo quasi con solennità e riponendo al suo posto quanto aveva preso, mentre tornava a sorridere sollevato e soddisfatto.
«Grazie..», disse Feliks in un sussurro, arrossendo vistosamente. Chinò quasi istantaneamente il capo, grattandosi distrattamente una guancia ed osservando con grande interesse i suoi stivali neri. Le sue reazioni peggioravano sempre più e non sapeva davvero in che modo giustificarle. Fortunatamente l'altro non faceva mai domande, ma la cosa lo infastidiva lo stesso, poiché sfuggivano al suo controllo.
Lituania si accorse del broncio che era apparso spontaneamente sul volto del polacco, il quale si era messo a sbuffare senza accorgersene, così pensò bene di fargli presente che il tempo non si fermava per far loro un favore. Sarebbe stato un ottimo modo per distrarre entrambi dall'attuale situazione, che pareva disagevole ed estremamente imbarazzante.
«Non dovevi andare a fare shopping, eh, Po?», chiese con una sottile vena d'ironia nella voce il lituano.
«Giusto! Hai totalmente ragione. Andiamo, tipo, a giro per negozi~», esclamò Polonia, scattando su in piedi nuovamente tutto infervorato, gli occhi brillanti e le mani strette a pugno davanti a sé. Insieme al Crossdressing, quella era davvero una delle sue attività predilette.
L'altro si alzò a sua volta, ridacchiando dinanzi alla dimostrazione di cotanta energia e dirigendosi distrattamente verso il corridoio.
«Allora che ne dici di uscire? Sempre se hai finito di prepararti..», aggiunse voltandosi nuovamente verso il ragazzo.
«Certamente, andiamo~», rispose semplicemente il biondo, spingendolo definitivamente fuori.
Si diressero inizialmente verso la Nowe Miasto, soffermandosi maggiormente nella 
Rynek Nowego Miasta. Passarono poi nuovamente attraverso il Barbacane, il quale fa da ingresso a questa zona della città, esterna rispetto alle sue antiche mura medievali, per raggiungere la Stare Miasto. Qua attraversarono la Rynek Starego Miasta, attorno a cui si dipana un reticolo di vicoli e stradine molto suggestivi, deviando successivamente in direzione della Plac Zamkowy, dominata dallo Zamek Królewski e situata nella parte meridionale, da cui inizia la Trakt królewski. Il primo tratto della strada è costituito dal Krakowskie Przedmieście, un grande viale alberato dove sono situati edifici e monumenti di grande importanza nazionale; nel secondo si apre la via Nowy Świat, una tra le strade più belle della città, costeggiata da palazzi ed edifici della antica nobiltà, oggi pulsante di vita con i suoi numerosi ristoranti, caffè e negozi alla moda.
Fu qua che si soffermarono maggiormente, per quanto gli acquisti fossero in buona parte solamente una scusa per passare del tempo assieme all'ingenuo compagno: la sua speranza era infatti che fosse abbastanza tonto da non farsi insospettire dal suo scarso "bottino" della giornata. Solitamente era tanto pieno di buste e bustine, sia di carta che plastica, da riuscire a malapena a camminare senza barcollare; nei giorni più critici appariva un ubriaco fradicio incapace di reggersi in piedi, tanto per intenderci.
Lungo il tragitto ebbero inoltre un piccolo malinteso con un'anziana signora che vendeva fiori alla sua bancarella per strada, fatto che, diversamente dal solito, mandò letteralmente in esagitazione Feliks e non scosse più di tanto Toris, il quale forse era ormai fin troppo abituato a scene di quel genere. Capitava spesso che dei perfetti estranei confondessero l'altro per una ragazza, anche prima che avvenisse questa totale trasformazione. I suoi lineamenti androgini traevano in inganno mezzo mondo.
«Perché non fa un regalo alla sua fidanzata e non le compra un bel mazzolino di fiori?», chiese questa innocentemente, un sorriso gentile da nonna premurosa sulle labbra.

«No! Guardi, io..», esclamò immediatamente con fare allarmato il biondo, all'apparenza donna, cercando di smentire sul nascere quell'insinuazione. Solo che la voce si perse chissà dove, mentre le guance si coloravano prepotentemente di rosso, costringendolo a correre ai ripari e quindi a fissare i propri occhi sull'asfalto della strada.
Tanto bastò perché l'amico si avvicinasse, osservando attentamente quei pochi fiori in grado di resistere alle gelite temperature invernali e, infine, optando per delle semplici Acacie. L'altro non se ne accorse neanche, tanto era preso dai suoi ragionamenti.
«Tieni», disse pacatamente Lituania, porgendoglielo ed interrompendo quel flusso di strampalati pensieri che si erano impossessati della mente di Polonia, contribuendo così a farlo tornare coi piedi ben saldi per terra.
«Grazie.. Ma perché?», chiese timidamente quest'ultimo, visibilmente confuso da quel gesto.
«Nessun motivo in particolare, ecco!», concluse bruscamente il lituano, improvvisamente imbarazzato e incapace di ricambiare il suo sguardo, mentre si voltava dall'altra parte e riprendeva a camminare lungo la via. L'altro si affrettò a raggiungerlo, in quanto quella partenza in quarta lo aveva colto completamente di sorpresa, esaminando più da vicino quell'inaspettato regalo.
Era certo che Toris non conoscesse il significato dei fiori, e che quindi la sua scelta fosse stata dettata unicamente dall'estetica, ma il curioso risultato della sua decisione lo lasciò comunque di stucco, in quanto il loro significato era niente di meno che "amore segreto". Aveva sentito spesso parlare di segni mandati casualmente dal destino, fato, caso o come lo si voglia chiamare, però niente di concreto ne aveva mai dimostrato l'effettiva esistenza. Nonostante ciò, in cuor suo nacque spontanea un'incognita carica di speranza, ed il sorrisetto compiaciuto che apparve sul suo volto in quello stesso istante ne era la testimonianza.
Verso il tardo pomeriggio tornarono in direzione dell'abitazione di Feliks, nell'aria uno strano sentore di tranquillità e quiete, dovuta forse al fatto che quest'ultimo aveva parlato poco o niente. Era strano, ma sentiva che non ci fosse bisogno di chiacchiere inutili quel giorno.
Poi, giunti di fronte all'entrata, complice probabilmente la prossima separazione, in vista del ritorno a casa dell'altro, un impulso repentino colse il biondo, portandolo a compiere quello che potremmo definire l'atto finale. La chiave stretta saldamente in una mano e gli occhi serrati, si sporse in punta di piedi verso l'ignaro migliore amico, premendo le labbra contro le sue, in un casto bacio a stampo. Questi non si allontanò, pietrificato sul tappetino del pianerottolo, gli occhi quasi fuori dalle orbite per lo stupore. Stavoltà non arrossì, bensì sbiancò all'istante, colto totalmente impreparato.

«Liet, io sono innamorato di te. L'incantesimò si annullerà, tipo, solamente dopo che avrai totalmente scelto.. L'ho fatto per te!», disse tutto d'un fiato Polonia, per quanto la voce risultasse a tratti spezzata o debole. Gli occhi verdi erano puntati con determinazione in quelli blu di Lituania, nonostante la loro lucidità mostrasse quanto le lacrime minacciassero di sfuggire alla presa incerta della sua forza di volontà.
«Devi decidere tu», aggiunse quindi in un bisbiglio, martoriandosi il labbro inferiore e sbattendo ripetutamente le ciglia, un istante prima di rifugiarsi all'interno della sua abitazione e chiudersi il portone alle spalle, lasciando il ragazzo in balia di sé stesso.
Era definitivo, adesso non c'era più alcuna possibilità di fare retromarcia.

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Ci sono riuscita, dopo quasi un anno che non scrivevo più niente sono finalmente riuscita a concludere qualcosa *^*
Questo capitolo era già stato scritto, lo so bene, ma siccome mi ero dovuta sforzare (per determinate persone), non era uscito come lo volevo, né tantomeno si era concluso come avevo programmato. Quindi eccolo qua, stavolta si spera definitivamente!
Inanzitutto mi sembra giusto scrivere le traduzioni di alcuni nomi polacchi che ho usato nel corso della fan fiction:
Nowe Miasto = Nuova Città
Rynek Nowego Miasta = Piazza del Mercato della Città Nuova
Stare Miasto = Vecchia Città
Rynek Starego Miasta = Piazza del Mercato
Plac Zamkowy = Piazza del Castello
Zamek Królewski = Castello Reale
Trakt królewski = Strada reale

Poi, dato che ho passato la nottata a scrivere con un amico che mi scriveva cretinate assurde su Kiku Honda (Giappone), alle quale fra l'altro ho contribuito io stessa, ci terrei a citare una sosta straordinaria dell'appuntamento dei due protagonisti del capitolo, ideata appositamente da lui ♥
Polonia e Lituania fanno tappa per pranzo ad un rinomato ristorante messicano - che stranamente conoscono solamente loro - situato lungo la rinomata via Nowy Świat e sono quindi seduti comodamente al loro tavolo, in attesa di ordinare. Improvvisamente viene presentato il gruppo musicale che si esibirà nella sala per intrattenere i commensali.
Proprietario: "Vi presento, per la gioia delle vostre orecchie, visto che a quella dello stomaco ci penseranno i nostri provetti cuochi, I tre caballeros!"
Entrano quindi in scena tre tizi con indosso gli abiti più tradizionali della cultura messicana, ovvero poncho di lana e sombrero calato sugli occhi, le chitarre alla mano, già pronti per suonare. Ma prima hanno l'accortezza di presentarsi, mostrando finalmente i loro volti.
Kiku: "Il mio nome è Hondez, Kiku Hondez. Sono Giappessico."
Veneziano: "Il mio nome è vee
~ Voglio dire, Triste Tristano (e Isotta, certo). Sono Italessico."
Romano: "Io invece mi chiamo Lobirra Rumano.."
Mentre il trio, dopo aver ricevuto un coro di risate, fischi e applausi, comincia con la sua nuova canzone, intitolata Pasta, pizza e sombreros, Polonia comincia ad insospettirsi, nonostante i tre giovini siano prontamente inbaffati. Anzi, dopo qualche minuto non ha più dubbi sul loro conto, a differenza di Lituania, il quale sembra più interessato al menù (o magari è solo poco sveglio).
Polonia: "Ehi, Liet, guarda, c'è Feliciano!"
Lituania: "Dov- *li vede e sputa l'acqua che stava bevendo* ..credo di non star bene, ho delle visioni."
Polonia: "Non essere, tipo, sciocco, è lui! Ci sono totalmente anche Kiku e Lovino."
Lituania: "...non erano messicani?"
Polonia: "Nah, Kiku è Giappessicano, Feliciano e il fratello maggiore sono Italessici
~"
Lituania: "Eh?! Credevo che l'assurdità delle tue affermazioni avesse un limite, devo essermi sbagliato."
Polonia: "*canta assieme alla band, per poi girarsi nuovamente verso il compagno* Tipo, hai detto qualcosa?"
Lituania: "Assolutamente no.."
A fine concerto i tre vengono fatti avvicinare al loro tavolo da un Polonia estremamente tranquillo e solare che sventola una mano in loro direzione, come se la situazione non fosse fuori dal mondo in tutti i sensi (non so voi, ma io il Giappessico e l'Italessica ancora non li conoscevo). Il trio pare allarmato, o almeno, tutti eccetto Veneziano, il quale corre letteralmente a salutare l'amico/a polacco/a, beccandosi lo sguardo inceneritore del lituano, il quale, se dotato della giusta forza, avrebbe probabilmente già frantumato il bicchiere in vetro che tiene in mano. I restanti due si guardano tra di loro, sospirano rassegnati e poi si decidono a raccontare il motivo del loro soggiorno a Varsavia.
Giappone: "Il fine settimana noi lavoriamo qua, sotto falso nome."
Romano: "Se fate i bastardi e provate a dirlo a qualcuno, giuro che me la pagherete cara.."
Veneziano: "Vee
~ E' un segreto, mi raccomando!"
Polonia: "D'accordo, giuro sul mio vestitino natalizio più succinto che non lo dirò a nessuno!"
Lituania: "....sono l'unico che continua a trovare tutto questo senza senso?"
THE END

Ringrazio chiunque leggerà in anticipo e spero sia di vostro gradimento ;D
P.S.: "Lobirra" non è una mia idea (trovate il testo completo sulla pagina di Facebook chiamata Hetalia Crack), ma era troppo epica per non essere citata, mentre "Rumano" deriva da un mio errore di battitura.
 

   
 
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