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Autore: Lady Antares Degona Lienan    09/10/2006    4 recensioni
A volte il futuro non è quello che ci aspettiamo.
Perchè non siamo nemmeno in grado di vederlo.
[Yoh/Anna][Lieto Fine]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anna Kyoyama, Yoh Asakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Blindness – sensi

Titolo: Blindness – sensi

Autore: L.A.D.L.

Disclaimer: i personaggi di Shaman King non mi appartengono, perché altrimenti Yoh e Anna si sarebbero sicuramente baciati. Tutti i diritti riservati. Shaman King è una creazione di H. Takei. La fanfic non è a scopo di lucro.

Pairing: YohxAnna

Genere: drammatico, dolce, malinconico, romantico.

Segnalazioni: one-shot, lieto fine!

Note: Mi pareva che postare solo Veleno Scarlatto fosse poco. E poi avevo voglia di scrivere una bella shot. L’idea mi è venuta quando a scuola ho avuto un calo di pressione, con conseguente perdita momentanea della vista. Hope you’ll like it.

 

 

 

Blindness – sensi

 

 

 

 

 

Brutto tempo, quel giorno.

Lei avanzava lentamente per il corridoio, la mano destra appoggiata sulla parete in legno, che immobile pareva sostenerla con tutto il suo fragile e piccolo peso.

Anna Kyoyama era piccola e carina, ma sapeva sfoderare una tale grinta nell’aggredire un avversario che pochi potevano vantarsi d’essere sopravvissuti alla sua furia.

Ad ogni modo, lei camminava lungo il corridoio per raggiungere il salone d’allenamento.

Voleva afferrare una katana, sentirla fra le mani, percepire chiaramente ogni più piccola venatura di quel legno così scuro e perfetto, provare l’incredibile sensazione di avere il potere nelle mani e di poterlo dominare con relativa semplicità.

Il legno, pensò, doveva essersi scurito ulteriormente, poiché esposto alla luce del sole; Yoh si era allenato duramente, in quegli ultimi mesi.

Lei non avrebbe dovuto accorgersene. Lui aveva cercato di tenerla lontano da tutto quello che poteva anche minimamente essere considerato pericoloso: coltelli, katane, i più semplici lavori domestici.

Ma i suoi sensi avevano fatto il resto, aprendole un mondo che prima le era stato sempre precluso: l’aria che si scontrava col viso bagnato di sudore, il calore del fuoco sotto l’epidermide, la sensazione della terra umida sotto i piedi bagnati.

- Anna!! – come chiamato, Yoh “Shaman King” Asakura si palesò all’inizio del corridoio, preannunciato da un rocambolesco suono di passi concitati. – Cosa fai qui? –

Lei alzò pragmaticamente un sopracciglio perfettamente disegnato che lentamente scomparve sotto la lunga frangia color miele, a contorno di un ghigno blandamente divertito o forse solo molto, molto esasperato. Pareva che tutta la sua pazienza fosse confluita in quell’unica occasione per evitarle una magra e derisoria figura davanti agli occhi di tutti gli amici del suo fidanzato.

Staccò la mano dalla parete, artigliandola. – Mi facevano male le gambe, e così mi sono alzata. –

Lo sentì avvicinarsi, piano. – Hai sbagliato strada, se volevi andare in cucina. Ti ricordi? Appena scesa dalle scale, bisogna girare subito a destra, altrimenti si prende la strada per andare fino al –

- Fino al salone, si. In effetti, è proprio lì che stavo andando. –

Anna Kyoyama alzò la testa che era rimasta leggermente china e spalancò gli occhi. – Credi forse che perché –

- Non è necessario, Anna. – le disse dolcemente lui, posandole una mano sul viso. I suoi polsi, la sua stessa essenza, tutto Yoh Asakura tremava.

- Oh si, si che lo è. – e lo guardò negli occhi, o perlomeno dove presumeva che lui avesse gli occhi. Magari, negli ultimi tempi, era pure cresciuto in altezza. I suoi occhi, che un tempo avevano riflesso ogni immagine di questo mondo, erano spenti.

Li iridi di Anna Kyoyama erano di uno sconfortante grigio uniforme.

 

- Non ti risparmierò, Hao. – aveva concluso Yoh Asakura stringendo la sua arma nel pungo della mano sinistra. – Io ti ucciderò, ponendo fine a tutto ciò. Per sempre. –

Il gemello aveva sorriso brevemente. Con quella smorfia sua particolare, di chi progetta qualcosa e non vede l’ora di mostrarlo. – IO ti ucciderò, fratello. –

E poi si erano lanciati l’uno contro l’altro, fondendosi in un’unica reale figura. Anna Kyoyama teneva gli occhi piantati su di loro, non riuscendo nemmeno a scorgere il suo fidanzato; il suo cuore batteva all’impazzata.

Poi una piccola luce, sempre più luminosa e forte, che andava crescendo fra i due.

E aveva urlato con tutte le sue forze. – Yoh, scansalo! –

Come tanti anni prima, con l’oni, durante quella pazzesca giornata sul Monte Osore, quando l’aveva visto per la prima volta.

In contrapposizione alla forte luce, poi c’era stato solo il buio.

- Abbiamo vinto, Anna. – aveva esalato il suo ragazzo cadendo di fianco a lei. – Hao è morto. –

- Se abbiamo vinto, allora siamo comunque morti. Lui ha distrutto il sole. – aveva detto lei, a bassa voce, portandosi delicatamente una mano sul volto.

Yoh si era alzato di scatto, voltandosi verso di lei. – Cosa? –

E li aveva visti.

“– Io ti ucciderò, ponendo fine a tutto ciò. Per sempre. –“

- Perché Hao ha posto fine alla luce? –

- Anna… -

- Non ci sarà mai più luce. Sarà buio per sempre. –

- Anna, i tuoi occhi. –

“– Hao è morto. – “

E con lui, tutti i nostri sogni.

 

Lui si sentiva colpevole, inutile negarlo. C’era sempre stato, da quel giorno, un tarlo capace di roderlo dall’interno, oltrepassando ogni barriera che lui potesse anche solo sperare di elevare, incurante del dolore che andava provocando.

E il motivo per cui non lo abbandonava, era perché lui non glielo permetteva.

Yoh Asakura pensava a quel dolore come una necessaria espiazione per le sue colpe; perché se lui avesse pensato a proteggerla, quel giorno, invece di farsi prendere dalla foga, forse lei avrebbe potuto veder crescere loro figlio.

Hana. Hana che vuol dire fiore.

Il fiore preferito di Anna era sempre stato la camelia.

“- Se avessimo una figlia, io la chiamerò Tsubaki. Come il fiore che amo osservare. –“

Il primogenito era stato Hana. Poi era venuta anche Kaori.

Ma nessuna Tsubaki Asakura aveva avuto il privilegio di dormire nel loro letto.

 

- Sono ceca, Yoh, non stupida. So benissimo che questo corridoio porta al salone. Semplicemente avevo voglia di sentire il profumo del legno, e di sfiorare una katana. – mormorò l’itako, mantenendo lo sguardo appannato su quello del marito, perché ben sapeva quanto questo lo facesse sentire in soggezione.

- D’accordo, non ti arrabbiare, mi stavo solo preoccupando per te. Ma perché non mi hai chiamato, se volevi andare lì? Ti ci avrei accompagnato volentieri. –

Lei chiuse improvvisamente gli occhi, volgendo il capo verso la porta d’ingresso della Sala d’allenamento, serrando contemporaneamente le labbra in una piccola smorfia d’indecisione. – Perché…- disse, prendendo fiato e coraggio. – Perché ci sono cose che ero solita fare da sola, prima. Non posso sentirti vicino per tutto il tempo della mia vita, anche se non sono più in grado di vedere. –

Yoh buttò fuori l’aria tutto d’un colpo, come se qualcuno gli avesse tirato una gomitata in pieno stomaco improvvisamente, prendendolo alla sprovvista.

- Ah. – riuscì a dire.

- Perciò scusami, ma adesso vado. –

E lo lasciò lì, in mezzo al corridoio, intento a boccheggiare come solo un pesce rosso poteva fare, incapace di dire altro. Vide la schiena ricoperta di fili d’oro ondeggianti diventare sempre più piccola, fino a che, svoltato l’angolo, non la vide più.

Allora, solo allora, crollò a terra.

 

KaoriOnikaAsakura amava bearsi della luce mattutina, ma detestava sentire sua madre parlare in quel tono: basso, vibrante, atto a richiamare momenti del passato che non la riguardavano e mai avrebbero potuto riguardarla.

Non capiva suo padre, con quei tentativi di voler preservare la salute di sua madre: lei era perfettamente in grado di gestire la sua vita, anche se privata della vista.

Anche lei l’aiutava, all’insaputa di Yoh. Ogni volta in cui Anna necessitava di una katana, o di una passeggiata, Kaori era ben lieta di aiutarla.

- Dimmi Kaori, raccontami di quanto sei bella alla luce del sole. – era solita dire sua madre, mentre camminavano. La bimba di soli sei anni si gonfiava d’orgoglio, sentendosi chiamare così, e prendeva a parlare. – I miei capelli sono lisci e lunghi, mamma, chiari come la luce della luna. Persino più chiari dei tuoi. –

- Continua. –

- E i miei occhi hanno il colore del ghiaccio più trasparente, azzurri come un cielo macchiato di nuvole. –

- Sai parlare bene, mia piccola Kaori. –

- Perché mi hai insegnato tu, mamma. –

- Tu sei la figlia di un Oni, perché quegli occhi non possono appartenere a me, e tanto meno a tuo padre. –

Kaori stringeva ancora un po’ la mano della bellissima donna che era solita accompagnare, alzando il mento. – Per questo a volte mi chiami Onika? –

- Certo, Onika. Raccontami cosa vedi, bambina mia. –

- Vedo tanti estranei a girarsi al tuo passaggio, mamma. –

- E cosa guardano, ora? –

- Guardano i tuoi occhi, mamma, e subito abbassano i loro, perché non sanno resistere al loro fascinoso richiamo. –

- E tu sai perché, Kaori? –

Anna si fermava, volgendo il viso verso il calore del sole. – Lo sai, il perché? –

- No, mamma. –

- Perché i miei occhi creano angoscia, sono come una continua ricerca di una presunta verità alla quale non si potrà mai arrivare. Se tu sei figlia degli Oni, Kaori, io ne sono regina. Regina di un mondo di tenebre. –

- Ci sono le tenebre, dietro ai tuoi occhi? –

- C’è molto, molto di più, Onika. –

La bambina reprimeva un brivido mentre ascoltava la madre abbassare man mano il tono della voce, sempre più basso, sempre più flebile, fino a quando esso non diventava quasi un sibilo disperato.

- Andiamo, mamma? –

- Si, sono stanca, torniamo a casa, da tuo padre. –

 

- Kaori? –

Lei voltò subito il capo verso la porta spalancata del salone che dava sul portico, scattando in piedi. – Kaori? Sei qui? –

- Eccomi, mamma. –

- Ah, sei qui. – la donna si voltò verso il suono, la mano sinistra saldamente poggiata sulla parete in legno scuro. – Mi daresti una katana, adesso? –

- Balli ancora, madre? –

- Non smetterò mai. –

- Allora ti rimarrò a guardare, perché sei bella quando giri intorno alla stanza. –

Anna scosse il capo, smuovendo i capelli biondi e facendo precipitare la complessa acconciatura. – Vai via, Onika. Per oggi, non puoi restare. –

- Ma… -

- Kaori. –

Kaori. Il tono era di nuovo quello basso di quando lei era arrabbiata, o scossa.

Era come se tutta la stanza avesse vibrato al suono di quel nome, e fosse poi tornata normale, immobile nella sua continua attesa.

- Si, vado. -

 

- Hao è morto. –

Hao è morto, ma qual è il prezzo di questa vittoria?

 

Lei volteggiava furiosamente al centro della Sala ormai senza più alcuno senso d’orientamento, scuotendo con violenza la testa, e serrando gli occhi.

Da dietro la porta, Yoh l’osservava attento. Guardava la spada allinearsi al suo fedele braccio sinistro, compagni di schiaffi ed avventure, per poi ammirare il cerchio perfetto da lei prodotto in un volteggio.

C’era rabbia e sentimento, e molta frustrazione, che lui quasi sentì presente, come un terzo corpo.

 

- Anna, i tuoi occhi. –

I miei occhi, si, che fine hanno fatto i miei occhi neri come la peste? Dov’è il demonio che me li aveva imprestati, tanto tempo fa?

 

Finalmente lei smise di danzare, ansante, e si voltò verso di lui. Aveva percepito la sua presenza ma, incredibilmente, non ne era stata affatto turbata.

Lo puntò con la spada in un gioco di precisione millimetrica, e cosa più disarmante, lo puntò con gli occhi spenti che per un attimo gli parvero quelli di un tempo.

Occhi neri dello stesso demonio che aveva creato il male.

 

- Sei ceca, Anna. –

Sono ceca, si, ma so ancora ballare, so odiare e ridere. So anche amare, non l’ho mai dimenticato.

Cosa mi importa se Lui si è ripreso i miei occhi?

 

- Ti stavo aspettando. –

Yoh si fermò sulla porta - Ma tu pensa, innamorato e pure prevedibile. –

- Uno Shaman King non deve mai essere prevedibile. – disse allora lei, continuando a fissarlo.

- Eppure io sono entrambi. –

- Shaman King e prevedibile? –

- No, Shaman King e innamorato. – mormorò in un piccolo sorrisino.

Sorrise anche lei. – E pure prevedibile. –

Lui deglutì un paio di volte, inclinando il capo verso sinistra, e si sentì travolgere. – Pensavo che tu fossi debole, ma sei più forte di me. –

- Sono sempre stata più forte di te, Yoh. Nonostante fossi la tua promessa sposa, non ti nascondo che anche io avrei voluto diventare ciò che sei ora. –

- Non… -

- Ma sono ceca. E allora mi sarebbe piaciuto essere la tua sposa, una volta per tutte. –

- Io…-

Anna Kyoyama mosse la spada velocemente, arrivando a pochi centimetri dalla sua gola. – E tu, ancora una volta, me lo stai impedendo. –

 

Gli lanciò una katana, avendo cura di reprimere un ghigno diabolico, retaggio di un vecchio passato.

 

Che non sarebbe più tornato.

 

- Combatti. – lo esortò. – Combatti con me, Yoh Asakura. –

 

Ma lei era ancora li, incrollabile, e si sentiva completa. – Combatti e cerca di sconfiggermi. Solo allora, farò ciò che tu vorrai. –

 

 

 

E stando a come sappiamo sia finita questa storia, lui non la batté mai.

 

 

Owari.

 

 

 

 

 

 

 

Se non ve ne siete accorte, aggiornata anche Veleno Scarlatto!

Kiss!!

 

 

 

   
 
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