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Autore: lazybones    09/03/2012    5 recensioni
Nella sua tragedia aveva trovato uno spiraglio di luce, una misera spiegazione a tutto il suo dolore. Forse tutta quella sofferenza lo aveva portato a questo, a quel gruppo, a quella canzone. Forse un giorno sarebbe davvero stato meglio, in pace con sé stesso e tutte le altre parole vuote che per lui non avevano ancora un minimo di significato. Forse un giorno avrebbe ripensato alla sua giovinezza e avrebbe sorriso. Forse non sarebbe mai arrivato a quel giorno e si sarebbe consumato prima come una candela, una delle tante su quell'enorme candelabro che era il mondo.
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Macciao belle fighe!
Come state? *passa una balla di fieno sospinta dal vento*
Mh, 'ghey.
Tipo, alla fine di questo capitolo ci sarà un colpo di scena un po' azzardato, mi viene ansia se penso che non ha alcun senso!

Ci sarà un po' di Scrubs ovunque, quindi sto capitolo alternerà demenziale a cose deprimenti così, a random. Potrebbero girarvi i coglioni, vi avverto.
Non so mica se aggiornerò in fretta come faccio di solito perchè la scuola non fa altro che buttarmi merda e boh, credo che mi ritirerò in Burundi con qualche criceto saggio nella speranza di riscoprire il senso della vita davanti a un falò. Sarebbe una bella esperienza...
Okay, meglio non dilungarsi sulle mie stronzate da zitella logorroica.
Ringrazio le donzelle che mi recensiscono costantemente, quelle che hanno iniziato da poco e quelle che hanno smesso, è stato comunque bello c’:
Vado a bere sciroppo che ho mal di gola.
Pace e amorre.
Kathy G
P.S.: il titolo è preso da Playing God dei Paramore djkshdkasdhsjkdhsjkah <389297489 HAYLEY'S HAIR, MARRY ME.

 







- Next Time You Point A Finger I'll Point You To The Mirror.
Si svegliò intorno alle sette e mezzo.
A dire il vero, si alzò dal letto a quell’ora dato che la notte prima l'aveva passata un po' disegnando stronzate varie, un po' fissando il muro, un po' ascoltando cos’aveva da dire il suo cervello confuso e un po' realizzando che meno lo ascoltava meglio era.
Guardò in velocità le sue belle occhiaie e la sua faccia pallida allo specchio e decise con altrettanta velocità che non gliene fregava un cazzo.
Si diresse al bagno per la sua consueta pisciatina mattutina e fece per aprire la porta, come sempre senza bussare, ma quest’ultima gli si aprì in faccia. Indietreggiò di scatto, schivandola per un pelo, e guardò scosso il pericolo ambulante che era suo fratello. Se il buongiorno si vede dal mattino, quel giorno era meglio restare a casa.
Mikey lo guardò con diffidenza e lo superò senza dire una parola.
Gerard si voltò furioso per seguirlo con lo sguardo, facendo del suo meglio per intimidirlo, e urlò infine: - E’ passato di moda dire “buongiorno”? -, Mikey non rispondeva e continuava a camminare, quindi Gerard proseguì, - O è l’omosessualità ad essere passata di moda? –
Proprio in quell’istante comparve suo padre nel corridoio.
Cazzo, no, erano giorni che non lo vedeva e doveva proprio resuscitare mentre urlava al mondo che era gay?
Mikey si bloccò di colpo di fronte al padre appena comparso e lanciò un’occhiata allarmata a Gerard ma fottutamente beffarda.
Pezzo di merda.
- Andate tutti a fanculo, cazzo. Dal primo all’ultimo. – ringhiò Gerard, entrando nel bagno sbattendosi la porta alle spalle come una brava teenager viziata alla quale si è impedito di passare il sabato sera in gonnellina in discoteca.
Si ficcò le mani in mezzo ai capelli neri e vermigli come sempre di prima mattina prima dell’intervento categorico della spazzola e li strinse così forte da farsi male.
Sentiva il pianto gonfiarsi nel suo petto ma non voleva piangere, cazzo. No. Non aveva tempo per le checcate di quel genere.
Con un paio di calcoli realizzò che era domenica e che le prove quella mattina sarebbero iniziate alle nove e gli venne solo tanta voglia di mandare a puttane tutto e lasciare quel gruppo. Non erano uniti se in situazioni del genere lo abbandonavano senza nemmeno una parola. Altro che amici. E in fondo era grazie a Frank se aveva scoperto chi erano davvero.
Si lavò i denti e uscì dal bagno frettolosamente dimenticandosi di fare pipì e se ne accorse solo quando era già salito in macchina urlando a Mikey di sbrigarsi.
Il fratellino ci mise una decina di minuti a uscire di casa, messo peggio di appena sveglio. Aprì la portiera e mise come consueto il basso nei sedili posteriori con cura.
Gerard distolse lo sguardo e lo fissò sul marciapiede assolato ascoltando Mikey salire goffamente al suo fianco. Sentì gli occhi gonfiarsi improvvisamente di lacrime senza motivo e si infilò in velocità per non dare a Mikey la soddisfazione che per una volta era davvero riuscito a ferirlo.
Sentiva il suo sguardo perforarlo, quindi si voltò a guardarlo a sua volta da dietro le lenti nere.
- Che hai? – gli domandò infastidito. Aggrottò le sopracciglia ma se Mikey avesse visto i suoi occhi colmi di lacrime non si sarebbe intimorito.
- Gerard... – cominciò il bassista, percorrendo nervosamente con gli occhi il cruscotto della macchina alla ricerca delle parole che avrebbe voluto dirgli ma che codardo com’era non riusciva a verbalizzare.
- Sì? – mormorò il più grande, vagamente speranzoso che dicesse qualcosa per farsi identificare di nuovo come il dolce ragazzo che gli voleva bene nonostante tutto.
Mikey deglutì e socchiuse le labbra mentre si fissava il ginocchio, in un chiaro segno di insicurezza.
“Parla, Mikey. Cazzo, parla.”
- Muoviti o arriveremo in ritardo. – concluse il fratellino.
Grazie.
 
Quando arrivarono al magazzino Frank e Ray erano già arrivati e se ne stavano in religioso silenzio, seduti sullo stesso divano con le chitarre in grembo. Composti e rigidi come sconosciuti.
Nemmeno un saluto.
- Vado al cesso. – borbottò Gerard, abbandonando di corsa lo stanzone. Percorse il corridoio e nessuno lo seguì. Nemmeno Frank. Si chiuse nel piccolo bagno e si prese il viso fra le mani singhiozzando. Si appoggiò con la schiena alla porta scivolando piano già sul pavimento lurido e nascose il viso fra le ginocchia cercando di soffocare il rumore sordo e forte dei singhiozzi.
Non avrebbe mai pensato che qualcuno fuor che lui riuscisse a farlo soffrire in quel modo. Di solito era vittima di sé stesso, mai degli altri. E il dolore era ancora più incontrollabile ora che sapeva che non avrebbe potuto fare niente per evitarlo.
Si sollevò di scatto e appoggiò le mani sulle ginocchia mentre si piegava e riversava lo scarso contenuto dello stomaco nel cesso. A quel punto i tentativi di nascondere i rumori rivoltanti andarono a puttane e sperò solo che non lo sentissero molto da lì dov’erano, anche se gli echi di quelle pareti fredde non aiutavano. Si lavò il viso nel piccolo lavandino sporco e miracolosamente funzionante e si risciacquò la bocca da quel sapore aspro. La gola gli bruciava. E ora sarebbe dovuto andare di là a cantare tranquillamente Fear Of The Dark degli Iron Maiden. Perfetto, davvero perfetto.
Si schiarì la voce e perlustrando le tasche interne della giacca di pelle trovò solo delle gomme da masticare. Ne prese due e cominciò a masticarle freneticamente, sospirando di tanto in tanto mentre fissava il soffitto di un bianco sporco cercando di tranquillizzarsi. Uscì dopo mezz’ora, ma se non altro era in condizioni abbastanza decenti. Fece la sua entrata teatrale in mezzo al silenzio sfilandosi la giacca. La lanciò sul divano e prese il microfono senza degnare di uno sguardo i presenti.
- Iniziamo. – esordì, districando distrattamente il cavo del microfono, silenziosamente orgoglioso della fermezza della sua voce.
- Uhm... Gerard? –
“Ah, allora sai ancora parlare, stronzo.”
- Sì, Ray? –
- A dire il vero... Matt.. Matt deve... deve ancora arrivare... –
- Adesso qualcuno mi spiega dove cazzo è. – ordinò, guardando uno ad uno i tre presenti.
Tutti e tre evitarono prontamente il suo sguardo. Ma bravi, che maturità.
Gerard sospirò e buttò il microfono sul divano con un rumore fastidioso e stridente. Si avvicinò all’altro divano, quello dove era seduto Frank, e gli tolse la chitarra dalle cosce per sostituirla con il suo culo. Sentì da subito il calore del corpo di Frank, ma esso non riuscì a calmarlo come avrebbe voluto. Forse perché a dire il vero non lo voleva.
Digitò nervosamente il numero di Matt con il cellulare, noncurante degli sguardi straniti dei presenti.
Sentì Frank appoggiarsi con la guancia alla sua schiena dopo un istante di stupore ancora legato al contatto improvviso con Gerard e il moro si portò il cellulare all’orecchio.
- L’abbiamo già chiamato, non risponde... – intervenne Ray, dimenandosi a disagio dall’altra estremità del divano.
Gerard lo ignorò e guardò il pavimento ascoltando i bip a vuoto ai quali Matt non pose fine finché partì da sola la segreteria telefonica. Sospirò e scaraventò il cellulare contro l’altro divano, vicino al microfono.
Frank gli accarezzò freddamente le costole, tentando debolmente di tranquillizzarlo, ma in realtà era così distante sentimentalmente da sembrare un automa. Un automa molto figo, ma pur sempre un essere senza vita.
- Come facciamo a fare prove senza batterista? – domandò a denti stretti Gerard, scazzato, incurvandosi appena con la schiena per allontanare il viso di Frank appoggiato.
Frank si scostò e smise di accarezzarlo, intimidito.
Nessuno gli rispose.
- Perché cazzo dovete mandare a puttane il gruppo con le vostre stronzate? – saltò su Gerard.
- Sei tu una delle principali cause se stiamo andando a puttane, in caso. – disse freddamente Mikey, incrociando le braccia magre con azzardata decisione.
- Oh, il mio fratellino ha ritrovato la lingua! Dì un po’, dove l’avevi lasciata? L’avevi dimenticata nella figa della tua nuova scopamica? Eh? –
- Quale scopamica? – domandò debolmente.
- Lascia stare. – sospirò Gerard. Sembravano passati secoli dal pomeriggio prima, invece erano passate a malapena 24 ore.
- Dai, basta litigare. – farfugliò Frank dalle spalle di Gerard.
Il cuore di Gerard sobbalzò nel sentire la sua voce così cupa. Avrebbe voluto fare qualcosa, qualsiasi cosa per riportare tutto come prima e rimanere nascosti. Era inutile cercare di essere leali se il resto del mondo non lo era. Ma lo avevano capito troppo tardi. Troppo, troppo tardi.
- Mi dispiace. – sussurrò a Frank, voltando appena il viso per avvicinare le labbra al suo orecchio e farsi sentire solo ed esclusivamente da lui. Non era propriamente colpa di Gerard, però c’era una sottile differenza dal dire “mi dispiace” e “scusa” e Gerard era sicuro che Frank in quell’istante l’avesse già colta. Era stato prima di tutti un errore di Frank anche se del resto a fare effettivamente il casino era stato Gerard. Quindi erano entrambi sotto lo stesso strato di merda, centimetro in più, centimetro in meno.
Perché non riusciva mai ad essere una persona equilibrata? Perché?
 
Aveva appena pisciato, finalmente, quando uscì per le seconda volta dal cesso malmesso e lo sentì chiamarlo.
- Dove vai? –
Sembrava Bambi in mezzo al bosco. Merda, quante volte aveva pianto insieme a Mikey guardando quella scena? Quante? E Frank in quell’istante sembrava un indifeso cerbiatto tatuato e piercingato. Un cerbiatto punk e arrapante.
Gerard si tolse dalla mente l’immagine di Frank sotto forma di cerbiatto, chiedendosi mentalmente se la zoofilia iniziasse con eventi del genere e infine si ricordò della domanda del chitarrista e gli venne in mente di rispondere, così, tanto per.
- Da Matt, no? –
Frank sbiancò improvvisamente.
- Che succede? – domandò con un sopracciglio alzato Gerard.
- Vai da... Matt? – ripeté Frank.
- Cioè, prima accompagno Mikey a casa, è ovvio, e dopo, successivamente, andrò da Matt a chiedergli che cazzo gli è preso. –
- No, non ce n’è bisogno... – farfugliò il più piccolo, mordicchiandosi il piercing al labbro.
- Ha risposto a uno dei diciassette messaggi di Ray? – chiese esitante il moro.
- No, ma... volevo... pensavo fosse meglio se ci andassi io... cioè, magari... – la sua voce si spense. Probabilmente pensava che Gerard l’avrebbe interrotto un po’ prima, perché ora il suo sguardo gli supplicava di dire qualcosa per porre fine ai suoi balbettamenti infiniti.
- Frank? – si limitò a dire il cantante, guardandolo pieno di aspettative come se avesse posto una domanda con soggetti, predicati verbali, complementi o semplicemente di ampio senso compiuto.
Frank esitò, facendo una lieve smorfia con la bocca: - Sì? -, domandò con voce acuta.
Gerard sorrise, estremamente intenerito dalle sue inutili insicurezze. Quel nano sembrava una donna complessata. Chissà che cazzo gli passava per la testa ogni tanto. Forse un carro armato di cerbiatti fatti. Per un attimo si perse in una fantasia di rave fra cerbiatti, e giurò a sé stesso che sei mai fosse diventato infermiere si sarebbe cambiato il nome all’anagrafe in J.D., a manetta.
- Tutto okay, piccolo? – domandò a Frank, accennando un sorriso per rassicurarlo mentre si avvicinava e gli prendeva entrambe le mani.
Non avevano ancora fatto la pace con Ray e Mikeyeppure momenti dolci come quelli, per quanto fossero preoccupati, non glieli toglieva nessuno.
- Di cosa sei preoccupato? – sussurrò, baciandogli il collo per lasciargli la bocca libera per parlare.
- Preoccupato? – domandò agitato Frank, - Chi ti dice che sono preoccupato? –
- Te lo si legge in faccia che sei in ansia. – scosse la testa Gerard, sogghignando fra sé e sé, - Che hai, hai messo incinta Matt? –, scoppiò a ridere da solo e Frank districò le loro dita per abbracciarlo, sollevandosi sulla punta delle All Star per circondargli il collo con le braccia.
Lui e la sua bassezza.
Il moro si abbassò appena sulle ginocchia e gli cinse i fianchi prima di risollevarsi e prenderlo in braccio.
Frank ridacchiò come un bambino incrociando le gambe dietro alla schiena del ragazzo per non scivolare mentre il cantante si avvicinava al muro e lo premeva contro, baciandolo.
- Ti amo. – gli sussurrò, premuto con la fronte contro quella di Frank, i nasi freddi che si sfioravano e gli aliti che si intrufolavano l’uno nella bocca dell’altro.
- Anch’io... – bisbigliò Frank con voce un po’ roca, - Anch’io... –
- Perché ripeti le cose due volte? – domandò sorridendo Gerard.
Frank scosse la testa: - Non ne ho idea. –
Il moro si avventò sul suo collo e gli lasciò un succhiotto enorme sulla pelle chiara e rosea.
- Ah... i. – aggiunse il più piccolo, cercando di mascherare l’orgasmo che gli era venuto su.
Gerard rise.
- Che cazzo...? – farfugliò Frank, guardandolo senza parole sorridere, - Che cazzo fai? –
- Ora hai il marchio. Ora sei un nano di qualità. – spiegò pateticamente Gerard, sghignazzando da solo della battutaccia pessima.
- No, ma ti prego... che battuta imbarazzante. Dai, pessima... – scosse la testa l’altro, eppure stava sorridendo.
Ipnotizzati a vicenda dai loro sorrisetti compiaciuti tornarono a baciarsi finché Gerard venne catapultato fuori dal suo universo gay dai suoi obblighi di leader del gruppo e prese il cellulare. Guardò l’ora tenendo con l’altro braccio Frank, manco avesse suo figlio in braccio: - Frankie, è tardi, devo andare. –
Frank impallidì di nuovo: - Secondo me non è una buona idea che ci vada tu a parlargli... posso... posso parlargli io? –
- No. – rispose semplicemente Gerard, facendolo scendere, - Chi è il leader del gruppo? –
- Sei il leader? – domandò con aria schizzinosa Frank, facendo una smorfiaccia tale da fargli spuntare addirittura il doppio mento. Dio, che checca.
- Sì. – confermò altezzoso l’altro, sollevando le sopracciglia e facendo una mossetta con la spalla sinistra tipo bambina viziata.
- E da quando? – continuò il chitarrista, arricciando il naso.
- Da quando ho detto a Lindsey il nome del nostro gruppo. Ho fatto da portavoce quella volta e lì era fatta. Sono diventato leader. IL leader. E comunque, l’idea del gruppo è stata mia, non mia-e-di-Mikey. Lui si è aggregato fastidiosamente dopo, tipo herpes. –
- Dai...! – lo apostrofò Frank, rimproverandolo con leggerezza.
- No, sono incazzato. –
- Gee, capiscili, la situazione non l’abbiamo azzeccata proprio, impostando il discorso in un altro modo sarebbe andata di sicuro meglio... – . E se magari Frank non avesse insistito... ma era inutile continuare a discutere, non c’era niente da chiarire, niente da riconoscere, solo tante accuse che avrebbero ferito a vuoto.
- Beh, intanto però non si sono nemmeno scusati. –
- Andrà meglio, capiranno... l’importante è che ora non ci siano più segreti, no? –
Gerard sospirò e si diressero lentamente lungo il corridoio verso l’uscita, mano nella mano. Uscirono nell’aria fredda e trovarono Ray e Mikey seduti sul cofano della macchina di Gerard a parlare ricoperti da giacconi invernali bevendo birra come barboni.
Si mollarono la mano contemporaneamente e fu triste.
- Andiamo, Mikey? – domandò Gerard, attirando la sua attenzione.
Mikey annuì e scivolò insieme a Ray giù dal cofano, atterrando con un’imprecazione.
- Sta sera andrai da Matt? – chiese il riccioluto in tono distaccato.
Gerard annuì, altrettanto freddo: - Sì. Accompagno Mikey a casa e poi vado da lui. -
- Voglio venire anch’io. – si lamentò il fratellino.
Il moro lo squadrò: - No. Col cazzo. –
Mikey sbuffò facendo una nuvoletta di vapore nell’aria fredda e infilò grugnendo le mani nelle tasche della giacca enorme. Gerard ignorò le bambinate di Mikey e si rivolse a Frank a Ray.
- A domani. – li salutò, - Spero che siate puntuali. E soprattutto, che veniate. –
- Tranquillo. – lo rassicurò Ray.
Frank non serviva nemmeno che parlasse, eppure confermò a sua volta.
- Ci vediamo. – salutò a sua volta Mikey.
Entrambi fecero un cenno con la mano e i due Way si voltarono e salirono in macchina. Nessun bacio come saluto per Frank. Avrebbe davvero voluto scendere dalla macchina e baciarlo ma Frank aveva appena cominciato a conversare goffamente con Ray chiedendogli se gli serviva un passaggio e non voleva rovinare i suoi timidi tentativi di fare la pace.
Portò in macchina Mikey fino a casa a suon di Oasis e quando si fermò di fronte a casa loro con la macchina la scena gli ricordò un banale ritorno a casa da un appuntamento romantico, il che era triste e faceva molto incesto.
Gerard sgomberò immediatamente la testa da tutte le stronzate e fissò il suo stesso riflesso sul finestrino ascoltando Mikey scendere e sbattere la portiera. Un attimo di silenzio e la portiera posteriore si aprì e poi si richiuse. Bene, non si era dimenticato il basso in macchina.
Il più grande tirò su col naso facendo per mettere in moto la macchina ma Mikey riaprì bruscamente la portiera anteriore, quella accanto al sedile di Gerard.
- E quando torni a casa? – gli domandò sfacciato il bassista, come se avessero lasciato un discorso in sospeso quando in realtà non si parlavano da una mezz’ora buona.
- E io che cazzo ne so? – chiese in tutta risposta Gerard, scrollando le spalle con un gesto svogliato.
- Dimmi quando ti passa il ciclo che cominciamo a parlare da uomo a uomo. – sbottò il biondino.
- Sì, bravo, battutona, wohoo. – esclamò ironico l’altro.
- Piantala. –
- Addio, Mikey, devo andare da Matt. –
- Magari non fare stronzate, eh? –
- Sono responsabile, io. –
- Sono i tuoi problemi con la buona educazione a preoccuparmi, a dire il vero. –
- Sparati un lassativo su per il culo e vai a cagare, pezzo di merda. –
- Ti voglio bene anch’io. – disse secco sbattendo la portiera, sta volta definitivamente perché si allontanò con passo spedito e sì, un po’ storto a causa delle gambe rachitiche.
Bene, Mikey ora stava ufficialmente sul cazzo a Gerard. Di brutto.
 
Suonò al campanello e la porta si aprì quasi subito. Comparve Matt e Gerard venne impressionato dalla sua apparizione come se avesse appena visto dal vivo lo Yeti con una cioccolata calda.
- Ventisette. Ti abbiamo fatto ventisette chiamate in tutto e ventidue messaggi circa perché forse uno di Mikey non ti è arrivato. E non abbiamo mai ricevuto risposta. Sì, ho i coglioni un po’ girati. –
Matt abbassò lo sguardo e sospirò: - Vuoi entrare o preferisci continuare a insultarmi qui al freddo? –
- Gli insulti migliori mi riescono con temperature un po’ più elevate, quindi se non ti dispiace... – disse, entrando senza alcun permesso nell’atrio accogliente.
- Sei stronzo, sai? Potrebbe essermi morto qualcuno e tu fai il sostenuto. –
- Te l’ho letto in faccia appena ti ho visto che non hai scuse valide, tesoro. –
Matt si morse un labbro, preso in contropiede.
- Ho indovinato, batterista? – domandò con un sorrisetto odioso Gerard.
- Hai i coglioni girati. –
- Oh, sì. –
- Da prima che io non mi presentassi alle prove, dico. –
- Ebbene sì, devo darti ragione. E immagino ci arriverai da solo alla causa. –
- Proprio di quello devo parlarti. –
Gerard strabuzzò appena gli occhi, stranito: - Ah. –
- Andiamo... andiamo in camera mia? – domandò indicando con il pollice le scale.
- Sì. – annuì Gerard, estremamente impaziente di sentire cosa aveva da dire al riguardo. Lo seguì su per le scale fino alla sua camera dove si era spesso riunito l’intero gruppo per giocare alla Play Station a qualche gioco da nerd.
Si sedette sul letto e Matt prese la sedia della scrivania e la avvicinò in modo da mettersi di fronte a Gerard. Congiunse le mani con aria nervosa e abbassò lo sguardo ripetutamente prima di riuscire a fissarlo stabilmente sugli occhi di Gerard, che si chiese perché intimidisse così tanto la gente.
- Andrò al punto, okay? –
- Sì! – esclamò entusiasta il cantante.
Matt si bloccò un istante, preso in contropiede dal suo entusiasmo, e proseguì: - Sarà brutale, cerca di non incazzarti troppo con me. –
- Non prometto un cazzo, tu parla e basta. –
Matt sospirò, rendendosi conto che non sarebbe riuscito a pararsi il culo in nessun modo e infine si decise a parlare: - Qualche mese fa, agli inizi della band, c’è stata una festa. Forse non te la ricordi perché eri fatto fino al midollo, non a caso ci hai lasciati dopo poco e ti sei imbucato non so dove con una ragazza. Quindi... Ray e Mikey dopo un po’ sono andati a cercarti e io sono rimasto solo con Frank. –, un orribile presentimento tese Gerard come una cazzo di corda di violino o quel che è, - Frank era molto, molto ubriaco. E io un po’ brillo. Abbiamo trovato una camera da letto e ci siamo messi sul letto di non so chi con l’intenzione di dormire e smaltire un po’ la sbronza. – no, la camera da letto no, - ... Invece una cosa tira l’altra, della serie i boxer di Frank tirati giù tirarono giù anche i miei, e... merda, ho scopato con un ragazzo per la prima volta in vita mia. – , Gerard si sentiva svenire ma rimase cosciente perché Matt non aveva ancora finito, cazzo, - E... e da allora vedo Frank con occhi diversi, capisci? Credo di essermi invaghito di lui e la conferma mi è arrivata ieri quando ho sentito un pugno allo stomaco alla notizia che state insieme. E’ brutto da dire, ma sono estremamente geloso di te, perché io ho fatto di tutto per avvicinarmi a Frank il più possibile e tu coi tuoi comportamenti di merda mantieni lo stesso il posto più grande nel suo cuore ed è fottutamente ingiusto. Non ce l’ho su con te, sto semplicemente male e non me la sento di continuare a vedervi ogni giorno insieme sorridendo come se tutto stesse andando bene perché io sto male. E ciò che sto facendo lo faccio nel mio rispetto e soprattutto nel vostro in quanto il mio disagio finirebbe per rovinare l’intero gruppo ed è meglio perdere un batterista ora che perdere più avanti tutto il resto della band. Siamo amici e so quanto sia importante per te questo gruppo, non me lo perdonerei mai quindi credo sia meglio smettere da ora di farne parte. Ho deciso di abbandonare il gruppo, ecco tutto. Spero che non mi prenderai per una persona egoista, perché lo faccio soprattutto per voi. -
Gerard era estremamente stordito dalla valanga di parole di Matt. Era decisamente arrivato al punto, e con una velocità a dirla tutta preoccupante. Merda. Stentava davvero a crederci che Frank, il suo Frank, si fosse scopato pure Matt. Perchè, improvvisamente, tutti diventavano gay? Possibile che Frank avesse una carica ormonale tale da convertire ogni singolo etero nel raggio di due chilometri? Quel nano malefico sarebbe finito per scoparsi il presidente dell'America e sarebbe diventato fottutamente ricco, un giorno.
- Sei sicuro? – farfugliò Gerard.
- Sì. – rispose Matt, accennando un sorriso triste.
- Matt, mi dispiace. – mormorò.
Il batterista annuì e tirò su col naso guardando altrove mentre Gerard continuava a metabolizzare in ordine sparso i vari punti del discorso.
- Tu... e... - balbettò Gerard, il cuore che martellava.
- Io e Frank, sì. - convenne brevemente Matt, abbassando lo sguardo per lasciare Gerard soffrire con un minimo di privacy. Se non altro, era comprensivo a non star lì a fissarlo mentre la vita gli passava davanti.
Era estremamente patetico e incoerente ingelosirsi dato che lui per primo era andato a letto con Lindsey mentre stava insieme a Frank, eppure quella strana consapevolezza non gli impediva di chiedersi perché aveva cercato Matt quando aveva lui, se gli fosse piaciuto, se Matt era meglio di Gerard, se pensava ancora a lui ogni tanto, magari mentre lo baciava, se... se... se un comportamento simile annullava tutti i sentimenti autentici che Gerard pensava si fossero creati fra di loro.
Quella della sbronza era una scusa comune, troppo comune per non giungere stridula alle sue orecchie.
Poteva essere stato estremamente consenziente quella notte ma nessuno avrebbe mai avuto il fegato di dirglielo.
E Gerard non poteva incazzarsi, sarebbe stato estremamente scorretto far soffrire Frank quando lui per primo lo aveva tradito. Se avesse avuto buon senso e soprattutto un cuore lo avrebbe perdonato all'istante.
Ma Gerard non aveva nulla di tutto ciò.
 
 
  
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