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Autore: foxfeina    09/03/2012    9 recensioni
Lei lo fissò per un altro secondo, e lui era già pronto a ripeterle quanto belli fossero i suoi occhi. Poi Lily chiese, con una semplicità disarmante: “Perché vuoi stare con me, Potter?”
Lui aggrottò le sopracciglia, chiaramente sorpreso. Tutto qui? Si aspettava una domanda ben più difficile, in realtà… “Perché sei bellissima, mi pare ovvio.” Rispose con disinvoltura, sfoderando un altro dei sorrisi del suo fin troppo vasto repertorio. Lily, però, non si scompose, limitandosi a sollevare un po’ le sopracciglia. “E poi? Che altro?”
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Quello che amo di te

 

La biblioteca, nel primo pomeriggio di quel giorno invernale stranamente assolato, godeva pienamente di quello che tutti gli studenti della scuola (o quantomeno i più affezionati al posto) consideravano il suo più grande pregio: il silenzio. L’atmosfera sembrava quasi irreale, in quel dolce tramestio di pagine sfogliate e di scricchiolii delle piume sulle pergamene. Gli studenti all’interno della grande sala non erano poi così tanti; una decina, divisi tra quelli impegnati a studiare e quelli che preferivano trascorrere un po’ di tempo in tranquillità, a leggere un libro o a scrivere pensieri sul proprio diario.

In quell’ambiente così rilassato e ordinato, l’unica voce un po’ fuori dal coro era forse quella di una ragazzina di Corvonero del secondo anno, che borbottava sottovoce qualcosa, chiaramente contrariata. Lily, dalla sua posizione accanto alla finestra, non riusciva a distinguere le sue parole. Si era protesa in avanti un paio di volte per cercare di soddisfare la sua curiosità, ma con scarsi risultati. Non sapeva perché avesse scelto di rifugiarsi in biblioteca, quel giorno. Si era diretta in quella direzione senza neanche accorgersene, subito dopo il pranzo. Sicuramente – si era detta – erano gli involontari scrupoli di coscienza per non aver toccato libro negli ultimi due giorni, o (forse più probabilmente) aveva visto James Potter dirigersi pericolosamente nella sua direzione, costringendola così alla fuga. Il pensiero del compagno di classe la indusse a sospirare sonoramente. Erano passati già tre anni e mezzo dal loro ingresso ad Hogwarts, ma il ragazzo ancora non si decideva a lasciarla in pace; era una spina nel fianco.

“Oh, be’…” mormorò Lily tra sé, iniziando a raccogliere i suoi libri e avviandosi verso l’uscita della biblioteca. Dato che il pericolo era ormai scampato poteva permettersi qualcosa di più ricreativo, almeno fino alla prossima lezione. Avrebbe potuto esercitarsi un po’ sulla scopa, o magari… interruppe bruscamente il flusso di pensieri non appena uscita dalla porta della biblioteca. Sbuffò sonoramente.

“Mi stavi aspettando o cosa…?”

James Potter, con il braccio appoggiato al muro alla sua sinistra, in una posa che evidentemente lo faceva credere un gran figo, sfoderò il migliore dei suoi sorrisi un po’ beffardi.

“E se fosse?” rispose, con voce sicura e maliziosa. Lily gli lanciò un’occhiataccia infastidita e fece per avviarsi in una direzione qualsiasi, senza avere in mente alcuna destinazione.

“Aspetta, dai…” protestò lui, cercando di bloccarla senza alcun successo.

“Devo andare.”

“Solo un secondo!”

Lily non rallentò e scosse il capo, augurandosi di raggiungere in fretta la fine di quell’interminabile corridoio. “Cos’è che vuoi, Potter?”

“Devo chiederti una cosa importantissima!”

La ragazzina ridacchiò fra sé, senza fermare il passo. “Lasciami indovinare un po’…”

Sentì il rumore dei passi affrettati di James rimbombare nel corridoio, e pochi istanti dopo se lo ritrovò a fianco. “Lo sai già, no?” Chiese lui, il respiro un po’ affannato.

Lily bloccò la camminata all’improvviso, inchiodando sul posto. James avanzò ancora di un paio di passi prima di rendersene conto, quindi si voltò a fronteggiarla con un’occhiata interrogativa.

“Adesso ti chiedo IO una cosa importantissima, Potter.”

James osservò preoccupato lo sguardo determinato e furbo di Lily. Non gli piaceva. Oh, no, non gli piaceva per niente. “Ehm…sentiamo.” Rispose, fortemente incerto.

Lei lo fissò per un altro secondo, e lui era già pronto a ripeterle quanto belli fossero i suoi occhi. Poi Lily chiese, con una semplicità disarmante: “Perché vuoi stare con me, Potter?”

Lui aggrottò le sopracciglia, chiaramente sorpreso. Tutto qui? Si aspettava una domanda ben più difficile, in realtà… “Perché sei bellissima, mi pare ovvio.” Rispose con disinvoltura, sfoderando un altro dei sorrisi del suo fin troppo vasto repertorio. Lily, però, non si scompose, limitandosi a sollevare un po’ le sopracciglia. “E poi? Che altro?”

Un paio di secondi di silenzio precedettero uno sguardo molto perplesso di James, che si grattò nervosamente il capo prima di rispondere. “Come… che altro? Che altro serve? Mi piaci!”

“E perché ti piaccio?” Chiese lei in risposta, con voce sicura.

Perché…perché sì! Mi piace tutto di te!” James sembrava sempre più confuso dalle domande della ragazza, non capendo dove sarebbero arrivate.

“Per esempio?” Continuò Lily, imperterrita.

James allargò le braccia con espressione stupita e contrariata, lanciando alla compagna uno sguardo un po’ irritato. “Ma che ne so! Sei bellissima! Mi piace tutto! Gli occhi i capelli… che altro serve? Mi piaci e basta!”

Lily Evans scosse il capo con un sorrisetto amaro, fin troppo saputello per una ragazzina di quattordici anni.

“Questo è il motivo per cui non voglio stare con te, Potter. Non c’è altro, per te. Ora, se vuoi scusarmi…

Senza aggiungere altro si rimise in cammino, la testa alta e lo sguardo orgoglioso.

James boccheggiò un paio di volte prima di rendersi conto della situazione, ma quando aprì la bocca per richiamare la ragazza, lei era già troppo lontana. Chinò il capo, pensieroso e mortificato, riflettendo sulle parole di lei. “Altro”… che “altro” poteva esserci? A lui piaceva tutto di lei, non era forse abbastanza?

Scosse il capo, frustrato. E pensare che Sirius l’aveva avvisato che le ragazze fossero tutte un po’ fuori di testa…

 

Quel pomeriggio, a lezione di Pozioni, James si ritrovò più di una volta a fissare intensamente Lily; come al solito. Era così bella mentre alambiccava con tutti quegli intrugli puzzolenti e inutili. Lo sguardo concentrato sul calderone, la fronte sudata, alcune ciocche rosse appiccicate disordinatamente ai lati della fronte, le maniche della camicia tirate su in maniera così meravigliosamente imperfetta, una sul gomito e l’altra a metà braccio. Stava in piedi, come tutti, ma quanto era più dolce quando saliva sulle punte, per controllare meglio la densità della sua pozione…

Scosse il capo, riscuotendosi. Gettò uno sguardo al suo fianco, verso Sirius, impegnato ad esibire la sua migliore espressione disperata all’indirizzo del calderone, forse sperando che la pozione finisse di crearsi da sola.  “Sir?” Lo chiamò James, ancora un po’ pensieroso.

L’altro rispose con un mugolio, rimestando l’intruglio con poca convinzione. “Dimmi che è suonata la campanella, ti prego.”

“Tu credi che una ragazza possa essere bella quando è sudata per i vapori delle pozioni, e i suoi capelli sono tutti umidi e appiccicati alla fronte e magari in quel momento puzzano pure dello stufato di rane che sta preparando?” Chiese James, ignorando le parole dell’amico.

L’altro ragazzo lanciò un altro sguardo corrucciato al suo calderone prima di rispondere.

“Ma anche no. E ora mi spieghi perché mancano dieci minuti alla fine di questo incubo e tu ancora non hai fatto un bel niente?” Chiese, facendo un cenno eloquente col capo verso tutti gli ingredienti della pozione di James, ancora sul banco in attesa di qualche utilizzo.

James posò a sua volta gli occhi sul suo lavoro mai iniziato. “Già… perché?”

Corrugò la fronte, poi si chinò a prendere dalla borsa piuma e pergamena, sotto lo sguardo interrogatorio di Sirius. Spostò gli ingredienti senza troppa delicatezza, ammonticchiandoli quasi a ridosso del calderone dell’amico, quindi distese la pergamena e intinse la piuma nel calamaio. “Perché?” Ripeté tra sé, sottovoce.

Poi sembrò trovare l’ispirazione. Prese un bel respiro, posò la punta della piuma sulla pergamena e iniziò a scribacchiare disordinatamente.

“Mi piaci perché sei bellissima.” Si fermò e lesse ciò che aveva scritto. Annuì silenziosamente, poi andò a capo, e continuò.

“Mi piaci quando fai le Pozioni, perché ti si attaccano i capelli alla fronte in maniera disordinata. Quando tiri su le maniche della camicia e una è sempre più in alto dell’altra. Mi piaci quando ti metti sulle punte per controllare meglio il calderone.” Sirius, dal canto suo, si era proteso verso l’amico e aveva letto ogni parola scritta sulla pergamena, con curiosità e ilarità crescente. Quando James alzò lo sguardo, si ritrovò davanti i suoi occhi grigi divertiti. “Ma sei scemo?” Chiese Sirius, l’accenno di una risata sulle labbra. “Che cavolo scrivi?”

“Niente.” Rispose frettolosamente James, riponendo all’istante la pergamena con uno sguardo un po’ risentito. “Di che ti impicci?”

Poi gettò uno sguardo all’orologio da polso. Cinque minuti alla fine della lezione. E nessuna speranza di evitare un bel “Non classificato” sul registro di Lumacorno. Se l’era cercata.

 

°*°*°*°*°*°

 

La biblioteca, nel primo pomeriggio di quel giorno invernale stranamente assolato, godeva pienamente di quello che tutti gli studenti della scuola (o quantomeno i più affezionati al posto) consideravano il suo più grande pregio: il silenzio. Bisognava comunque riconoscere che quel giorno fosse decisamente più affollata del solito: la professoressa McGranitt aveva deciso di valutare in massa le conoscenze delle classi del settimo anno, minacciandole con compiti in classe fuori programma. Chi aveva seguito regolarmente il programma era piuttosto tranquillo, e si limitava a ripassare silenziosamente. I meno disciplinati, invece, sfogliavano disperatamente le pagine in cerca degli argomenti più importanti. O almeno, nella maggior parte dei casi. Ogni regola ha le sue eccezioni, in fondo. E se la stragrande maggioranza dei ragazzi dell’ultimo anno era impegnata a studiare, alcuni di loro proprio non demordevano. Era il caso di Sirius Black, il cui unico interesse – a dispetto del libro aperto che ostentava davanti a sé – era infastidire con proiettili di carta un  gruppetto di Serpeverde che sembrava sempre più spazientito. C’era poi Mary McDonald, che allo studio preferiva evidentemente il suo specchietto, nel quale si rimirava senza tregua.

E, sì, c’era anche James Potter, al fianco del suo migliore amico, a guardare fisso davanti a sé.

Sirius scagliò l’ennesima pallina, con un sorrisetto soddisfatto. “Testa. Venti punti.”

Sussurrò, evidentemente esaltato. Un ragazzo di Serpeverde, non troppo distante, lanciò nella loro direzione un’occhiata furibonda.

“Ti sei trovato un mestiere.” Rispose James, sorridendo divertito a sua volta.

Sirius sbadigliò sonoramente, richiudendo il libro di scatto. “Be’, direi che per oggi è abbastanza.”

James inarcò appena le sopracciglia. “Avessi fatto qualcosa.”

“L’ho APERTO. E’ più che abbastanza. Non rompere anche tu, ora.”

James si limitò a ridacchiare sottovoce.

Allora…” Riprese Sirius “… si va? Facciamo un salto alla Stamberga a prendere il mantello e…

James annuì prima che l’amico finisse. “Sì, ok. Ma dammi un secondo.”

Sirius gli lanciò un’occhiata interrogativa.

“Sabato si va ad Hogsmeade, e…

…non hai ancora dato a quella povera ragazza la sua dose di assillo quotidiano, sì. Ci vediamo al Platano.”

Continuò Sirius, alzando gli occhi al cielo e avviandosi verso l’uscita con aria esasperata.

James si stiracchiò lievemente, poi si alzò e si avviò verso il tavolo in fondo alla stanza, accanto ad una delle finestre. Mentre si avvicinava, senza quasi rendersene conto, si passò la mano sinistra tra i capelli, arruffandoli più del solito.

Lily non stava leggendo; scriveva. James si fermò a qualche passo di distanza, a studiarla per alcuni secondi.

Era china sulla sua pergamena, con le ciocche rosse ai lati del viso che ne coprivano in parte il profilo. La mano si muoveva lentamente sulla pagina, fermandosi di tanto in tanto. Le dita si stringevano un po’ sulla piuma, poi la scrittura riprendeva il suo corso.

Costringendosi a non restare lì delle ore, James si schiarì la voce e si fece avanti, raggiungendo il tavolo.

“Ehm. Ciao.” Esordì, mettendosi a sedere sulla panca di fronte a lei.

Lily sollevò lo sguardo e incontrò quello di lui. Dopo un attimo di sorpresa alzò gli occhi al cielo, per poi riabbassarli sulla pergamena e ricominciare a scrivere.

James attese una risposta per qualche secondo, poi (rendendosi conto che non sarebbe arrivata) riprese parola. “Cosa scrivi?” Chiese, in tono abbastanza idiota.

“Potter, ti prego.” Rispose lei, in un mugolio. “Cosa vuoi che scriva? I riassunti per domani.”

“Nel senso che li nasconderai da qualche parte e copierai spudoratamente al compito?” Chiese lui, malizioso, con un sorrisetto provocatorio sulle labbra. Lily si fermò e spostò gli occhi su di lui, con espressione incerta. “Certo che no!” Ribatté, perentoria. “Che ti salta in testa?”

Eppure l’incertezza negli occhi di Lily non era sfuggita affatto a James, e lo sapeva anche lei. Il che lo metteva in una posizione di leggero vantaggio…

“Senti un po’…”

Non appena udito quell’incipit, Lily ripiombò nel disinteresse e continuò con il suo riassunto. Vantaggio annullato.

“Vuoi stare con me?”

“No.”

Il solito sospiro esasperato di James, che tornò a scompigliarsi i capelli.

“Però ogni tanto potresti anche farmi contento, rossa…” La stuzzicò, con un sorriso sincero.

“Non vedo perché dovrei.”

Lily mise il punto finale al suo foglio, lo guardò per un istante, poi lo inserì in borsa insieme agli altri libri. Si preparava ad andare.

“Perché io e te siamo destinati a stare insieme, mi pare ovvio.” Rispose lui, come fosse la cosa più naturale del mondo.

La ragazza sollevò gli occhi su di lui, lo osservò per qualche momento con sguardo difficilmente decifrabile.

Lo faceva spesso, da qualche mese a quella parte. I suoi occhi erano molto diversi. James non avrebbe saputo dire esattamente in COSA, ma lo erano.

“Adesso vado.” Concluse infine Lily dopo un breve sospiro, chinandosi a prendere la borsa.
“Aspetta. Davvero.” Insisté James, toccandole il braccio con delicatezza.

Lei lo fissò per un altro istante, poi corrugò la fronte.

“Potter?”

“Sì?” Rispose lui, tradendo un tono spudoratamente speranzoso.

Un istante di silenzio.

“Perché vuoi stare con me?”

Due o tre istanti di silenzio.

Io…perché…” Boccheggiò lui, colto evidentemente alla sprovvista.

“Perché?” Ripeté lei, senza scomporsi.

Gli occhi nocciola di lui si accesero di un’improvvisa folgorazione.

“Puoi aspettarmi due minuti qui?” Chiese, scattando in piedi.

Lei corrugò la fronte, spiazzata. “Che c’è, devi prepararti la risposta? No, grazie…

“No, no!” Si affrettò a chiarire lui, posandole le mani sulle spalle. Quanto avrebbe voluto baciarla… ma si costrinse ad evitare.” La mia risposta è già pronta. Aspettami solo un attimo qui. Ti prego.”

Lily indugiò ancora sullo sguardo del ragazzo, incerta e sempre più curiosa. Cosa gli passava per la testa? Aveva paura dei colpi di testa di Potter, che nella maggioranza dei casi provocavano qualche danno involontario. Ma doveva solo rispondere ad una domanda, no?

Annuì, infine. “Veloce.”

“Sarò un fulmine.”

E, in effetti, corse fuori dalla biblioteca alla velocità della luce, mentre Lily riprendeva posto sulla panca, i battiti del cuore fastidiosamente accelerati.

Fu di ritorno in una manciata di minuti, con la fronte imperlata di sudore. Tra le mani aveva un piccolo fascicoletto di fogli di pergamena. Lily fissò su quelli il suo sguardo interrogativo.

“Cosa sono?” Chiese a James, curiosa.

Il ragazzo tornò a sedersi sulla panca, riprendendo fiato e assicurandosi di tenere i fogli sufficientemente lontani dal raggio di vista di Lily. “Allora… ripetimi la domanda.”

Lei lo guardò un po’ spazientita. “Ti ho chiesto cosa siano quei…

“No, no!” la interruppe lui, scuotendo il capo. “Quella di prima!”

“Potter, ma che diavolo…

“Ti prego, Lily.”

Lei sussultò. Le volte in cui si chiamavano per nome erano talmente rare da potersi contare sulle dita. E il suo nome aveva uno strano suono, se pronunciato da lui. Probabilmente era solo la mancanza di abitudine. Sospirò, indagando ancora con lo sguardo gli occhi di James.

“Perché vuoi stare con me?”

Quando udì la domanda, James tradì uno sguardo emozionato. Sorrise, quanto più dolcemente gli era possibile. “Perché mi piaci.” Rispose, con voce calma.

Nella mente dei due scorrevano nitide le immagini di quel giorno, più di tre anni prima. Entrambi sapevano a cosa facesse riferimento quella discussione.

E… perché ti piaccio?” Chiese Lily, con voce cento volte più insicura della prima volta.

“Per un milione di motivi, rossa.”

Il sorriso di lui la trapassava da parte a parte, quasi costringendola al silenzio. James, approfittando del momento, si portò davanti agli occhi il primo dei fogli di pergamena e iniziò a leggere, sotto lo sguardo un po’ tentennante di Lily.

“Mi piaci perché sei bellissima.” La voce tremava un po’, ma James si costrinse a proseguire.

“Mi piaci quando fai le Pozioni, perché ti si attaccano i capelli alla fronte in maniera disordinata. Quando tiri su le maniche della camicia e una è sempre più in alto dell’altra. Mi piaci quando ti metti sulle punte per controllare meglio il calderone.”

“James, cosa…” Provò ad interromperlo lei, ma lui la zittì con un gesto della mano; poi continuò a leggere.

“Mi piacciono i tuoi capelli rossi, mi piace quando li scosti con la mano mentre leggi; mi piace quando li arricci mentre sei concentrata. Mi piacciono i tuoi occhi che scorrono sulle pagine e che sanno sorridere da soli, senza bisogno delle labbra. Però mi piacciono anche le tue labbra, perché sono piccole e dolci… tranne quando mi mordi! Però mi piaci, quando mi mordi. A ben pensarci, mi piacciono anche i tuoi denti.

Mi piaci quando dai ordini a destra e a sinistra, anche ai Prefetti e ai Capiscuola. Mi piaci come spalmi la marmellata sul pane, sporcandoti tutte le mani, e come le pulisci sulla mia toga facendo finta di niente. Mi piace come bevi il tè. Mi piace quando rispondi male a tutti, la mattina, e come ruoti gli occhi con insofferenza ogni volta che qualcuno ti chiama. Mi piace come stai attenta in classe: sempre sul bordo della sedia, come se fossi pronta a scattare al minimo errore dell’insegnante… o di uno di noi. Mi piace quando tieni il braccio alzato in attesa di parlare anche per mezz’ora, finché il professore smette di ignorarti. Mi piace il tono delle tue risposte giuste, e la lieve incertezza nella voce quando non sei del tutto sicura che lo siano.

Mi piaci quando parli troppo. Mi piaci quando stai in silenzio.

Mi piaci quando sei in pigiama, scomposta sulla poltrona con i piedi penzoloni. Mi piaci in biblioteca, senza niente fuori posto.

Mi piace il tuo modo di giocare a Quidditch. Mi piacciono gli allenamenti con te, e come mi fai sentire un idiota ad ogni occasione. Mi piace quando mi chiami idiota. E quando mi fai dubitare che sia davvero io il capitano della squadra, e non tu. Mi sento morire quando ti fai male, ma adoro i tuoi occhi lucidi e le guance arrossate, se succede. Mi piaci quando fai la dura. Mi piaci quando fai la bambina. Mi piaci quando fai l’offesa anche senza nessun motivo valido, e quando te la prendi con me anche se non c’entro nulla. Mi piace vederti arrabbiata, indispettita, nervosa, adirata, scocciata, esasperata, sfinita e rassegnata. Più o meno come sei con me il 90% delle volte. Mi piace come sorridi quando mi giro per andare via, pensando che io non mi sia accorto di nulla. Mi piace quando rovini i miei piani, quando mi lasci senza parole.”

Il ragazzo prese fiato, cercando di attenuare il tremolio della voce. Preferì non guardare Lily, che ascoltava in silenzio. Ricominciò a leggere.

“Mi piace come ti atteggi, con la tua nuova spilla da Prefetto, come fossi la padrona della scuola. Mi piace quando mi metti in punizione, e quando trovi qualsiasi scusa per togliermi dei punti. Mi piace il tuo sorrisetto beffardo quando mi trovi a combinare qualcosa.

Mi piace inseguirti per tutta la scuola quando cerco di farti il solletico, e il tuo sguardo supplicante quando finalmente ti raggiungo. Mi piace quando mi butti nel lago, quando mi rovesci il piatto o quando mi batti a duello. Mi piacciono le tue mani. Mi piace come impugni la bacchetta, come la rigiri nervosamente tra le dita quando sei interrogata.

Mi piacciono le tue orecchie. Le ho viste proprio in questo momento. Di solito sono nascoste dai capelli, ma… sono davvero belle!  Mi piaci perché con te non riesco ad essere obiettivo, perché in nessun’altra ragazza noterei delle belle orecchie.

Mi piaci in costume da bagno. Cristo. Quanto mi piaci, in costume da bagno.”

Con la coda dell’occhio James scorse Lily a scuotere appena il capo con un sorriso appena accennato; forse incredula, forse nervosa. Forse entrambe le cose.

“Mi piaci perché sei divertente. Mi piaci perché sei antipatica.

Mi piaci perché sei dolce. Mi piaci perché sei intrattabile.

Mi piaci perché  sei innocente. Mi piaci perché sei maliziosa.”

“Sono un ossimoro vivente, insomma.” Sussurrò Lily, più rivolta a se stessa che a James.

Lui si bloccò, guardandola con evidente perplessità.

Un…cosa?”

Lily alzò gli occhi al cielo. “Un ossimoro.”

“Per i comuni mortali?”

“L’accostamento di due termini in contraddizione… per i comuni mortali.” Rispose lei, approfittando del momento per calmare il tremolio diffuso in tutto il corpo; che – per fortuna – James non aveva notato.

“Un ossimoro…” Ripeté lui, sorridendole. “Eh, già.” Con lo sguardo entusiasta si chinò sulla borsa di Lily, ne estrasse la piuma, e aggiunse rapidamente qualcosa alla fine dell’ultimo dei fogli che teneva fra le mani.

“Che fai?” Chiese lei, cercando di sbirciare.

“Continuo.” Rispose James, deponendo la piuma e riprendendo a leggere, la voce adesso più sicura. Lei si zittì, e si rimise in ascolto.

“Mi piace come coccoli il tuo gatto. Lo invidio tanto.”

Lily prese di nuovo parola, lo sguardo irritato. “E’ una…

“E lasciami finire, rossa!” La interruppe lui, con un’occhiata esasperata. “Mi piace come mi ricordi OGNI VOLTA che in realtà è una gatta.”

Le guance di Lily si imporporarono, ma lei non parlò.

“Mi piace come diventi allegra dopo soltanto due sorsi di Burrobirra. Mi piaci perché non esageri, anche se a volte vorrei tanto che lo facessi.

Mi piaci perché riesci ad arrampicarti sugli alberi; non l’avrei mai detto. Mi piaci ancora di più quando hai paura e non sai più scendere,  e pretendi che qualcuno ti aiuti.

Mi piace quando fai la santarellina in classe e quando sputi veleno sui professori per un voto ingiusto. Che TU ritieni ingiusto.

Mi piaci perché non tieni mai la bocca chiusa.

Mi piaci perché ho voglia di baciarti. Sempre.

Mi piaci quando sei distratta, e ti perdi nei tuoi pensieri. Mi piace chiamarti ad alta voce, per farti tornare tra noi.

Mi piace quando trasgredisci le regole e lo fai sembrare del tutto naturale.

Mi piaci perché ogni estate mi manchi da morire.

Mi piace quando mi fai notare che, adesso, sei una Caposcuola. Mi piaci quando ti irriti se ti faccio notare che, in realtà, lo sono anch’io.

Mi piaci anche quando ti vedo con un altro. Ma quanto fa male…

Lo sguardo di Lily si tinse di senso di colpa per qualche istante, mentre osservava James Potter con occhi sempre più sconvolti e incerti. Difficile dire quale turbinio di emozioni le ronzasse dentro.

“Mi piaci quando sei imbarazzata o in difficoltà. Mi piaci quando raccogli un fiore e te lo metti tra i capelli.

Mi piace come togli le scarpe e sollevi la toga per bagnare i piedi nel lago, anche d’inverno.

Mi piaci perché adesso riesci a bere un’intera Burrobirra senza metterti in ridicolo.

Mi piace quando sorridi. Mi piace ancora di più quando sorridi a me. E mi sembra tanto strano che tu lo faccia.

Mi piaci perché adesso non mi sembra di esserti così indifferente, anche se tu non lo ammetteresti mai.

Mi piaci perché  mi fai sentire lo stomaco in subbuglio, e non riesco a capire cosa mi succeda.

Mi  piaci perché rendi insignificante qualsiasi altra ragazza, ai miei occhi.

Mi piaci, perché inizio ad avere paura di quello che potrei provare per te. Mi piaci perché ho il terrore di perderti.

Mi piaci perché non riesco a smettere di guardarti. Mi piaci perché non riesco a smettere di parlarti. Mi piaci perché non riesco a smettere di pensarti.”

James si fermò, e alzò gli occhi su di lei. I loro sguardi restarono intrecciati per più di qualche secondo, prima che lui si sciogliesse in un altro sorriso.

“Mi piaci perché sei il mio meraviglioso ossimoro.”

Concluse poi, senza smettere di guardarla.

Rimasero a lungo in silenzio, e non soltanto loro. Gli altri studenti, che erano stati involontari spettatori della scena, erano altrettanto ammutoliti. I ragazzi un po’ sconvolti, le ragazze perlopiù commosse.

Lentamente (molto, troppo lentamente!) Lily si ricompose e ritrovò un po’ di calma. Dovette schiarirsi la voce almeno un paio di volte prima di prendere parola.

Sei… be’… preparato.” Si sentì una stupida, ma non aveva in mente parole che non le sembrassero idiote e insignificanti.

“In Evansologia?” Rispose lui con il solito sorriso. “Meriterei un Eccezionale con lode, altroché.”

Già…” Assentì lei, quasi senza rendersene conto, guardandosi per la prima volta intorno e scoprendo con sommo nervosismo che mezza Hogwarts era in ascolto. Arrossì violentemente.

James le venne in aiuto. Posò le pergamene sul tavolo e si alzò in piedi, avvicinandosi a lei.

“Allora, rossa… vuoi stare con me?”

Lily gli lanciò uno sguardo a dir poco sconcertato. A James quasi scappò una risatina.

Io… no!” Rispose poi lei, prendendo un respiro profondo e riacquistando il controllo.

Inaspettatamente, James sorrise ancora. “Non mi piaceresti tanto se non fossi così meravigliosamente tu, rossa.”

Lei boccheggiò un paio di volte prima di rispondere. “Sai, Potter… è assolutamente snervante non avere niente da dire.”

Lui rise di gusto. “Lo dici a me? Dolce vendetta…

“Stupido.” Ribatté lei, concedendosi un sorrisino. La tensione, ormai, scivolava via.

“Allora non vuoi stare con me?” Ripeté James, caparbio.

“Ho detto di no.”

Un altro sorriso.

“Ehi, rossa… credo di aver appena capito qual è il vero motivo per cui voglio stare con te.”

Lei alzò le sopracciglia e chiese, perplessa: “E tutto quello che hai detto finora?”

“E’ solo un contorno.” Rispose lui, con convinzione.

“Un contorno.” Ripeté Lily. “E allora… quale sarebbe il vero motivo?”

James si alzò dalla panca e girò intorno al tavolo, fino a trovarsi accanto a lei. Si chinò sulle ginocchia, fino a trovarsi all’altezza del suo viso, poi con le mani la costrinse delicatamente a girarsi nella sua direzione. La guardò negli occhi un lungo momento, prima di rispondere, con l’ennesimo sorriso.

“Credo di essere totalmente innamorato di te.”

   
 
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