Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Dernier Orage    10/03/2012    2 recensioni
Amburgo 1986. Un ragazzo francese, Stephane Alunir, una notte qualsiasi, sensazioni di estraniamento.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'No Human Can Drown '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




Passing Stranger!





Amburgo, Marzo 1986

Stephane si stringeva nell’impermeabile verde militare, l’aria era fredda e umida, la strada bagnata e lucida, rifletteva i lampeggianti strobo della Wasserschutzpolizei che scivolava lenta sull’Elba diretta al porto fluviale. Il vociare dei colleghi piano piano sfumava, poteva stringere il taccuino e ferirsi con la spirale di metallo, non aveva i soldi per un taxi che lo portasse alla sede del giornale, avrebbe fatto una passeggiata prima di sedersi alla sua scrivania e riassumere in duemila parole l’omicidio e le ricerche della polizia.
Considerava un crimine come una ventata d’aria fresca in una stanza viziata dalle infiltrazioni degli agents provocateurs alle manifestazioni studentesche e operaie, l’obbligo di non parlarne nonostante fosse palese, il disgusto della censura, giochi di potere, alternanze che non comprendeva del tutto. Immanuel, un collega, gli aveva spiegato che il suo si chiamava metodo induttivo ed era perfetto per un romanziere, non per un giornalista, voleva aiutarlo ma non sapeva come, gli aveva presentato Egon, il suo compagno, un ragazzo strano che profumava di incenso e beveva solo acqua, uno sciamano metropolitano. Stephane un paio di settimane era vissuto con loro e ne aveva tratto un racconto breve con cui aveva vinto 1000 marchi ad un concorso, il corrispettivo di circa 3.300 franchi francesi.
Si accese l’ennesima sigaretta per riscaldarsi un po’.

Quando alle due rientrò in casa, dopo aver passato tutta la serata al lavoro, mandato l’articolo in tedesco al direttore e averne battuto alla telescrivente la traduzione francese per un rotocalco del distretto di Reinickendorf - Berlino, la cugina faceva ancora i compiti seduta al tavolo del soggiorno, le chiese se aveva bisogno di una mano. Lei scosse con forza la testa.
Si preparò una tazza di latte caldo, ripetendosi mentalmente in tedesco tutta la giornata trascorsa. Ormai - aveva scelto il tedesco come materia opzionale sia al collège che al lycée e viveva da tre anni ad Amburgo con lo zio e la sua famiglia - riusciva a capire ogni parola di ogni discorso a qualsiasi velocità, riusciva a scrivere per mestiere, conosceva bene la grammatica, l’unica cosa che ancora gli dava problemi era il marcato accento per cui immancabilmente lo canzonavano; per di più aveva scoperto che non era nemmeno francese ma bretone, con le ‘o’ e le ‘e’ particolarmente chiuse, il suono leggermente nasale di certi fonemi, la ‘r’ o troppo marcata o eliminata, l’intonazione altalenante e musicale. Era una sensazione stranissima a vent’anni ritrovarsi bambini, re-imparare a parlare, a vivere, le strade e i tragitti, in un’altra lingua e in un altro paese, come una radio sempre accesa a bassissimo volume, un fischio continuo, un orizzonte mutevole, l’insieme di linee rette che componevano la persona si contorcevano e intricavano.

I primi tempi furono drammatici, caratterizzati da una staticità malata e opprimente, intrisi nelle lacrime e nel freddo nordico. L’angusto appartamento nel quartiere popolare di zio Louan, la zia Petra rubiconda tedesca con metà famiglia bloccata in Pomerania, la cugina Sabine e il piccolo Friedrich. Un velo di incomunicabilità rendeva opaco ogni viso e ed ogni parola rimbombava metallica. Stephane aveva accarezzato per mesi il desiderio di lasciarsi andare all’inedia, nessuno lo aveva salvato, non gli sguardi preoccupati degli zii, non le lettere o le telefonate della madre, non il piccolo posto con una paga bassissima in un giornaletto locale; poi un giorno, di fronte all’ambasciata inglese, una ragazza era stata picchiata a sangue dalla polizia. Stephane non vide quello che accadde di preciso, le bottiglie piene d’alcol pronte ad infrangersi incendiarie in una manifestazione non pacifica – per cosa poi? Non lo ricordava – però ricordò il taglio sulla fronte di lei, il sangue che le colava dai capelli e sugli occhi, i jeans strappati e quel ghigno dolorante. Era stato un fulmine, un lampo e il tuono di qualcosa, doveva agire doveva vivere doveva andare avanti doveva respirare doveva scrivere e scrivere e scrivere.










   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Dernier Orage