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Autore: Astrid 5E    10/03/2012    1 recensioni
Questa è una storia di sentimenti.
Sentimenti che possono cambiare e che fanno cambiare.
Sentimenti che crescono e aiutano a crescere.
Sentimenti di una ragazza troppo timida per lasciarsi andare.
E sentimenti di un ragazzo, tanto stupido da non poterlo capire.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Un buongiorno a tutti coloro che stanno leggendo ancora questa storia! (sono stupita dalla vostra assiduità, complimenti! XD) Mi scuso per il tremendo ritardo, ma nella mia testa la frase “ cercherò di aggiornare ogni settimana “ non è ancora molto chiara; siate certi che comunque sia, in questo momento mi sto nascondendo sotto la scrivania per la vergogna e quindi scusatemi tanto! Il problema è che ultimamente ho avuto poche occasioni di scrivere e giorno dopo giorno, mi sono ritrovata al fine settimana senza neanche aver scritto mezza riga. Mi dispiace veramente di aver fatto così tardi, ma cercherò di farmi perdonare con questo capitolo.
Siate indulgenti, Astrid 5E.
 
 
Act Five_Chapter 5:
 
“A man sooner or later discovers that he is the master-gardener of his soul, the director of his life.(James Allen) “ .
“ Un uomo, prima o poi, scopre che lui è il mastro-giardiniere  della sua anima, il regista della sua vita. ”
 
Quel pomeriggio il sole era ancora alto e risplendeva luminoso nel cielo limpido; le giornate andavano allungandosi.
L’autobus avanzò piano allo scattare del verde, lungo la corsia preferenziale.
Al suo interno, un’alta castana, guardava stancamente l’orologio che si stava allacciando sul polso sinistro.
Avevano preso quell’autobus per non essere oppresse dalla confusione e dalla marea di gente che saliva e scendeva, perciò, prima del suo arrivo, avevano aspettato alla fermata una ventina di minuti più del solito, vedendosi passar davanti altri suoi simili, carichi di persone.
In quel largo abitacolo silenzioso, Nora girò lo sguardo intorno a sé più e più volte, per poi posarlo per l’ennesima volta sull’amica.
Dal suono dell’ultima campanella di quella passata giornata di scuola, Dalia era schizzata fuori dalla classe senza dire niente a nessuno ed era sparita chissà dove, tra la folla di adolescenti che si slanciava lungo le scale, per raggiungere l’uscita.
Nora e Lucia si erano guardate un attimo e preoccupate avevano seguito l’amica, fino a che non l’ebbero persa di vista e furono spinte per le scale insieme agli altri compagni di classe.
Uscite dal grosso e pesante portone rosso, si erano guardate intorno alla ricerca della bassa chioma mora e l’avevano trovata, dietro ad una colonna, seduta a terra e con lo sguardo perso nel vuoto.
Senza dire una parola l’avevano tirata su e se l’erano portata oltre il cancello nero, imboccando la via di casa; Dalia camminava dietro di loro stancamente, senza dire parola.
Quando Lucia le salutò, all’incrocio del solito semaforo vicino al fioraio, le due continuarono a camminare silenziose.
Non aprirono bocca neppure quando arrivarono alla fermata, né quando si videro passar davanti tutti quegli autobus.
Nora fissava Dalia, leggermente preoccupata e aspettava che facesse qualche movimento o che parlasse.
L’altra teneva lo sguardo fisso davanti a sé, immersa nei suoi pensieri.
D’un tratto aveva adocchiato l’ennesimo autobus, vuoto e libero di gente rumorosa e molesta.
La mora si era alzata in piedi e aveva allungato un braccio in avanti; a quel gesto,l’autobus si fermò davanti alle due e aprì le porte per farle salire.
 
Erano rimaste così per un bel po’, Nora in piedi appoggiata ad un sostegno e Dalia seduta davanti all’amica, in silenzio.
Dopo un’altra occhiata all’orologio, la castana si spazientì.
Era preoccupata per lei; che diavolo le era successo con quel moro alto due metri?!
<< Non ne vuoi proprio parlare? >> . Aveva preso un bel respiro e aveva cercato di essere naturale.
<< Parlare di cosa? >> . L’altra teneva la testa bassa, lo sguardo spento rivolto verso destra.
Nora attese per un attimo un seguito alla risposta, ma poi si decise a continuare.
<< Non so, quel che ti pare >> .
Dalia non rispose. E il silenzio tornò sovrano.
Le stava succedendo qualcosa, se lo sentiva dentro, nel profondo, ma proprio non riusciva a capire di cosa si trattasse.
Aveva visto le amiche preoccupate che cercavano di non darlo a vedere - riuscendoci pietosamente - e se ne era dispiaciuta.
In effetti, qualcosa dentro di lei le impediva di farlo, ma allo stesso tempo sentiva il bisogno di parlare, di dire tutto ciò che sentiva alla castana: di dirle che aveva incontrato Alessio, che ci aveva parlato, che gli era stata vicina e che aveva pensato … quello che non riusciva a capire cosa fosse.
Così, nel silenzio continuava a tormentarsi, non sapendo cosa fare.
Nora continuava ad osservarla e quando il suoi occhi marroni incrociarono quelli ebano di Dalia, lei le sorrise dolcemente.
<< Non c’è nessuna fretta >> la rassicurò << Non dirmi niente adesso, se non vuoi. Aspetterò finché non verrai a dirmelo spontaneamente >> .
Non voleva in nessun modo forzare la mora; se avesse voluto parlare, allora lei sarebbe stata là per ascoltarla.
L’altra annuì, accennando un sorriso.
<< Grazie >> .
 
 
Il giorno seguente, Dalia sembrò essersi ripresa; non era pimpante come suo solito, ma almeno sorrideva dolcemente e parlava con le altre ragazze di classe.
<< Ehi, De’, che mi dici? >>
<< Ohi, Dà! Finalmente ti vedo a ricreazione! Sono giorni che sparisci sempre con Nora; dove vi andate a cacciare voi due, eh? >> . La ragazza dalla corta capigliatura di un rosso acceso stava ammiccando alle due compagne.
<< Lunga storia >> le sorrise la castana.
<< Ehi ragazze che ne dite se andiamo giù? Non è ancora suonata la campana, ho il tempo di fumarmi una sigaretta >> . Un’altra ragazza dai lunghi capelli neri si era avvicinata.
<< Oh Là, fammi fare un tiro! >>
<< Va bene, va bene >> .
Le due si stavano incamminando, quando la rossa si girò verso Nora e Dalia con sguardo interrogativo.
<< Voi due: che fate, non scendete? >> .
Nora alzò le spalle e Dalia le rispose sorridendo: << No, De’, scusa, ma oggi proprio non mi va >> .
<< Le faccio compagnia >> ammise la castana, indicando la moretta al suo fianco.
<< Ok, ci vediamo dopo, allora! >> . E le due uscirono dall’aula.
Dopo qualche secondo, Dalia si volse verso Nora.
<< Voglio nascondermi >> le disse con sguardo deciso.
Nora annuì comprensiva e le sorrise.
<< Per di qua, signorina >> recitò, facendo un inchino.
Dalia sorrise, e si nascose sotto il banco come indicatole dalla castana.
Ci volle poco tempo prima che la campanella suonò e precisa come un orologio, non si fece attendere nemmeno la folta chioma bionda, che pimpante si era affacciata alla porta del terzo “D”.
<< Nora! Ciao! >> .
Claudette si era guardata intorno, muovendo veloci i grandi occhi azzurri e poi con volto interrogativo si era rivolta alla castana occhialuta.
<< Ciao >> le aveva risposto Nora, alzando una mano.
<< Senti, ma dov’è Dalia? Qui non la vedo >> .
La castana le sorrise.
<< No, mi dispiace, oggi Dalia non si è proprio vista a scuola  e probabilmente neanche domani; è malata, mi ha chiamato ieri al telefono >> .
Nello stesso momento, nascosta dalle gambe di Nora che si era appoggiata al banco sotto al quale lei si era rintanata, Dalia cercava in tutti i modi di non scoppiare a ridere, ringraziando mentalmente l’amica occhialuta e le sue doti recitative.
<< Oh, mi dispiace! Che peccato! >> . Claudette fece il broncio.
Poi rivolta alla castana: << E tu che fai, Nora? Scendi con me? >> . Gli occhi le si illuminarono speranzosi.
Nora inclinò la testa da un lato, dispiaciuta; la stupidità della biondina le faceva tenerezza.
<< No, mi dispiace, devo aiutare una mia amica a ripassare. Magari domani >> .
<< Ah, ok >> rispose Claudette, giù di morale.
Per un attimo, diede un’occhiata all’orologio e si allarmò.
<< Oh cavoli, manca poco alla fine della ricreazione! Mi raccomando, dì a Dalia di rimettersi, che l’aspetto! Io devo scappare, ciao! >> e sparì da dietro la porta.
Le due aspettarono in silenzio per qualche secondo; poi, sospirarono all’unisono.
Dalia sbucò da sotto il banco, sorridente.
<< Grazie mille! Mi hai salvato! >>
<< Ma figurati! Quando serve >> .
E continuarono a scherzare insieme liberamente.
 
Il giorno seguente si presentò molto più tranquillo di come avevano auspicato le due amiche; Claudette non si era vista, l’interrogazione per la quale Dalia non aveva chiuso occhio si rivelò più facile del previsto e per tutto il lasso di tempo che comprese dal suono della prima campanella della mattinata all’ultima del pomeriggio, non avvennero situazioni eccessivamente complicate o deprimenti.
Nel complesso, era filato tutto liscio come l’olio.
Fatto sta quindi, che le due si erano ritrovate nuovamente sull’autobus, vuoto e silenzioso.
Questa volta, però, arrivate alla fermata, Dalia sembrava più vispa e allegra rispetto a due giorni prima,  mentre conversava con l’amica castana.
Stavano aspettando solo da pochi minuti, quando Nora intravide da lontano un autobus avvicinarsi.
Si era alzata in piedi, per fermarlo non appena si fosse avvicinato, ma Dalia la bloccò sorridendo.
<< No, non questo! Prendiamone un altro; il prossimo! >> .
La castana l’aveva fissata sorpresa, ma poi aveva alzato le spalle e aveva annuito.
L’autobus seguente passò pochi minuti dopo, ma Dalia preferì prendere il prossimo ancora.
Solo quando giunse un autobus piccolo e vuoto, la mora si decise ad alzarsi, portandosi dietro Nora, ancora interdetta.
Si sedettero entrambe, accanto una grande finestra, e rimasero in silenzio per un po’.
Vedendo che l’amica non le dava spiegazioni per il suo comportamento, Nora scrollò le spalle; prese il libro dalla borsa e incominciò a leggerlo, sfogliando delicatamente pagina dopo pagina.
Dalia dal canto suo oscillava le gambe avanti e indietro, senza fermarsi, fissando fuori dal finestrino il paesaggio che scorreva veloce.
Rimase così imbambolata per qualche minuto e dopo l’ennesimo sguardo di sottecchi lanciato all’amica a fianco, scosse la testa e si girò di scatto.
<< Nora! Devo dirti una cosa! >> .
La castana chiuse il libro dalla copertina blu lentamente, tirandosi su la montatura nera. Poi si voltò verso la moretta.
<< Sono tutta orecchi >> .
Dalia inspirò.
<< Sì. … Io devo dirti una cosa, perché … beh, non capisco e mi chiedevo se potessi aiutarmi! >> .
La castana la guardava interrogativa.
<< Vai avanti >> .
La bassa moretta annuì e rifletté un attimo.
<< Allora, il problema è che … >> . Ci pensò un attimo, scosse la testa e riprese.
<< Effettivamente, prima di quest’anno, io avevo già incontrato Alessio, più di una volta! >> .
Dalia aveva parlato chinando leggermente la testa.
Al sentire quelle parole, Nora si stupì; cosa diavolo stava cercando di dirle? Inclinò la testa verso sinistra, come in attesa di chiarimenti.
L’amica alzò gli occhi sull’occhialuta e abbozzò un sorriso.
<< Forse, sarà meglio che ti racconti tutto dall’inizio >> .
 
 
***
 
Secondo anno di liceo. Quindici anni.
Una bassa moretta stava camminando orgogliosa per i corridoi.
Non era più una primina, si stava facendo valere come liceale; aveva preso posizione nel mondo: liceale al secondo anno; suonava bene.
Tornata al terzo piano con in mano il registro, aveva voglia di fischiare; ci provò, stringendo le labbra, ma subito si accorse di non averlo mai imparato.
Al suo posto qualcuno dietro di lei intonò una canzoncina melodiosa, fischiettando allegramente.
La mora si girò, trattenendo un sorriso.
<< Prima o poi lo dovrai insegnare anche a me! >>
<< Sarà fatto non appena avrai la pazienza di imparare >> .
Per tutta risposta lei le fece una linguaccia e risero insieme.
Si incamminarono di nuovo lungo il corridoio, avvicinandosi pian piano a quello che era il secondo “D”.
<< Allora, “ secondina ”, sono già tre mesi; come ti senti? >>
<< Fiera >> rise la mora << E invece te? Come ti va la vita a quindici anni? >>
<< Non male direi >> . Si rimise a posto le lenti sul naso.
<< Forza, Dalia, il professore ci aspetta! Senza di noi niente appello !>>
<< Mamma mia, Nora, quanto la fai seria! Vedrai che per un minuto in più od un minuto in meno, non se la prenderà nessuno! >>
<< Se poi si arrabbiano, la colpa è tutta tua! >>
<< Ma sentila! >> . Giunsero alla porta e l’aprirono, ancora ridendo.
Quei primi tre mesi del secondo anno di liceo, Dalia li aveva vissuti il più serenamente possibile, divertendosi giorno dopo giorno con le sue amiche, e non aveva mai avuto problemi di nessun genere.
Credeva davvero che quella serenità sarebbe durata per sempre.
 
 
La campanella era appena suonata e tutti gli alunni si erano alzati di scatto, in sincrono.
 Dalia, Nora e Lucia si erano avvicinate e stavano parlando del più e del meno, uscendo dall’aula.
<< Io ho fame, ragazze! Ci fermiamo un attimo alla macchinetta prima di scendere giù? >> chiese Lucia alle altre due.
<< Sì, va bene, anch’io sto morendo di fame! >>
<< Lo immaginavo >> scherzò Nora.
Le tre si avvicinarono alle macchinette distributrici di merendine accerchiate da decine e decine di ragazzi, pronti a svaligiarle.
Accanto alle macchinette, ce ne era un’altra, distributrice di bevande calde, lasciata da parte dalla mandria imbufalita.
Dalia le aveva già dato un’occhiata e continuava a fissarla, confrontandola con le altre macchinette.
<< Quasi quasi, ragazze, io mi prendo un tè! >> urlò alle compagne per l’eccessiva confusione, contando i centesimi nel palmo della mano destra.
Nora la sentì e le annuì, prima di sparire tra la folla, cercando di arrivare al vetro della macchinetta che aveva preso di mira; di Lucia se ne erano perse le tracce tra la folla che prendeva d’assalto l’altra macchinetta.
“ Bene bene, ho giusto trenta centesimi precisi! “
Allungò la mano per inserire un moneta nella macchina, quando i suoi dieci centesimi si scontrarono con altri venti.
I due si guardarono stupiti e rimasero così per un secondo a fissarsi sorpresi.
Appena si rese conto di stare a fissarlo, Dalia abbassò gli occhi per poi muoverli a scatti a destra, a sinistra, su , giù e ancora a destra.
<< S … scusa, davvero! Prego! >> .
L’altro sembrò riluttante.
<< No, vai prima tu. Scusa, è che non ti avevo visto >> . La sua voce aveva ancora una sfumatura giovanile che si fondeva con la profondità della voce da adulto che stava raggiungendo.
<< Davvero. Vai prima tu >> . La mora si sentiva in imbarazzo.
<< O … ok, allora; grazie >>
<< Ma figurati … >> .
Per quei due minuti che passarono mentre il ragazzo aspettava l’uscita del caffè selezionato, non poté fare altro che fissarlo, inevitabilmente; era un ragazzo di media altezza e portava i capelli nero corvini molto corti, con qualche ciuffo che gli scendeva sulla fronte, a destra.
Era snello e non eccessivamente muscoloso; la pelle bianca come latte.
Quando la macchinetta fece uscire il caffè, lui lo prese e sorrise alla moretta.
<< Grazie ancora. Ciao! >> .
Dalia lo salutò con una mano, stupendosi della bellezza di quel sorriso.
Si rese conto di aver continuato a fissarlo andar via per tutto il tempo solo quando Nora le si mise accanto e le sussurrò all’orecchio: << Buh! >> .
La moretta si spaventò e poco mancava che facesse cadere il tè bollente che stringeva nella mano destra.
<< Nora! >> urlò, arrabbiata.
Quell’altra stava cercando di rimanere seria, quand’era più che evidente che stava morendo dalle risate insieme a Lucia.
Alle urla della bassa moretta si girarono molti dei ragazzi che stavano ancora litigando con la macchinetta e altri che invece erano solo di passaggio.
Tra questi, sentito l’urlo della ragazza, si girò anche un’altra testa, pallida e corvina.
 
Non passò molto tempo che Dalia lo incontrò di nuovo.
In quell’ultimo periodo, aveva cercato di incontrarlo sempre, per caso, spinta dalla strana sensazione che provava quando lo vedeva; fin da quel momento a ricreazione, il ricordo di quel sorriso aveva generato una strana euforia dentro di lei, in procinto dello stomaco, e sentiva il cuore batterle a ritmi convulsi.
All’inizio aveva pensato di essere malata e di doversi curare; passato poco tempo dopo, pensò invece che il male stesse solo nella sua testa e che si fosse immaginata tutto.
Sensazioni simili però continuarono a ripresentarsi quell’altra mattina, a pochi minuti dalla ricreazione.
Al suono della campanella, fu l’unica a non alzarsi in piedi all’unisono con gli altri.
<< Che hai, Dalia? >> le chiese Lucia, preoccupata.
<< Ma niente; mi sento lo stomaco pieno, ma vuoto … >> poi scosse la testa << No, ma che dico! È che sto morendo di fame! Andiamo a mangiare! >> .
Lucia le sorrise triste.
<< No, scusa, mi dispiace, ma oggi proprio non posso; devo andare dal professore di matematica per dargli la mia autorizzazione. Vai con Nora, sono sicura che ti accompagna! >> .
<< Va bene, non ti preoccupare. A dopo >> .
La moretta si avvicinò al banco della castana e tutta pimpante si mise ad urlare.
<< Ho capito, ho capito, andiamo alle macchinette, ha inizio una nuova guerra >> .
La mora esultò di gioia: << Sì! Evvai! >> .
Giunte al distributore di merendine, la gente era così tanta che aveva occupato tutto il corridoio.
<< Mio dio. Qua non finiremo mai >> .
<< E allora che si fa? >> chiese Dalia preoccupata.
Nora rifletté un attimo, poi schioccò le dita e si girò indietro.
<< Prendiamo l’altra scala e andiamo al piano superiore; ci sono delle macchinette anche lì >>
<< E tu credi che ci sia meno gente? >>
<< Beh, se qui ci sono tutti questi ragazzi >> le sorrise la castana << Di sicuro non staranno al quarto piano! Su sbrighiamoci! >> .
<< Ok! >> .
Avevano imboccato le scale e stavano salendo, quando sentirono delle voci scendere giù, verso di loro.
Si incontrarono sul pianerottolo; loro per andare al quarto piano, i due ragazzi per scendere al terzo.
Dalia era rimasta a fissarlo, chiedendosi come mai la fame fosse aumentata d’improvviso; il ragazzo moro e l’amico rimanevano davanti a loro, non sapendo che fare.
Nora dal canto suo li squadrava da sopra le lenti, con sguardo severo; spostava lo sguardo prima su Dalia, poi sul moretto davanti a lei, poi ancora su Dalia e sul biondino alla sinistra del ragazzo.
Come infastidito da quello sguardo indagatore, il moro le salutò, entrambe.
La moretta gli rispose in un sibilo, perché la voce non le usciva.
Sentì il cuore perdere un battito.
Mamma mia. Quel ragazzo era veramente carino.
Imbarazzata, Dalia si mise da parte, facendo passare i ragazzi; Nora fece lo stesso, continuando a fissare il moro con espressione dubbia.
Quando i due si allontanarono abbastanza, le ragazze ripresero a salire le scale, una ancora frastornata, l’altra completamente spiazzata: Chi diamine era quello? Perché le aveva salutate?
Ci pensò un attimo; poi alzò le spalle e decise di non prestarci maggiore attenzione.

***
 
 
Dalia era rimasta in silenzio, dopo aver praticamente confessato alla castana quello che più la tormentava in quel periodo.
Da quel primo incontro con Alessio, l’aveva subito ritenuto un bellissimo ragazzo, carino attraente e così via.
<< E tutt’ora credo che sia carino! Ma solo questo! >> . Si giustificava senza motivo, eppure sentiva il bisogno di farlo.
Nora continuava a riflettere, si spremeva le meningi, strizzava gli occhi concentrata …
<< Niente >> sbuffò arresasi << Non mi ricordo niente di tutto questo; ma davvero l’ho incontrato anche io? >>
<< Sì, e ci ha pure salutato >> le rispose Dalia, per la centesima volta.
<< No, proprio non mi ricordo >> . La grande capacità dell’occhialuta era il poter dimenticarsi immediatamente di tutte le cose di cui non le importava niente.
Il problema era cercare di fargliele ricordare quando occorreva.
Nora alzò le spalle.
<< Io non mi ricordo, ma se mi dici che è successo davvero, ci credo >> si arrese definitivamente.
<< Adesso … il tuo problema … qual è? >> chiese poi.
La moretta esitò.
<< Ecco, ho sempre pensato che fosse un ragazzo carino; voglio dire, guardalo un po’ … comunque per me è sempre stato ed è tutt’ora carino, sì, ma solo questo! Eppure … mi sento in imbarazzo quando sto con lui e quando c’è pure Claudette vorrei che qualcuno mi seppellisse sotto terra! >>
<< Perché vorresti questo? >>
<< Perché … perché …  >> . Non riusciva ad ammetterlo.
Affermarlo sarebbe stato un grande passo avanti, una svolta; Nora lo sapeva e sapeva anche quanta paura avesse Dalia ad affrontare la realtà.
<< Dillo, ti sentirai subito meglio >>
<< Io non penso >>
<< Non risolvi niente a far così! … Uh! È la tua fermata, devi scendere. Continuiamo questo discorso più tardi, al telefono >> .
La moretta annuì e scese dall’autobus.
Lo vide allontanarsi con sopra la castana che la salutava.
Ricambiò il saluto e quando l’autobus girò a sinistra, fece dietro-front e camminò lungo la strada di casa.
 
 
<< Chiarita le idee? >>
<< No >>
<< Dalia … ! >>
<< Non è colpa mia! In nessun modo! >>
<< Sei cocciuta, ecco cosa sei! >> .
Dalla cornetta Nora sospirò.
<< E va bene, adesso fai un bel respiro. Non succede niente, tranquilla >> .
La mora seguì il consiglio; chiuse gli occhi e inspirò profondamente.
Sì, in fondo, cosa poteva succedere? Assolutamente niente.
<< Ok, ci sono >>
<< Va bene. Perché preferiresti trovarti sotto terra piuttosto che trovarti di fronte Claudette ed Alessio? >>
<< Perché avrei voglia di ucciderla! Non mi piace il suo comportamento, gli sta troppo appiccicata! Deve staccarsi! Staccarsi, capito?! Non lo deve toccare! >> . Dalia parlò tutto d’un fiato, senza pensarci due volte.
Ascoltatasi e resasi subito conto di ciò che aveva detto, si tappò la bocca con una mano.
<< Dalia, l’avrai già capito da sola, immagino; comunque sia, ecco la mia teoria: lei è la sua fidanzata; lei ha il diritto di stargli appiccicata. Giusto? >>
<< Sì >> . La voce della moretta era sottile.
<< Ma a te dà fastidio il suo comportamento >>
<< Sì >>
<< E te ne vergogni >>
<< Sì >>
Nora attese qualche secondo.
<< Sei pronta? >> . Prese il silenzio come una risposta affermativa.
<< Tu sei gelosa >> .
Quelle parole la colpirono, pesanti come un masso; tuttavia, suo malgrado dovette ammettere che quel masso era già conficcato nel suo cuore e premeva, causandole dolore.
<< È così? >> .
Esitò. Poi scosse la testa.
<< Sì >>
Nora sospirò, sollevata.
<< Questo vuol dire solo una cosa. … >>
Nessun commento. Procedette.
<< … Ti piace, non ci sono altre spiegazioni >> .
Il mondo le crollò addosso, ma in fondo era come se fosse già crollato molto tempo prima.
Cercò di parlare di nuovo.
<< Ti … ti dispiace se ci sentiamo più tardi, Nora? >>
<< No, no, figurati, non ti preoccupare. Avevo già previsto una reazione simile >>
<< Non avercela con me >> .
Nora sorrise appena.
<< Ma figurati! >> . La salutò di nuovo e mise giù.
Con la cornetta ancora in mano e il suono martellante della linea all’orecchio, Dalia, che si era appoggiata alla porta di camera sua, stava pian piano scivolando su di essa - fino a toccare il pavimento con la mano-  sedendosi sul marmo freddo delle mattonelle, rabbrividendo leggermente al contatto.
Con lo sguardo perso, tirò indietro la testa e si lasciò andare.
<< Mi … piace? >> .
Se lo ripeté in mente una decina di volte prima di dirlo a voce alta.
Si sentiva sollevata perché in casa non c’era nessuno.
<< Mi piace >> .
E delle calde lacrime incominciarono a scendere sul suo volto.
 
 
Chapter five: finished
Bene bene, capitolo concluso! Non immaginate quante notti insonni abbia passato a scrivere e a riordinare pezzi di storia qua e là buttati giù durante quei pochi minuti di tempo libero che ho avuto! X) Non arrabbiatevi con mese anche questo capitolo è leggermente deprimente, vi prego; è che altrimenti non mi diverto! (no, non sono sadica! … leggermente, forse ;P). Comunque! Stiamo facendo progressi, la nostra Dalia ha iniziato a camminare sulle sue gambe! Sinceramente non vedevo l’ora di scrivere questo capitolo, ma la storia ha un suo percorso e non posso mai anticipare niente prima di aver scritto qualcos’altro.
Nei prossimi capitoli avremo presto un Diego-centric per tutte le appassionate! Devo solo organizzare per bene tutta la struttura della storia ma ci sto lavorando, abbiate fiducia!
Con questo vi saluto, penso di avervi annoiato abbastanza! Ancora un grazie a chi è arrivato a leggere fin qui e un saluto a tutti! Baciuzzi, Astrid 5E.

P.S. Giadina! Lo so che stai lì! Hai visto? L’ho pubblicato! X) Ciaossu!
  
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