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Autore: Haruakira    10/03/2012    2 recensioni
Le Parche erano intervenute nella precedente guerra. Erano state chiare: una vita per una vita è il compromesso a cui bisogna cedere per riportare indietro chi si è perso nella bocca dell' Ade. Ma se questo patto nel momento stesso in cui si tinge di sangue rompe un faticoso equilibrio? E se le custodi perdono la luce? Per scongiurare la fine del mondo i cavalieri di Atena dovranno percorrere per intero il filo sottile condiviso dalla vita e dalla morte, da giusto e sbagliato. Le senshi infine dovranno fare i conti col dubbio: una vita vale l' errore, vale il tradimento?
Possibili OOC.Forse.
Genere: Generale, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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c. Capitolo 12
Dov' è finita Antares?



Antares non capiva.
Si toccava delicatamente il ventre e non capiva. Immaginava un grosso punto interrogativo troneggiare sulla sua testa.  Lei si sentiva emozionata, felice - e anche spaventata, sì. Non era bello quello che le era accadatuto? Aspettava un figlio da Saga. Le scappò un risolino. Era felicissima, per natura non era mai felice, riusciva sempre a trovare qualcosa che non andava in tutto e non amava abbandonarsi alle emozioni ma adesso era tutto cambiato. Ma, sarebbe stata in grado di occuparsi di un' altra creatura? Si mise una mano sulla testa rossiccia, a mala pena sapeva curare sè stessa! Scosse il capo sentendosi un po' sciocca perchè aveva iniziato a ridere sommessamente senza motivo. No, un motivo c' era. Era dannatamente felice. Ce l' avrebbero fatta.
Però non poteva fare a meno di chiedersi perchè sua mamma piangeva, perchè suo padre le aveva detto -irritato, lo aveva visto che era irritato- che sarebbe andata a casa con loro.
Aveva piegato la testa di lato aggrottando le sopracciglia:- E Saga?
Il generale divenne paonazzo, strinse i pugni, stava per urlare ma Katherine lo bloccò asciugandosi gli occhi rossi e abbozzando un sorriso:- Poi, poi viene- mentì.


-Senti dolore?
-Un po'- Antares fece una smorfia mentre Alex le cambiava la fasciatura alle mani. Sua madre passò in quel momento dal salotto guardandola con aria smarrita. Katherine non aveva mai immaginato di potersi trovare in una situazione del genere. Sua figlia era pazza. Pazza! In ospedale aveva taciuto, si era asciugata le lacrime mentre sua figlia si carezzava una pancia dove credeva stesse un bambino -era terribile, terribile- ma poi era bastato mettere piede in auto per mettersi a piangere e ad urlare mentre Dimitri, in silenzio, pareva non ascoltarla neppure. Lo aveva scosso in preda alla rabbia:- e tu non dici nulla? Mi ascolti? Ti sto parlando, dannazione!
-Cazzo, Cat, stai zitta!- Dimitri Martakis non usava mai termini volgari, le parolacce non rientravano nel suo personale vocabolario, il suo linguaggio era sempre molto controllato ma quella situazione esulava dal suo controllo, -inammissibile!- e provava quella leggera frustrazione che portava il suo cervello a riflettere affinchè tutti i pezzi del puzzle perfetto che aveva costruito in quegli anni tornassero a combaciare.
- Sto pensando- terminò più rilassato mentre rifletteva sul modo di liberarsi di quel dannato Averof.
Due giorni dopo Saga e Camus non avevano più trovato Antares nella sua stanza d' ospedale e Talia non riusciva a mettersi in contatto con lei.
-Mamma?- Antares si affacciò alla porta della biblioteca seguita a ruota da Alex- dove è papà?
-Perchè, lo vuoi sapere?
-Come perchè? Ma che domande sono? Voglio sapere quando potrò tornare ad Atene.
Alex si appoggiò pigramente al pianoforte all' interno della stanza:- Che devi andare a fare ad Atene?
Antares stava perdendo la pazienza e poi si chiedeva cosa diavolo potesse interessargliene a lui:-La smettete con tutte queste domande? Io non lo so, veramente, da quando sono qua non fate altro che controllarmi...-
Il suo sfogo fu interrotto dall' ingresso del generale, le poggiò una mano sulla spalla costringendola a sedersi sulla poltrona che aveva alle spalle:- Siediti, Antares- aggiunse, prima di iniziare a camminare su e giù per la stanza. Si passò una mano sul volto stanco:- Tu non tornerai ad Atene.
E Antares per poco non si mise ad urlare.
"Calma, devi stare calma", si ammonnì poggiando una mano sul ventre. Ma chi voleva prendere in giro? Lei non era mai stata calma. In apparenza forse, ma no, non era mai stata nè calma e nè tranquilla. Non ci voleva poi molto a farla arrabbiare, era solo brava a soffocare emozioni e sentimenti, a controllare le sue azioni.
-Tu sei fidanzata con Alex- continuò il generale indicando con un cenno il ragazzo.
"Che? Ma quando mai?", pensò la rossa. Quando era successa questa cosa?
-Non con Avèrof- e quel nome il generale lo sputò- quel vecchio...
E Antares pensò che quella era ipocrisia visto gli anni che separavano i suoi genitori.
-Hai... avuto un incidente- continuò l' uomo. Quante volte se l' era immaginato quella scena? Quante volte aveva ripetuto la sua parte?- abbiamo parlato con i medici, ti curerai da un bravo psicologo. Ci hanno spiegato che la tua mente crede cose che non sono, che non esistono. Capisci?- ora la guardava come se fosse una bambina.
Mentre Antares lo guardava come se avesse tre teste e otto mani, ma che stava farneticando? Lei non ricordava proprio un bel niente. Niente:-Che dici? Che incidente? Non so di che parli- si era alzata in piedi aumentando il tono della voce.
Dimitri le si era messo davanti urlandole di calmarsi, che gli stava mancando di rispetto:- E' questo che ti ha insegnato quel bastardo?! Non mi hai mai risposto così. Non ti permettere, Antares. Non ti permettere!
Ecco. Questo la faceva piangere. Il terrore di ferire la sua famiglia, di deluderla, di mancarle di rispetto la faceva star male. Forse per questo ogni volta taceva e prendeva le cose così per come venivano.
Oh, ma quanta paura che aveva. Suo padre la spaventava a volte, quando alzava la voce. Bastava quello per farla scappare con la coda tra le gambe. La ragazza si era accasciata sulla sedia, in silenzio, l' uomo si era calmato, le parlava conciliante:- Devi credere a quello che ti dico. E' così. Sei stata in ospedale, no?
E Antares annuì. Era vero, ci era stata, solo che non sapeva perchè.
-Ecco, è perchè hai avuto un incidente... con... con l' auto. Hai sbattuto la testa.-Il generale si passò una mano tra i capelli. Dio, quante sciocchezze.- adesso, te l' ho detto, ricordi cose sbagliate, credi cose sbagliate.
-Il bambino...- sussurrò-... Saga...?
Il generale le strinse la mano:- Non c' è nessun bambino, Ann. E tu e quell' uomo non avete alcun tipo di rapporto, ti ha trovato e ti ha portata in ospedale, grazie al cielo, ma nient' altro. Tu stai con Alex.
Antares si tirò le maniche del maglione fino a coprire le mani, si sentiva le guance bagnate, forse stava piangendo. Però era brava perchè dalla bocca non usciva alcun rumore. Era brava, brava davvero, così nessuno l' avrebbe sentita, nessuno si sarebbe preoccupato o l' avrebbe compatita o peggio, le avrebbe dato della stupida perchè per queste cose non si piange. C' è gente che sta peggio. Glielo ripetevano sempre da bambina.
Era brava.
Ma, neanche troppo metaforicamente,  il suo mondo era crollato.


Se lo erano visto spuntare in ospedale silenzioso e come se avess un diavolo per capello, Shura.
-Dov' è?- aveva sillabato a un Aiolos stralunato. Lo sapeva, lui, che quel nome, Cheiron, non era stata una buona idea. Era raro vedere Shura arrabbiarsi e nonostante non lo desse a vedere, lo era parecchio. In quel momento era come se lo stesse bruciando con gli occhi, lo stava implicitamente accusando che era colpa sua, che in qualche modo il destino voleva per forza che lui fosse l' eroe della situazione e lui fosse in torto marcio, persino con Febe.
E poi quel nome per suo figlio era stata la ciliegina sulla torta.
Cosa voleva dimostrare Febe? Cosa? Era forse un modo per punirlo? Era capace di questo, quella ragazzina?
Shura alzò i tacchi senza una parola di più diretto verso la stanza della ragazza.
-Aspetta, Shura.
-Che vuoi, Aiolos? Ho fretta.
-Ti ruberò solo un secondo. Ecco... prima che tu parli con Febe devi sapere che non ricorda molto del periodo trascorso al tempio.
Shura annuì:- Per via di Pluto, no?
-Sì, per via di Pluto- confermò Sagitter- ma per qualche strano motivo, per via di una foto che hanno tenuto, ricorda vagamente qualcosa, qualche emozione... non ho ben capito.
-Ok. Altro?
-No, tutto qui.
-Tutto qui- sospirò Shura andando via.
Capricorn aprì la porta lentamente chiedendosi come diavolo potesse affrontare quella situazione assurda. Era ironico, no? Che proprio nel momento in cui andava a letto con un' altra donna ritrovava Febe. E non solo lei.
Gli si gonfiò il cuore nel petto quando lo sguardo scuro di lei si posò addosso a lui, si sentì un pugno in fondo allo stomaco fatto di felicità e di dolore, più precisamente di colpa. Per questo faceva così male. Rimase immobile come uno stupido senza sapere che dire e che fare.
Quando Febe lo vide schiuse la bocca in un moto di sorpresa, abbassò lievemente la testa di leato increspando le labbra in un sorriso, era rimasta così, a godersi quella figura come il sole sulla pelle. Fu un attimo di felicità pura e incondizionata, un momento in cui il cervello le andò in cortocircuito sotto il peso di ricordi, visioni, azioni e sentimenti. Il suo amore, il suo amore lo aveva ricordato tutto, tutto in un momento lo aveva visto, non solo sentito, tutte le immagini di mille vite, mille giorni sovrapposti le erano fluite nell' anima, le erano passati dalla mente come le immagini di un film.
Si alzò in piedi, di scatto, sollevando le coperte e piangendo come una bambina.
-Shura- ripetava il suo nome singhiozzando.
Shura.
Shura.
Shura.
Non seppe mai quante volte lo aveva ripetuto mentre piangeva e rideva, mentre si stringeva contro di lui e se lo stringeva tra le braccia con la poca forza che aveva. Aveva sfregato la testa contro il suo petto, lo chiamava, piangeva, rideva. E non le importava di sembrare stupida, non le importava di sembrare una ragazzina piagnucolona.
Si ricordava di lui. Si ricordava!
E lo poteva toccare, stringere, abbracciare, vedere. Potevano parlare! Era bellissimo.
Il cavaliere di Capricorn rimase in silenzio, la strinse stretta a sè sorridendo, per un attimo forse poteva dimenticare la sua colpa, poteva dimenticare di aver dubitato di lei.
L' avrebbe baciato, quello scricciolo che aveva dato al mondo il loro bambino. Non vedeva l' ora di vederlo.


Talia era sempre stata una socievole ed espansiva, non si creava particolari problemi davanti a niente e a nessuno, riusciva ad essere sè stessa persino di fronte alla persona più scontrosa o altezzosa o superba che ci potesse essere, incurante del suo giudizio assai probabilmente poco lusinghiero. Non le importava, l' importante era essere sè stessi, sempre. Eppure in quei giorni c' era una persona in grado di farla tacere, di metterle un certo timore, una specie di soggezione, e quella persona, con sua enorme preoccupazione, era Saga. Non sapeva bene perchè, non lo sapeva affatto, ma quell' uomo, così grande, così composto, così serio, la faceva sentire piccola piccola e fuori luogo, spesso inopportuna.
Pensò che dovesse essere molto innamorato di Antares e un poco invidiò l' amica, era fortunata ad avere accanto una qualcuno che si preoccupasse tanto per lei, che per lei agiva in un determinato modo. Quando aveva saputo che era sparita, o meglio, che i suoi genitori l' avevano portata via dall' ospedale, non aveva fatto apparentemente una piega. Aveva avvisato Camus e si erano messi a chiedere in giro a medici e infermieri sperando di poter reperire qualche notizia utile, poi si era avvicinato a lei:- Sai dove abitano?
-Lo so ma il padre di Antares non è un uomo stupido, non credere che si farà scovare tanto facilmente.
Aveva annuito:- Lo sospettavo, in effetti. Allora sai dove potrebbero essere?
-Ovunque... in Grecia... o da qualche parte in in Inghilterra. Non lo so.
-Bene, allora vorrà dire che cercheremo ovunque.
Si era girato ed era andato via e Talia si era passata una mano sulla faccia ammirando quell' uomo che riusciva a non perdere il controllo e maledendosi al tempo stesso per essere così inutile. Si era attaccata al telefono e aveva chiamato Antares più e più volte, ovviamente non aveva risposto nessuno. Per quanto ne sapeva poteva anche non vederla più.
Si battè una mano sulla coscia, era possibile essere così sfortunate? Come poteva spiegare la situazione a Febe? Non era mai stata brava in queste cose, era sempre stata la meno responsabile di tutte, la più infantile, non poteva sobbarcarsi un peso del genere tutto in una volta.
Si sentiva dannatamente sola e a dirla tutta invidiava un poco sia Febe che Antares, loro non erano affatto sole. E non era giusto questo perchè, cavolo, era Antares quella che si proclamava indipendente, quella che aveva più palle di tutte loro messe assieme, non vedeva perchè dovesse avere ben due ragazzi a proteggerle le spalle, Saga e suo fratello. Antares era quella che tra tutte loro ne aveva di sicuro meno bisogno, le sue spalle erano abbastanza larghe. Mentre lei invece era stata brava solo a trovare un buono a nulla che le aveva procurato un sacco di guai e ora si ritrovava con l' anima a pezzi perchè da una parte non desiderava affatto il tocco di un uomo, dall' altra voleva anche lei qualcuno al suo fianco -qualcuno che non fossero Febe o Antares-, come se non bastasse si sentiva un verme, un verme schifoso perchè non poteva essere gelosa delle sue amiche, non era giusto, quello che avevano se lo meritavano e non era vero che le spalle di Antares erano larghe o forti, erano piccole forse quanto le sue.




   
 
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