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Autore: Lost Tsukiko    10/03/2012    4 recensioni
"Lui non era morto per malattia, incidente, suicidio o omicidio. Soprattutto non era morto per omicidio.
Un uomo che toglie la vita ad un altro essere umano, nulla sarebbe stato più lontano dalla realtà.
Da quel dannato giorno, da quando aveva stipulato il contratto, non un solo uomo aveva potuto seriamente alzare le mani su di Lui, figuriamoci togliergli la vita."
Dimenticatevi dell'anime, di angeli assessuati, demoni che ballano il tip tap e di ragazzini sociopatici.
Questa fic si svolge dopo 10 anni dall'incontro tra Sebastian e Ciel e narra ciò che potrebbe succedere alla fine del contratto.
La traccia base è stata scritta inizialmente dalla mia amica Hitomi, io l'ho messa nero su bianco.
Ho reputato di mettere l'avvertimento OOC per scrupolo. Faccio di tutto per restare IC, ma certe situazioni diventerebbero ingestibili... quindi qualcosa di OOC c'è.
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eterna Dannazione - Il Sigillo

Il Sigillo

Sei mesi.
Ventiquattro settimane  d’inferno.
Centosessantotto giorni da quando la sua nuova dannatissima vita era iniziata.

Si, perché il Conte Ciel Phantomhive, non esisteva più come essere umano.

Da quando il suo Demone di Maggiordomo ha deciso, di sua spontanea iniziativa, di trasformarlo in demone, la sua esistenza era cambiata.
Chi glielo aveva chiesto poi? Nessuno.

Lui aveva avuto la sua vendetta e avrebbe voluto morirsene in pace, si fa per dire ovviamente. Non è che si aspettasse chissà cosa, in fondo aveva venduto la sua anima per ottenere la sua personale “giustizia”.

Tuttavia ritrovarsi a fare da servetto o da animale da compagnia, a dir si voglia, a quello che era stato il suo maggiordomo era troppo per Lui.

Lui è stato il Conte Ciel Phantomhive, e che diamine!
Uno dei personaggi con più potere della corte inglese!
Era giunto al limite, il suo orgoglio di nobile non avrebbe mai accettato una situazione simile un solo secondo di più.

Uscì dalle lenzuola di seta blu notte.
Si diresse deciso verso l’armadio per scegliere da sé i suoi abiti, azione ormai consueta visto che non aveva servitù.
L’anta dell’armadio era composta da un enorme specchio, dove il giovane demone guardò, come tutti i giorni, il suo riflesso.
Sembrava un normale essere umano.

Il corpo nudo, elegante e ben proporzionato faceva sfoggio di sé sotto il suo sguardo.
I capelli, color petrolio, erano sempre acconciati alla medesima maniera.
Gli occhi, di un profondo blu cobalto, percorsero la sua figura e… lo vide.

Le iridi si accesero d’improvviso di rosso cremisi.

Vide quel maledetto simbolo nero, che spiccava sulla sua pelle nivea.
Vide quel maledetto simbolo inciso sul suo petto all’altezza del cuore.
Vide quel maledetto simbolo, che lo marchiava come creatura di proprietà di quell’Essere Dannato.

Ciel portò una mano al petto e puntò le unghie affilate come artigli su quel simbolo.
Affondò nella sua stessa carne, fino a lacerare la pelle all’altezza del cuore.
Il sangue sgorgava dalla ferita e macchiava la sua pelle d’alabastro.
Lacrime vermiglie di un cuore oltraggiato.

Ma, come ogni volta, dopo pochi secondi, la carne che era stata lacerata si richiudeva e il sangue si fermava. Nessuna cicatrice restava su quella pelle perfetta.
E, come sempre, quel maledetto simbolo ricompariva perfetto come a prendersi gioco di lui.
Tirò un pugno allo specchio, che andò in frantumi per poi ricomporsi sotto i suoi occhi.

 “Dannazione! Chi voglio prendere in giro? Io sono suo… per l’eternità”

Guardò i suoi occhi riflessi nello specchio.
Quante volte aveva fatto quella scena?
Quante volte si era detto che non avrebbe sopportato oltre?
Ormai ne aveva perso il conto. Sospirò.

Aprì l’armadio, prese i suoi abiti e si vestì.
Uscì dalla sua stanza e percorse il lungo corridoio.

Chi avrebbe mai detto che il suo maggiordomo, pardon  ex maggiordomo, possedesse una tale meraviglia?
Quel palazzo lo aveva colpito fin dal primo giorno, ma non per le dimensioni, che potevano avvicinarsi alla sua ex residenza cittadina di Londra, bensì per lo stile e l’eleganza che trasudavano da quei muri.
La magione Phantomhive, in confronto, era quasi una casolare di campagna.
Ogni elemento era composto da materiali preziosi e nulla, nemmeno un particolare, era costruito con materie dozzinali o di basso valore.
I colori predominanti della struttura erano il nero e le varie tonalità del grigio.
Le stoffe variavano dal rosso rubino al rosso cupo, colore del sangue.
L’unica stanza che faceva eccezione era la sua dove i tendaggi e la biancheria da notte era di varie sfumature di blu.

I suoi passi risuonavano nel corridoio, il silenzio era totale, come sempre.
Non c’era da stupirsi, era l’unico occupante della dimora in quel momento.

Arrivò alle scale.

Prima di scendere, il suo sguardo si perse nel buio del corridoio che continuava alla sua destra.
Quella era la Sua ala della villa.
Lì c’era la Sua stanza da letto.

Solo una volta era stato lì.
Solo una volta era stato nella camera di quell’essere.
Solo quel maledetto giorno.
Il giorno in cui era iniziato quell’incubo.


I ricordi si risvegliarono prepotentemente nella sua mente.

Flashback

“Ora siete una mia creatura…
Un essere dall’anima corrotta…
Un Demone…
Benvenuto nella vostra nuova, dannata ed eterna vita, Ciel Phantomhive…”

Silenzio.
Un silenzio assordante riempiva quella stanza da letto.
 
Il ragazzo sentì  la furia che montava sempre di più dentro di lui.

“Cosa mi hai fatto Dannato?”

“Non lo vedete da solo, Ciel…?” 

Quante volte aveva visto, in passato, gli occhi di Sebastian tingersi di cremisi?
Troppe per non vedere che i suoi occhi ora erano identici.
La sua testa era percorsa da mille pensieri, ma non riusciva a formularne nessuno di senso compiuto.
Chinò la testa in avanti, fino a coprire gli occhi, che ora lo ripugnavano,  con la frangia.
Prese un profondo respiro.
Doveva liberare la mente e far funzionare il cervello.

Fortunatamente, il dolore provato fino a pochi istanti prima era quasi del tutto svanito.
Il senso di pesantezza che lo opprimeva era sparito.
Alzò lo sguardo nuovamente sulla sua immagine.
I suoi occhi erano tornati di quello splendido blu cobalto che tutti ammiravano.

Non si sarebbe arreso.
Lui era Ciel Phantomhive, che fosse umano o demone erano dettagli.
Quel Essere non l’avrebbe avuta vinta. Mai.

 Tumph

 Le sue pupille si dilatarono.

 Tumph

 Il suo respiro divenne sempre più corto.

 Tumph

Il suo cuore era impazzito

Tumph Tumph

 La sua testa stava per scoppiargli

 Tumph Tumph Tumph

 Il suo corpo stava come bruciando.

 Tumph Tumph Tumph

Le ginocchia cedettero.
Si accasciò contro lo specchio.

Urlò.
Urlò come non aveva mai fatto.
Il calore si era concentrato sul suo petto, sul cuore.

Strappò la camicia.
lo vide per la prima volta.
Sulla sua pelle lattea un sigillo incandescente era comparso.
Il simbolo che prima adornava il suo occhio, ora, era sul suo cuore.

“Anf… anf… Che diavolo…”

Il Demone maggiore si avvicinò e si abbassò per mettersi alla stessa altezza del più giovane.
Con due dita nude percorse le linee, ormai scure, del sigillo.
Un brivido attraversò la spina dorsale del ragazzo.

Ciel seguiva con le sue iridi blu i movimenti di quella mano.
Le dita affusolate di colui che fu il suo maggiordomo continuarono il loro percorso.
Passarono dal simbolo sul petto, alla clavicola.
Poi al collo.
Giunsero infine al mento.
Con una leggera pressione, quell’essere, obbligò colui che era stato il suo padrone ad alzare il viso, così che potessero guardarsi negli occhi.

Cremisi nel blu.

 Ora siete uno dei miei Vassalli, o se preferite un mio Alfiere o un Cavallo… a voi la scelta Ciel”

“Non sarò mai tuo!”

La mano che aveva osato toccarlo fu scacciata. 

“Mph… Povero sciocco Ciel… lo siete già…”

Quanto odiava quel sorriso.
La rabbia dentro di lui crebbe.
Il blu divenne cremisi.
I canini si appuntirono.
Le unghie si affilarono.

La sua mano stava per avventarsi sul collo di quell’odiato essere.
Si bloccò di colpo, a pochi centimetri dalla gola.

Dolore.
Dolore lancinante.
Il sigillo bruciava come il fuoco dell’inferno.

“Non potrete mai alzare la mano contro di me Ciel.
Il sigillo ve lo impedirà fino ad arrivare quasi ad uccidervi se necessario.
Rassegnatevi. Siete mio. Per l’Eternità”

“M-mai. N-non mi sottometterò mai a te… mai…”

 Dopo quello il buio.

        Fine Flashback

Scosse la testa per scacciare quei ricordi maledetti.
Riprese il suo cammino e scese le scale. 

Si diresse verso la biblioteca, dove passava la maggior parte del suo tempo. Stava dedicando ogni minuto possibile alla ricerca di una qualche scappatoia a quella situazione. In quella moltitudine di testi umani e soprattutto non umani doveva trovarsi una soluzione al suo problema.

Arrivò, finalmente, alla sua meta.
Afferrò la maniglia d’argento.
Il sigillo reagì.
Un brivido gelido gli corse lungo la spina dorsale.
Era tornato.
Quell’essere Dannato era tornato.
Solo il sapere di vederlo lo faceva andare ai pazzi. 

E sia, scappare non sarebbe stato da lui, non era nemmeno pensabile.
L’avrebbe affrontato a testa alta, come sempre.
Fece un respiro profondo ed oltrepassò la soglia.

   
 
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