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Autore: MissNothing    11/03/2012    8 recensioni
"La verità mi offende, ma non quanto la menzogna."
[E' una storia abbastanza vecchia, probabilmente ci saranno molti errori grammaticali, chiedo scusa in anticipo ma non voglio modificarli perché in un certo senso sono la prova dei miglioramenti -anche se piccoli- che credo di aver fatto! Seguito di You Know I'm Gonna Find A Way.]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Mikey Way, Nuovo personaggio, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Until You're Over Me.'
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#ATTID - 8 Eheheeh, salve a tuuuutti! A quanto pare questo è il penultimo capitolo, mavvabbè, ci sarà il seguito, quindi ok. (?)
Non ho in tutta sincerità molto da dire, a parte l'enorme sbalzo temporale che vabè, noterete da voi.. lol
L'ho fatto principalmente per fare contrasto con la prima e la seconda scena, e.. NONCIPENSATE, NON VOGLIO SPOILERARE. <3 Ci sentiamo giù, sisi.






8. a spoonful of sugar..






Erano più o meno le sei del pomeriggio. Frank se ne stava lì seduto e fingeva di non vedermi quando entrambi sapevamo benissimo l'uno della presenza dell'altro. Aveva le gambe accavallate in una posa quasi femminile e con un libro dalla copertina marrone rilegata in belle ben stretto fra le mani. Non lo vedevo leggere un libro da almeno qualche anno, ed era così strano vederlo concentrato in qualcosa che non fosse suonare..
C'era silenzio. Troppo silenzio. E non eravamo solo noi a non parlare.. sembrava quasi che tutti quei volti sconosciuti che sedevano ai vari tavolini disseminati nel cortile si fossero messi d'accordo per rendere ancor più imbarazzante quel silenzio spacca pietre.
-Non rimanevamo soli da giorni.- Esclamai, nel disperato tentativo di cominciare una conversazione decente con Frank. Era da prima del litigio che non riuscivamo a parlare decentemente di qualcosa. Parlare senza insulti, senza incazzarci.. parlare come.. non dico fidanzati, no. Come amici?
-Già. E credimi, è molto meglio così.- Mi fulminò, alzando appena lo sguardo dal libro, il quale titolo era inconsapevolmente coperto dalle sue mani. Sospirai: certo che mi stava davvero aiutando. Ma davvero, eh.
-Che leggi?- Chiesi, non che mi interessasse, a dirla tutta.. era più che altro un tentativo di cambiare argomento e allontanarci dalla zona "critica". Frank chiuse immediatamente il libro, lo poggiò sul tavolo con il retro come faccia visibile e sembrava quasi allarmato. Come se si vergognasse di ciò che stava leggendo.
-Niente.- Tagliò corto e si alzò, portando ovviamente con sé la sua lettura. Fece un rumore insopportabile con i piedi metallici della sedia di metallo, ma poco importò quando tutti si voltarono per via di esso, tanto avremmo anche potuto cominciare ad urlarci insulti addosso e nemmeno ci avrebbero capiti.
-Non scappare, per favore.- Se ne stava già andando, ma mi sentì e si bloccò di colpo, continuando però a darmi le spalle e ad avere i piedi piantati nello stesso punto. Si girò di colpo e mi guardò per secondi che sembrarono più che altro anni. Tornò al suo posto e, in un momento di distrazione, lasciò incustodito quel cazzo di libro che stava stuzzicando un po' troppo la mia curiosità. Se prima non mi importava, ora era una questione quasi personale. Lo presi fra le mani mentre lui osservava chissà cosa, cautamente e senza far rumore per non attirare la sua attenzione.
-Jacques Prevert.- Lessi ad alta voce la scritta dorata che faceva capolinea sula rilegatura in pelle marrone, con tono fermo e senza comunque capire che cosa ci fosse da nascondere in un libro del genere. Frank si allarmò visibilmente: si voltò verso di me in un sobbalzo, con aria quasi terrorizzata.
-No.. n.. non aprirlo!- Balbettò, cercando di togliermelo dalle mani. Purtroppo, per quanto avessi voluto accontentarlo, proprio non ci riuscì: aprì il libro e in un primo momento rimasi piuttosto confuso (ma diciamo intenerito) nel vedere che erano poesie. -L'ho.. l'ho preso in stazione con Emily.. l'altro.. l'altro giorno.- Cercò quasi di giustificarsi, di "chiedere scusa" per una cosa così sdolcinata. Non che ce ne fosse bisogno, ovviamente..
Continuai a sfogliare e pensai di capire che più o meno il libro era sistemato in modo tale che si trovasse  una poesia in lingua originale e la traduzione affianco, a quanto pareva. E finché non arrivai ad una pagina strappata, quasi non collegai i pezzi. Mi fermai per un secondo a guardare l'espressione rassegnata di Frank quando, finalmente, arrivò l'"illuminazione". Tremai un po' ma non lo diedi a vedere, mi si riempirono gli occhi di lacrime ma non le lasciai uscire. Presi il foglio dalla mia tasca e combaciò tutto, persino la dinamica dello strappo.
-Io..- Cominciai, rendendomi conto che non sapevo comunque come avrei continuato.
-Non c'è bisogno che parli.- Fortunatamente mi stoppò, prendendo le sue cose e alzandosi, questa volta definitivamente. Avevamo sentito quella poesia alla radio, esattamente il giorno di San Valentino. C'erano i ragazzi, quindi niente sceneggiate.. ci guardammo e basta, io la segnai su un foglio e la imparai a memoria.
Mi alzai, così da bloccarlo e da non permettergli di andarsene dopo un gesto del genere. Gli poggiai una mano sulla spalla quando lo raggiunsi, e, per la seconda volta si fermò, nel bel mezzo della hall dell'albergo. Piena di uomini di affari e donne che degli affari loro si facevano ben poco.
-Non te ne puoi andare di nuovo, non cos..- Cominciai a farneticare rendendomi conto che non sapevo nemmeno io fino a che punto sarei arrivato, quando..
-I ragazzi che si amano si baciano in piedi..- Mi interruppe senza alcun ritegno, cominciando a recitare il primo verso della poesia. Mi colpì come uno tsunami e in tutta sincerità, nonostante avessi voluto parlargliene, mi lasciai prendere. Si avvicinò un po', quel minimo che bastava per sentirci senza dover parlare troppo ad alta voce.
-Contro le porte della notte.- Merda. Merda, merda, merda. E se non me la fossi ricordata? Dio santo. Mi avvicinai ancora di più e lo strinsi quel che potevo a me.
-E i passanti che passano li segnano a dito.- Sussurrò Frank, poggiando la testa sulla mia spalla e fermandosi un secondo a guardarsi intorno. Tutte quelle persone che ci guardavano come alieni.. Forse Prevert era frocio anche lui. Perché insomma, nessuno ci avrebbe guardato male se fossi stata una ragazz.. voglio dire, se Frank fosse stata una ragazza.
-Ma i ragazzi che si amano non ci sono per nessuno..- Sembrava praticamente che stessi parlando con il suo lobo dell'orecchio, tanto che mi ero inconsapevolmente avvicinato. Strinsi la presa che le mie braccia avevano ormai saldato intorno ai suoi fianchi.
-Ed è soltanto la loro ombra che trema nella notte..- Riuscì a malapena a sentirlo, tanto che aveva il volto affondato fra il mio collo e la mia spalla. Il suo tono di voce era spezzato, quasi impaurito: come se fosse terrorizzato solo a pensare che quel momento perfetto, di lì a poco, sarebbe finito. E che avremmo fatto, dopo? ero in balia del nulla più totale.
-Stimolando la rabbia dei passanti.- Li guardai e per un attimo desiderai di poterli uccidere tutti. Che c'era di così.. strano? Che cosa facevamo di così sbagliato per meritarci di essere guardati come due lebbrosi? forse io ci avevo fatto l'abitudine, forse vedevo la cosa da un punto di vista diverso, ma ora.. seriamente.. cosa c'era di diverso?
-La loro rabbia.- Frank continuò, carezzandondomi di sfuggita il braccio.
-Il loro disprezzo.-
-Le loro risa..-
-E la loro invidia.- Pronunciai la parola "invidia" con particolare enfasi, quasi sperando che qualcuno in quella sala la cogliesse e si rendesse conto di quanto fosse nel torto. Frank si allontanò quel poco che bastava per tornare a guardarci. Poggiai la fronte contro la sua dopo pochi secondi, cominciando già a sentire la mancanza di quella vicinanza così forte.
-I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno.-Fu un lento mormorio della sua voce un po' tremolante e spezzata, ma per me fu abbastanza. Fu abbastanza per captarlo, conservarlo lì nel mio cervello e magari rievocarlo quando più ne avevo bisogno.
-Essi sono altrove.. molto più lontano della notte.- Cominciai a titubare un po', non sicuro di quel verso. Ma che importava? anche se avessi sbagliato, non me l'avrebbe mai fatto notare. Non avrebbe mai rovinato quel momento.. e nemmeno io.
-Molto più in alto del giorno..- Si allontanò un po' e mi guardò fisso negli occhi. Frank aveva degli occhi bellissimi, ma forse non gliel'avevo mai detto. Forse sì, ma forse ci avevo scherzato sopra. Forse no, ma delle volte in cui avrei voluto dirglielo avevo ormai perso il conto. Tremai un po', lasciandomi scappare un respiro forse un po' troppo accellerato. Ci fu una pausa più lunga e fu come se ci fossimo coordinati.
-Nell'abbagliante chiarore del loro primo amore.- Pronunciammo l'ultimo verso insieme: forse non si poteva proprio parlare di "primo amore", siccome almeno per me, era stato anche l'unico..
-Io non ce la faccio più.- Sospirò, lasciandomi appeso su un filo di parole che non avrebbe mai detto per non ferirmi, ma che sapevo benissimo che avrebbe voluto tanto gettarmi addosso.
-A.. a fare cosa?- Domandai ingenuamente nel tentativo di rimandare il più possibile quello che sapevo sarebbe successo. Frugò un po' nella sua tasca e ne cacciò fuori qualcosa che all'apparenza poteva essere un semplice pezzo di stupida plastica gialla dalla forma vagamente triangolare, ma in realtà, era molto più;
-Io non mi fido più di te.- Con un sorrisetto amaro me lo porse, e lo strinsi così forte nel palmo della mano destra che quasi fece male. -Non vedo perché dovrei tenerlo..- Si strinse nelle spalle, probabilmente aspettando che gli consegnassi il suo; erano due plettri. Due di quella sera. Ci avevamo scritto sopra le nostre iniziali e li portavamo sempre in tasca, quasi come due portafortuna: alcune coppie avevano collane e bracciali, noi due plettri. Che forse davano anche meno nell'occhio, no?
-Ci eravamo promessi che ce li saremmo restituiti solo dopo aver deciso di non.. di non voler più..- Presi un respiro profondo prima di finire la frase. -Di non voler più stare insieme.- Guardai fisso a terra, sperando che non confermasse quello che più avevo paura di sentire.
-Non possiamo, è diverso.- Anche il suo sguardò tornò fisso a terra, e non ricevette alcuna risposta da me. Mi guardai intorno per un po', e inevitabilmente, il mio sguardo finì su di lui. Gli carezzai lentamente il braccio, ma lui si scostò. E così capì che forse era davvero il momento di andare.. e lasciarlo andare, anche.



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-31 ottobre 2011-


La musica era martellante e c'era gente dappertutto. Sembrava di essere chiusi in una scatola di sardine e a dire il vero la sensazione mi piaceva.. nonostnante non capissi perché in una città come Parigi ci fossimo chuisi in una discoteca. Il giorno del compleanno di Frank, per giunta. Cioè, tecnicamente non lo era ancora.. erano le undici a quarantatrè del trenta ottobre duemilaundici e continuavo ad andare alla ricerca di quel nano del cazzo, ormai disperso fra la folla. Lindsey non c'era e mi ero comportato davvero da bravo fidanzato in quei mesi. Non un bacio, non una carezza, solo un abbraccio ogni tanto.. che poi era una cosa più che lecita anche fra amici, alla fine. Mi meritavo una ricompensa?
Proprio in quel momento lo scorsi appena. Era lontano. Quasi dall'altro lato. Non era con Emily, per fortuna. La testa rossa non si vedeva nemmeno nei paraggi, così mi fiondai verso di lui. Dovetti arrancare un pochino, ma con qualche gomitata ci arrivai, e riuscii anche a palpare qualche chiappa, quindi.. diciamo due piccioni con una fava. Mi fece un sorrisone a trentadue denti, e, nonostante mi aspettassi che si sarebbe avvicinato, rimase lì impalato con l'espressione di uno che ha appena visto Gesù.
-Ehi.- Ricambiai il suo sorrisone e mi avvicinai finché non rimanemmo a pochi centimetri di distanza. Dovetti praticamente urlare perché mi sentisse nonostante la musica, anche se gli spazi fra di noi erano piuttosto ridotti.
-Ehi.. c'è.. c'è casino qui.- Si guardò un po' intorno e poi continuò. -Aspetta, vieni con me.- Non aspettò nemmeno una mia risposta che subito si avviò verso un posto un po' più appartato. Lo seguì senza farmelo ripetere due volte e non me ne pentì. Lì la musica si sentiva, certo. Continuava a perforare i timpani, ma era più soffusa. Era quasi.. romantico? boh. Forse erano le luci. Forse le coppiette che limonavano. Anche se era triste vedere la gente che si amava e poteva farlo liberamente mentre tu te ne stavi lì, con una voglia assurda di fare la stessa cosa e solo qualche ricordo fra le mani.
Si sedette sul divano bianco che praticamente era lungo quanto tutto il perimetro di quella piccola area quadrata della discoteca e, senza nemmeno aspettare che me lo chiedesse, mi misi accanto a lui. Il più vicino possibile. Frank, forse un po' imbarazzato da quel minimo contatto al quale non eravamo più abituati, abbassò il capo. Continuava a girarsi i pollici e questo non aiutava nemmeno me, che anche se non lo davo a vedere, ero imbarazzato quanto lui. Perché insomma, non ero l'Ultimo dei Mohicani e nemmeno Highlander (o, per citare Ray, "Hamburger"..) e in quel momento l'impresa si presentava all'altezza solo di un immortale.
-Frank..- Mormorai, pregando per un momento tutte le religioni che non mi sentisse. Era solo un pretesto per fargli alzare la maledettissima testa, a dire il vero. Non mi interessava molto di chiacchierare, al momento.
-Sì, sono q..- Non riuscì nemmeno a finire la frase che subito si trovò con le labbra sigillate alle mie. Ah, Dio Santo, era quello che cercavo. Da mesi, ormai.. e sapete cosa? Frank sembrava anche ricambiare. Finalmente, passata l'ansia iniziale, chiusi gli occhi e mi feci prendere. Insomma, andò come andò. Si ritrovò completamente contro il muro, le mie mani che gli scombinavano i capelli e chissà quanti sguardi fissi addosso.
-M- m- merda..- Si scostò a fatica, perché insomma, non gli perimisi molto facilmente di rovinare tutto con le sue seghe mentali del cazzo.
-Che c'è ora?- Sbuffai, sorpreso dal tono di voce fermo che ero riuscito ad assumere anche dopo due minuti senza prendere nemmeno fiato.
-Q- quello cos'era?- Fece un respiro profondo, grattandosi il capo e mordendosi il labbro. Girai gli occhi, perché quel ragazzo doveva essere veramente, veramente stupido.
-Un fagiano, Frank. Che cazzo era secondo te?- Scossi il capo, e anche se dopo una frase come quella sarebbe stato molto più figo allontanarsi e fare un'uscita scenica in tutto stile, rimasi attaccato a lui, troppo debole per fare a meno di quel contatto dopo averlo ritrovato.
-Gerard, sai..- Cominciò con la voce di una ragazzina iscritta al club di castità che chiede al suo fidanzato di prenderle la manina. -Emily non c'è. E' tornata in albergo perché.. ecco, si sentiva male.- Abbassò il capo, forse senza rendersi conto di quanto quella frase fosse sconslusionata.
-L'unica cosa che mi dispiace è il fatto che non si senta male per colpa mia.- Mi strinsi nelle spalle con il mio solito sorrisetto diabolico stampato in volto.
-Intendevo.. oggi è il mio compleanno, no?- Abbassò il capo come se stesse cercando di chiedermi qualcosa ma senza andare dritto al punto. E nonostante avessi capito, ci avrei girato intorno. Se lo meritava, dopo avermi fatto fare il primo passo ed avermi lasciato anche in preda delle sue frasi senza (apparente) senso.
-Tecnicamente non ancora.- Inclinai il capo verso destra, così da sembrare disorientato.
-Gerard, ti prego. Basta. Lo so che hai capito..- Sbuffò, mentre io presi a ridacchiare fra me e me. -Intendevo, posso avere il regalo? anche se siamo un po' in anticipo..- Si morse il labbro, fissandomi negli occhi.
-Mh, dipende da che regalo vuoi..- Mi avvicinai pian piano al suo orecchio, così da poter sussurrare appena. Gli baciai più volte collo e quel poco di spalla che la sua t-shirt un po' slabbrata mostrava, già consapevole della risposta.
-Posso.. posso farti quello che voglio?- Domandò, distogliendo lo sguardo in un momento di imbarazzo cronico. Non ci toglievamo più nemmeno le scarpe, se eravamo nella stessa stanza. Riuscì solo ad annuire. Mandai giù il groppo che avevo in gola e presi fiato. -Mi porti in albergo?-
Gli avrei tirato qualcosa in faccia, sul serio. C'era un muro di tensione sessuale fra noi due grande come la Muraglia Cinese ed io avrei dovuto guidare fino all'albergo, aspettare di prendere le chiavi, salire in camera, fargli prendere i suoi ritmi del cazzo e tutto il resto? no.
-C'è il cesso pubblico, non ci serve un letto..- Lo implorai quasi, voltandomi a guardare la porta del bagno della discoteca.
-Romantico..- Sbuffò, incrociando le braccia come un bambino a cui viene negato lo zucchero filato.
-Non ci serve un letto per essere romantici. Io ti amo e basta, potremmo scopare anche in una catapecchia in Afghanistan e sarebbe romantico lo stesso..- Affondai letteralmente il volto nel suo petto e respirai a pieno il suo odore.
-Ti senti un po' poeta, oggi?- Ridacchiò, scombinandomi un po' i capelli mentre si godeva quel contatto che entrambi avevamo cercato tanto. Alzai un secondo lo sguardo e lo vidi: occhi chiusi e labbra appena appena aperte. Certe volte non mi spiegavo nemmeno come facesse ad essere così.. bello? Dio, ero così gay per lui.
-Potrei scriverci una canzone.- Ironizzai, ma probabilmente, a giudicare dalla sua espressione, mi prese un po' troppo seriamente.
-Titolo?- Sorrise.
-"Quella volta che Frank me l'ha ciucciato nel cesso di una discoteca".- Replicai altrettanto seriamente.
-Di classe.- Fece una piccola smorfia e inarcò entrambe le sopracciglia. Gli davano sempre fastidio battute di quel genere o quando.. ecco.. scherzavo molto apertamente su certe cose. -Scommetto che sarebbe un successo.- Ridacchiò nervosamente, trascinando con sé anche la mia risata.
-Non penso che MTV ce la farebbe suonare.- Scossi il capo, continuando a sorridere. Sinceramente, per quanto fosse bello tornare ad essere così aperti l'uno con l'altro, per quel momento con le battute eravamo apposto. Ripresi a baciarlo, questa volta con più convinzione di prima. Lentamente indietreggiammo fino alla porta del bagno. Frank cerco la maniglia, e, una volta trovata, ci ribaltammo quasi a terra in assenza di un appoggio al quale eravamo abituati.
Fortunatamente le porte delle toilette si chiudevano solo dall'interno, così, anche solo appoggiandocici, riuscimmo ad aprirne una (che per puro caso o, volendo tirare in ballo la fortuna, "benedizione divina era vuota). Era una stanzetta strettissima. Qusi un buco rettangolare, a dire il vero. E se già l'ambientazione non era proprio il massimo, quando guardai il pavimento forse cominciai ad apprezzare l'idea di Frank dell'albergo. Ma ora era troppo tardi, così chiusi gli occhi e cercai di non pensarci. Mi sbottonai frettolosamente i pantaloni e li lasciai semplicemente cadere a terra, convinto che se avessi lasciato fare a lui, ci avrebbe messo (volontariamente) sì e no due anni.
Non so con quale coraggio si mise in ginocchio e cominciò appena-appena a carezzarmi le cosce. Su e giù, sfregando lentamente i polpastrelli contro ogni centimetro della mia pelle. Cominciai quasi a tremare, un po' dal freddo, un po' per l'ansia. Mi sentivo come una verginella alla sua prima volta, dopo tutto il tempo che era passato.
Prese a dipsensare piccoli baci qui e lì, anche lui piuttosto timido rispetto al solito. Aprì un secondo gli occhi per vedere a che punto era e poi, letteralmente, lo implorai.
-Frank, per cortesia..- Fra un respiro profondo e l'altro, cercai di continuare nonostante la voce spezzata.  -Prima dello scoppio della Terza Guerra Mondiale è possibile?- Mi morsi davvero fortissimo il labbro inferiore quando, proprio in quel momento, "arrivò al punto". Mi liberò da quell'inutile restrinzione che in quel momento sembravano i boxer e chiusi nuovamente gli occhi nel tentativo di non venirgli in faccia ancora prima che potesse toccarmi. Non capivo perché, ma adoravo guardarlo. E molto spesso dovevo evitare di farlo proprio per quel motivo..
Cominciò con un ritmo insopportabilmente lento. Dopo tutta quell'attesa, continuava a non voler rinunciare ai suoi giochetti. Così, troppo preso per lasciargli fare, spinsi un po' con i fianchi. Si fermò di scatto e, quando aprì gli occhi, notai che aveva un espressione scocciata. Con le mani bloccò il mio bacino contro le gelide piastrelle del bagno, ma sembrava aver capito il messaggio. Capì che non volevo più tenere gli occhi chiusi, e così gli feci la classica domanda..
-G.. g.. guardami negli occhi.- Gettai fuori le parole per grazia divina, perché veramente, non mi resi conto nemmeno di come riuscì a parlare. Frank, in tutta risposta, alzò lo sguardo verso di me. Gli spostai rozzamente i capelli dal volto e il mio sguardo incrociò nettamente il suo.
Mi resi conto in quel momento che non avrei resistito a lungo; cercai di avvertirlo, eppure proprio niente: le parole sembravano piccoli omini che, pur di non scappare via dalla mia gola, rimanevano attaccati il più saldamente possibile alle mie corde vocali. Gli diedi addirittura uno schiaffetto dietro la testa, ma lui in tutta risposta fece la stessa cosa sulla mia gamba. Pft. Ingrato.
Esplosi con un lungo e rauco gemito, e Frank si allontanò lentamente con la bocca spalancata ed uno sguardo un po' confuso, quasi a chiedermi "ed io che devo farci con questa roba?"
-Butta giù, offre la casa.- Cercai di raccogliere quel po' di lucidità che mi rimaneva, e più o meno tornai a parlare come un normale cristiano. Gli sorrisi, alzando boxer e pantaloni. Frank, invece, era ancora in ginocchio e scosse il capo come in segno di riufiuto. Sbuffai. -Basta un poco di zucchero e la pillola la giù!- Canticchiai con finta convinzione ed enfasi, ma lui alzò gli occhi al cielo e sono convinto che se avesse potuto, avrebbe sbuffato. Andò alla ricerca del distributore di carta igienica, ma lo interruppi subito. -Oh, giuro che se sputi faccio l'offeso.- Aggrottai le sopracciglia e lo osservai mentre, con un espressione da martire, mandava seriamente tutto giù.
-Contento?- Sbuffò, facendomi scappare un risolino soddisfatto.
-Mai stato così contento in vita mia.- Si alzò, abbracciandomi. Forse non era ciò che ci si aspettava dopo un gesto del genere, eppure era così dolce. Frank era così dolce.
-Non lo dicevo per quello..- Cominciò a mormorare. -Anzi, ormai ci sono abituato..- Fece una piccola smorfia e mi strinse ancora più forte. -Più che altro lo dicevo per Emily, che chissà che dovrà pensare quando mi bacierà e sentirà.. ecco..- Si morse il labbro, un po' a disagio per via del fatto che non era abbastanza sfacciato per continuare quella frase.
-Bevi qualcosa.- Lo interruppi, dandogli quello che forse sarebbe stato l'ultimo bacio prima del prossimo compleanno.



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La poesia, come hanno indovinato se non mi sbaglio due di voi, era "I ragazzi che si amano" di Prevert e tipo l'abbiamo studiata a scuola ed io ero tipo.. sdfghjkl, sul serio. E' bellerrima. çwç
Pooooi.. sto seriamente pensando di cambiare il rating della storia, sì. AHHAHAAHHAHAAHAHAAHAH. No, sul serio, perdonatemi tutto ciò, avevo bisogno di scrivere qualcosa di più leggero che non ne potevo più di scene tristi e deprimenti, e penso nemmeno voi, quindi è ok anche così. (?)

Le battute sono tutte frutto delle menti contorte dei miei compagni di classe. Praticamente mi sono trovata ad ascoltare una conversazione "interessantissima" sulle loro prodezze e.. umh.. sì. Ecco. e___e
Al prossimo capitolo, dddai. <3
Baci, xMN.
   
 
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