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Autore: Nebula216    11/03/2012    2 recensioni
"[...] -Dottore... F-Finisca la seduta... per favore.-
Questa richiesta, vicina al pianto, mi lascia basito: lei vuole finire la seduta, non... non mi era mai capitato.
Annuisco, poco convinto, tornando a sedere dietro la scrivania: prendo fiato.
-Famiglia.-
-Affetto.-
-Pistola.-
-Poliziotto.-
Annoto le ultime due risposte, prima di passare all'ultima domanda.
-Auto.-
Ancora silenzio[...]"
Il titolo è ripreso dal film "A Dangerous Method".
Una mini-fic HidanxLara particolare, con il mondo della psicologia come sfondo.
Konan e Jiraya sono delle semplici comparse.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hidan, Jiraya, Konan, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 2
 
23 maggio, ore 16:35
Associazioni Libere

 
La settimana che è trascorsa è stata a dir poco infernale, tanto che penso di aver arricchito non so quante caffetterie a forza di espressi take-away: Lara Scarlett aggira gli ostacoli della sua psiche, non sono riuscito a farla parlare liberamente come avrei voluto e, oltretutto, non ci sono stati progressi.
Controllo ciò che ho scritto sul mio taccuino: non le piace parlare di sé , né per quanto riguarda le sue origini né per la vita personale… si chiude a riccio e, ad ogni visita, non fa che aumentare la sua corazza di spine.
Ormai caduto nel vortice delle riflessioni, tamburello senza batter ciglio la Parker sulla pagina che mi ritrovo ad osservare, nel tentativo di capire cosa fare, come muovermi: non mi sono mai trovato in una situazione simile, di solito la Regola psicoanalitica fondamentale basta.
Sospirando, prendo la tazza contenente il caffè, bevendone un sorso e controllando, a seguito, l’ora: mancano cinque minuti, devo prepararmi al meglio.
Mi tolgo la giacca, oggi di una tonalità grigia chiara, e arrotolo fino ai gomiti le maniche della camicia bordeaux: non fa molto caldo, fortunatamente. Come l’altra volta, sento il rombo di un motore, lo sbattere delle portiere delle auto e le sue urla… sempre più disperate, sempre più terrorizzate.
Stringo la mascella, tamburellando impaziente l’indice sulla superficie lignea della scrivania: anche questa volta strilla, anche questa dannata volta la trattano come uno straccio, quel generale in primis… mi sembrava di esser stato chiaro, penso alquanto irritato dalla situazione.
Li vedo entrare e, subito, faccio capir loro che hanno commesso un errore, il tutto con lo sguardo più truce che riesco a fare: distaccato, professionale, freddo… non importa accigliarsi, bastano queste cose per metterli sull’attenti.
-Ci scusi del rit…-
-Non è per il ritardo che sono irritato… non posso vederla e sentirla urlare così ogni volta… non so cosa fate, ma mandate tutto il mio lavoro a rotoli!-
Se ne stanno zitti, occupati a fissarmi: Jiraya dispiaciuto, il generale scocciato.
Li obbligo ad uscire, per poi concentrare l’attenzione sulla ragazza: anche stavolta trema, anche oggi dovrò calmarla. Faccio per alzarmi, quando la vedo rivolgermi uno sguardo: è fiducioso, o almeno così mi sembra; è difficile capirlo con le lacrime che premono in quelle iridi smeraldine.
La vedo pronta per stendersi sul divanetto, così mi alzo con uno scatto dalla sedia.
-No Lara. Oggi voglio applicare una tecnica diversa.-
Mi osserva confusa, sedendosi lentamente davanti a me, dall’altra parte della scrivania.
Presto più attenzione al suo aspetto, a come mi si presenta oggi: jeans sbiaditi, scarpe da ginnastica chiare, felpa non eccessivamente attillata blu e, sotto quest’ultima, una canotta di microfibra. I capelli, ancora sciolti e scomposti, le coprono il volto, più riposato dell’altra volta: questo mi rallegra un poco.
Cambio pagina nel taccuino, scrivendo, ben nascosto alla sua vista, delle parole alle quali lei dovrà associarne altre; mi guarda curiosa, cerca di intuire quello che voglio provare a fare.
Le sorrido.
-Oggi ti dirò delle parole e tu dovrai dire ciò che ti fanno venire in mente, associarne delle altre.-
-Non capisco…-
Appoggio la penna, pronto per farle un esempio.
-Dimmi una parola, così ti faccio un esempio.-
-…Paura…-
Rimango spiazzato per qualche secondo, prima di continuare.
-Ragni. Vedi? Una cosa così, è come un gioco.-
Annuisce, facendomi riprendere la scrittura delle parole che potrebbero condurmi verso la buona strada: mi viene spontaneo pensare, mentre scrivo, al motivo per cui abbia scelto proprio “paura”.
È per caso ciò che sente?
Che cosa la intimorisce?
Che la stia intimorendo con tutte queste tecniche psico-analitiche?
Probabile.
-Ti spaventano i miei metodi?-
Mi guarda confusa, per poi scuotere la testa.
-No, non è lei a farmi paura dottore.-
Questa formalità mi dà quasi sui nervi: vorrei che potesse fidarsi di me, vorrei che potesse confidarsi e farmi capire cosa la turba.
Non la forzo, non voglio apparire ai suoi occhi come un aggressore, è già abbastanza difficile provare ad intuire la causa del suo disagio.
Torno a scrivere altre parole, dividendo poi la loro parte con una linea verticale precisa, segnando così il “confine” tra le mie parole e quelle che dirà lei; le conto, aggiungendone altre due, per poi guardarla.
-Pronta?-
Le domando.
Ottengo un cenno positivo, così leggo la prima della lista.
-Cane.-
Preferisco partire con qualcosa di semplice.
-Husky-
Mi risponde prontamente.
Trascrivo la risposta nella colonna bianca, prima di dire la parola successiva.
-Fiore.-
-Profumo.-
Annoto anche questa.
-Melodia.-
Aspetta qualche secondo a rispondermi: che sia un primo indizio?
-P-Pianoforte.-
Passo, dopo averla scritta, alla successiva.
-Esercito.-
-Prigione.-
Ecco la sua risposta.
Non posso fare a meno di inarcare un sopracciglio mentre la annoto: lei associa l’esercito ad una prigione… perché?
-Lupo.-
Dico, non ottenendo risposta.
Alzo lo sguardo, vedendola fissare con occhi vuoti il bordo della scrivania: nessuna espressione, nessun sentimento… la sua faccia, in questo momento, ricorda molto una di quelle maschere carnevalesche veneziane.
-Lara? Ehi…-
Si riscuote all’improvviso, come se si fosse risvegliata da un incubo.
-…Cerva.-
Non so se è giusto continuare: la vedo al limite della calma, vedo il suo corpo iniziare a tremare, impercettibilmente, il respiro bloccarsi o aumentare, come se stesse per cadere nel panico.
L’epiglottide si alza e si abbassa, un disperato tentativo di reprimere un conato causato dal nervosismo; è vicina al limite, sta per cedere.
Tempestivamente, la porto nel bagno che comunica con il mio studio, vedendola rimettere i succhi gastrici nel lavandino; le tengo i capelli lontani dal volto, lasciandoglieli solo quando finisce di sciacquarsi la bocca.
-Non voglio insistere di più La…-
-Dottore… finisca la seduta… per favore…-
Questa richiesta, vicina al pianto, mi lascia basito: lei vuole finire la seduta, non... non mi era mai capitato.
Annuisco, poco convinto, tornando a sedere dietro la scrivania: prendo fiato.
-Famiglia.-
-Affetto.-
-Pistola.-
-Poliziotto.-
Annoto le ultime due risposte, prima di passare all'ultima domanda.
-Auto.-
Ancora silenzio: preferisco che non risponda, se devo esser sincero.
Non sta bene, il suo corpo non sta bene e io non voglio peggiorare la sua salute, sia fisica che mentale: non voglio assolutamente distruggerla, non è mia intenzione farla star peggio… da parte mia, sarebbe un gesto contro la professionalità.
Sto per chiudere la penna, quando la vedo fare un piccolo scatto con la testa verso di me, permettendomi di vederle il volto dopo l’attacco di nervosismo: la pelle della faccia, cerea, presenta due occhiaie lievi sotto gli occhi smeraldini, in quel momento vacui e, allo stesso tempo, decisi.
Un brivido mi percorre la schiena, uno strano brivido mai provato nel corso delle mie sedute.
-…Morte.-
Sussurra, continuando a guardarmi.
Le sue sono iridi che chiedono aiuto, perdono… sono occhi che supplicano.
Il bussare insistente della segretaria, accompagnato dalle voci degli uomini, mi risveglia dalla trance nella quale sono caduto: la seduta è finita.
Lara si alza, scusandosi per l’inconveniente del vomito: è imbarazzata, forse non le piace farsi vedere così… così debole; accenno un sorriso e le rispondo che non deve preoccuparsi.
Quando la vedo avvicinarsi alla porta, mi alzo.
-Aspetta Lara. Va bene se spostiamo le future visite verso le 19:30?-
-Va… Va bene dottor Williams.-
Mi risponde, prima di uscire augurandomi di trascorrere una buona serata.
Dottor Williams…
“Maledetta formalità!”
Penso senza rendermene conto. 


Angolo Autrice: Ecco il secondo capitolo di questa mini-fic.
Il prossimo sarà l'ultimo T.T.
Spero che vi sia piaciuto ;-).
Bacioni!
Nebula216 <3


   
 
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