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Autore: Ray Wings    12/03/2012    2 recensioni
Sophie era una ragazza come molte ma con una particolarità: era appassionata dei libri di Tolkien... in particolare "il signore degli anelli". Oltretutto si era talmente immedesimata nel libro che aveva cominciato a provare un certo interesse sentimentale verso uno dei personaggi. Un giorno il caso (o forse no? ;) ) la trascinò sulla terra tanto amata e sognata. Sophie in un primo momento si sentì dispersa e impaurita ma poi comprese di avere un compito e di non essere stata mandata lì per caso. Inizia così un’avventura difficoltosa che le porterà tanti pericoli, ma la sua determinazione e il suo amore saranno tali da aiutarla a trovare sempre la forza di alzare la testa e andare avanti fino alla fine. (N.B. Questa ff è una "riscrittura". Ovvero avevo già scritto questa storia in precedenza ma dato che ero alle prime armi non ne era uscita una cosa molto carina dal punto di vista linguistico. Ora, con la maturazione di oggi, spero di averla resa più interessante)
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Boromir, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Dove diavolo sono? Dove diavolo sono? Dove diavolo sono?”
Domanda che rimbombava nella mia testa come un urlo in cima a una montagna e che, avendo lo stesso effetto, cominciò a trasformarsi in “Ve diavolo sono?... diavolo sono?.... volo sono?....sono?”.
Mi ripresi pian piano e il sentire di nuovo delle lenzuola sotto di me mi rincuorava.
“sono?” continuava l’eco dei miei pensieri.
Riuscii anche ad avere sensibilità nelle dita dei piedi che mossi convulsamente per constatare che ci fossero ancora tutte.
“sono?”.
Ok, stavo sicuramente prendendo conoscenza.
“sono?”.
Mi ricordai dell’esperienza appena avuta.
“sono?”… “sono?”… “sono?”…
<< SONO VIVA!!! >> Urlai aprendo gli occhi all’improvviso e alzandomi a sedere. Ok, sì, ero viva veramente! Che bello! E mi ero sognata tutto perché ero in un letto e non più in mezzo al nulla.
Ma…
Quello non era il mio letto.
Quella non era la mia stanza.
E…quello non era il mio pigiama!!!
Non ci stavo più capendo niente.
<< Dove diavolo sono? >> ecco un’altra volta. Quelle parole ormai sembravano essere le uniche che fossi in grado di dire, se mi avessero chiesto il mio nome in quel momento probabilmente avrei risposto “Dove diavolo sono?” e sarei stata chiamata in quella maniera per il resto della mia vita.
Mi ammorbidii sul letto, non era il caso di irrigidirsi, anche perché stavo cominciando a perdere le speranze di capirci qualcosa. Le risposte sarebbero piovute dal cielo come aveva fatto quell’uccellaccio del malaugurio. Tanto in quel momento non c’erano colline o fiumi, quindi il massimo del pericolo che avrei corso sarebbe stato quello di cadere dal letto.
La porta alla mia sinistra si aprì e una splendida fanciulla vestita di un incantevole abito nero e rosso in velluto si fece avanti guardandomi con gli occhi pieni di allegria.
<< Siete viva allora! >>.
Lei…Possibile che…no, stavo ancora sognando!
Non poteva essere veramente Arwen! Sì, sicuramente stavo sognando, accidenti dovevo fare i complimenti a me stessa al risveglio non ero mai riuscita a sognare qualcosa di tanto realistico.
Intanto però era meglio muoversi che rimanere imbambolata con la faccia da triglia e gli occhi puntati sul vestito dell’elfa come uno scippatore punta la borsetta di una povera vecchietta.
No, forza! Dovevo parlare…dire qualcosa… anche un semplice “Arwen!” con meraviglia. Sarebbe stato già un buon inizio.
<< E bello vedervi sveglia, abbiamo temuto il peggio >> continuava a parlare lei avvicinandosi.
“Forza parla!!!” Mi imponevo “Dì, A-R-W-E-N… non è difficile. Dai su, bocca, ripeti con me AAAAAArweeeennnn”
<< Dove diavolo sono? >> Ecco era proprio quello che intendevo! Forse ero davvero diventata minorata mentale, forse davvero avevo perso la facoltà della parola…e se mischiassi le tre parole dell’unica frase che ero in grado di dire? Chissà che non avrebbero assunto un significato diverso. Magari il dire “Sono diavolo dove?” era un modo per dire “ciao, come stai?”, e se avessi fatto l’anagramma? “Lodo vove disaono?” poteva voler dire “tutto bene, grazie e tu?”.
<< Siete a Gran Burrone, vi abbiamo trovata priva di sensi nel fiume e vi abbiamo dato cure e abiti puliti. Vi sentite meglio? >>
Forza! Era il mio momento! Avevo avuto la mia risposta, ora dovevo mostrare di non aver sbattuto la testa tanto forte da aver rincoglionito quel povero cricetino che correva nella ruota all’interno del mio cervello. Dai, su! Potevo farcela! Bastava aprire la bocca e dire qualcosa che non fosse…
<< Dove diavolo sono? >> E dopo questa potevo benissimo alzarmi, aprire le finestre e provare l’ebbrezza di volare senza l’uso di un paracadute. Arwen mi guardò un po’ torva, e meno male! Io fossi stata in lei avrei reagito anche peggio.
Scossi la testa, dovevo ritornare in me! Assolutamente.
<< Sì..bene >> ehi!! Era già un enorme passo avanti! Facevo grandi progressi, se i commissari dell’Università mi avessero visto apprendere con così tanta bravura l’arte della parola mi avrebbero sicuramente preso………ma non diciamo boiate!! Avrebbero fatto riaprire i manicomi solo per me.
<< Dovete aver battuto forte la testa, penso che abbiate bisogno ancora di un po’ di riposo. Qui siete al sicuro, dormite pure >> E Arwen si impossessa della palla, scarta gli avversari, tira un calcio alla sottoscritta tiraaaa….e fa goallllll!!!! Lo stadio in delirio, stending ovation per la grandissima elfa campionessa della coppa Italia. 
<< Posso sapere solo il vostro nome, prima che vi lasci sola? >>.
Codice rosso!
Codice rosso!
Codice rosso!
Il nome?? Ehi, se mi chiedeva di spiegarle perché E=MC al quadrato sarebbe stato più semplice.
Qual’era il mio nome? Suvvia!! L’avevo ripetuto e scritto così tante volte in quei 22 anni, non poteva essere un semplice trauma da quattro soldi come quello a bloccarmi, nella vita capita di peggio che addormentarsi in camera propria e svegliarsi tra i campi di un libro fantasy e essere attaccata da un oggetto volante non identificato.
Il nome, su. Non era difficile. Una volta ne avevo uno…cominciava per…T…T…Tabaccheria? No, no quello era il nome della donna che vendeva le sigarette a mio fratello. Forse era…C…C…C…cencio? Si, c’era il 90% di possiblità che mi chiamassi Cencio, meglio conosciuta come Straccio!
Aspetta! Straccio.
S… sì!! Cominciava per S!
<< Susanna! >> dissi istintivamente, poi sgranai gli occhi << No! Sterile >> Ma che stavo dicendo?! Cosa gliene poteva importare all’elfa se ero fertile o meno!
<< No, no. S..scuderia! Sole! Stirare! Staffetta! Salmone! Sciacquetta >> No, non era proprio il caso.
<< S…S…>>
<< Non vi ricordate il vostro nome? >> Mi venne incontro Arwen, visibilmente preoccupata.
<< S..sturalavandini! Stolta!!!! >> Non mi arrendevo. Ero sicura cominciava per S, ma qual’era? Beh, forse il nome Stolta non sarebbe poi stato tanto inappropriato per una come me.
<< Sciaquone! >> niente niente! Continuavo a dire cose senza senso! << S…s…S……… Dove diavolo sono? >> ecco, finalmente ero tornata in me e dicevo cose sensate. << Ok, non preoccupatevi >> Mi sorrise Arwen, poveretta cosa le stavo facendo passare. << Riposate ancora un po’, forse più tardi ve lo ricorderete >> E si allontanò dal letto. Io mi ero arresa e mi ripromisi che mai più avrei parlato finchè non fossi tornata a casa.
La guardai andar via ancora più confusa di prima: che dovevo fare? Che stava succedendo? Ma soprattutto..
<< Dove diavolo s…>> Eccolo!!!! Era tornato! Ne ero sicura! << Sophia! >> Urlai così forte da far sobbalzare la povera elfa che entrando nuovamente in camera si guardò attorno convinta che avessi chiamato qualcuno.
<< Sophia >> Ripetei entusiasta, non osai aggiungere altro.
<< Vi chiamate Sophia? Bene, sono contenta che ve lo siate ricordato. >>
Sorrisi entusiasta e mi levai le lenzuola da di dosso. Ovunque ero, per qualsiasi motivo ero lì non osavo riaddormentarmi! Mi trovavo in una bellissima favola e anche se il cervello nella colluttazione con i sassi durante la caduta doveva aver avuto qualche danno alle manopole e ai fili tanto da farmi dire cose prive di logica e fondamento, avrei trovato il modo di passare lo stesso una bella giornata.
<< Ma no! Stendetevi, dovete riposare! >> Tentò di dirmi Arwen ma né io né il cricetino Ruphus del mio cervello l’ascoltammo e uscimmo di corsa dalla stanza ignara del fatto che ero con addosso una vestaglia da notte.
Ok, forse era meglio se rimanevo a letto. Che fossi invecchiata improvvisamente?? Mi tastai la faccia, non c’era traccia di rughe e i miei capelli…li guardai: erano sempre biondi! Ok, non ero vecchia, ma allora perché non riuscivo a stare in piedi? Le ginocchia mi tremavano tanto che dovetti aggrapparmi alla porta per non cadere a terra e sentivo una fitta di dolore partire dal ginocchio sinistro e arrivare fino alla spalla destra.
Un neonato sarebbe stato più capace di me in quel momento. Arwen mi venne incontro e mi aiutò a rimanere in piedi e a non accasciarmi a terra come un pera cotta appena lanciata contro il pavimento, atterrando con un sonoro SPLASH!
<< Dovete tornare a letto, Sophia, non vi siete ancora ripresa completamente, siete gravemente ferita. >>
Ecco risolto l’arcano, appena fossi riuscita a riacquistare il potere della parola l’avrei ringraziata, in quel momento non osavo dire assolutamente niente.
Ok, forse aveva ragione l’elfa, forse avrei fatto meglio a tornare a letto, non riuscivo nemmeno a  reggermi in piedi! Come diavolo avrei fatto a girovagare per quel luogo meraviglioso osservando i magnifici alberi, le stanze decorate in maniera divina, come avrei fatto a conoscere quegli elfi dalle movenze e dalla grazia così eleganti? Come avrei fatto ad ammirare la natura che circondava quel posto, le rocce scoscese delle montagne degne dell’Eden? Come avrei fatto a…. al diavolo!!!!! Non sapevo camminare? Perfetto! Avrei gattonato! E se non riuscivo nemmeno a gattonare avrei strisciato!
“Mettiti tu a letto, Miss Fortuna!”pensai e cercai di raccogliere in me tutte le energie impegnandomi come Goku si impegna per diventare super Sayan. Non mi sarei stupita di vedere i miei capelli rizzarsi sopra la testa e un’aura avvolgermi  rumoreggiando con uno strano “swish swish swish”.
Ok, Sophia, un passo alla volta. Non è difficile. Alzai una gamba “bravissima!!!! Continua così!” esultai dentro di me e tentai di posare la gamba a terra ma non resse il peso del corpo e caddi a terra.
SPLASH!
Ero sicura di averlo sentito.
<< Ohi ohi >> Mugolai. Incredibile!! Avevo detto altre parole.
Andiamo, Sophia!! Non potevo tradirmi proprio in quel momento, Ruphus doveva darmi una mano, poveraccio chissà com’era conciato povero criceto nella mia mente!
In quel momento sentii un rumore di zoccoli provenire da un piazzale poco lontano.
<< Devono essere arrivati i rappresentanti delle razze per il Consiglio di Elrond. >> Disse Arwen più a se stessa che a me.
Mi alzai all’improvviso! Rappresentati delle razze? Consiglio di Elrond? Ero DENTRO la storia!
Cominciai a saltellare gioiosamente andando verso il piazzale, come Heidi saltellava verso le sue pecorelle, e canticchiando la colonna sonora del film a voce così alta che non mi sarei stupita se Arwen fosse corsa da suo padre urlando “E’ posseduta!!! Chiama l’esorcista!”.
Arrivai ad un balcone che dava sul piazzale da cui si poteva accedere attraverso una scalinata fatta con della pietra così bianca da sembrare innevata.
Mi affacciai dal cornicione con gli occhi lucidi e li vidi. Stavano arrivando, uno dopo l’altro: Legolas, Gimli, Boromir e altri nani, elfi e uomini. Ma che sogno stupendo!!! Non mi sarei voluta svegliare mai più! Ma…nei sogni si può provare dolore? Evidentemente sì.
Corsi verso la scala gridando << Ommioddio, ommioddio, ommioddio, ommioddio, ommaaaaaaaaaaahhhhhhhhh >> No, l’ultimo non era un imprecazione e nemmeno un urlo di gioia, era semplicemente il risultato di un piede messo male su uno di quegli scalini assassini e di una scivolata giù. Raggiunsi il piazzale di sedere, ora ero completamente distrutta. Non mi sarei stupita se nell’alzarmi in piedi braccia, gambe e testa si fossero staccate dal resto del corpo, se fossi stata di bulloni invece che di carne e ossa sicuramente mi sarei ritrovata con la testa a pochi metri dal corpo che gridava direttive a quest’ultimo per andare a riprenderla.
<< Tutto bene? >> Un voce!!!!!!!! Spalancai gli occhi…una mano!!!! A pochi centimetri dal mio naso, una mano aperta mi stava parlando! Accidenti quanti calli! Guardai sconvolta la mano, non ricordavo che Tolkien avesse infilato anche mani parlanti nel suo racconto.
<< Sì, più o m…>> fermi tutti. Un polso. Un braccio. Una spalla. Un corpo. Un volto. Oh mamma! Un volto! Una testa! Oh mio Dio! Una testa attaccata a un corpo. Ok, no forse questo non era poi tanto strano, ma…quella testa!
Non UNA testa, ma QUELLA testa.
Boromir.
“Ok, Sophia. Mantieni la calma, hai fatto passi da gigante, puoi benissimo concludere la frase che avevi iniziato anche di fronte all’uomo che per anni hai sognato.” Insomma non era cambiato niente se non che adesso avevo di fronte un…bellissimo corpo scolpito, che si teneva in piedi fiero come uno stallone, con mani callose segno di battaglie affrontate e vinte, mani che avrebbero potuto trasmettere a una ragazza la sicurezza di cui aveva bisogno, e con un viso da uomo rude, da vero uomo! Con una barba ispida ben curata e occhi azzurri come il cielo, così belli, profondi e penetranti.
…..
Per quanto tempo ero rimasta immobile a guardarlo con lo sguardo da tartaruga in pieno orgasmo?
Forse troppo, decisamente troppo, e sicuramente non ero passata inosservata in quanto lo vidi alzare un sopracciglio imbarazzato, sicuramente nessuno gli aveva mai fatto una radiografia tanto accurata.
Bene, era ora di riprendersi. Dovevo, ahimè, parlare. Dai, c’ero riuscita fino a quel momento, sembrava mi fossi ripresa dal momento in cui Heidi era corsa incontro alle sue pecorelle, era facile! Avevo già detto metà della frase, mancava un piccolo passetto per arrivare al traguardo.
Mossi le labbra…ma non uscì suono.
Ok, Sophia, ricorda devi muovere simultaneamente labbra, lingua e far uscire aria facendo vibrare le corde vocali. Non mi era mai parso tanto difficile!
Ok, con il movimento di labbra c’ero.
Ritentai muovendo solo la lingua. Ma che brava!!!
Ok, ritenta sarai più fortunata!
Rimasi a bocca spalancata emettendo un flebile << Eeehhh >>.
“Ruphus maledizione!!! Devi far fare le tre cose contemporaneamente! Smettila di prenderti gioco di me!” Dai, le tre cose separatamente ero riuscita a farle, ora dovevo…
<< Dama Sophia! >> Sentii urlare dalle mie spalle, Arwen mi era venuta dietro…ma perché ci aveva messo tanto ad arrivare? Soffriva anche lei la sindrome del bagnino di BayWatch?
Boromir alzò la testa e guardò Arwen scendere gli scalini per venire verso di me.
<< Mia Signora, Arwen. Ho udito un urlo e ho veduto lei >> disse indicandomi con un cenno del capo << Cadere dalle scale. Temo abbia battuto la testa. >>
Sei arrivato tardi bel fusto, l’avevo già battuta prima chissà quante volte.
<< Glielo avevo detto io che era meglio se rimaneva a riposo un altro po’ nel letto, l’abbiamo trovata questa mattina nel Bruinen priva di sensi e gravemente ferita >>
<< Dove diavolo sono? >> Chi diavolo mi aveva interpellato?!?!?!
<< Credo abbia subito un grosso trauma non fa altro che ripetere questa frase >>.
Trauma? Nessun trauma, semplicemente Ruphus doveva aver esagerato  con le scorte del vino che aveva in cantina.
<< Ora capisco il perché del suo comportamento >> sorrise compassionevole Boromir guardandomi. “Non guardarmi così! Non guardarmi così! Il cuore!!! Qualcuno fermi il mio cuore, sta fuggendo!! Prendetelo!!!”.
Intanto però nessuno si degnava di aiutarmi ad alzarmi! Bah, questi elfi con manie di protagonismo, me ne sarei ricordata mia cara Arwen, avrei avuto la mia dolce e succulenta vendetta.
<< Volete che vi aiuti a riportarla in camera sua? >>, disse il galantuomo. Ma che carino, si era finalmente preoccupato di questa povera disgraziata che spelava le margherite pensando “m’ama non m’ama” mentre aspettava di essere messa in piedi.
<< No, non preoccupatevi >>
VENDETTA!!!!!
<< Elrond vi starà aspettando per cominciare il suo consiglio, non fatelo aspettare ancora >>.
Boromir fece un inchino e si allontanò.
Intanto, nella mia testa, qualcosa di strano stava accadendo. Ruphus aveva alzato la musica a palla e aveva cominciato a ballare cantando a squarciagola “consiglio di Elrond! Consiglio di Elrond!”.
Mi misi a quattro zampe e cominciai a gattonare velocemente nella stessa direzione di Boromir: non dovevo perdermelo!
<< Dama Sophia dove andate! Tornate indietro! >> Disse venendomi vicino a cercando di fermarmi. Non mi sarei stupita se mi fossi voltata di scatto verso di lei ringhiando come un cane minacciato di essere privato della sua cena. Per fortuna ciò non accadde ma mi limitai ad abbaiare
<< Elrond! Elrond >> continuando a gattonare.
<< Volete vedere mio padre? Ora lui è impegnato  in un consiglio in cui non siamo stati invitati, non possiamo avvicinarci a... >> Le impedii di continuare la frase, mi alzai in piedi (se avessi continuato a camminare a quattro zampe sarei arrivata una settimana dopo) e cominciai a correre.
<< Dama Sophia, no! Tornate indietro è proibito avvicinarsi al consiglio segreto! >> Ma inutile, di certo non mi avrebbe fermato con due paroline senza valore come quelle. Nella mia testa Ruphus non faceva altro che urlare “CORRI FOREST!!” e ciò mi bastava a darmi l’energia per continuare a muovere le gambe simultaneamente in quella maniera.
Cominciai a canticchiare la colonna sonora di Forest Gump  e senza avere la più pallida idea di come fossi riuscita, raggiunsi il misterioso consiglio.
Mi accasciai dietro una colonna a riprendere fiato e dare qualche colpo alle gambe per verificare che fossero ancora attaccate al corpo. Non m’ero mai sentita tanto male ma soprattutto non avevo mai messo la mia salute all’ultimo posto della graduatoria dei miei interessi come stavo facendo in quel momento. Arwen si era fermata poco più indietro, voleva mantenere fede al giuramento fatto di non prendere parte al Consiglio, e intanto mi faceva cenni per convincermi ad allontanarmi.
Io, da brava maleducata qual’ero, mi portai un dito al naso facendole cenno di stare zitta e mi sporsi appena appena al di là della colonna per riuscire a vedere qualcosa. Il consiglio era appena iniziato e non ricordo di aver provato mai un emozione tanto forte. Avevo l’affanno e mi tremavano braccia e gambe.
<< Stranieri di remoti paesi, amici di vecchia data. Siete stati convocati per rispondere alla minaccia di Mordor. La Terra di Mezzo è sull'orlo della distruzione. Nessuno può sfuggire. O vi unirete o crollerete. Ogni razza è obbligata a questo fato, a questa sorte drammatica. Porta qui l'Anello, Frodo. >> Cominciò il suo discorso Elrond e Frodo da bravo e obbediente hobbit posò l’anello al centro della sala su un piccolo piedistallo. Era strano ma perfino io riuscivo a percepirne la potenza, era come se sprigionasse tante piccole e invisibili scariche elettriche.
<< Allora è vero >> sentii borbottare Boromir e alzai gli occhi al cielo scuotendo la testa “No, razza di idiota, sei su Scherzi a Parte!” pensai prima di tornare ad origliare.
<< Questo è un dono. Un dono ai nemici di Mordor. Perché non usare l'Anello? A lungo mio padre, Sovrintendente di Gondor, ha tenuto le forze di Mordor a bada. Grazie al sangue del nostro popolo, tutte le vostre terre sono rimaste al sicuro. Date a Gondor l'arma del nemico. Usiamola contro di lui! >>  continuò Boromir alzandosi in piedi e io feci un’altra smorfia. Boromir vantava di saper molte cose e non sapeva che l’anello voleva solo tornare dal suo padrone? Insomma! E’ come se Einstein non avesse saputo che il fuoco se toccato brucia!
Finalmente intervenne Aragorn, l’unico con un briciolo di cervello, il vero saggio della situazione, altro che Cappello a Punta!
<< Non potete servirvene. Nessuno di noi può. L'Unico Anello risponde soltanto a Sauron. Non ha altri padroni. >> “yep, yep” pensai annuendo fiera, manco fossi stata sua madre.
<< E cosa ne sa un Ramingo di questa faccenda? >>  “Sicuramente più di te! Trottolino amoroso, dududu dadada “, è vero, non avevo una grande stima di lui in quel momento, ma solo perché si stava semplicemente rendendo un pochetto ridicolo.
<< Non è un semplice Ramingo. Lui è Aragorn, figlio di Arathorn. Si deve a lui la vostra alleanza. >> Intervenne il mitico Legolas, l’unico elfo che mai abbia ammirato e apprezzato perché era un elfo sveglio, scattante, era aggraziato e letale allo stesso tempo, ma cosa più importante era rapido! Era uno dei pochi elfi che non era caduto vittima della sindrome di Bagnino di Baywatch.
Sì, era il migliore!
<< Aragorn? Questo è l'erede di Isildur? >> Chiese Boromir “Carramba che sorpresa!”.
<< Ed erede al trono di Gondor. >> Colpito e affondato! Legolas risulta vincitore di questa prima fase di battaglia navale.
<< Havo dad, Legolas >> sussurrò Aragorn cercando di calmare i bollenti spiriti dell’amico, ma che bravo ramingo! Se un giorno avessi mai avuto l’occasione di conoscerlo meglio mi sarei messa a sedere davanti a lui pregandolo di raccontarmi qualche storia “raccontaci un’altra storia, papà Castoro”.
<< Gondor non ha un re. A Gondor non serve un re. >> Ottima uscita di scena per un povero perdente.
Il consiglio proseguì a lungo con la spiegazione di Elrond su come distruggere l’anello, col tentativo fallimentare di Gimli di distruggerlo e con una lite degna delle riunioni di condominio del mio palazzo. Il tutto si concluse con la coraggiosa iniziativa di Frodo
<< Lo porterò io! >> Gridò una prima volta, ma nessuno degnò lui di uno sguardo << Lo porterò io! >> urlò ancora e finalmente qualcuno si voltò ad ascoltarlo. Alcuni erano sorpresi, altri spaventati, altri scettici. Povero piccoletto, nessuno aveva fiducia in lui.
<< Porterò io l'Anello a Mordor. Solo... non conosco la strada. >> Disse con l’aria di un povero cerbiatto davanti a un cacciatore. Certo, il farsi vedere così timoroso non era la migliore pubblicità, ma riuscì ugualmente a convincere Elrond e gli altri 8 ad aggregarsi a lui: Gandalf, Aragorn, Gimli, Legolas, Boromir, Sam, Merry e Pipino.
Avrei tanto voluto uscire anch’io gridando “andrò anch’ioooo” come avevano fatto i tre hobbit ma avevo troppa paura di accasciarmi a terra davanti a tutti a causa della mia debolezza gridando “dove diavolo sono?”. Se quella di Frodo non era stata una gran bella pubblicità la mia sarebbe stata pessima. Così strisciai lontano dal circolo del consiglio e riavvicinandomi ad Arwen mi sorbii il suo sermone sul << Siete stata un’incosciente! Aveva trasgredito le regole, mio padre sarà furioso bla bla bla >>.  Ovviamente non ascoltai nemmeno una parola, la mia mente cercava di macchinare un piano per intrufolarmi nella compagnia. Forse il modo migliore sarebbe stato rendere al corrente Elrond, era un elfo saggio e sapevo benissimo che non sarebbe andato in giro a urlare “Questa donna sa tutto!! Vinceremo! Non abbiate timore”. Ma ovviamente per portare a termine la missione dovevo fare una cosa di estrema importanza: PARLARE!
Beh, il fatto che avessi ricominciato a pensare in maniera semirazionale poteva essere segno di un miglioramento, forse il trauma era passato. Mi voltai verso Arwen, potevo benissimo sperimentare su di lei le mie capacità.
<< Dove diavolo sono? >> ok, no, ero un caso perso.
<< Forse, sarebbe meglio che voi riposiate >> Mi disse Arwen seriamente preoccupata. Riposare?? Mai! Dovevo parlare con Elrond in quel preciso istante o non avrei più avuto modo di partire insieme alla compagnia. Perché volevo partire? Diamine! Era il mio sogno, volevo viverlo prima di risvegliarmi! E volevo provare a salvare Boromir, dovevo tirarlo fuori dalla sua condizione di rincoglionimento totale. Era peggio che vedere un drogato dopo una settimana di astinenza. 
<< No >> Avevo parlato!! Evviva! << Dove diav… >> scossi la testa “Su, su Sophia! Concentrati!” << Devo parlare con tuo padre, Arwen >> Evviva!! Su le mani!
<< Con mio padre? >> chiese in un mix di emozioni tra il sorpreso e il felice, finalmente avevo detto qualcosa di sensato. << E…conoscete il mio nome? >>
<< E non solo quello >> dissi guardando Arwen con lo stesso sguardo di uno che cerca di abbordare una bella bionda. << Allora mi porti da tuo padre sì o no? >> La formalità l’avevo buttata alle ortiche, era come una vecchia amica, ci mancava solo che prendendola sotto braccio cominciassi a dirle “Allora Arwen, dimmi un po’ come va la tua vita sessuale con Aragorn?”.
<< Sì, certo, ma non è il caso di mostrarsi a lui in queste condizioni >> Mi guardai, che avevo di sbagliato? Che non le andassero bene le macchie d’erba sul vestito?
<< Siete in veste da notte! >> Mi fece notare. La guardai in un mix tra delusione e lo scocciato, era solo quello??
<< Al diavolo la veste! Voglio vedere Bellicapelli, ora! >> Dissi cominciando a vagare per quei giardini sperando di trovarlo da sola, se avessi aspettato Arwen sarei diventata vecchia.
<< Dev’essere davvero qualcosa di importante se vi turba in questa maniera >> constatò << Vado a chiamarlo, aspettatemi qui >>
<< Fai, fai, io per ammazzare il tempo comincio a scrivere il mio testamento >>, dissi mettendomi a sedere su una panca in marmo in quel meraviglioso giardino.
“E se la mia presenza nella compagnia cambiasse il corso della storia tanto da cambiarne anche il finale?” mi chiesi cominciando a farmi seria.
“Di che devo preoccuparmi? E’ solo un sogno, anche se fosse non succederebbe niente di male. Anche se sembra tutto così reale” mi guardai le innumerevoli ferite su tutto il corpo, non ero mai stata così malconcia. Mi presi una porzione di pelle sul braccio e la tirai usando tutta la mia forza e mi feci malissimo!
<< Ommioddio sono sveglia!! >> Constatai urlando e alzandomi in piedi di scatto. Non era tutto un sogno! Ero veramente lì, ma come diavolo c’ero arrivata?
<< Ed è una bella notizia non pensate? >> disse una voce. Alzai lo sguardo, era Elrond! E aveva sentito ciò che avevo detto! Arwen ci aveva messo molto meno tempo di quanto immaginassi. Sbattei le palpebre un paio di volte, il trauma stava tornando! No! Non in quel momento! Dovevo parlare dicendo cose sensate, dovevo spiegargli che…spiegare cosa? Volevo veramente partire? E se ciò avesse causato la distruzione dell’intera Terra di Mezzo? Non potevo correre questo rischio, ma era anche vero che… se davvero ne avevo la possibilità, mai avrei rifiutato di salvare Boromir.
Sicuramente però prima avrei dovuto diminuire il tempo che mi serviva per fare certe riflessioni, ancora una volta ero rimasta imbambolata di fronte a Bellicapelli.
<< State bene? >> Mi chiese preoccupato, o forse semplicemente scocciato del fatto che fosse stato interrotto per sorbirsi le stranezze di questa ragazza caduta dal cielo, come tutte le disgrazie d’altronde.
<< Sì >> dissi, ok, era un buon primo passo, forza Ruphus non abbandonarmi proprio in questo momento!
<< Io…voglio entrare a far parte della compagnia! >> Ma che brava! Mi ammiravo da sola per le mie incredibili capacità dialogiche.
<< Avete origliato come mastro Sam e gli altri due piccoletti? >>
<< No!! >> dissi istintivamente, non avevo bisogno di origliare per sapere cosa si fossero detti, ma effettivamente…ero stata tutto il tempo dietro la colonna ad ascoltare. << Sì >> ammisi << Ma ciò non ha importanza! L’importante è che io sono…stata mandata >> piccola bugia a fin di bene << Per vegliare sulla compagnia >> L’angelo Gabriele non poteva fare annunciazione di maggior effetto.
<< No, noi vi abbiamo trovato morente nel fiume >>
<< Piccolo incidente di percorso. Messer Auron… >> eh?? Che stavo sparando! << Elrond! >> Mi corressi subito “maledizione Ruphus ti pare questo il momento di giocare a final fantasy??” << Io sono in grado di prevedere il futuro >> Ma quante cavolate stavo sparando? Non sapevo di essere così brava << E so cosa accadrà, quando accadrà e perché accadrà. Forse non dovrei farvi questa proposta perché le cose potrebbero cambiare e i miei poteri…stanno svanendo da quando sono quasi morta nel fiume. Ma so che non tutti arriveranno alla fine di quest’avventura, ci sono persone che perderanno la vita e io posso…vorrei salvarli! >>
<< Dovrei credervi? >>
<< Sì! Vi prego di farmi entrare nella compagnia, sarei in grado di evitare molte spiacevoli situazioni. Però è di estrema importanza che nessuno sappia di cosa sono capace, potrebbero approfittarsene >>.
<< Sai usare la spada? >>.
Maledizione! << No. Ma posso imparare! >>.
 << Saresti solo un peso lo sai? >>
<< Ma io so!!! >> dissi con lo stesso tono che userebbe un gran cattivone nell’urlare “conquisterò il mondo!”.
<< Dimostramelo >> Maledetto elfo dalla poca fiducia! Feci una smorfia, sicuramente i componenti della compagnia si stavano preparando per la partenza. Come potevo dimostrarglielo?
Idea!
<< Vai da Frodo e chiedigli di Pungolo e di una cotta di Mithril. Ha entrambe le cose >>
<< Pungolo? La daga di Bilbo? >>
<< Bilbo proprio in questo momento lo sta regalando a lui, ah e…ha avuto una brutta reazione nel vedere l’anello al collo di Frodo >> Elrond ci pensò su qualche secondo, era poco convinto, poi mi annunciò la sua decisione.
<< Vai a vestirti, io interrogherò Frodo per scoprire se hai detto la verità >> Sorrisi soddisfatta e pregando nel buonsenso del piccolo hobbit di dire la verità trotterellai allegramente verso la mia stanza dove avrei trovato abiti e armi. Armi, puah, come se mi fossero servite. Non sapevo usare il coltello per tagliare il pane, dovevo saper usare una spada? E se invece avessi trovato un arco? Peggio che mai! L’unica volta che ho giocato a freccette ho rischiato di cavare un occhio a un poveraccio posto a qualche passo distante dall’obbiettivo. Arrivai in stanza e trovai stesi sul letto degli abiti, una spada con tanto di fodero e una daga.
Cominciai dagli abiti e cercai di capire come metterli, erano alla fine molto semplici e molto belli. Avevo un corpetto blu a collo alto, smanicato che si chiudeva sul davanti con dei bottoni marroni. Un paio di guanti di tessuto abbastanza rigido da proteggere ma non troppo da impedire i movimenti, lunghi fino appena sotto il gomito. I pantaloni anche questi blu erano molto semplici, molto aderenti così da permettere che si infilassero dentro gli stivali neri in pelle, lunghi fino ai polpacci. Avevo anche un mantello nero bluastro con cappuccio. A questo punto mi concentrai sulle armi e feci una smorfia, sarebbero servite solo a impedirmi i movimenti ancora di più.
Però nonostante tutto erano così belle! La spada era una semplice spada a una mano, in acciaio, l’elsa era molto simile a quella di Aragorn alla fin fine solo che in fondo era lunga sì e no 90 centimetri, la guardia crociata leggermente ad arco verso la lama, l’impugnatura rivestita di pelle nera e sul pomolo incisa una croce greca. Il fodero in legno era rivestito in pelle con l’estremità di metallo. Incluso ovviamente c’era una cintura su cui era appeso il fodero. Era un po’ strano avere questo peso su un fianco, sarei sicuramente diventata gobba al lungo andare e poi…come diavolo facevano gli altri a camminare con questa cosa che picchiava sulle gambe?
Ancora una smorfia.
Povera me.
Presi a studiare invece la daga, anche questa munita di fodero e apposita cintura.
Era molto simile alla spada, anche se l’impugnatura era in legno e non aveva la croce greca incisa sul pomolo che non era tondo ma più…una semisfera. Di lunghezza non superava i 60 centimetri ma era pesante tanto quanto la spada.
<< Se metto uno da una parte e una dall’altra almeno eviterò di sbilanciarmi >> ridacchiai sistemandomi le armi addosso. Mi sentivo così ingombrante! Sul letto era stato posato anche uno scudo tondo in legno, più grande di me! Lo lasciai lì, mi rifiutavo categoricamente di portare quel peso addosso. La spada e la daga sarebbero bastati.
Uscii dalla stanza sentendomi un’eroina delle fiabe, mi sentivo una Dubhe delle Cronache del mondo emerso o perfino una sailor moon. Dovevo fare attenzione a contenermi altrimenti mi sarei messa a urlare in mezzo ai campi “potere del cristallo di luna vieni a me!!” e non sarebbe stato un bello spettacolo.
Feci due passi, stranamente avevo ritrovato le energie per camminare, forse per via dell’emozione o forse perché il trauma era passato. Ma comunque non mi sentivo ancora a mio agio, la spada mi picchiava sempre contro il polpaccio e sapevo che entro una mezz’oretta avrei avuto un grosso livido bluastro quanto il mantello.
Andai nel giardino dove avevamo parlato io e Bellicapelli, mi misi a sedere sulla solita panchina e aspettai che l’elfo mi corresse incontro urlando e pregandomi di prendere parte alla spedizione.
Ero pronta! E anche Ruphus lo era!
“Quando si parte?”

   
 
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