“Dove
diavolo sono? Dove diavolo sono? Dove
diavolo sono?”
Domanda che rimbombava nella mia testa come un
urlo in cima a una montagna e che, avendo lo stesso effetto,
cominciò a
trasformarsi in “Ve diavolo sono?... diavolo sono?.... volo
sono?....sono?”.
Mi ripresi pian piano e il sentire di nuovo delle
lenzuola sotto di me mi rincuorava.
“sono?” continuava l’eco dei miei
pensieri.
Riuscii anche ad avere sensibilità nelle dita dei
piedi che mossi convulsamente per constatare che ci fossero ancora
tutte.
“sono?”.
Ok, stavo sicuramente prendendo conoscenza.
“sono?”.
Mi ricordai dell’esperienza appena avuta.
“sono?”…
“sono?”…
“sono?”…
<< SONO VIVA!!! >> Urlai aprendo gli
occhi all’improvviso e alzandomi a sedere. Ok, sì,
ero viva veramente! Che
bello! E mi ero sognata tutto perché ero in un letto e non
più in mezzo al
nulla.
Ma…
Quello non era il mio letto.
Quella non era la mia stanza.
E…quello non era il mio pigiama!!!
Non ci stavo più capendo niente.
<< Dove diavolo sono? >> ecco
un’altra volta. Quelle parole ormai sembravano essere le
uniche che fossi in
grado di dire, se mi avessero chiesto il mio nome in quel momento
probabilmente
avrei risposto “Dove diavolo sono?” e sarei stata
chiamata in quella maniera
per il resto della mia vita.
Mi ammorbidii sul letto, non era il caso di
irrigidirsi, anche perché stavo cominciando a perdere le
speranze di capirci
qualcosa. Le risposte sarebbero piovute dal cielo come aveva fatto
quell’uccellaccio del malaugurio. Tanto in quel momento non
c’erano colline o
fiumi, quindi il massimo del pericolo che avrei corso sarebbe stato
quello di
cadere dal letto.
La porta alla mia sinistra si aprì e una
splendida fanciulla vestita di un incantevole abito nero e rosso in
velluto si
fece avanti guardandomi con gli occhi pieni di allegria.
<< Siete viva allora! >>.
Lei…Possibile che…no, stavo ancora sognando!
Non poteva essere veramente Arwen! Sì,
sicuramente stavo sognando, accidenti dovevo fare i complimenti a me
stessa al
risveglio non ero mai riuscita a sognare qualcosa di tanto realistico.
Intanto però era meglio muoversi che rimanere
imbambolata con la faccia da triglia e gli occhi puntati sul vestito
dell’elfa
come uno scippatore punta la borsetta di una povera vecchietta.
No, forza! Dovevo parlare…dire qualcosa… anche un
semplice “Arwen!” con meraviglia. Sarebbe stato
già un buon inizio.
<< E bello vedervi sveglia, abbiamo temuto
il peggio >> continuava a parlare lei avvicinandosi.
“Forza parla!!!” Mi imponevo
“Dì, A-R-W-E-N… non
è difficile. Dai su, bocca, ripeti con me
AAAAAArweeeennnn”
<< Dove diavolo sono? >> Ecco era
proprio quello che intendevo! Forse ero davvero diventata minorata
mentale,
forse davvero avevo perso la facoltà della
parola…e se mischiassi le tre parole
dell’unica frase che ero in grado di dire? Chissà
che non avrebbero assunto un
significato diverso. Magari il dire “Sono diavolo
dove?” era un modo per dire
“ciao, come stai?”, e se avessi fatto
l’anagramma? “Lodo vove disaono?” poteva
voler dire “tutto bene, grazie e tu?”.
<< Siete a Gran Burrone, vi abbiamo trovata
priva di sensi nel fiume e vi abbiamo dato cure e abiti puliti. Vi
sentite
meglio? >>
Forza! Era il mio momento! Avevo avuto la mia
risposta, ora dovevo mostrare di non aver sbattuto la testa tanto forte
da aver
rincoglionito quel povero cricetino che correva nella ruota
all’interno del mio
cervello. Dai, su! Potevo farcela! Bastava aprire la bocca e dire
qualcosa che
non fosse…
<< Dove diavolo sono? >> E dopo
questa potevo benissimo alzarmi, aprire le finestre e provare
l’ebbrezza di
volare senza l’uso di un paracadute. Arwen mi
guardò un po’ torva, e meno male!
Io fossi stata in lei avrei reagito anche peggio.
Scossi la testa, dovevo ritornare in me!
Assolutamente.
<< Sì..bene >> ehi!! Era
già un
enorme passo avanti! Facevo grandi progressi, se i commissari
dell’Università
mi avessero visto apprendere con così tanta bravura
l’arte della parola mi
avrebbero sicuramente preso………ma non
diciamo boiate!! Avrebbero fatto riaprire
i manicomi solo per me.
<< Dovete aver battuto forte la testa,
penso che abbiate bisogno ancora di un po’ di riposo. Qui
siete al sicuro,
dormite pure >> E Arwen si impossessa della palla, scarta
gli avversari,
tira un calcio alla sottoscritta tiraaaa….e fa goallllll!!!!
Lo stadio in
delirio, stending ovation per la grandissima elfa campionessa della
coppa
Italia.
<< Posso sapere solo il vostro nome, prima
che vi lasci sola? >>.
Codice rosso!
Codice rosso!
Codice rosso!
Il nome?? Ehi, se mi chiedeva di spiegarle perché
E=MC al quadrato sarebbe stato più semplice.
Qual’era il mio nome? Suvvia!! L’avevo ripetuto e
scritto così tante volte in quei 22 anni, non poteva essere
un semplice trauma
da quattro soldi come quello a bloccarmi, nella vita capita di peggio
che
addormentarsi in camera propria e svegliarsi tra i campi di un libro
fantasy e
essere attaccata da un oggetto volante non identificato.
Il nome, su. Non era difficile. Una volta ne
avevo uno…cominciava
per…T…T…Tabaccheria? No, no quello era
il nome della donna
che vendeva le sigarette a mio fratello. Forse
era…C…C…C…cencio? Si,
c’era il
90% di possiblità che mi chiamassi Cencio, meglio conosciuta
come Straccio!
Aspetta! Straccio.
S… sì!! Cominciava per S!
<< Susanna! >> dissi istintivamente,
poi sgranai gli occhi << No! Sterile >> Ma
che stavo dicendo?! Cosa
gliene poteva importare all’elfa se ero fertile o meno!
<< No, no. S..scuderia! Sole! Stirare!
Staffetta! Salmone! Sciacquetta >> No, non era proprio il
caso.
<< S…S…>>
<< Non vi ricordate il vostro nome?
>> Mi venne incontro Arwen, visibilmente preoccupata.
<< S..sturalavandini! Stolta!!!! >>
Non mi arrendevo. Ero sicura cominciava per S, ma qual’era?
Beh, forse il nome
Stolta non sarebbe poi stato tanto inappropriato per una come me.
<< Sciaquone! >> niente niente!
Continuavo a dire cose senza senso! <<
S…s…S……… Dove
diavolo sono?
>> ecco, finalmente ero tornata in me e dicevo cose
sensate.
La guardai andar via ancora più confusa di prima:
che dovevo fare? Che stava succedendo? Ma soprattutto..
<< Dove diavolo s…>> Eccolo!!!!
Era
tornato! Ne ero sicura! << Sophia! >> Urlai
così forte da far
sobbalzare la povera elfa che entrando nuovamente in camera si
guardò attorno
convinta che avessi chiamato qualcuno.
<< Sophia >> Ripetei entusiasta, non
osai aggiungere altro.
<< Vi chiamate Sophia? Bene, sono contenta
che ve lo siate ricordato. >>
Sorrisi entusiasta e mi levai le lenzuola da di
dosso. Ovunque ero, per qualsiasi motivo ero lì non osavo
riaddormentarmi! Mi
trovavo in una bellissima favola e anche se il cervello nella
colluttazione con
i sassi durante la caduta doveva aver avuto qualche danno alle manopole
e ai
fili tanto da farmi dire cose prive di logica e fondamento, avrei
trovato il
modo di passare lo stesso una bella giornata.
<< Ma no! Stendetevi, dovete riposare!
>> Tentò di dirmi Arwen ma né io
né il cricetino Ruphus del mio cervello
l’ascoltammo e uscimmo di corsa dalla stanza ignara del fatto
che ero con
addosso una vestaglia da notte.
Ok, forse era meglio se rimanevo a letto. Che
fossi invecchiata improvvisamente?? Mi tastai la faccia, non
c’era traccia di
rughe e i miei capelli…li guardai: erano sempre biondi! Ok,
non ero vecchia, ma
allora perché non riuscivo a stare in piedi? Le ginocchia mi
tremavano tanto
che dovetti aggrapparmi alla porta per non cadere a terra e sentivo una
fitta
di dolore partire dal ginocchio sinistro e arrivare fino alla spalla
destra.
Un neonato sarebbe stato più capace di me in quel
momento. Arwen mi venne incontro e mi aiutò a rimanere in
piedi e a non
accasciarmi a terra come un pera cotta appena lanciata contro il
pavimento,
atterrando con un sonoro SPLASH!
<< Dovete tornare a letto, Sophia, non vi
siete ancora ripresa completamente, siete gravemente ferita.
>>
Ecco risolto l’arcano, appena fossi riuscita a
riacquistare il potere della parola l’avrei ringraziata, in
quel momento non
osavo dire assolutamente niente.
Ok, forse aveva ragione l’elfa, forse avrei fatto
meglio a tornare a letto, non riuscivo nemmeno a
reggermi in piedi! Come diavolo avrei fatto a
girovagare per quel luogo meraviglioso osservando i magnifici alberi,
le stanze
decorate in maniera divina, come avrei fatto a conoscere quegli elfi
dalle
movenze e dalla grazia così eleganti? Come avrei fatto ad
ammirare la natura
che circondava quel posto, le rocce scoscese delle montagne degne
dell’Eden?
Come avrei fatto a…. al diavolo!!!!! Non sapevo camminare?
Perfetto! Avrei
gattonato! E se non riuscivo nemmeno a gattonare avrei strisciato!
“Mettiti tu a letto, Miss Fortuna!”pensai e
cercai di raccogliere in me tutte le energie impegnandomi come Goku si
impegna
per diventare super Sayan. Non mi sarei stupita di vedere i miei
capelli
rizzarsi sopra la testa e un’aura avvolgermi
rumoreggiando con uno strano “swish swish
swish”.
Ok, Sophia, un passo alla volta. Non è difficile.
Alzai una gamba “bravissima!!!! Continua
così!” esultai dentro di me e tentai
di posare la gamba a terra ma non resse il peso del corpo e caddi a
terra.
SPLASH!
Ero sicura di averlo sentito.
<< Ohi ohi >> Mugolai. Incredibile!!
Avevo detto altre parole.
Andiamo, Sophia!! Non potevo tradirmi proprio in
quel momento, Ruphus doveva darmi una mano, poveraccio
chissà com’era conciato
povero criceto nella mia mente!
In quel momento sentii un rumore di zoccoli
provenire da un piazzale poco lontano.
<< Devono essere arrivati i rappresentanti
delle razze per il Consiglio di Elrond. >> Disse Arwen
più a se stessa
che a me.
Mi alzai all’improvviso! Rappresentati delle
razze? Consiglio di Elrond? Ero DENTRO la storia!
Cominciai a saltellare gioiosamente andando verso
il piazzale, come Heidi saltellava verso le sue pecorelle, e
canticchiando la
colonna sonora del film a voce così alta che non mi sarei
stupita se Arwen
fosse corsa da suo padre urlando “E’ posseduta!!!
Chiama l’esorcista!”.
Arrivai ad un balcone che dava sul piazzale da
cui si poteva accedere attraverso una scalinata fatta con della pietra
così
bianca da sembrare innevata.
Mi affacciai dal cornicione con gli occhi lucidi
e li vidi. Stavano arrivando, uno dopo l’altro: Legolas,
Gimli, Boromir e altri
nani, elfi e uomini. Ma che sogno stupendo!!! Non mi sarei voluta
svegliare mai
più! Ma…nei sogni si può provare
dolore? Evidentemente sì.
Corsi verso la scala gridando << Ommioddio,
ommioddio, ommioddio, ommioddio, ommaaaaaaaaaaahhhhhhhhh
>> No, l’ultimo
non era un imprecazione e nemmeno un urlo di gioia, era semplicemente
il
risultato di un piede messo male su uno di quegli scalini assassini e
di una
scivolata giù. Raggiunsi il piazzale di sedere, ora ero
completamente
distrutta. Non mi sarei stupita se nell’alzarmi in piedi
braccia, gambe e testa
si fossero staccate dal resto del corpo, se fossi stata di bulloni
invece che
di carne e ossa sicuramente mi sarei ritrovata con la testa a pochi
metri dal
corpo che gridava direttive a quest’ultimo per andare a
riprenderla.
<< Tutto bene? >> Un voce!!!!!!!!
Spalancai gli occhi…una mano!!!! A pochi centimetri dal mio
naso, una mano
aperta mi stava parlando! Accidenti quanti calli! Guardai sconvolta la
mano,
non ricordavo che Tolkien avesse infilato anche mani parlanti nel suo
racconto.
<< Sì, più o
m…>> fermi tutti. Un
polso. Un braccio. Una spalla. Un corpo. Un volto. Oh mamma! Un volto!
Una
testa! Oh mio Dio! Una testa attaccata a un corpo. Ok, no forse questo
non era
poi tanto strano, ma…quella testa!
Non UNA testa, ma QUELLA testa.
Boromir.
“Ok, Sophia. Mantieni la calma, hai fatto passi
da gigante, puoi benissimo concludere la frase che avevi iniziato anche
di
fronte all’uomo che per anni hai sognato.” Insomma
non era cambiato niente se
non che adesso avevo di fronte un…bellissimo corpo scolpito,
che si teneva in
piedi fiero come uno stallone, con mani callose segno di battaglie
affrontate e
vinte, mani che avrebbero potuto trasmettere a una ragazza la sicurezza
di cui
aveva bisogno, e con un viso da uomo rude, da vero uomo! Con una barba
ispida
ben curata e occhi azzurri come il cielo, così belli,
profondi e penetranti.
…..
Per quanto tempo ero rimasta immobile a guardarlo
con lo sguardo da tartaruga in pieno orgasmo?
Forse troppo, decisamente troppo, e sicuramente
non ero passata inosservata in quanto lo vidi alzare un sopracciglio
imbarazzato, sicuramente nessuno gli aveva mai fatto una radiografia
tanto
accurata.
Bene, era ora di riprendersi. Dovevo, ahimè,
parlare. Dai, c’ero riuscita fino a quel momento, sembrava mi
fossi ripresa dal
momento in cui Heidi era corsa incontro alle sue pecorelle, era facile!
Avevo
già detto metà della frase, mancava un piccolo
passetto per arrivare al
traguardo.
Mossi le labbra…ma non uscì suono.
Ok, Sophia, ricorda devi muovere simultaneamente
labbra, lingua e far uscire aria facendo vibrare le corde vocali. Non
mi era
mai parso tanto difficile!
Ok, con il movimento di labbra c’ero.
Ritentai muovendo solo la lingua. Ma che brava!!!
Ok, ritenta sarai più fortunata!
Rimasi a bocca spalancata emettendo un flebile
<< Eeehhh >>.
“Ruphus maledizione!!! Devi far fare le tre cose
contemporaneamente! Smettila di prenderti gioco di me!” Dai,
le tre cose
separatamente ero riuscita a farle, ora dovevo…
<< Dama Sophia! >> Sentii urlare
dalle mie spalle, Arwen mi era venuta dietro…ma
perché ci aveva messo tanto ad
arrivare? Soffriva anche lei la sindrome del bagnino di BayWatch?
Boromir alzò la testa e guardò Arwen scendere gli
scalini per venire verso di me.
<< Mia Signora, Arwen. Ho udito un urlo e
ho veduto lei >> disse indicandomi con un cenno del capo
<< Cadere
dalle scale. Temo abbia battuto la testa. >>
Sei arrivato tardi bel fusto, l’avevo già battuta
prima chissà quante volte.
<< Glielo avevo detto io che era meglio se
rimaneva a riposo un altro po’ nel letto, l’abbiamo
trovata questa mattina nel
Bruinen priva di sensi e gravemente ferita >>
<< Dove diavolo sono? >> Chi diavolo
mi aveva interpellato?!?!?!
<< Credo abbia subito un grosso trauma non
fa altro che ripetere questa frase >>.
Trauma? Nessun trauma, semplicemente Ruphus
doveva aver esagerato con
le scorte del
vino che aveva in cantina.
<< Ora capisco il perché del suo
comportamento >> sorrise compassionevole Boromir
guardandomi. “Non
guardarmi così! Non guardarmi così! Il cuore!!!
Qualcuno fermi il mio cuore,
sta fuggendo!! Prendetelo!!!”.
Intanto però nessuno si degnava di aiutarmi ad
alzarmi! Bah, questi elfi con manie di protagonismo, me ne sarei
ricordata mia
cara Arwen, avrei avuto la mia dolce e succulenta vendetta.
<< Volete che vi aiuti a riportarla in
camera sua? >>, disse il galantuomo. Ma che carino, si
era finalmente
preoccupato di questa povera disgraziata che spelava le margherite
pensando
“m’ama non m’ama” mentre
aspettava di essere messa in piedi.
<< No, non preoccupatevi >>
VENDETTA!!!!!
<< Elrond vi starà aspettando per
cominciare il suo consiglio, non fatelo aspettare ancora
>>.
Boromir fece un inchino e si allontanò.
Intanto, nella mia testa, qualcosa di strano
stava accadendo. Ruphus aveva alzato la musica a palla e aveva
cominciato a
ballare cantando a squarciagola “consiglio di Elrond!
Consiglio di Elrond!”.
Mi misi a quattro zampe e cominciai a gattonare
velocemente nella stessa direzione di Boromir: non dovevo perdermelo!
<< Dama Sophia dove andate! Tornate
indietro! >> Disse venendomi vicino a cercando di
fermarmi. Non mi sarei
stupita se mi fossi voltata di scatto verso di lei ringhiando come un
cane
minacciato di essere privato della sua cena. Per fortuna ciò
non accadde ma mi
limitai ad abbaiare
<< Elrond! Elrond >> continuando a
gattonare.
<< Volete vedere mio padre? Ora lui è
impegnato in un
consiglio in cui non
siamo stati invitati, non possiamo avvicinarci a... >> Le
impedii di
continuare la frase, mi alzai in piedi (se avessi continuato a
camminare a
quattro zampe sarei arrivata una settimana dopo) e cominciai a correre.
<< Dama Sophia, no! Tornate indietro è
proibito avvicinarsi al consiglio segreto! >> Ma inutile,
di certo non mi
avrebbe fermato con due paroline senza valore come quelle. Nella mia
testa
Ruphus non faceva altro che urlare “CORRI FOREST!!”
e ciò mi bastava a darmi
l’energia per continuare a muovere le gambe simultaneamente
in quella maniera.
Cominciai a canticchiare la colonna sonora di
Forest Gump e senza
avere la più pallida
idea di come fossi riuscita, raggiunsi il misterioso consiglio.
Mi accasciai dietro una colonna a riprendere
fiato e dare qualche colpo alle gambe per verificare che fossero ancora
attaccate al corpo. Non m’ero mai sentita tanto male ma
soprattutto non avevo
mai messo la mia salute all’ultimo posto della graduatoria
dei miei interessi
come stavo facendo in quel momento. Arwen si era fermata poco
più indietro,
voleva mantenere fede al giuramento fatto di non prendere parte al
Consiglio, e
intanto mi faceva cenni per convincermi ad allontanarmi.
Io, da brava maleducata qual’ero, mi portai un
dito al naso facendole cenno di stare zitta e mi sporsi appena appena
al di là
della colonna per riuscire a vedere qualcosa. Il consiglio era appena
iniziato
e non ricordo di aver provato mai un emozione tanto forte. Avevo
l’affanno e mi
tremavano braccia e gambe.
<< Stranieri di remoti paesi, amici di
vecchia data. Siete stati convocati per rispondere alla minaccia di
Mordor. La
Terra di Mezzo è sull'orlo della distruzione. Nessuno
può sfuggire. O vi
unirete o crollerete. Ogni razza è obbligata a questo fato,
a questa sorte
drammatica. Porta qui l'Anello, Frodo. >>
Cominciò il suo discorso Elrond
e Frodo da bravo e obbediente hobbit posò l’anello
al centro della sala su un
piccolo piedistallo. Era strano ma perfino io riuscivo a percepirne la
potenza,
era come se sprigionasse tante piccole e invisibili scariche
elettriche.
<< Allora è vero >> sentii
borbottare
Boromir e alzai gli occhi al cielo scuotendo la testa “No,
razza di idiota, sei
su Scherzi a Parte!” pensai prima di tornare ad origliare.
<< Questo è un dono. Un dono ai nemici di
Mordor. Perché non usare l'Anello? A lungo mio padre,
Sovrintendente di Gondor,
ha tenuto le forze di Mordor a bada. Grazie al sangue del nostro
popolo, tutte
le vostre terre sono rimaste al sicuro. Date a Gondor l'arma del
nemico.
Usiamola contro di lui! >>
continuò Boromir alzandosi in piedi e io feci
un’altra smorfia. Boromir
vantava di saper molte cose e non sapeva che l’anello voleva
solo tornare dal
suo padrone? Insomma! E’ come se Einstein non avesse saputo
che il fuoco se
toccato brucia!
Finalmente intervenne Aragorn, l’unico con un
briciolo di cervello, il vero saggio della situazione, altro che
Cappello a
Punta!
<< Non potete servirvene. Nessuno di noi
può. L'Unico Anello risponde soltanto a Sauron. Non ha altri
padroni. >>
“yep, yep” pensai annuendo fiera, manco fossi stata
sua madre.
<< E cosa ne sa un Ramingo di questa faccenda?
>> “Sicuramente
più di te!
Trottolino amoroso, dududu dadada “, è vero, non
avevo una grande stima di lui
in quel momento, ma solo perché si stava semplicemente
rendendo un pochetto
ridicolo.
<< Non è un semplice Ramingo. Lui è
Aragorn, figlio di Arathorn. Si deve a lui la vostra alleanza.
>>
Intervenne il mitico Legolas, l’unico elfo che mai abbia
ammirato e apprezzato
perché era un elfo sveglio, scattante, era aggraziato e
letale allo stesso
tempo, ma cosa più importante era rapido! Era uno dei pochi
elfi che non era
caduto vittima della sindrome di Bagnino di Baywatch.
Sì, era il migliore!
<< Aragorn? Questo è l'erede di Isildur?
>> Chiese Boromir “Carramba che
sorpresa!”.
<< Ed erede al trono di Gondor. >>
Colpito e affondato! Legolas risulta vincitore di questa prima fase di
battaglia navale.
<< Havo dad, Legolas >> sussurrò
Aragorn cercando di calmare i bollenti spiriti dell’amico, ma
che bravo
ramingo! Se un giorno avessi mai avuto l’occasione di
conoscerlo meglio mi
sarei messa a sedere davanti a lui pregandolo di raccontarmi qualche
storia
“raccontaci un’altra storia, papà
Castoro”.
<< Gondor non ha un re. A Gondor non serve
un re. >> Ottima uscita di scena per un povero perdente.
Il consiglio proseguì a lungo con la spiegazione
di Elrond su come distruggere l’anello, col tentativo
fallimentare di Gimli di
distruggerlo e con una lite degna delle riunioni di condominio del mio
palazzo.
Il tutto si concluse con la coraggiosa iniziativa di Frodo
<< Lo porterò io! >>
Gridò una prima
volta, ma nessuno degnò lui di uno sguardo <<
Lo porterò io! >>
urlò ancora e finalmente qualcuno si voltò ad
ascoltarlo. Alcuni erano
sorpresi, altri spaventati, altri scettici. Povero piccoletto, nessuno
aveva
fiducia in lui.
<< Porterò io l'Anello a Mordor. Solo...
non conosco la strada. >> Disse con l’aria di
un povero cerbiatto davanti
a un cacciatore. Certo, il farsi vedere così timoroso non
era la migliore
pubblicità, ma riuscì ugualmente a convincere
Elrond e gli altri 8 ad
aggregarsi a lui: Gandalf, Aragorn, Gimli, Legolas, Boromir, Sam, Merry
e
Pipino.
Avrei tanto voluto uscire anch’io gridando
“andrò
anch’ioooo” come avevano fatto i tre hobbit ma
avevo troppa paura di
accasciarmi a terra davanti a tutti a causa della mia debolezza
gridando “dove
diavolo sono?”. Se quella di Frodo non era stata una gran
bella pubblicità la
mia sarebbe stata pessima. Così strisciai lontano dal
circolo del consiglio e
riavvicinandomi ad Arwen mi sorbii il suo sermone sul <<
Siete stata
un’incosciente! Aveva trasgredito le regole, mio padre
sarà furioso bla bla bla
>>. Ovviamente
non ascoltai
nemmeno una parola, la mia mente cercava di macchinare un piano per
intrufolarmi nella compagnia. Forse il modo migliore sarebbe stato
rendere al
corrente Elrond, era un elfo saggio e sapevo benissimo che non sarebbe
andato
in giro a urlare “Questa donna sa tutto!! Vinceremo! Non
abbiate timore”. Ma
ovviamente per portare a termine la missione dovevo fare una cosa di
estrema
importanza: PARLARE!
Beh, il fatto che avessi ricominciato a pensare
in maniera semirazionale poteva essere segno di un miglioramento, forse
il
trauma era passato. Mi voltai verso Arwen, potevo benissimo
sperimentare su di
lei le mie capacità.
<< Dove diavolo sono? >> ok, no, ero
un caso perso.
<< Forse, sarebbe meglio che voi riposiate
>> Mi disse Arwen seriamente preoccupata. Riposare?? Mai!
Dovevo parlare
con Elrond in quel preciso istante o non avrei più avuto
modo di partire
insieme alla compagnia. Perché volevo partire? Diamine! Era
il mio sogno, volevo
viverlo prima di risvegliarmi! E volevo provare a salvare Boromir,
dovevo
tirarlo fuori dalla sua condizione di rincoglionimento totale. Era
peggio che
vedere un drogato dopo una settimana di astinenza.
<< No >> Avevo parlato!! Evviva!
<< Dove diav… >> scossi la testa
“Su, su Sophia! Concentrati!”
<< Devo parlare con tuo padre, Arwen >>
Evviva!! Su le mani!
<< Con mio padre? >> chiese in un mix
di emozioni tra il sorpreso e il felice, finalmente avevo detto
qualcosa di
sensato. << E…conoscete il mio nome?
>>
<< E non solo quello >> dissi
guardando Arwen con lo stesso sguardo di uno che cerca di abbordare una
bella
bionda. << Allora mi porti da tuo padre sì o
no? >> La formalità
l’avevo buttata alle ortiche, era come una vecchia amica, ci
mancava solo che
prendendola sotto braccio cominciassi a dirle “Allora Arwen,
dimmi un po’ come
va la tua vita sessuale con Aragorn?”.
<< Sì, certo, ma non è il caso di
mostrarsi
a lui in queste condizioni >> Mi guardai, che avevo di
sbagliato? Che non
le andassero bene le macchie d’erba sul vestito?
<< Siete in veste da notte! >> Mi
fece notare. La guardai in un mix tra delusione e lo scocciato, era
solo
quello??
<< Al diavolo la veste! Voglio vedere
Bellicapelli, ora! >> Dissi cominciando a vagare per quei
giardini
sperando di trovarlo da sola, se avessi aspettato Arwen sarei diventata
vecchia.
<< Dev’essere davvero qualcosa di
importante se vi turba in questa maniera >>
constatò << Vado a
chiamarlo, aspettatemi qui >>
<< Fai, fai, io per ammazzare il tempo
comincio a scrivere il mio testamento >>, dissi
mettendomi a sedere su
una panca in marmo in quel meraviglioso giardino.
“E se la mia presenza nella compagnia cambiasse
il corso della storia tanto da cambiarne anche il finale?” mi
chiesi
cominciando a farmi seria.
“Di che devo preoccuparmi? E’ solo un sogno,
anche se fosse non succederebbe niente di male. Anche se sembra tutto
così
reale” mi guardai le innumerevoli ferite su tutto il corpo,
non ero mai stata
così malconcia. Mi presi una porzione di pelle sul braccio e
la tirai usando
tutta la mia forza e mi feci malissimo!
<< Ommioddio sono sveglia!! >>
Constatai urlando e alzandomi in piedi di scatto. Non era tutto un
sogno! Ero
veramente lì, ma come diavolo c’ero arrivata?
<< Ed è una bella notizia non pensate?
>> disse una voce. Alzai lo sguardo, era Elrond! E aveva
sentito ciò che
avevo detto! Arwen ci aveva messo molto meno tempo di quanto
immaginassi.
Sbattei le palpebre un paio di volte, il trauma stava tornando! No! Non
in quel
momento! Dovevo parlare dicendo cose sensate, dovevo spiegargli
che…spiegare
cosa? Volevo veramente partire? E se ciò avesse causato la
distruzione
dell’intera Terra di Mezzo? Non potevo correre questo
rischio, ma era anche
vero che… se davvero ne avevo la possibilità, mai
avrei rifiutato di salvare
Boromir.
Sicuramente però prima avrei dovuto diminuire il
tempo che mi serviva per fare certe riflessioni, ancora una volta ero
rimasta
imbambolata di fronte a Bellicapelli.
<< State bene? >> Mi chiese
preoccupato, o forse semplicemente scocciato del fatto che fosse stato
interrotto per sorbirsi le stranezze di questa ragazza caduta dal
cielo, come
tutte le disgrazie d’altronde.
<< Sì >> dissi, ok, era un buon
primo
passo, forza Ruphus non abbandonarmi proprio in questo momento!
<< Io…voglio entrare a far parte della
compagnia! >> Ma che brava! Mi ammiravo da sola per le
mie incredibili
capacità dialogiche.
<< Avete origliato come mastro Sam e gli
altri due piccoletti? >>
<< No!! >> dissi istintivamente, non
avevo bisogno di origliare per sapere cosa si fossero detti, ma
effettivamente…ero stata tutto il tempo dietro la colonna ad
ascoltare.
<< Sì >> ammisi <<
Ma ciò non ha importanza! L’importante
è
che io sono…stata mandata >> piccola bugia a
fin di bene << Per
vegliare sulla compagnia >> L’angelo Gabriele
non poteva fare
annunciazione di maggior effetto.
<< No, noi vi abbiamo trovato morente nel
fiume >>
<< Piccolo incidente di percorso. Messer
Auron… >> eh?? Che stavo sparando!
<< Elrond! >> Mi corressi
subito “maledizione Ruphus ti pare questo il momento di
giocare a final
fantasy??” << Io sono in grado di prevedere il
futuro >> Ma quante
cavolate stavo sparando? Non sapevo di essere così brava
<< E so cosa
accadrà, quando accadrà e perché
accadrà. Forse non dovrei farvi questa
proposta perché le cose potrebbero cambiare e i miei
poteri…stanno svanendo da
quando sono quasi morta nel fiume. Ma so che non tutti arriveranno alla
fine di
quest’avventura, ci sono persone che perderanno la vita e io
posso…vorrei
salvarli! >>
<< Dovrei credervi? >>
<< Sì! Vi prego di farmi entrare nella
compagnia, sarei in grado di evitare molte spiacevoli situazioni.
Però è di
estrema importanza che nessuno sappia di cosa sono capace, potrebbero
approfittarsene >>.
<< Sai usare la spada? >>.
Maledizione! << No. Ma posso imparare!
>>.
<<
Saresti solo un peso lo sai? >>
<< Ma io so!!! >> dissi con lo stesso
tono che userebbe un gran cattivone nell’urlare
“conquisterò il mondo!”.
<< Dimostramelo >> Maledetto elfo
dalla poca fiducia! Feci una smorfia, sicuramente i componenti della
compagnia
si stavano preparando per la partenza. Come potevo dimostrarglielo?
Idea!
<< Vai da Frodo e chiedigli di Pungolo e di
una cotta di Mithril. Ha entrambe le cose >>
<< Pungolo? La daga di Bilbo? >>
<< Bilbo proprio in questo momento lo sta
regalando a lui, ah e…ha avuto una brutta reazione nel
vedere l’anello al collo
di Frodo >> Elrond ci pensò su qualche
secondo, era poco convinto, poi mi
annunciò la sua decisione.
<< Vai a vestirti, io interrogherò Frodo
per scoprire se hai detto la verità >> Sorrisi
soddisfatta e pregando nel
buonsenso del piccolo hobbit di dire la verità trotterellai
allegramente verso
la mia stanza dove avrei trovato abiti e armi. Armi, puah, come se mi
fossero
servite. Non sapevo usare il coltello per tagliare il pane, dovevo
saper usare
una spada? E se invece avessi trovato un arco? Peggio che mai!
L’unica volta
che ho giocato a freccette ho rischiato di cavare un occhio a un
poveraccio
posto a qualche passo distante dall’obbiettivo. Arrivai in
stanza e trovai stesi
sul letto degli abiti, una spada con tanto di fodero e una daga.
Cominciai dagli abiti e cercai di capire come
metterli, erano alla fine molto semplici e molto belli. Avevo un
corpetto blu a
collo alto, smanicato che si chiudeva sul davanti con dei bottoni
marroni. Un
paio di guanti di tessuto abbastanza rigido da proteggere ma non troppo
da
impedire i movimenti, lunghi fino appena sotto il gomito. I pantaloni
anche
questi blu erano molto semplici, molto aderenti così da
permettere che si
infilassero dentro gli stivali neri in pelle, lunghi fino ai polpacci.
Avevo
anche un mantello nero bluastro con cappuccio. A questo punto mi
concentrai
sulle armi e feci una smorfia, sarebbero servite solo a impedirmi i
movimenti
ancora di più.
Però nonostante tutto erano così belle! La spada
era una semplice spada a una mano, in acciaio, l’elsa era
molto simile a quella
di Aragorn alla fin fine solo che in fondo era lunga sì e no
90 centimetri, la
guardia crociata leggermente ad arco verso la lama,
l’impugnatura rivestita di
pelle nera e sul pomolo incisa una croce greca. Il fodero in legno era
rivestito in pelle con l’estremità di metallo.
Incluso ovviamente c’era una
cintura su cui era appeso il fodero. Era un po’ strano avere
questo peso su un
fianco, sarei sicuramente diventata gobba al lungo andare e
poi…come diavolo
facevano gli altri a camminare con questa cosa che picchiava sulle
gambe?
Ancora una smorfia.
Povera me.
Presi a studiare invece la daga, anche questa
munita di fodero e apposita cintura.
Era molto simile alla spada, anche se
l’impugnatura era in legno e non aveva la croce greca incisa
sul pomolo che non
era tondo ma più…una semisfera. Di lunghezza non
superava i 60 centimetri ma
era pesante tanto quanto la spada.
<< Se metto uno da una parte e una dall’altra
almeno eviterò di sbilanciarmi >> ridacchiai
sistemandomi le armi
addosso. Mi sentivo così ingombrante! Sul letto era stato
posato anche uno
scudo tondo in legno, più grande di me! Lo lasciai
lì, mi rifiutavo
categoricamente di portare quel peso addosso. La spada e la daga
sarebbero
bastati.
Uscii dalla stanza sentendomi un’eroina delle
fiabe, mi sentivo una Dubhe delle Cronache del mondo emerso o perfino
una
sailor moon. Dovevo fare attenzione a contenermi altrimenti mi sarei
messa a
urlare in mezzo ai campi “potere del cristallo di luna vieni
a me!!” e non
sarebbe stato un bello spettacolo.
Feci due passi, stranamente avevo ritrovato le
energie per camminare, forse per via dell’emozione o forse
perché il trauma era
passato. Ma comunque non mi sentivo ancora a mio agio, la spada mi
picchiava
sempre contro il polpaccio e sapevo che entro una mezz’oretta
avrei avuto un
grosso livido bluastro quanto il mantello.
Andai nel giardino dove avevamo parlato io e
Bellicapelli, mi misi a sedere sulla solita panchina e aspettai che
l’elfo mi
corresse incontro urlando e pregandomi di prendere parte alla
spedizione.
Ero pronta! E anche Ruphus lo era!
“Quando si parte?”