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Autore: Ray Wings    12/03/2012    3 recensioni
Sophie era una ragazza come molte ma con una particolarità: era appassionata dei libri di Tolkien... in particolare "il signore degli anelli". Oltretutto si era talmente immedesimata nel libro che aveva cominciato a provare un certo interesse sentimentale verso uno dei personaggi. Un giorno il caso (o forse no? ;) ) la trascinò sulla terra tanto amata e sognata. Sophie in un primo momento si sentì dispersa e impaurita ma poi comprese di avere un compito e di non essere stata mandata lì per caso. Inizia così un’avventura difficoltosa che le porterà tanti pericoli, ma la sua determinazione e il suo amore saranno tali da aiutarla a trovare sempre la forza di alzare la testa e andare avanti fino alla fine. (N.B. Questa ff è una "riscrittura". Ovvero avevo già scritto questa storia in precedenza ma dato che ero alle prime armi non ne era uscita una cosa molto carina dal punto di vista linguistico. Ora, con la maturazione di oggi, spero di averla resa più interessante)
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Boromir, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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<< Io ti avrei seguito, fratello mio, mio capitano…mio Re >>.
Stop.
Rewind.
<< Io ti avrei seguito, fratello mio, mio capito…mio Re >>.
Stop.
Rewind.
E ancora, stop, e ancora rewind, finchè il sonno non mi avrebbe preso di nuovo con sé, come tutte le notti. Non ne capivo bene il motivo, ma adoravo quella scena, mi commuoveva, mi rallegrava, mi rattristava. E quanti sogni facevo, forse troppi, data la mia età avrei dovuto smettere di farmi certi filmini mentali già da tempo.
“22 anni e ancora sogni di prendere parte a certe meravigliose avventure, come una bambina sogna di aspettare il suo principe azzurro, su un cavallo bianco, attendendolo in una una torre…e magari tale principe ti avrebbe anche gridato << Raperonzolo sciogli i tuoi capelli! >>”. Era ridicolo, non c’era che dire, infatti per questo che tenevo per me le mie passioni e le mie ridicole fantasie. 22 anni di fallimenti però erano stati abbastanza convincenti, le fantasie erano le uniche casupole con caminetto acceso in mezzo a boschi in piena pioggia.
Reclinai la testa all’indietro poggiando la nuca sul letto, sospirando e lasciando cadere morbidamente la mano lungo il fianco fino a toccare il caldo parquet su cui ero seduta abbastanza disordinatamente.
Insomma, a ventidue anni si spera che una si sia realizzata in qualche modo, ma per me era impossibile. Forse per colpa mia, o forse NON per colpa mia, o forse entrambe le cose. A scuola non ero mai stata una cima, non che fossi una bulletta in piena crisi adolescenziale mossa solo dall’istinto di ribellione verso qualcosa che nemmeno conoscevo, ma solo perché adoravo leggere e preferivo perdere le giornate dietro qualche bel libro fantasy anziché dietro numeri o pensieri di filosofi morti secoli prima. E poi c’è anche da dire che sono sempre stata una con…1 pelo per ogni lingua. In parole povere non pensavo prima di parlare e dicevo tutto, ma proprio tutto, e questo molte volte mi è costato un cinque in condotta. Un insieme di cose che mi hanno portato allo sfracello, a litigi in casa, e a un paio di anni in più da passare entro le mura del liceo. Solo ora mi rendo conto dell’importanza di fare un paio di nodi alla lingua e di quanto la gente potente abbia….potere su di te.
E l’università?? Non ne parliamo! Mamma mi aveva dato una sola possibilità “o entri, o vai a lavorare”, non che mi volesse male, ma non aveva le forze economiche adeguate per aiutarmi negli studi quindi o dimostravo di volermi impegnare davvero o davo una mano in casa con altri mezzi.
Forse ecco perché molti miei compagni hanno tentato il test d’ammissione a più università, ma io ero testarda! Volevo fare veterinaria e ho provato solo lì con un ottimismo che  mi ha portato maggiori delusioni quando vidi la mia posizione in graduatoria.
Inutile insistere, ero una fallita e tale sarei rimasta. Continuai allora nella mia passione di lettrice e scrittrice lavorando come barista in un pub non molto lontano da casa mia, lavoro che DETESTAVO. La maggior parte degli uomini che entravano lo facevano solo con l’intenzione di ubriacarsi e portarsi a letto la barista, l’unica del locale, IO! Ogni volta che mi allontanavo da quei bulletti temevo che all’uscita dal locale li avrei trovati con spranghe e catene tra le mani, odiavo, odiavo con tutta me stessa quella vita! Miseriaccia!
Ecco perché la fantasia, i libri e i film erano la mia unica finestrella per respirare un po’ d’aria pulita di campo dopo un’intera vita in città tra smog e odore di cassonetti pieni.
Ok, forse esageravo. Ma d’altronde che opportunità avevo di fronte a me? Nessuna!
E allora eccomi lì, davanti a un televisore mentre mi guardo per la…penso sia stata la 25esima volta, Il signore degli anelli. Storia a dir poco meravigliosa, la conoscevo tutta a memoria! E come può capitare a chiunque nell’appassionarsi a una storia ci si appassiona a un personaggio in particolare, che sia un protagonista o meno, c’è sempre qualcuno che ci affascina di più rispetto agli altri.
Per me era lui.
Incredibile, ma vero.
La sua figura di uomo fiero e valoroso, che si vuol dimostrare di ferro ma in realtà è debole tanto da arrivare a tradire i propri compagni.
Lui, l’Uomo per eccellenza, colui che pentendosi del suo errore si è sacrificato per i suoi amici, colui che è morto con valore.
Lui, la figura più tormentata di tutta la storia, quello che subisce una guerra maggiore al suo interno rispetto a quella che combatte con spada e scudo.
Lui.
Boromir.
Era incredibile come era riuscito a rendermi completamente partecipe dei suoi sentimenti nonostante l’autore e il regista non ne parlino poi in maniera troppo approfondita, ma infondo era questo il bello: il lasciar spazio alla mia immaginazione, era come per un uomo vedere una donna con una lunga gonna che le lascia scoperte solo le caviglie. Lo eccita di più che di una donna in minigonna perché lascia spazio all’immaginazione che può rendere le cose ancor più belle e interessanti di quello che in realtà siano.

Senza spostare lo sguardo da sopra il soffitto spensi il televisore e mi trascinai a peso morto sul letto, dove mi addormentai all’istante. Era stata una giornata pesante e fare le 5 per vedere di nuovo il DVD del Signore degli Anelli non era stata la cosa migliore quel giorno.
Eppure dormii beatamente, cullata dalla magnifica voce di Enya, udendo in lontananza spade che si incrociavano e scudi che si spezzavano. Un corno in richiesta di aiuto.
E poi, non contenta di ciò che avevo appena visto con gli occhi, vidi anche con la mente, nei miei sogni, quel volto da uomo rude che tanto mi affascinava e il momento della sua valorosa caduta.
A volte mi chiedevo come sarebbe proseguita la storia se lui si fosse salvato, se Aragorn fosse arrivato prima, se Merry e Pipino non fossero stati così sciocchi da attirare l’attenzione su di loro per poi lasciarsi catturare.
Cosa avrei dato per riuscire a vedere il suo volto, accarezzare, sfiorare con la punta delle dita il sangue che colava al di fuori del suo corpo, sentirne il calore, magari anche aiutarlo, salvarlo e…poter sentire sulle sue labbra il sapore della morte appena sconfitta.
Molte volte ci avevo pensato, così tante da farne diventare una vera e propria ossessione, avevo scritto tante volte su un pezzo di carta come mi sarei comportata in caso, una fan fiction  su come lo avrei salvato e come me ne sarei innamorata.
Un altro sospiro, impercettibile nella notte.
Urla.
Urla nel fuoco.
E un occhio che guarda il mondo che presto farà suo.
Non fu un sogno tranquillo quello, aveva sognato i magnifici paesaggi della Nuova Zelanda usati da Peter Jackson nel suo film, ne aveva immaginati di nuovi, aveva visto volti e baciato labbra morenti. Ma ovunque c’era morte, distruzione, la fine, l’oscurità che in un abbraccio di fiamme ingoiava quel meraviglioso mondo che era la Terra di Mezzo.
La fine.
O forse… l’inizio.

Il risveglio fu altrettanto spaventoso, forse più del sogno. Anzi, no, sicuramente più del sogno. Mi ero addormentata beata tra le fresche lenzuola, ritirate quella sera stessa dal bucato, abbracciando il mio orsetto (ebbene sì, dormivo con un orsetto) e mi ero risvegliata su un prato bagnato di rugiada, con il sole che mi abbagliava nelle sue prime ore del giorno e abbracciata a un sasso sporco di fango, muffe e muschio.
Spaventata mi alzai in piedi, eppure ero sempre in pigiama, segno che non ero giunta lì dopo una sbornia al pub con gli amici. Ero veramente andata a dormire. Che fossi sonnambula? Sì, ma anche fosse… come diavolo avevo fatto ad arrivare in quel posto sconosciuto? Non c’era l’ombra della città nemmeno se guardavo verso l’orizzonte, solo prati, boschi, sassi e colline. Un fiume scorreva poco più avanti, ai piedi di quella collinetta su cui mi ero svegliata, molto carino a vedersi ma
<< DOVE DIAVOLO SONO?? >>.
Ok, ero in preda al panico più accecante. Cercai di fare mente locale: ero in pigiama nel bel mezzo del nulla, la sera prima ero nella mia camera e adesso mi trovavo lì… nel bel mezzo del nulla!!!! Nulla!
Però in quel nulla doveva esserci per forza qualcosa, qualcosa che forse riposava beatamente e che il mio grido aveva svegliato. Sentii un urlo di uccelli dietro di me, un urlo terrificante che mi fece venire i brividi a partire dal tallone fino alla punta dei miei capelli biondi sparati verso l’alto grazie al fango che aveva fatto da gel.
Mi voltai improvvisamente sicura che quell’urlo fosse provenuto da dietro di me e non mi sbagliai. Un grosso uccello nero volò a qualche centimetro dalla mia testa urlando chissà quale maledizione contro chissà chi. Non che la cosa mi interessasse più di tanto, ma quella planata e quelle sue imprecazioni in uccellesco causarono la mia caduta giù per la collina. Rotolai come una pallina ferendomi con qualche sassolino e sporcandomi tanto da sembrare che avessi fatto una tinta ai capelli per diventare mora con meches verdi e un operazione chirurgica alla pelle per diventare marocchina.
Non ebbi purtroppo modo di constatare troppo i danni in quanto una volta arrivata in fondo e caduta nel fiume avevo già perso i sensi. Mi salvai solo grazie ad un tronco e alla forza della disperazione che prima di abbandonarmi insieme ai sensi  mi aveva portato ad abbarbicarmi come un’edera a questo mia ciambella con paperella improvvisata.

   
 
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