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Autore: _AleAle_    12/03/2012    1 recensioni
Le ultime ore di vita di Tonks.
L'addio a Teddy ed Andromeda, la battaglia di Hogwarts, il ritrovamento di Remus, la morte che la colpisce, il ricordo del figlio e della madre anni dopo.
In ricordo di uno dei migliori personaggi creati dalla Rowling.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Tonks, Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Teddy Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Disclaimer: i personaggi non mi appartengono, sono di proprietà di JK Rowling, la storia è stata scritta per mero diletto personale e non ha alcuno scopo di lucro, ecc ecc...
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Salve a tutti, questa breve one-shot, come ho scritto nell'introduzione, parla degli ulltimi momenti di vita di Tonks, personaggio che personalmente amo molto.
Spero vi piaccia e spero che avrete voglia di recensire, ringrazio sin da ora chiunque lo farà.
Buona lettura!
Un bacione,
Ale
Ps. il titolo è ripreso dall'omonima canzone di Levi Kreis.




I should go







Sempre gli stessi, soliti passi.
Sempre la stessa, vecchia ninna nanna.
Sempre la stessa minuscola manina aggrappata alla ciocca di capelli rosa cicca della mamma.
Con Teddy tra le braccia, Tonks perdeva improvvisamente la sua proverbiale goffaggine, non avrebbe mai fatto cadere il suo bambino.
Era una sera di maggio, le finestre del piccolo appartamento della Londra Babbana erano completamente spalancate per far entrare la brezza fresca della sera.
Era una serata strana, pensava Tonks, sembrava come se dovesse succedere qualcosa da un momento all’altro, persino l’aria era elettrica e carica d’attesa.
Per la prima volta da quando era nato suo figlio, Dora teneva la bacchetta infilata nella tasca dei logori jeans.
Prima di allora non lo aveva mai fatto, non voleva tenerla vicino a un Teddy così piccolo, ma qualcosa le diceva che in quel momento non doveva farsi trovare impreparata.
Guardò di sfuggita l’orologio, Remus era in ritardo.
Sospirò spostando una ciocca di capelli verdi dagli occhi di suo figlio.
Quando il piccolo sognava si allungavano e cambiavano colore senza che lui potesse accorgersene, per poi tornare azzurri e corti quando si svegliava.
Mentre posava Teddy nel suo lettino, l’aria dietro Tonks si mosse e lei si girò di scatto, sfoderando la bacchetta al contempo.
Non c’era nessuno, nessun essere umano perlomeno.
Si accorse che la stanza iniziava ad essere illuminata di una luce azzurrina, provocata dalla palla argentea che brillava a mezz’aria di fronte a lei.
“Remus…” mormorò mentre il Patronus assumeva la forma di un lupo.
Hogwarts si prepara alla battaglia, devo andare” disse la calda voce di suo marito “ti prego, Ninfadora, resta a casa e non fare sciocchezze. Da un bacio a Teddy da parte mia. Ti amo, e tornerò”.
Mentre la creatura di luce scompariva Dora sentì le gambe cedergli, cadde in ginocchio e si portò le mani alla testa.
Suo marito stava andando a rischiare la vita, come poteva chiederle di rimanere a casa?
Si alzò e si diresse verso la culla, accarezzando i capelli del piccolo con un gesto meccanico mentre i suoi occhi, senza volerlo, si posarono sulla bacchetta che giaceva a terra.
Non poteva restare li, non poteva sopportare di non sapere, e in un attimo decise.
Raccolse la bacchetta e strinse Teddy tra le braccia, entrò nel camino e svanì in un vortice di fiamme verdi.
 
“Pensa al bambino, per Merlino, pensa a Teddy!” urlò Andromeda in preda al panico, seguendola nella sua vecchia stanza dove tempo prima era stato messo un lettino per il piccolo.
“Shhhhhhh! Lo sveglierai!” ribatté con i capelli che viravano dal combattivo nero all’irritato rosso.
“Non andare Ninfadora, ti prego! Stanno evacuando la scuola, stanotte sarà il posto più pericoloso del mondo!”
Ma Dora non rispose, si abbassò sul suo bimbo e gli baciò la fronte.
“Mamma e papà ti amano tanto, Teddy” sussurrò, mentre una lacrima solitaria le rigava il viso.
Per qualche motivo, nella sua testa era certa che fosse un addio.
Si concesse un ultimo sguardo, poi si voltò verso sua madre.
“Promettimi che ti prenderai cura di lui” le disse.
La donna si era sciolta in lacrime da un pezzo.
“Non andare, ti prego” la supplicò.
La ragazza gli prese le mani, fissandola intensamente negli occhi.
“Lasceresti papà andare da solo?” le domandò.
“È proprio per questo che ti chiedo di restare!” strepitò “ci saranno chissà quanti Mangiamorte, forse Tu Sai Chi in persona! Ho già perso mio marito, non voglio perdere mia figlia!”
Dora non rispose, le si avvicinò e le baciò la fronte.
“Ciò che conta è che Teddy sia al sicuro” disse “e so che con te sarà così. Ti voglio bene, mamma”.
L’altra strinse le mani della figlia quasi fino a farle male, supplicandola un’ultima volta.
Tonks non rispose, si voltò e diede un ultimo sguardo al piccolo, poi si lanciò di corsa per le scale.
 
Dora si accasciò a terra accanto al corpo del marito, piangendo tutte le lacrime che aveva in corpo.
Aveva setacciato la scuola in lungo e in largo, poi l’aveva trovato davanti alla Sala d’Ingresso.
Era li, a terra, con la battaglia che imperversava intorno a lui.
Fregandosene di ciò che accadeva tutt’intorno, di chi era appena stato colpito, ferito, ucciso, si inginocchiò e gli strinse le mani, baciandogli le labbra e appoggiandosi al suo petto.
“Me lo avevi promesso” singhiozzò “mi avevi promesso che saresti tornato”.
Sentì dei passi dietro di lei, ma non ebbe le forze di voltarsi a guardare chi fosse.
Forse avrebbe avuto il tempo di difendersi, forse no, ma quando sentì quelle due parole che firmavano la sua condanna a morte accarezzò la guancia del marito, poi chiuse gli occhi.
Nella luce verde vide un Teddy adulto e felice di fronte a lei, e certa di come sarebbero andate le cose, Tonks si lasciò andare.
 
“Nonna, perché io non ho un papà e una mamma come tutti i bambini?” chiese Teddy ad un certo punto, alzando gli occhi dai giocattoli di fronte a lui.
Andromeda accarezzò dolcemente i capelli turchesi del piccolo.
“Perché sono in cielo, tesoro” rispose.
Il bimbo mise su un’espressione dubbiosa.
“E perché ci sono andati? Non mi volevano bene?” domandò spaventato.
“Certo che no” lo rassicurò lei “il tuo papà e la tua mamma ti amavano tantissimo, sono in cielo perché sono eroi”.
Il bambino annuì, sembrando accettare quella risposta.
“Nonna?” la richiamò poco dopo.
“Si tesoro?”
“Posso diventare anche io un eroe?”
Andromeda lo prese tra le braccia e lo strinse a sèò
“Lo sei già, sei il piccolo grande eroe” rispose tra le lacrime di commozione.
Felice di essere come i genitori, Teddy sorrise.

  
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