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Autore: Claire Knight    12/03/2012    5 recensioni
Laila è una ragazza con un passato da ricostruire, lo insegue tra le vie alterne che il futuro le propone di percorrere, sulle tracce di un nome che le ha cambiato la vita. Il suo non può definirsi un lavoro del tutto in regola, ma le ha offerto tutto ciò che fino a questo momento l'ha resa ciò che è. La sua avventura comincia in un triste e tormentato giorno di novembre, avventura che, volente o nolente, la porterà a spolverare vecchi ricordi sepolti, a prender scelte importanti che segneranno il suo percorso non meno del suo travagliato passato; tutto comincia nel disordinato locale della sua gilda, quando una misteriosa figura fa il suo ingresso nella vita, già di per suo complicata, di Laila. A complicare ancor di più la sua storia personale, che verrà imemdiatamente soffocata da vicende più impellenti, entreranno in scena le problematiche sociali del suo tempo, le insidie del coverno del re Grinfis ed i primi focolai di rivoluzione...
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Questa è una storia a stampo "originale", se così vogliamo chiamarla, iambientata in un mondo completamente differente da quello dei nostri cari Inazumiani. Questa storia è dedicata interamente a Niki_White, come regalo di compleanno, anche se decisamente in ritardo.
Dunque, ora vi lascio al testo, se la trama vi ha intrigato. Buona lettura.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Buona sera.
E' da tanto che non mi faccio sentire, vero? Non penso che tuttavia vi sia dispiaciuto non avere più tra i piedi le mie orripilanti shot... coff coff. Dicevo, questo è il preambolo di una nuova long, che dedico come regalo di compleanno alla mia Nicole (Niki_White). Sono in ritardo megagalattico, lo so, ma meglio tardi che mai. Ad ogni modo, la protagonista è ispirata, in particolare, a Laila Vasiliiu della sua bellissima storia Black Lady, e consiglio a chiunque stia leggendo ora di darle almeno un'occhiata.
Detto ciò, perciò, ora vi auguro una buona lettura.




1. La prima lama.


Era il tramonto calmo di una giornata tempestosa, ed il mare risplendeva dei caldi colori della sera, sfumando a poco a poco nel cielo scuro della notte. Amava ascoltare il mare, il quasi ritmico scrosciare dell'acqua contro gli scogli. Con gli occhi costeggiò il profilo della città, già accesa di piccole luci, riflettersi sull'acqua in lontananza. Ogni volta che vedeva il mare si ricordava delle giornate passate sulla spiaggia con la sua famiglia, le risa, i dispetti tra fratelli. Non che se ne rammentasse senza una certa malinconia. La sua famiglia era morta, e lei rimasta orfana a soli sei anni. Dei suoi genitori ricordava a tratti qualche stralcio di viso, del fratello invece solo i suoi limpidi occhi azzurri. Ma di tutti la voce, solo quella era rimasta viva nel suo cuore. La sentiva nella testa quando fuori c'era silenzio; era certa che avrebbe potuto riconoscerla anche dopo tanto tempo, se solo fosse stato possibile.
Si alzò in piedi con non poca reticenza quando una voce – reale -, quella di Adeh, suo compagno di lavoro, la richiamò dall'interno della casetta che fungeva da base generale. A sentir lui, il capo aveva intenzione di far loro una lavata di testa, come spesso succedeva in quel gruppo di casinari, oppure - cosa molto più rara ma non meno improbabile – aveva da riferire qualcosa di importante: il suo non poteva ritenersi certamente un lavoro pulito, lei stessa lo riconosceva, ma era l'unico che aveva mai potuto praticare, l'unico che la vita le aveva offerto.
Con una mano ripulì i pantaloni scuri dai residui di terra e polvere e, prendendo velocemente la giacca poggiata alla ringhiera sulla scogliera, si diresse a passo veloce verso la porta. Ancor prima di aprirla sentì che da dentro proveniva un caos di voci e grida. Sorrise tra sé ed entrò.
All'interno, la base era sottosopra: un gruppo di uomini giocava a carte ad un tavolo, probabilmente erano tutti ubriachi; negli angoli invece si aggrumavano i volti di quelli più umili, sia di spirito che di fatto, con la paura perennemente dipinta in faccia ed il cuore lacerato dalla vergogna. Quelli, probabilmente, passavano ancora la maggior parte del loro tempo a domandarsi in che modo fossero arrivati in quel buco scuro e con le travi impregnate fino al midollo di vino ed alcol. Avrebbero fatto meglio a smettere di rimpiangere il passato ed utilizzare il loro tempo in modo più fruttuoso ed utile, proprio come aveva fatto lei. Lei non rimpiangeva nulla della sua vita, lei non avrebbe potuto ricevere nulla dal suo passato. Sperava fermamente nel futuro, ma ciò non significava affatto che avesse rinunciato ai suoi ricordi: lei inseguiva il suo passato nel futuro, perché l'uomo responsabile della scomparsa della sua famiglia era ancora vivo, e lei lo avrebbe trovato ad ogni costo.
Si diresse a passo regolare e misurato fino al solito tavolo, ignorando e scansando stizzita le mani che i commensali allungavano per toccarla. Senza contare che lì dentro molti erano ubriachi dalla mattina alla sera, da che mondo e mondo un uomo non provava il desiderio di mettere le mani addosso ad una bella ragazza? Ma lei era abituata ad essere oggetto di quel tipo di attenzioni e risolveva il tutto senza mostrare né imbarazzo né interesse. Era il modo migliore per evitare spiacevoli incidenti. Inoltre, nella sua vita non c'era spazio tanto per il sesso quanto per l'amore.
Giunta al suo posto, s'accostò ai suoi compagni e alla sua superiore. Questa era una donna ancora abbastanza giovane, ma nessuno ne conosceva l'età precisa, lei in prima persona non rammentava quasi nulla del proprio passato se non gli avvenimenti successivi al suo primo incontro con il capo. Si faceva chiamare Aika e tutti così la chiamavano. Riguardo al nome, non aveva mai risposto alle domande curiose che la gente le aveva rivolto: probabilmente non era quello che le avevano dato i suoi genitori, ammesso e non concesso che ne avesse mai avuti, e lei non aveva mai svelato il perché di quella scelta. A parte il suo passato oscuro e travagliato, era uno dei membri più intelligenti e abili della gilda*, ma anche una persona silenziosa ed incredibilmente malinconica.
La ragazza nutriva per lei grande stime e fiducia e, spinta da una vena di curiosità, le si accostò: < Ciao Aika > salutò.
< Buona sera > sbadigliò l'altra, inclinando stancamente la testa di lato.
< Hai idea di cosa voglia dirci il Master? >.
< Uhm... no, ma probabilmente qualcosa di importante... è da tanto che non convoca una riunione generale... >.
La conversazione sembrò finire così, con Aika che tornava ai suoi inafferrabili pensieri, ma lei stessa si riscosse quasi subito e, con la voce di un bambino che, dopo aver rubato una caramella, sentendosi in colpa, torna dalla mamma a dirle la verità, sussurrò: < Scusami se non sono venuta agli allenamenti oggi... il capo mi aveva affidato un lavoro importante >.
< Se il Master ti aveva ordinato di fare qualcosa dovevi farlo, non preoccuparti... ci rifaremo domani >.
< E come vanno le ricerche? >.
L'altra sospirò, < Come potrebbero andare? >.
< Non hai trovato nessuna informazione utile chiedendo in città? >.
< Affatto... >, la ragazza prese a giocare con il guanto che indossava alla mano destra, < ricordano di quell'incidente quasi come fanno i veterani con le antiche leggende: come se non fosse mai accaduto davvero >.
< Capisco > sentenziò Aika, con il tono di chi sa di non poter far molto per migliorare la situazione. Chiamò con un cenno della mano la ragazza che stava al bancone e ordinò un caffè, ignorando bellamente gli sguardi straniti degli alcolisti d'intorno.
Nel frattempo, la ragazza si guardò attorno. Il suo sguardo fu catturato da un bagliore fulmineo, che un istante dopo non fu altro che un ricordo. Sentì indistintamente sollevarsi un fastidioso trambusto, poi un viso che non conosceva apparve nel suo campo visivo, con due occhi azzurri che sembravano sorridere, ma che celavano qualcosa; un cappuccio tirato giù sulla fronte. Tra le mani un coltello insudiciato, le mani intrise di sangue. Al notar d'esser osservato, alzò su di lei uno sguardo che la terrorizzò – ed erano poche le cose che riuscivano ad incuterle timore -, mentre intorno era improvvisamente silenzio e tirava un vento forte come quello in autunno, che come un ladro portava via suoni e parole.
< Laila >, e dalle sue labbra esplosero altre cento, mille voci, tutte differenti, furiose e piene di rancore, tristi, imploranti, indifferenti, vicine, lontane, affettuose, familiari e sconosciute. Ma tutte pungevano, tutte ferivano. Poi si accorse di precipitare, con un vuoto allo stomaco che la trascinava sempre più in basso. Sembrava dovesse durare in eterno. Poi uno schianto improvviso, un dolore lancinante alla nuca, la sensazione di esser stata violentemente sbattuta a terra posero fine alla tortura.
Non si svegliò prima di due giorni.





 

Angolo dell'autrice
Scommetto che siete rimasti sgomenti all'ultima parte del testo, eh?
Sinceramente, non era proprio nel programma questo colpo di scena, così, si dal primo capitolo... forse avrei dovuto aspettare il prossimo? Però ho preferito far cominciare tutto in medias res
(dannato latino!).
Ad ogni modo, spero che non vi siate annoiati leggendo, che questo preambolo vi abbia insinuato un po' di curiosità ma, soprattutto, spero che Nicole abbia apprezzato questo inizio per la long che le sto dedicando, anche se potrei capirla se mi odiasse per questo schifo che ho pubblicato!
Ora vi saluto, spero di ricevere qualche consiglio da voi lettori, mi farebbe piacere sapere se non è brutto come penso che sia.

 

Note
1. Gilda: è un particolare tratto dal manga di Fairy Tail, proprio come il nomignolo Master che tutti danno al capo. Ciò poi aiuterà a capire a pieno in cosa consiste il “lavoro” di Laila. Ma lo scoprirete anche da soli nei capitoli successivi.

A presto,
Claire Knight.

  
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