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Autore: past_zonk    12/03/2012    3 recensioni
[ANGST]
Matt ha l'AIDS.
Struggente, triste, questo spezzato di vita che descrive i pesanti mesi vissuti con questo carico.
Con quest'amore inespresso che si batte e si strugge per sbocciare.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note del capitolo: mi dispiace se piangete o vi disperate, ma anche io lo faccio traducendo, è un vero calvario; questo capitolo è tutto tuo, moglie.
eva.



Wires – capitolo terzo.
 
Questa è la quinta volta che il nome di Chris s’è illuminato sullo schermo del mio cellulare in questi giorni, ma per qualche fantomatica ragione, non rispondo. Forse è perché ho paura che stia chiamando per sputarmi in faccia qualche altra verità, o forse sta solo chiamando per dirmi che stai peggio e che t’hanno spostato nel reparto rianimazione. O, forse, mi sto solo comportando come un bambino.
Rimanendo dell’umore in cui ero, opto per la terza ragione, lasciando vibrare il mio cellulare per conto suo sul mio tavolino da caffè, mentre porto lentamente un cucchiaio di zuppa alle mie labbra. È quasi una settimana da quando ci hai detto di lasciarti solo e, da quanto ne so, tutti quelli che erano nella stanza quel giorno hanno mantenuto la parola. I tuoi genitori ti vengono ancora a trovare, e so che Paul è venuto a trovarti ancora, perché m’ha chiamato. Era preoccupato perché sembravi indisposto.
Perché cazzo non lo dovresti essere? Stai per morire, per amor di Dio!
Ho calmato tuo fratello per circa un’ora. Mi ha chiamato con l’addebito. Il che sarebbe equivalente a tutti i miei minuti sprecati a piagnucolare al telefono, dicendomi cose che già sapevo.
Mi guarda come se non mi conoscesse più! Non l’ho mai visto così debole! Mi sento come se dovessi fare qualcosa per aiutarlo, ma lui non me lo lascia fare! Desidererei aver passato più tempo con lui! Desidererei non fosse successo! Perché lui? Perché Matt? Non è giusto! Perché Dio lo sta portando via da me?
Non è strano che le persone dicono di non credere in Dio, ma appena le loro vite sono in pericolo, lui è la prima persona  a cui si rivolgono?
 
*
 
Per qualche ragione che non comprendo, mi ritrovo seduto ancora una volta nella sala d’attesa dell’ospedale. Le infermiere mi dicono che ti vedrò il più presto possibile; devo solo aspettare che tu finisca di lavarti. Mentre sono seduto su questa sedia logora, un immagine di te, in piedi in una stanza mentre le infermiere ti spruzzano dell’acqua con dei tubi da giardino, si insinua nella mia mente.
Scuoto la mia testa, cercando di lasciare che l’immagine dissangui via dalla mia mente, ma è ancora lì.
“Sembri stanco” dice una voce calma, accanto a me, ed io mi giro alla mia destra vedendo una giovane ragazza con i capelli biondo-tinta ammiccare verso me. Sarebbe carina, tranne per le borse sotto gli occhi e l’espressione affaticata sul suo viso.
Io, almeno, mi sono pettinato i miei cazzo di capelli prima di uscire di casa. “Anche tu”, replico.
“Stai aspettando il tuo turno per una visita?” continua la ragazza, ignorando allegramente gli indizi mentali che le sto mandando e che indicano che non le voglio parlare.
No. Questo non è il circo, giusto?  “Qualcosa del genere.”  Non so cos’altro dire, ma non sto riversando le mie speranze e i miei sogni in questa donna, non importa quando potrebbe essere carina se si prendesse una buona notte di sonno e si desse una pettinata ai capelli.
“Oh” anche lei non sa che altro dire e spero si sia decisa a lasciami sola, ma no.  “Quindi sei qui per vedere un paziente? Qualcuno nell’ospedale?”
Sì, il mio migliore amico ha l’AIDS e per qualche sconosciuto motivo, ho deciso di venirlo a visitare anche se mi ha esplicitamente chiesto di lasciarlo fottutamente solo. “Un mio amico” le dico, e lei sorride empaticamente.
“Capisco” fa una pausa, ed io confondo la paura per la fine della conversazione. Tristemente, non è così. “Io sono qui per vedere mio fratello. Era in Iraq. Una pallottola”
Carino. Ora va via. “Oh, mi spiace”
“Starà bene. Sta sempre bene” C’è un’altra pausa, ma questa volta so che continuerà a parlare “Quindi, perché il tuo amico è qui?”
Ha l’AIDS. “Ha l’AIDS.”
E, oh, Matt. Ecco che sta zitta. Non dice un’altra parola.
Quando guardo verso lei, osservo come si sta mangiucchiando un unghia evitando di guardarmi. Mi sento quasi dispiaciuto per come le ho parlato. Per cosa ho pensato di lei.
Stupida stronza. Stupida, grassa, brutta stronza. Puttana. Cagna. Troia. Battona. Zoccola.
“Signor Howard?”
La tua infermiera – Nancy – mi sta scrutando dalla scrivania, un sorriso forzato sulle sue labbra. Io farfuglio un veloce “Ciao” alla donna che sedeva accanto a me e faccio un cenno con la testa nella sua direzione, sbadigliando mentre mi alzo.
“Matthew è pronto, ora” Nancy mi sorride di nuovo, questa volta con sincerità. “È davvero bello vederti qui ancora, caro. A Matthew è mancata la vostra compagnia in maniera terribile” si alza dalla postazione alla scrivania. “È stato spostato in una stanza nuova” mi dice “Ora te la mostro”.
“Grazie”, dico, seguendola nello sterile bianco corridoio. “Nessuno è venuto a fargli visita?”
“Beh, ovviamente, i suoi genitori sono stati qui un bel po’ di volte, e anche suo fratello – uomo adorabile, vero? Comunque, voglio dire, è molto bello ricevere visite di familiari , ma qualche volta è l’ultima cosa che lui desidera” Nancy mi guarda dalla sua spalla, strizzando l’occhio. “Gli manchi tu, dear. Parla di te tutto il tempo. Chiede se sei passato a visitarlo mentre dormiva”
“Oh…”
La colpa mi inonda come fosse un’enorme onda, consumandomi. I miei piedi si trascinano. Non lo pensavi. Non volevi che ti lasciassimo solo. Oh, Matt, mi spiace. Sarei dovuto essere qui prima d’ora.
“Non ti preoccupare, Dominic!” ridacchia Nancy, raggiungendomi per lisciarmi una ciocca di capelli verso il basso. “È stato bene – anche senza la compagnia di amici – in questi giorni”
“Io…lui m’aveva detto che non voleva…”
“Che non voleva vedervi più?” chiede Nancy calma “Beh, sì. Stare qui ti fa dire cose stupide, caro”. Si ferma vicino una porta e la indica. “Qui c’è Matthew. Entra”
“Grazie, Nancy” mormoro, spingendo la porta già aperta.
Stai leggendo un libro, quando cammino verso il tuo letto e mi siedo. Questa stanza è più carina di quella vecchia. C’è un tappeto sul pavimento e la carta da parati è a strisce, color cioccolato marrone e blu cielo. Le tende sono di tessuto vero, invece della triste bianca plastica, e il letto è di legno, con coperte blu chiaro e cuscini.
“Hey” dico piano, sedendomi sulla sedia accanto al tuo letto.
Il tuo libro si chiude di scatto, e ti prendi tutto il tempo di raggiungere il comodino e poggiarlo lì, prima di pensare persino di guardarmi.
“Ciao” dici, avvolgendo liberamente le tue braccia sullo allo stomaco.
“Come ti senti?”
“Proprio bene, grazie” dici.
L’artico, imbarazzante silenzio tra noi è abbastanza affinché lacrime salate appannino la mia vista.
“Mi dispiace di non essere venuto a trovarti prima di oggi” la mia voce tremola, ma non posso farne a meno; tu mi guardi rassegnato, come se tempo fa avessi deciso che questa è l’ultima stanza che vedrai. “È solo che…pensavo che tu non mi volessi qui”
“Sì, lo volevo” mormori “Ma poi quando non eri qui, non potevo fare a meno di pensare…a te. Sai…” ti fermi per una pausa. Devo sforzare le mie orecchie per sentirti e, Dio, Matt, desidero che non fosse mai successo. Perché tu? Su tutte le persone al mondo, perché tu? “Volevo dirti cos’è successo. Perché sono qui. Non l’ho detto a nessun’altro e ho pensato di dirlo a te, perché tu non…non mi giudicherai…” prendi un altro profondo, tremulo respiro “Mia madre…ho provato a parlare con lei di questo ma semplicemente non m’ascoltava. Mio padre non voleva ascoltarmi e Paul passa tutto il suo tempo, beh…pretende che non sia accaduto nulla…non è reale, per lui. Tu sei l’unico con cui posso parlare. Posso?”
Deglutisco. Una lacrima scivola giù sulla mia guancia “Matt…”
“Non sono stato…violentato” dici calmo, gli occhi concentrati sul tuo stomaco. “Volevo solo sapere com’era”
“Cosa intendi?”
“Il sesso” dici, un delicato rossore si sparge sulle tue guance, e solo per un secondo posso immaginare che tu sia ancora sano.
“Ma tu hai già…” e tu t’accigli e mi guardi come se fossi stupido, ed io finalmente capisco. “Com’era?” chiedo.
“Doloroso” mi sorridi ironico, la rabbia quasi del tutto dimenticata. “Ma poi era…decente”
I miei occhi si riempiono ancora di lacrime, appannando la vista. Riesco a malapena a vederti, mentre le mie dita tremano sul mio grembo, mentre penso a cosa dire.
“Tutto questo per del…sesso decente?” chiedo minaccioso, alzando la mano per strofinarmi gli occhi con il dorso.
Tu ridacchi. Oh, che suono dolce che è. “Non l’ho mai pensata in questi termini, ma sì. Credo di sì. Tutto questo per del sesso decente” mi sorridi ancora, e le tue dita s’intrecciano alla mia mano, tirandola sul tuo grembo e carezzandola. “Sembri terribilmente in colpa per qualcosa, vecchio mio”
“Non in colpa. Solo…” cosa dovrei dirti? Se volevi sperimentare del sesso gay, io ero sempre disponibile. In più non sono affetto da nessuna malattia sessualmente trasmissibile. È difficile da spiegare, Matt, ma guardandoti qui, ora, e pensare a te in quel momento, prono su un letto, mentre ti fai sfottere contro il muro da un uomo senza nome e senza volto, fa raggrumare tanta gelosia dentro me.
Fottiti, penso all’uomo che ti sta ancora uccidendo lentamente. Meriti di morire, bastardo.
E lo penso.
Immagino cosa stia pensando ora. Se sa che è colpa sua se tu stai…soffrendo. Spero si senta colpevole. Spero si senta così pieno di colpa e vergogna che si uccida. Ti prego, Dio, se ci ami come la Bibbia dice, lascia che quell’uomo muoia.
Non credo tu apprezzeresti i miei pensieri, quindi non ti rendo partecipe. Sorriso solamente, e la mia mano si sfila dalla tua per tornare sul mio grembo.
Confini. Sempre confini.
Tu giaci sul cuscino, la tua pelle bagnata della luce solare, ed io sono posseduto dalla improvvisa urgenza di stringerti. Sembri così solo, steso lì nel tuo letto, con il tuo heart-monitor che ancora emana lenti beep – ringrazio Dio della sua piccola misericordia del cazzo, se qui – e le tue mani perdutamente chiuse sul tuo stomaco. L’ultima cosa che voglio fare ora è lasciarti dormire solo.
Mi alzo dalla sedia per sedermi sul bordo del tuo letto, raggiungendo il comodino per ordinare i vari oggetti che lo ingombrano: un bicchiere d’acqua, una lampada ed una copia di Millenovecento-ottantaquattro con una piega a mo’ di segnalibro, per non menzionare le cartoline e lettere e biglietti che Tom t’ha portato settimane fa. Le leggi tutte. Ogni fottutissima lettera.
‘Ti prego Matt guarisci presto – sei il mio eroe.’
‘Sei una persona così bella e sei l’ultimo a cui avrei voluto accadesse tutto ciò.’
‘Mandarti il mio amore in questo momento orribile potrebbe sembrare stupido e potresti non apprezzarlo, quindi non lo farò. Voglio solo farti sapere che potresti pensare che è triste, che probabilmente migliaia di persone ti stanno mandando lettere e quant’altro, ma noi crediamo in te. Tutti credono in te, e tutti vogliamo che tu stia meglio, quindi non t’arrendere.’
Mi giro ancora verso te, stringendo qualche lettera, e tentenno un po’. “Dove le poggio queste?”
“Lì” replichi, indicando vagamente uno scrittoio vicino al tavolo. Annuisco, portandone quanto più posso, considerando il poco spazio. “Grazie” dici con la voce piccola, raggiungendo ancora la mia mano.
Le tue dita sono fredde mentre le stringo con entrambe le mie mani, guardandoti ma essendo comunque incapace di catturare quei tuoi bellissimi occhi blu. È un momento di perfetto silenzio fra noi, ed ignoro ogni impacciato osso del mio corpo che mi urla di dire qualcosa, qualsiasi cosa. Siamo solo seduti qui, ed io guardo te che guardi il tramonto.
“Dom?” dici, guardandomi. Alla fine.
“Yeah?”
La tua mando si districa dalla mia e tocca la mia guancia, ed io mi faccio più vicino a te senza davvero sapere cosa sto facendo e, oh, Matt, è bellissimo. Sento le tue fredde, piccole labbra sulle mie e c’è quest’esplosione nel mio stomaco, e mi sento così meravigliosamente bene.
Non voglio che questo momento finisca. Quindi mi levo le scarpe e getto la mia giaccia sul pavimento, crollando nel letto affianco a te e, giuro a me stesso, giuro, non ti lascerò mai andare.

 

   
 
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