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Autore: past_zonk    08/02/2012    2 recensioni
[ANGST]
Matt ha l'AIDS.
Struggente, triste, questo spezzato di vita che descrive i pesanti mesi vissuti con questo carico.
Con quest'amore inespresso che si batte e si strugge per sbocciare.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Spazio dell'autrice: Salve a tutti! Scusate, scusate, scusate, scusate il ritardo (ritardo? molto di più!) ma questi mesi sono stati terrificanti e, a) ho distrutto il mio notebook (con un pezzo di parmiggiano enorme, y'know) e b) la scuola mi trascina troppo, ergo poco tempo, ergo ritardone. Ma non preoccupatevi! ;)
Ringrazio ognuna di voi per le recensioni che sono davvero tutte utilissime (e tristi, argh), ma sopratutto incoraggianti.
Aspettando un vostro giudizio, vi saluto!
Evey.

Wires - capitolo secondo.


Svegliati, Matt.
Ti guardo, ibernato calmo in un fagotto di coperte, lenzuola, addormentato, e sono arrabbiato perché non posso semplicemente spegnermi come fai tu. Mi sono sempre addormentato prima di te. Tu stavi in piedi tutta la notte quando eravamo in tour, mugolando e grugnendo e tossendo e lamentandoti. Ora, pensa, mi parli raramente; passi la maggior parte del tuo tempo dormendo, o sorseggiando una tazza di tè, guardando film che hai già visto centinaia di volte, ed io a sopportare tutto ciò.
L’ospedale dice che va bene se stai da me per un po’. ‘Riposo e recupero’, è quello che dicono, ma tutto ciò che fai è sederti, non parlandomi, guardando i tuoi stupidi film e lamentandoti della mancanza di pianoforti in casa mia.
Per piacere, continua a respirare. Non perdere le staffe.
Ti sto guardando e i tuoi piedi in calzini spuntano da fuori le coperte, seguiti da una pallida mano che raggiunge il tuo naso per poi grattarlo. Le tue labbra screpolate si aprono in un leggero sbadiglio e il tuo corpo minuto si stiracchia, le dita dei piedi arricciarsi e stirarsi. Sorrido piano, la tua routine mi ricorda tutte le altre volte in cui ti ho visto svegliarti.
“Dom?” mi chiami ancora mezz’addormentato, guardandoti attorno con occhi annebbiati. Io vengo verso di te, sedendomi sul bordo del letto.
“Sì, è il mio nome” dico leggermente, guardando le tue dita mentre s’annodano alla mia mano. Mi spingi vicino in qualche modo, con una forza che non so come spiegare. Stai diventando sempre più debole, giorno dopo giorno, Matt, e ancora in qualche modo riesci ad attrarmi verso te con un sorriso lieve.
“Dom”, dici ancora, la tua fredda mano attorno alla mia, “possiamo uscire oggi?”.
Esito, tentennando alla tua richiesta. Ogni volta che ti chiedo di uscire, tu scuoti la tua testa e dici di essere troppo stanco o di sentirti giù. Ma ora che me lo chiedi tu è diverso. Osservo quel lieve sorriso sulle tue labbra, i tuoi occhi sgranati e supplicanti proprio mentre le tue dita s’aggrappano alle mie e le stringono.

“Ti prego...”
Tu allunghi le tue corde vocali in un mugolìo e batti le ciglia, strisciando più vicino a me e poggiando il tuo mento sulla mia spalla.
“Piuttosto di pregarti per altra pasta”
Ti guardo e i tuoi occhi sono così pieni di speranza e di disperazione che è difficile capire quale domina. Ti guardo e semplicemente sorrido, il più ampiamente possibile.

*


Oh, Matthew.
Cosa stai facendo?
Spingi, aprendo l’enorme porta di legno e cammini fra il silenzio, leggero, accanto a me come se ti struggessi per rimanere in piedi. Non avevi camminato per così tanto prima, e la stanchezza inizia a farsi sentire. I tuoi occhi sono cavi e scuri, cerchiati di nero. Pensi che io non ti senta, in panico come se ti fossi appena svegliato da un incubo; lo sento. Mi spaventa, ma tu sei troppo orgoglioso per parlarne, quindi tengo la mia bocca chiusa.

“Matt, perché siamo–?”
“Shh” sussurri, premendo un dito contro le tue labbra, e la mia bocca scatta. La tua mano tocca la mia schiena, spingendomi in avanti con il più leggero dei tocchi; poi scivoli su una panca, in ginocchio su un morbido cuscino. Io sto in piedi senza sapere per niente cosa fare, guardando solamente verso te.
Inginocchiato lì.
Pregando.
Oh, Dio.
Tocco la tua spalla e tu apri le tue palpebre per rivolgerti a me.
“Che c’è?”
“Matt, che stai facendo?” sibilo, scivolando nel banco affianco a te, sedendomi e guardandoti feroce. Non so a cosa pensare. Non t’è mai interessato della religione. Mai. Te ne sei sempre fregato ed hai sempre riso in faccio ad ogni fanatico; onestamente non hai mai creduto. Ed eccoti qui, ora, inginocchiato in una posizione in cui non avrei mai pensato di vederti.
“Sto pregando” sussurri, stringendo gli occhi chiusi.
“Perché?” dico, la mia voce più alta di quanto voleva essere.
Distruggendo il silenzio attentamente costruito, infrangendo ogni rimanente traccia di pace in quel largo, vuoto edificio.
“Solo per vedere se funziona” dici piano, tornando a guardarmi con gli occhi mezzo socchiusi, un’espressione di leggero dissenso sulla tua pallida, scarna faccia. “Ora sta calmo. Voglio concentrarmi”.
Ancora non ci credo. Scivolo contro la scomoda panca, cercando di star comodo, senza riuscirci. Fa freddo nella chiesa di St.James. Metto le mani in tasca, arricciando le dita in convulsioni per trovare calore, e sto per parlare ancora - il silenzio è in qualche modo troppo rumoroso nelle mie orecchie - quando una lieve, anziana voce mi riporta alla realtà.
“Tutto bene qui?”
La tua mano improvvisamente ha abbracciato la mia, fredda e debole mentre fissi assente il prete che ci sta sorridendo.
“Non vengono molti visitatori” continua l’uomo abbastanza tranquillamente, sedendosi giù  accanto a me e parlandomi direttamente.
O ancora non ti ha visto, o non vuole farlo “È carino vedere qualche nuova faccia”
Sorrido, un po’ imbarazzato “Er...sì. Io sono Dominic e qui...e questo è il mio amico Matthew”
La tua testa s’inclina verso il basso, una rosea arrossatura colora le tue guance sbiancate. Rende nervoso anche me, come tu reagisci se le persone ti valutano meno di quanto sei.
“Piacere di conoscervi entrambi, ragazzi. Padre Mcguire, al vostro servizio”
Padre Mcguire sbircia oltre me, allungando la sua mano verso te. Tu l’afferri e la stringi con forza, smuovendola con un lieve tocco “Ciao” sussurri.

“Ciao!” dice padre Mcguire “Caro mio, hai le mani fredde. Vorresti? –”
Tu allora guardi verso lui, e lui vacilla, “Oh”, dice.
Adesso tu lo stai definitivamente fissando. Non posso aiutarti, posso solo sentirmi come se non dovessi essere qui, come se questa fosse una battaglia che devi combattere solo, perché è qualcosa con il quale avresti già dovuto convivere settimane fa. Le persone ti discriminano apertamente, parlando di te con il veleno nelle loro voci, perché l’unica maniera in cui possono guardare a te, ora, è come ad un orribile, deviato, disgustoso, malato frocio.
“Oh, Matthew. Poverino...”
Vedo le lacrime salire su nei tuoi occhi e trattenersi dallo scivolare giù sulle tue guance in un’ondata, appena padre Mcguire ti guarda con quella pietosa e dolorante espressione nei suoi vecchi occhi.
“Vieni qui, figliolo”
Il prete ti prende fra le sue braccia, stringendoti in un abbraccio che mi fa pungere gli occhi. Guardo le tue spalle sobbalzare, ascolto il silenzio rotto nella chiesa appena i tuoi singhiozzi rimbombano contro le pareti. Tutto ciò che posso fare è tenere la mia bocca tappata e provare a riscaldarmi le mani, tutto quello che posso fare è sedere qui e guardare verso quel grande crocifisso dal quale Gesù Cristo penzola, tutto quello che posso fare è sentirmi dispiaciuto per me stesso.

*


Il vento e la pioggia battono un terrificante rullo di tamburi contro la mia finestra mentre sono steso nel tepore del mio letto, cercando di non preoccuparmi di te, addormentato nella stanza degli ospiti. Non funziona.
Con la scusa di prendermi un bicchiere d’acqua, mi spingo fuori dal letto e trascino i miei piedi verso il bagno.
“Solo una sbirciatina” dico a me stesso, e dopo essermi riempito un bicchiere, cammino il quanto più silenzioso possibile verso la tua stanza.
Le tende sono chiuse ma un raggio di luna, colpendoti sul viso, illumina la tua pelle pallida in un rilievo spettrale. Da dove sto io potresti quasi essere un cadavere.
No. Sembri un angelo.
Cammino sulle punte fino al tuo letto e mi inginocchio vicino ad esso, poggiando i miei gomiti sul soffice materasso e spostando una ciocca di capelli dalla tua fronte. La tua pelle è rivestita da una leggera lucentezza di sudore freddo, le tue mani tremano, e il tuo respiro ti lascia a fiato corto, piccole raffiche taglienti di fiato. E ancora sembra andare oltre le imperfezioni. Vorrei che tue potessi vedere te stesso come ti vedo io.
I tuoi occhi tremolanti si aprono; non mostro di volermi muovere. Un sorriso assonnato rischiara i tuoi lineamenti.
“Che piacevole sorpresa” farfugli, la tua voce roca di sonno. “Posso aiutarvi?”
“No,” dico piano “Sto solo guardando”
Il mio corpo agisce come automaticamente mentre mi rialzo dal pavimento e cammino dall’altro lato del letto, scoprendo le coperte e piazzandomi al tuo fianco, riposando la mia testa leggermente contro il cuscino.
“So che hai detto che ti mancherò” dici lieve, la tua voce soffiata mentre parli contro il cuscino.
“Ma so che non lo farai.”
“Matt...”
“Perché il tempo è come...come un’onda. Lava tutto via, sai? Tutto quel dolore, e quella sofferenza, e rabbia e tristezza...Non ti mancherò” E poi sospiri il più leggero dei sospiri e sussurri, “non mi lasciare”, nel buio.

*


TI hanno riportato all’ospedale ieri. La vita è fluita via da me quando il tuo dottore s’è seduto dietro la sua enorme scrivania di mogano e m’ha detto con la più solenne delle facce che, era molto dispiaciuto, ma la situazione del signor Bellamy s’era deteriorata in uno stato tale da non potergli permettere di lasciare l’ospedale nel più vicino futuro. Ha poi proseguito dicendomi che, ancora, era molto dispiaciuto, ma il sistema immunitario del signor Bellamy era già debole prima dell’infezione e, ancora una volta, era molto dispiaciuto, così incredibilmente dispiaciuto, ma semplicemente non c’era alcuna possibilità che il signor Bellamy combattesse la malattia per più di 3 o 4 mesi.
Ma tu di sicuro lo saprai, perché siamo seduti nella stessa cazzo di stanza. Lui non ha nemmeno parlato con te.
Parlava di te e su te, ma mai a te, e tu non hai idea di quanto mi faccia sentire male.
Quindi siamo tornati all’inizio, immagino, con te steso in quel fottutissimo letto con quell’ago nel tuo braccio, nutrendoti attraverso un tubo. Questa volta, Matt, questa volta non stai indossando la tua maschera coraggiosa, perché sai che ora non ce la farai a superare questo. Ti sei semplicemente arreso.
Mi hai fatto promettere di rimanere con te mentre la tua famiglia viene a visitarti, quindi eccomi. Non ho niente da dirti. Grazie a Dio sei addormentato.
“Ciao, tesoro” la mano di tua madre è leggera sulla mia spalla, lei la stringe piano, quindi le sue dita lievi salgono verso il retro della maglietta dove inserisce la marca, che era girata al contrario, dentro.
“Grazie per essere qui per lui”
Mi giro e mi stringo a lei, trovando rifugio tra le sue braccia. Lei sospira contro il mio collo carezzandomi la schiena lentamente, in cerchi gentili.
“È tutt’apposto, Dominic” sussurra ancora e ancora, ed io mi sento così patetico ma non riesco neanche a piangere. Sto solo qui in piedi, la mia testa brucia nell’incavo tra la sua spalla e il suo collo, a fare stupidi rumori. Non so per quanto tempo restammo così, ma poi l’infermiera ha portato altre sedie e ci siamo tutti seduti attorno al tuo letto guardandoci l’un l’altro. La mano di Marylin è ancora stretta alla mia, il suo pollice stretto contro le mie nocche, mentre guardiamo la tua cassa toracica sorgere e ricadere in un sonno gentile.
Guardo tuo padre, gli rivolgo un piccolo sorriso, e lui prova a sorridermi ma non ci riesce. È proprio di fronte a te, battendo gli occhi lentamente e sospirando un sacco. Povero George, penso.
I miei occhi si dirigono verso tuo fratello, aggrappato timidamente ad una sedia, fissa vuoto il pavimento. Non sono mai stato così vicino a Paul, veramente, ma ora che lo guardo posso vedere te nei suoi occhi, nel modo in cui le sue dita sono costantemente in movimento, battendo un qualche ritmo. Si muove per tutto il tempo, reprimendo l’urgenza di parlare fino al punto di non poter respirare; lo fate entrambi.

Quello che lui fa; quello che tu facevi.
Il tuo battito cardiaco velocizza giusto un po’ quando i tuoi occhi si aprono. Ti metti a sedere con immensa difficoltà, le tue magroline e piccole braccia vacillano mentre provano a reggere il tuo peso.
Paul s’illumina appena ti vede sveglio. Un sorriso incurva gli angoli delle sue labbra, ma scompare subito appena ti vede cadere contro i cuscini, il tuo petto pesante.

“Mamma...” sussurri, la tua voce rotta. Marilyn salta verso te, prendendo la tua mano e stringendola come solo una madre può.
“Sono qui, piccolo” dice con voce commossa, e penso all’effetto che mi fa vederla così. Marilyn è sempre stata così forte ai miei occhi, ma vederla crollare come sta facendo proprio adesso...
Oh, Matt. Non hai idea...quanto mi ferisce.
Mi alzo e lascio la stanza, sperando che i tuoi genitori e Paul lo prendano come un gesto di cortesia. Un singhiozzo scappa dalle mie labbra ed io naufrago verso il pavimento, le braccia attorcigliate attorno alle mie gambe e le mie ginocchia sotto il mento. Lentamente, calde lacrime rotolano giù sulle mie guance, e penso che questo è il momento in cui tutto mi colpisce.
Stai per morire, e ci sono così tante cose che non riavrò più.
Non ascolterò più quelle stupide cospirazioni. Non digrignerò i miei denti dalla rabbia quando tu mi parli sopra ancora una volta. Non sentirò più quell’imbarazzante, ridicola, acuta, contagiosa risata che hai ancora. Non vedrò più quello sbilenco semicosciente sorriso aggraziare le tue labbra. Non ti vedrò caracollare per il palco, la tua chitarra tra le mani, o le tue dita premere sui tasti di un piano. Non sentirò più quelle infinite discussioni sulla pasta o sulla direzione musicale e la cazzo di Lady Gaga mai più. Stai per morire, e c’è così tanto che vorrei dirti.
Vorrei dirti quanto ho bisogno di te nella mia vita, quanto significhi per me, quanto non sarei più capace di combattere senza te. Voglio svegliarmi tra le tue braccia, voglio sorriderti e premere le tue labbra sulle mie in un bacio del buongiorno. Voglio poterti toccare quando e dove voglio; voglio comprare una casa e vivere con te; voglio che tu mi cucini la pasta al posto del tè. Non mi importerebbe se ogni cazzo di giorno, non mi importerebbe se tutto ciò che mangiamo è solamente pasta. Voglio dirti che nient’altro importa. Ci sei tu, e ci sono io, e nient’altro è importante. Voglio solamente dirti quanto ti amo.
Ma non posso.

*


“Dom, dovresti riposare un po’” batti le ciglia verso me, assonnato, un sorriso storto sulle tue labbra. “Sembri un morto che cammina”
Sospiro. L’opzione di trascinarmi fuori dalla tua stanza e tornare nel mio appartamento vuoto non è così allettante come sembra. Preferirei star seduto qui con te, ascoltando il leggero bip del tuo cuore sul monitor e il tuo respiro lentamente e ponderatamente filare via dalle tue labbra.
“Non devi stare seduto a guardami a tutti i costi, sai” continui calmo “Non muoio se chiudi gli occhi per dieci minuti, y’know”
“Matt...” mugugno, ma tu ancora sorridi.
“Ti prometto che non morirò mentre tu dormi” fai una pausa, muovendo le tue insane, secche dita “ma solo se anche tu mi prometti una cosa”
“Tutto quello che vuoi” dico confidenziale. Ora, non m’interessa se mi chiedi di passare il resto della mia vita vestito come la regina; lo farei, solo per te.
“Suona qualcosa di insolente al mio funerale, sì?”
Non riesco proprio a ridere “Tipo?” faccio però un sorrisetto, guardando i tuoi occhi luccicare.
“Qualcosa di assolutamente ridicolo. La cosa più offensiva con la quale puoi uscirtene”
“Mi dovresti aiutare, amico” dico, pensandoci già.
“Non lo so! Ecco perché sto chiedendo a te. È solo che...” il tuo ghigno si tramuta in un dolce, gentile sorriso “Non voglio persone che piangono, ecco tutto”

“Io -”
“Visite, Matthew!” una calda voce chiama dall’uscio, e con il suo sorriso forzato, ecco Chris e Kelly e Tom entrare nella tua stanza.
“Ehi” dice Tom calmo, occhi al pavimento.
“Perché siete tutti così?” chiedi con un piccolo riso “Non sono ancora morto!”
Mi giro verso loro con un sorriso di scusa “È stato così per tutto il giorno” spiego.
“Certo, se per ‘così’ intendi ‘perfettamente gentile’, sono stato così tutto il giorno” giri i tuoi occhi, raggiungendo il comodino per un bicchiere d’acqua.
Potresti sempre mettere su una faccia coraggiosa e sorridere alla proverbiale telecamera, ma io posso vedere il dolore e la stanchezza nei tuoi occhi mentre ti struggi per tenerti sveglio un pochino di più. Persino respirare è soffocare, per te, ora, ed è difficile scendere a patti con il fatto che il tuo corpo s’è rivoltato contro te.
Kelly s’è poggiata sul bracciolo delle sedia di Chris ed è nel bel mezzo di un racconto delle andate e venute di casa Wolstenholme. Tu ascolti pazientemente, ed è strano, ma da quando sei stato di nuovo ricoverato, gli importanti accadimenti della vita altrui sono le più importanti per te. Non t’interessa dell’aumento delle tasse, e della recessione mondiale o di qualunque cosa importante come quelle - e perché dovresti?
Chris batte la mia spalla leggermente “Dom sembri enormemente stanco. Lo sai che puoi andare se vuoi, riposarti o cose così. Noi saremo ancora qui”
Rifiuto determinato “Non lo lascio” dico calmo, gettando un’occhiata verso te.
Lui sospira, scuotendo la sua testa.
“Dom stai facendo una cretinata. È...”
“Chris, cazzo non lo lascio!”
“Perché diavolo no?”
“Perché l’ho promesso” Solo...lascia perdere, Chris”
Chris geme, afferrando la mia spalla. La stringe un po’ più del dovuto, guardandomi con occhi di ghiaccio.
“Lo sai perché fa così tanto male? Perché è tornato qui di nuovo? Perché sta per trascorrere il resto della sua vita in un letto d’ospedale? Perché deve fingere d’essere coraggioso per te. Per te. Per nessun’altro. Tutta questa cazzo di situazione è colpa tua, Dom!”
“Lo sai  tu perché sta ancora respirando?” lo contrasto, la mia voce acuta “Lo sai perché sta ancora combattendo, non importa quanto faccia male? Perché è ancora vivo? Per ME!”
E prima di saperlo, sono di fronte a lui, con sguardo truce, e Chris è di fronte a me furioso. Non mi sono mai sentito tanto incazzato in tutta la mia vita. Con che coraggio mi accusa di essere la causa del tuo dolore? Non ti ho trasmesso io quella stupida malattia. Non t’ho infettato io. Non sei malato a causa mia. Non è colpa mia-.
“LO STAI TENENDO VIVO, DOM!” Chris mi urla in faccia, gli occhi infuocati.
“STAI DICENDO CHE SAREBBE MEGLIO SE MORISSE? È QUELLO CHE VUOI?” urlo di rimando, non importandomene se tutta questa conversazione ha fatto aumentare di 100 volte al secondo il tuo battito cardiaco sul monitor.
“NON AVRAI IL FEGATO DI ACCUSARMI DI QUESTO, DOMINIC HOWARD!”
“ALLORA NON ACCUSARMI DI UCCIDERLO!”
“Ragazzi...” Tom, da sempre la voce della pazienza, cerca di calmarci entrambi. È un miracolo che le infermiere non siano venute correndo.
“Perché semplicemente non vi sedete e -?”
“Cazzo, stai fuori da questa faccenda, Tom!” gli urlo, senza guardare neanche verso di lui, intento ancora a lanciare sguardi d’odio a Chris.
“Stupido figlio di puttana, Dom!” Chris mi urla “Non lo capisci, vero?”
“Cosa dovrei capire? Ecco me, ed ecco Matt - il nostro rapporto non ha niente a che fare con te!”
“L’unica ragione per cui è ancora vivo sei tu!” mi dice Chris, tirandomi per la t-shirt fino a che non siamo faccia a faccia. Non ho mai visto Chris direttamente così. Sono stato al suo fianco mentre urlava in faccia a qualcun altro centinaia di volte, ma non s’era mai trattato di me, ed è fottutamente terrificante.
“È vivo perché sei qui tutto il tempo e non vuoi che muoia!”
“È il mio migliore amico! Perché dovrei volere che muoia? Certo che non voglio lasciarlo morire, Chris!”
“Certo, ed è tutto su quello che tu vuoi, no?”
“Se si sta documento su nozioni per il suicidio ti farò sapere”
Qualcosa di forte e doloroso - cazzo, è un pugno - viene a contatto con la mia faccia. Sento un lacerante, intenso, orribile dolore irradiare la mia guancia e sono sicuro che il gemito di dolore che s’è sentito sia mio, ma realizzo che no, non ho neanche aperto ancora la mia bocca. Il sangue è rappreso fra le mie labbra, denso e salato e disgustoso, ed io lo sputo tutto sul pavimento, linoleum incontaminato.
“Si sta facendo male, Dom! Sta provando troppo dolore, e non capirai mai che l’unica ragione per cui combatte sei tu!”
“A qualcuno effettivamente importa cosa ho da dire?”
uno squittio si sente fra la nostra battaglia. La tua faccia è una maschera di impassibile serietà, mentre Kelly ti stringe una mano e passa il suo pollice sulla tua pelle secca.
“Certo” dice pesantemente Chris, scivolando su una sedia mentre io allargo la manica sulla mano per provare a pulire il sangue dalla mia faccia. Sono ancora arrabbiato. Perché non dovrei esserlo? Ma ascolto, perché sei tu.
“Posso dirvi perché sono ancora vivo?” continui, blando, rimovendo delicatamente la mano dalla stretta di Kelly. “Perché sono fottutamente terrificato di morire. Sono terrorizzato che lì ci potrebbe essere semplicemente nulla. Sono terrorizzato di cosa dirà la gente quando sarò scomparso. Ecco perché non voglio morire. Non per il dolore o per Dom. Perché sono spaventato. E lo so che è patetico e egoista e rude, ma è vero” guardi ognuno di noi alla volta, triste, imbronciato e provato.
“Ora, se non vi dispiace, io vado a dormire, e apprezzerei se tutti voi usciste da questa cazzo di stanza”
E noi ce ne andiamo. Perché, credici o meno, siamo anche noi terrorizzati.

   
 
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