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Autore: MedusaNoir    12/03/2012    4 recensioni
E Cristina rimaneva in silenzio, non una parola, non un soffio.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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In silenzio

Non parlava. Cos’aveva?

- Mangia: non pensi ai bambini dell’Africa?

Non parlava Cristina, non parlava.

- Fa’ silenzio: non pensi alla gente che muore?

E Cristina rimaneva in silenzio, non una parola, non un soffio.

 

Perché parlare? Sua madre era stata chiara, non voleva essere cattiva: insegnare alla figlia che al mondo ci sarebbe sempre stato qualcuno che avrebbe sofferto più di lei era il suo compito, non doveva viziarla, non doveva  permettere che Cristina diventasse una ragazza egoista.

Furono tutti quei “non” a mostrarle la strada da seguire, bastava non fare niente.

Cristina viveva, ma nei limiti: doveva sempre controllarsi, evitare di soffrire più di quanto le fosse permesso. Aveva una famiglia unita, nessun problema di salute, un aspetto gradevole e gli amici giusti. Perché lamentarsi?

 

Lei non si lamentava, lei rimaneva in silenzio, quel silenzio che le era stato imposto fin dalla nascita.

Vedete, sua madre non era cattiva. Si potrebbe accusare qualcuno di insegnare a vivere al proprio figlio? Non le aveva mai fatto mancare niente, l’aveva amata. La storia di Cristina agli occhi di tutti non avrebbe potuto avere che un lieto fine.

 

Cristina non poteva esprimere la propria sofferenza, Cristina si conteneva. Nessuna lacrima, niente grida, sopportava in silenzio i piccoli dolori quotidiani, la fine di una relazione, un brutto voto, un ginocchio sbucciato.

Chi avrebbe potuto accorgersi della sua depressione?

 

Cristina giunse infine a trascinarsi: la sofferenza che aveva accumulato in venti anni di vita pulsava contro le pareti del suo corpo, implorava di essere lasciata andare. Cristina iniziò a chiudersi in bagno tra una lezione e l’altra, piangendo senza saperne lei stessa il motivo, per poi asciugarsi gli occhi gonfi e tornare tra gli amici; iniziò a passare la notte sveglia, incapace di prendere sonno; iniziò a cercare nella propria mente una soluzione alle sue crisi di dolore, a tenerle sottocontrollo.

La depressione l’abbracciò amorevolmente, non riusciva ad ostacolarla. Lei doveva essere felice, razionalmente ne aveva tutti i motivi.

 

Cristina peggiorava giorno per giorno, una malattia mentale si impossessò di lei, ma non poteva chiedere ai genitori – con i problemi che dovevano affrontare – di pagarle un medico, rimase immobile. Sorrideva, nelle braccia aveva il vuoto; smise di accarezzare i suoi gatti, non provava alcuna emozione.

 

Potrei dirvi che Cristina si tolse la vita, che trovò il coraggio per andare da uno psicologo, che ammise la propria sofferenza e la superò. Non sarebbe vero: anche nel peggiore dei casi, sarebbe un finale.

La verità è che Cristina continua ancora, e ancora, a passare le giornate nei bagni, a privare i gatti di carezze e gli amici di abbracci. A privarsi della consapevolezza di provare dolore.

Cristina rimane in silenzio, gli occhi aperti.

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Cristina non è una persona concreta, preferisco evitare qualsiasi fraintendimento.

Ascoltando i R.E.M., una storia per lei.

   
 
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