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Autore: penguin    13/03/2012    6 recensioni
Avevo già pubblicato il primo capitolo di questa storia, ma poi per vigliaccheria l'ho cancellato. Ora ci riprovo, coraggiosa come non mai. Spero che vi piaccia, è la prima su EFP e sui 30 Seconds To Mars.
Desi :)
New York. Mi si illuminó il viso. Iniziai a sorridere come un ebete per tutto l'aeroporto, a camminare ciondolante e a riguardare quel pezzetto di carta dorata. Quel pezzetto di carta mi avrebbe regalato il sogno più grande della mia vita, il sogno per il quale avevo lavorato per 4 lunghi anni.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 - 28. Demetra, waiting. 

Atterrata a New York, non pensai a nient'altro che non fosse Shannon. Le sue mani, le sue labbra, il suo respiro, la sua voce. Chiamai un taxi che sarebbe arrivato a momenti e mi avrebbe portato da lui.
Non mi interessava di nessun'altro, quel giorno. Né di mia madre, né di Giulia – anche se almeno lei avrebbe meritato una telefonata – né di Jared, di nessuno. Avevo bisogno di urlarglielo in faccia, che mi ero innamorata di lui, di nuovo. Avevo bisogno di dirgli che mi mancavano i suoi abbracci e le sue battute stupide, mi mancava salire in sella alla moto con lui e sentirmi libera, viva.
In poco più di mezzora arrivai di fronte alla piccola palazzina, in cui era situato l'appartamento di Jared e Shannon.
Pioveva, a dirotto. Feci una piccola corsa fino al portoncino, giusto per ripararmi sotto il minuscolo tetto dalla pioggia. Citofonai, ma nessuno rispose.
Fantastico, pensai.
Il cielo era cupo e non sembrava avesse intenzione di smettere di piovere. Provai ad accendere il cellulare, ma le troppe ore di volo avevano messo del tutto KO la batteria. Decisi di sedermi su uno dei tre gradini che portavano all'ingresso, ed aspettare.
Aspettai, una, due ore.
Mi fermai a pensare a cosa avrei detto a Shannon, quando sarebbe rientrato. Ma soprattutto pensai a dove fosse in quel momento. Controllai mentalmente le ultime date del tour, e – ne ero sicura – non sarebbero ripartiti per il Canada prima di una settimana.
Cominciai a contare i piccoli sassolini bagnati di fronte a me, poi le margherite che spuntavano dalle aiuole che circondavano il vialetto, ed infine, le finestre del palazzo di fronte: 64 finestre. Di cui 24 con le tende chiuse, 13 con le tende colorate, 19 che davano sul soggiorno e 8 con le persiane chiuse.
Ricontrollai l'orologio, quattro ore erano già passate, quattro lunghe ore sotto una pioggia incessante che sicuramente mi avrebbe provocato un gran raffreddore e probabilmente una febbre da cavallo.
Vidi in lontananza un auto scura avvicinarsi alla palazzina chiara, e quasi mi si fermò il cuore.
Eccolo, è lui, pensai.
L'auto venne parcheggiata a pochi metri dall'entrata, e quando ne vidi sbucare una piccola testa azzurra rimasi delusa.
Vidi Jared aprire un ombrello scuro ed avvicinarsi al portoncino, finché non mi riconobbe.
- E tu che diavolo ci fai qui? - mi disse sbigottito.
- Non ce la facevo più senza di lui. -
Sussurrai io, abbassando la testa, e scostando qualche ciocca bagnata dal viso.
- Vieni, entra che ti asciughi, altrimenti ti ammalerai. - mi invitò Jared, aiutandomi ad alzarmi con una mano, mentre con l'altra cercava ancora di coprirsi dalla pioggia con l'ombrello.
Quando varcai la soglia dell'appartamento mi resi conto che tutto era esattamente come lo ricordavo. Mi guardai intorno, in cerca delle fotografie che tanto amavo, del sorriso di Shannon mentre suonava la batteria e dell'abbraccio caloroso alla vincita del primo Disco d'Oro.
- Hai chiamato Shannon, vero? - sentii Jared urlarmi dalla cucina.
- In realtà no, il cellulare si è scaricato e detto con onestà, volevo fargli una sorpresa. Ma dov'è? Vado a prendere un asciugamano e a rovistare nel suo armadio cercando una tuta e una maglia asciutta. - dissi a Jared, mentre salivo al piano superiore dell'appartamento.
Sentii Jared correre verso di me, gidando.
- COSA? Shannon non sa che sei qui? -
- No. Dimmi che non ha un'altra Jared, dimmelo ti prego. - abbassai lo sguardo verso il marmo bianco che faceva da pavimento.
- No, stai tranquilla. Ora vai ad asciugarti e poi parliamo di questa tua follia, okay? - mi sorrise Jared.
- Va bene, ma lui dov'è? -
- Ne parliamo dopo, vai a cambiarti altrimenti ti ammali, e io non li voglio i tuoi germi per casa, sappilo! - scoppiammo entrambi in una risata.
Quando salii nella camera di Shannon, tutto era esattamente come lo ricordavo, se non fosse stato per una mia foto in bianco e nero sulla parete. Su quella parete, c'ero io che ridevo, con una mano sulla bocca e gli occhi chiusi. Non avevo la minima idea di quando quella foto fu scattata, ma era lì.
Andai in bagno, dove sentii l'odore forte del bagnoschiuma che usava Shannon, presi da un cassetto un grande asciugamano e mi ci avvolsi dentro. Poi tornai nella camera di fronte, infilai un paio di pantaloncini ed una felpa che rubai dall'armadio del mio uomo, sfregai ancora un po' i capelli nell'asciugamano e li legai in una coda.
Sentii Jared chiedermi se avessi fame, così scesi gli scalini velocemente fino ad arrivare in cucina, scalza.
- Sì! - gli risposi.
- Ma quanto sei carina vestita così! Meriteresti una foto! -
- Cretino! - lo ammonii io scherzosamente.
Ma non feci in tempo a smettere di ridere che col suo Blackberry mi scattò una foto.
- Ora sei ricattabile! -
- Te la farò pagare, sappilo! E ora fammi da mangiare! - finsi di mettere il broncio, per un attimo dimenticandomi di Shannon.
- E cibo sia! - mi sorrise.
Aspettai qualche minuto, poi ci sedemmo al tavolo insieme e mangiammo un'insalatina vegana e salutare. Che schifo.
- Demetra, ora che sei seduta, dovrei dirti una cosa.. - iniziò Jared.
Feci quasi cadere la forchetta a terra, provocando un rumore acuto sul piatto di vetro. Annuii e rimasi immobile ad ascoltarlo.
- So che ti arrabbierai, e molto. Ma ti prego, non prendertela con me. -
- Jared, che cosa ha combinato Shannon. -
il cuore batteva più del previsto, o forse aveva smesso di battere? In un attimo, tutte le mie aspettative crollarono come un castello di carte.
- Shannon non è qui. -
- Lo vedo. -
- È.. lontano. -
- Cosa stai cercando di dirmi Jared? -
L'uomo di fronte a me, con quel suo strano colore di capelli, fece un respiro profondo e quasi soffocando delle risatine mi confessò tutto.
- E' partito, stamattina. Per Milano. Non era più lo stesso, non aveva mai voglia di uscire, non suonava nemmeno più. E quindi è partito, stava venendo a prenderti. -
Mi portai una mano alla fronte, e cominciai a scuotere la testa. Cominciai anche a ridere, ma anche a piangere. Immaginai Shannon che bussava alla mia porta e incontrava.. mia madre. Un attimo di panico mi paralizzò i muscoli.
- Jared, penso che tuo fratello abbia conosciuto mia madre. -
Il minore cominciò a ridere senza ritegno, quasi cadendo dalla sedia. Non riusciva ad immaginare suo fratello, suo fratello!, che conosceva i genitori della sua ragazza. Non capitava da troppo tempo!
Mi alzai e presi il cordless dalla sua postazione, per poi portarlo in cucina da Jared, che stava ancora ridendo all'idea di Shannon e mia madre. Gli porsi il telefono.
- Chiamo io o chiami tu? -
- Chiamo io, se sentisse la tua voce all'improvviso penso gli verrebbe un infarto! - continuò ridacchiando Jared.
Compose il numero di Shannon e attese.
Squilla mi sussurrò, mettendo poi il vivavoce.
- Ehi bro! Dove sei? -
- Jared! Tu non hai idea di cosa.. - sentii Shannon ridere, e mi vennero le lacrime agli occhi.
- Penso di averla invece.. -
Jared mi fece segno di parlare. Presi il cordless dalle mani di Jared, e tolsi il vivavoce, noncurante del faccino triste di Jared.
- Ehi.. -
- Demetra! Io.. quante cose.. quanto ti.. mi sei mancata così tanto.. scusami.. sono un..-
- Ssh. Solo noi potevamo creare un casino del genere. Ti aspetto a casa, tu fai in fretta! Non sopporto le insalatine di tuo fratello! - ridemmo ancora, insieme. E cominciai a singhiozzare non riuscendo a fermare le lacrime.
- Non piangere tesoro, sto arrivando.. -
- Ti aspetto. - tirai su con il naso.
- Va bene, a dopo allora.. Demetra? -
- Sì? -
- Buon compleanno. - se lo ricordava.
- Grazie Shan.. - non riuscivamo a concludere la telefonata, volevamo dirlo, ma non era il modo adatto, quello. Non potevamo, per telefono. Non sarebbe stato abbastanza.
- Shannon? -
- Sì? -
- Ti tutto, sai? - potevo immaginarlo sorridere, felice.
- Io di più. - e riagganciò.
Guardai Jared, sorridente.
- Abbiamo parecchio tempo. Film? -
- Quanti ne vuoi, Demi! -
- Jared? -
- Sì? -
- Dimmi che hai quei filmini imbarazzanti di quando eravate bambini e giocavate nel fango. - lo guardai con uno sguardo finto innocente.
- MAI! - rise lui.
- Solo uno! - lo implorai io.
- E va bene, ma solo di Shannon! Di mio nessuno vedrà mai niente.. - disse, cercando tra qualche vecchia videocassetta.
- Eccolo! Questo è bellissimo! - si girò verso di me, quasi saltellando.
Ci sistemammo entrambi sul divano, la videocassetta partì.
Una Constance biondissima e giovane riprendeva uno Shannon tenero e paffutello di circa 6 anni che provava ad andare in bicicletta. E che continuava a cadere per terra e a mangiare terra.
Mamma, sono caduto ancora! Il piccolo Shannon si avvicinò alla videocamera con un faccino triste e sconsolato, quasi rassegnato.
Dai piccolo, so che puoi farcela! Il sorriso rispuntò nuovamente su quel viso paffuto e delicato, e riprovò a salire in sella della sua piccola bicicletta. Mentre tentava di mantenere l'equilibrio, stringeva la lingua tra le labbra, nella stessa espressione di più di trent'anni dopo quando provava a mettere in moto la lavatrice.
Guardami mamma! Guardami! Il piccolo rideva, riuscendo a mantenere l'equilibrio per qualche metro in più. E se cadeva, si rialzava più agguerrito che mai.
Bravo tesoro! Sei il mio campione!
Sentii gli occhi pesanti e in poco tempo mi addormentai sulla spalla di Jared, chiedendomi ancora come facessero a sopportare il jet-lag.
  
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