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Autore: Endo    13/03/2012    3 recensioni
KiriShi. O RanTaku. O ShindoKirino.
Chiamatela come volete. Sempre quella è ♥.
[...]Sorrisi.
Un po’ perché il mio nome, pronunciato con la sua voce mi riempiva di felicità e probabilmente sarei stato capace di chiedergli di ripeterlo all’ infinito, e un po’ perché pensarlo come un samurai non era poi così difficile. In fondo, Shindo era una persona all’ antica, quindi vederlo un po’ più all’ antica di adesso non era un’ impresa impossibile.[...]

Have fun ♥
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Thanks.


“Quando si è determinati, l’impossibile non esiste: allora si possono muovere cielo e terra.
Ma quando l’uomo è privo di coraggio, non può persuadersene. Muovere cielo e terra senza sforzo è una semplice questione di concentrazione...(1)Quella che non hai in questo momento...Kirino!”
“Uh?” la voce di Shindo che urlava il mio nome mi risvegliò dai miei pensieri.
“Studiare così è inutile, se non ti và più dillo e basta” disse Shindo, poi sospirò e si sedette sul divano affianco a me.
“Veramente sono almeno mezz’ora che lo ripeto” borbottai poggiando la testa sul palmo della mano e mi voltai a guardarlo.
“D’accordo d’accordo, lo so che non ti piace eppure io penso che l’ Hagakure
(2) sia molto interessante”, guardò il volume che teneva tra le mani e qualcosa nel suo sguardo si addolcì.
“In effetti ti ci vedo come samurai” soffiai. Mi sfuggì dalle labbra prima che me ne accorgessi e quando Shindo mi guardò con le guancie completamente rosse non potei fare a meno di ridacchiare.
“C-Che stai dicendo! Kirino!” si alzò di scatto, sulla difensiva, imbarazzato come se avessi detto chissà cosa.

Sorrisi.

Un po’ perché il mio nome, pronunciato con la sua voce mi riempiva di felicità e probabilmente sarei stato capace di chiedergli di ripeterlo all’ infinito, e un po’ perché pensarlo come un samurai non era poi così difficile. In fondo, Shindo era una persona all’ antica, quindi vederlo un po’ più all’ antica di adesso non era un’ impresa impossibile.
“Saresti stato un guerriero coraggioso e saggio” dissi annuendo, e lo pensavo davvero.
“S-Smettila dai” mormorò e si passo una mano tra i capelli imbarazzato.
Stavo per dirgli che dicevo sul serio quando esordì un “M-Mi è venuta fame, vado a prendere la merenda, torno subito” e scappò dalla stanza.

Sospirai.

A volte Shindo mi sembrava veramente irrecuperabile. Pieno di paure e insicurezze, stava sempre a scappare, anche quando non ce n’era bisogno, come per esempio: da me.
Il mio stomaco brontolò.
Ok...Potevo accettare che fosse scappato per stavolta. L’ importante era che tornasse presto con qualcosa da mangiare.
Presi il cellulare e guardai la posta in arrivo, c’erano un paio di messaggi ma non avevo voglia di rispondere, così lo richiusi e lo rimisi in tasca.
Mi affiancai al pianoforte che avevo visto suonare da Shindo così tante volte da non poterle più contare -ma vi confesso che non mi sarei stancato mai- e ci passai le dita sopra rievocando qualche ricordo somigliante a un mucchio di fotografie ingiallite e sorrisi quasi involontariamente.
Mi sedetti sul divano e guardai fuori dalla finestra dove si scorgeva vagamente il resto della immensa casa di Shindo. Il sole la illuminava di striscio, lasciando che le stanza si bagnassero dei suoi raggi solo a metà.
Mi sdraiai, mi risedetti dritto, poi a testa in giù, poi di nuovo dritto ma di Shindo ancora nemmeno l’ ombra.
Così, preso dalla noia, afferrai il libro che stava tentando di leggermi poco prima e lo rigirai tra le mani.

“Hagakure”

Era scritto in grande sulla copertina usurata e leggermente coperta di polvere, coi kanji “foglia” e “nascondere”, evidentemente da interpretare come “Nascosto tra le foglie” o qualcosa del genere.
Lo sfogliai, se non altro perché non avevo niente da fare, ma più leggevo più la mia testa di riempiva di ipotetiche versioni di Shindo vestito con gli abiti tradizionali del tempo.
Stavo ridacchiando al pensiero quando si aprì la porta e uno Shindo con tanto di vassoio in mano entrò nella stanza alzando un sopracciglio.
“Che hai da ridere?” chiese e io esibii il sorriso più angelico del mio repertorio.
“Oh niente, pensavo che ne sarebbe stato di te alla fine del periodo Edo~
(3)” dissi continuando a sorridere mentre le sue guancie tornavano rosse.
Poi poggiò il vassoio traballante sul tavolino e sospirò sedendosi affianco a me “Se fossi nato nel periodo Edo non sarei qui ecco tutto”.
Gonfiai le guancie e lo guardai di traverso “Magari sei rinato, che ne sai” risposi borbottando.
Mi guadagnai uno sguardo indecifrabile e una risposta muta. Mentre si versava il the in una pregiata tazzina di cui non mi importava assolutamente nulla calò un silenzio imbarazzante.
Shindo si ostinava a non dirmi nulla e io mi limitavo a fissare tutti i suoi gesti, rapito. I samurai completamente dimenticati.
Stavo per dire qualcosa –qualunque cosa pur di rompere quel silenzio- quando Shindo prese un piattino che non avevo notato dal vassoio.
Il piatto, che raffigurava un motivo simile a quello della tazzina –si, quella di cui non importava nulla-, aveva sopra di sé un trionfo di fetta di torta. Un qualcosa di visibilmente delizioso con panna, fragole e tutto quello di meraviglioso che riuscite a immaginare su una fetta di torta.


Shindo fece scorrere lo sguardo da quella meraviglia a me per un paio di volte poi prese una piccola forchetta dal vassoio e ne tagliò un pezzo. Lo infilzò e fissò di nuovo prima me poi la torta e infine, mentre io sbattevo le palpebre come un cretino non capendo dove volesse arrivare, avvicinò a me il piatto e fece per portarsi il pezzo di torta alle labbra.


Capendo finalmente che voleva offrire a me tutto il resto della torta gli fermai il polso con cui teneva la forchetta e presi il piattino incontrando le sue dita.
Sorrisi e mi avvicinai la sua mano, che ancora reggeva la forchetta, al viso, dischiusi le labbra e mangiai al posto suo il pezzo di torta mentre con l’ altra mano spingevo il resto della torta verso di lui.
Arrossì di colpo e balbetto qualcosa che non afferrai veramente, troppo vicino al paradiso grazie a quella torta.
Quando però il pezzo finì, tornai sulla terra e ridacchiai guardando Shindo che, non sapendo come rispondere alle mie azioni, farfugliava cose senza senso.
“Ci sei rimasto male?” chiesi sorridendo e cercando il suo sguardo.
“E-Eh? No, è che non so c-che dire...Dato che Glenda
(4) aveva finito la torta volevo che avessi tu l’ ultima fetta m-ma hai mangiato quel pezzo e mi hai ridato il resto e che d-dovrei dire...?” rispose dopo vari farfugli, arrossendo un altro po’.
“Non ti agitare, puoi ancora mangiare tutto il resto della fetta” dissi incrociando le gambe e spostando lo sguardo dagli occhi di Shindo alle sue labbra, distrattamente.
“N-Non voglio mangiarlo da solo” formularono queste ultime.
Shindo le morse, forse pentendosi di quello che aveva detto e io sorrisi, dopo aver superato quel minimo di sorpresa iniziale.
“Ahhhh, se il problema è questo, non preoccuparti, la possiamo sempre condividere” risposi lascivo e il mio sorriso si fece vagamente più malizioso.
Gli presi la forchetta dalle mani e tagliai un altro pezzetto di torta e lo portai alle labbra di Shindo, come per imboccarlo, e quando mi guardò, vagamente spaesato, sorrisi e gli mormorai “Che c’è? Non ti fidi?”.
Lui scosse piano la testa e, anche se ancora titubante, aprì la bocca, dove adagiai il pezzo di torta.
Borbottò qualcosa tipo “Hmmm, buona” mentre masticava e io rimasi a guardarlo quasi incantato.
Quando deglutì e mi chiese “Che c’è?” non riuscendo a spiegarsi il mio sguardo sorrisi e risposi semplicemente “Sei sporco sul labbro”.
E mentre il suo viso si imporporava di nuovo io mi avvicinai e gli passai delicatamente la lingua sul labbro.
“A-AH, K-Kirino...” farfugliò Shindo “S-Se ci vedesse qualcuno t-tu...i-io” scosse la testa energicamente “N-Non dovremmo fare c-certe cose”.
Presi un bel respiro e il coraggio a due mani.


“...Non senti quello che sento io per te?” chiesi.
Lui arrossì sempre di più e incapace di esprimersi a parole per via dell’ imbarazzo si avvicinò a me e sfiorò le mie labbra con le sue cercando di farmi capire.
Il messaggio mi arrivò forte e chiaro.
Gli intrecciai le mani fra i capelli e mi feci più vicino mentre lo baciavo frenetico e inesperto.

Chi ha detto che il primo amore non si avvera mai.

Ricambiò ogni bacio che mi rendeva talmente felice che gliene avrei dati altri cento per ognuno che me ne restituiva.
Quando mi allacciò le braccia al collo e avvicinò ulteriormente i nostri corpi giurai di vedere i fuochi d’ artificio fuori dalla finestra. Ma, vi assicuro, non mi fermai a controllare se c’erano davvero. Probabilmente non mi sarei mai fermato se non fosse stato per l’ impellente bisogno di ossigeno nei polmoni.
Mentre riprendevamo fiato lo guardai negli occhi alla ricerca di qualcosa che mi dicesse che era felice almeno la metà di quanto lo ero io ma quando il suo sguardo incontrò il mio sentì improvvisamente la guancia bagnata.
Una lacrima solcava la guancia di Shindo e, di rimando, anche la mia.
Entrai nel panico “Oddio che c’è che non va?” chiesi, e pensai di aver fatto tutto male, di essere il peggiore baciatore del mondo e di aver frainteso tutto quello che c’ era tra noi.
E mentre gli passavo un dito sulla guancia e asciugavo quella piccola gocciolina che tentava di compromettere la mia felicità rispose sorprendentemente calmo, per uno che stava per scoppiare a piangere.

Disse “Sono felice”, e il mio cuore scoppiò.

Lo guardai mentre elaboravo le sue parole poi lo abbracciai con trasporto e lo baciai di nuovo, più e più volte. Più felice che mai. E sapere che lo era anche lui mi mandava alle stelle.
Ero in paradiso. Completamente. Altro che torta.
Non mi sarei stupito che mi fossi svegliato da un momento all’ altro ma non successe, grazie a dio.
E, adesso, mentre io e Shindo camminiamo tenendoci per mano, al nostro primo anniversario, ringrazio veramente dal profondo del cuore quella torta che Glenda preparò allora e quel libro sui samurai che fecero in modo che il coraggio vincesse sulle tutte le paure e le insicurezze di allora, mie e di Shindo.
Sul serio.

Grazie.

 




(1): Un passo che ho preso dall' Hagakure, perdonatemi se non mi ricordo il numero esatto.
(2): L' Hagakure è un grande classico nipponico, scritto da Yamamoto Tsunetomo, ed è una specie di raccolta su 'regole' dei samurai
(3): Il periodo dove vi erano i samurai
(4): Una cameriera che mi sono inventata. E' iniziato tutto col fatto che ho immaginato Genda in gonna. *facepalm*



Note d’ autrice-ovvero-Bomba di smancerie e cuoricini:
Ommiiiiioooddddio ce l’ ho fatta!
Sul serio, sono riuscita a scrivere una KiriShi *commossa* Era ora che onorassi una delle mie OTP di IE 

Sono felice çwwwwwç
Francamente non mi dispiace come è venuta fuori, il che è incredibile per una ipercritica come me, asdfghtdfvb.
Ma comunque, se notate il nome di Shindo è ripetuto centomila volte. E questo è l’unico errore voluto, probabilmente, uh.
Si perché ho pensato che dato che era la testa di Kirino, dire “Shindo Shindo Shindo” non sarebbe stato così orribile 
 Quindi ecco qua.

Spero vi piaccia~
Fatemi saperehhhh.
Ci ho messo tutto il mio cuoricino 

Insomma, queste smancerie.
Lol.
A presto, si spera~

E n d o♥

  
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