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Autore: AnonimaKim    13/03/2012    1 recensioni
La ragazza,ha poco più di sei anni quando la sua famiglia viene brutalmente uccisa dalla Mafia. Rimasta sola,coltiva in se stessa il desiderio di vendetta verso i tre assassini e giura di trovarne uno ad uno,vuole ucciderli.
La giovane ragazza crescerà,imparando le sofferenze del mondo,e perdendo la donna che l'aveva tirata su come una figlia. A quattordici anni,Courtney è di nuovo da sola,ma non si da per vinta. La ragazza farà conoscenza con due ragazzi poco più grandi di lei,che la aiuteranno a scovare tutti gli assassini dei suoi genitori.
Ma non sono gli unici
Incontrerà qualcun'altro,qualcuno che farà capire a se stessa,di essere molto più di una assassina vendicatrice.
Una ragazza,capace di amare
Dall'ultimo capitolo:
[A quel punto mi bastò solamente lasciarmi trasportare da quella dolce tortura che forse,avevo sottovalutato troppo in quella mia vita.
Quella notte aveva scalato la vetta delle più belle dalla mia vita,anche solo quando lui aveva posato quelle sue labbra calde sulle mie.
Pazza,completamente pazza...
Completamente innamorata...]
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Courtney, Duncan, Heather | Coppie: Duncan/Courtney
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Sono arrivata con il continuo!! Cerco di velocizzare l'entrata in scena di Duncan altrimenti la storia che senso ha?!

Anche se non sembra,il morale della storia (da qui ho preso il titolo) avverrà proprio perché è lui a introdurlo,è lui che rende il morale di questa storia...e lei ovviamente XD

Ok,mi sa che bisogna aspettare altri due o tre capitoli. Voglio spiegare perché ho messo “Non per stomaci delicati”: innanzi tutto perché ci sono delle scene veramente violente,torture un po' macabre.

Al prossimo capitolo...

Saluti,

AnonimaKim

 

 

 

 

 

 

Brutti incontri

 

 

Lavoravo come cameriera in un vecchio bar,ancora abbastanza frequentato. C'erano sempre le stesse persone,ormai avevo imparato a memoria tutti i nomi. Fu un caso che quel giorno,incrociare un giovane ragazzo. Servì solo una gazzosa al quel tavolo,chiacchierava con una ragazza,all'incirca di venti...venticinque anni massimo. Presto il loro discorso mi incuriosì. Parlavano sottovoce,il che mi fece intuire che fosse qualcosa di segreto. Ero costretta ad avvicinarmi più volte al loro tavolo per capire qualcosina. Passai davanti al loro un'ultima volta,decisa a lasciar perdere,ma non appena passai il tavolo sentì pronunciare un nome a me molto famigliare : Micael Finch. Il vassoio mi cadde dalle mani,rimasi lì ancora per qualche istante,ma avevano smesso di parlare. Non si era girato quasi nessuno,ormai non ci si faceva nemmeno tanto caso. Raccolsi tutto da terra e mi rimisi sui miei passi.

-”Stai bene Court?”- mi chiese Havelin non appena tornai con il vassoio. Feci le spallucce,rivolgendo il mio sguardo verso il tavolo dei due ragazzi. Dovevo saperne di più sul mio uomo,lo conoscevano forse?

Non tornai da Kassie quella sera,restai a lavorare quasi fino all'una di notte,nella speranza di riuscire ad acchiappare uno dei due per strapparli qualche informazione,con la forza se necessario. Il mio sguardo era fisso sul quel tavolo,ero più impacciata del solito nel miei lavori,ma perlomeno ci avrei ricavato anche un po' più di soldi per me e Kassie. Era quasi l'una quando la ragazza del tavolo salutò il ragazzo moro. Si alzò dal tavolo dirigendosi verso l'uscita. Fui per un secondo indecisa su chi seguire,ma mi sembrò molto più logico parlare con il ragazzo,non sarei dovuta uscire dal locale. Non rischiavo di prendermi una sgridata visto che molte cameriere si fermavano a chiacchierare con dei ragazzi carini quando il locale era mezzo vuoto.

Mi sedei davanti a lui,sulla sedia dove poco prima era seduta la ragazza. Rimasi in silenzio aspettando che dicesse qualcosa.

-”Posso fare qualcosa per te?”- mi chiese rivolgendomi uno sguardo non troppo interessato.

-”Sì”- risposi a bassa voce -”Conosci Micael Finch?”- chiesi allora,non mi piacevano i giri di parole. Mi guardò accigliato.

-”Come conosci questo nome?”- mi chiese un po' stralunato. Aveva abbassato la voce anche lui.

-”Lo conosco e basta!”- tagliai corto -”Dimmi se lo conosci”- il “per favore” non esisteva nel mio vocabolario.

-”Non posso parlarne,non con una sconosciuta”- Si tirò indietro appoggiando la schiena allo schienale della sedia

-”Ho aspettato quasi 5 anni di sapere qualcosa di questo giro!Ora me lo devi dire!”- cominciavo ad innervosirmi,non volevo passare alle cattive maniere.

-”Mi dispiace ok?!Non posso dirti niente!”- Questa volta fu più pungente -”Torna a casa ragazzina”- mi liquidò in mal modo. Come si permetteva!

-”Io non sono una ragazzina!Hai capito!Non lo sono mai stata,non lo sarò mai!Ora dimmi chi è o vado alla polizia!”- lo minacciai. Alzò un sopracciglio.

-”Mi denunci per non averti detto qualcosa che non dovresti sapere?”- mi prese in giro ridendo ma io non ero in vena di scherzi,tanto meno di stupide battute.

-”No,dico che mi hai messo le mani addosso”- risposi quasi con malizia,queste non erano le maniere forti,erano quelle medie,le minacce. Io non ero tipo da minacciare e poi non mantenere.

-”Questo non è vero!”- ribatté lui.

-”Lo so,ma pensaci bene....a chi crederebbero?”- amavo questi ricatti,farli,ovviamente. Mi facevano sentire fiera di essere una donna. Sul suo volto comparve un leggero sorriso sghembo.

-”Sei furba”- commentò giocherellando con il tappo della bottiglia. Rimasi in attesa.

-”Perché lo vuoi sapere?”- mi chiese. Non avevo voglia di raccontare i miei fatti personali.

-”Perché sono affari miei!”- risposi acidamente. Sbuffò,forse si era finalmente arreso.

-”Il capo del T7,un settore del circolo di Mafia”- mi spiegò,meglio per lui che non mi racconti balle

-”e....”- lo incitai

-”Ho appena avuto delle informazioni importanti su di lui”- finì

-”Ti basta?”- mi chiese alzando il sopracciglio destro.

-”Dove posso trovarlo?”- chiesi,come ho già detto non mi piacciono i giri di parole.

-”Non lo so,lo stiamo cercando”- mi rispose guardando fisso il tavolo.

-”Lo state....cercando?”- Vuol dire che non era solo

-”Io e mia sorella,ha ucciso nostro padre”- rispose quasi digrignando i denti. Cominciavo a dispiacermi di essere stata troppo specifica con le domande,ma cercai di non farci caso.

-”Mi dispiace”- mormorai,la mia voce non era confortatrice. -”Però perlomeno ora sai perché lo cerco”- continuai. Mi guardò,dritto negli occhi. Solo allora notai il colore dei suoi occhi,verdi,acqua marina,sembrarono perforare i miei neri. Mi capì con uno sguardo.

-”Vediamoci qui domani mattina,alle sei in punto”- sospirò. Forse ce l'avevo fatta,forse avevo ancora qualche possibilità di rinnovare la promessa fatta a me stessa.

-”Come ti chiami?”- mi chiese non appena scesi dalla sedia.

-”Courtney”- risposi freddamente. Riposi la mia divisa e mi avviai verso la casa di Kassie, proprio nello stesso edificio.

Kassie non si sarebbe arrabbiata per il mio ritardo,ma mi avrebbe comunque fatto delle domande,ero piuttosto brava a mentire. C'era uno strano silenzio,di solito i nostri vicini di casa erano alzati fino al giorno dopo,la radio accesa a tutto volume. Feci girare la chiave nella serratura due volte prima di spingere la porta. La casa di Kassie non era mai stata bella,ma da quando ero con lei si impegnava a far si che fosse tutto abbastanza accogliente. Quando aprì una porta in un'altra stanza sai che ti troverai davanti una precisa immagine,ma quella volta,non fu così. I mobili erano quasi tutti rotti o buttati a terra,la vasca con il pesce era ridotta a pezzi di vetro,il pesciolino ancora vivo mi fece capire che qualunque cosa fosse successa era successa da poco. Presi il pesciolino tra le mani,riempì velocemente il lavandino accanto e ce lo gettai dentro. Sentivo dei rumori provenire dall'altra stanza,non mi piacevano per niente.

Poi la vidi. Kassie era per terra,i riccioli biondi le ricadevano sulla schiena. Alzai lo sguardo vedendo due giovani ridere,erano ubriachi fradici.

-”Che avete fatto!!??”- urlai gettando la borsa in terra. Preparandomi ad un possibile scontro.

-”Ci siamo solo divertiti un po'”- rispose uno dei due -”Dai ragazzina unisciti anche tu alla festa”- mi si avvicinò,afferrandomi per un braccio

Non avevo mai permesso a nessuno di toccarmi,non avevo intenzione di incominciare ora. Nessuno mi doveva toccare...

Usai il suo braccio come leva per assestarli un calcio nello stomaco che lo fece scivolare all'indietro,lo vedevo a terra. Mi diede appena il tempo di tirare fuori il coltello.

L'altro si gettò verso di me, con il pugno carico,diretto verso il mio viso. Mi abbassai e gli piantai il coltello nello stomaco,più forte che potei. Il suono del coltello nelle carni era cupo,ma stranamente soddisfacente. Mi ripresi il coltello del tutto insanguinato,lasciando che il suo corpo cadesse a terra. Feci appena in tempo a girarmi,schivai un coltello con estrema naturalezza,senza scompormi di un millimetro. Afferrai con le mani il suo polso,assestando un secondo calcio. Lo disarmai. Fu una cosa veloce,il secondo omicidio. Mi limitai a piantare il coltello in gola. I mio viso si bagnò di sangue,i miei capelli,le mie mani,i miei vestiti. Il secondo corpo cadde a terra.

Prima regola : Mai sfidarmi

Il mio sguardo ricadde su Kassie,non si era mossa di un millimetro. Mi inginocchiai vicino a lei,posandoli le dita sulla gola.

Nulla,non una pulsazione

Gli scostai i riccioli dal viso,gli occhi ancora aperti erano rossi,sembravano gonfi. Solo allora mi resi conto di essere stata troppo gentile con quei due bastardi!

Avrei dovuto farli soffrire,torturarli a sangue,invece no. Non l'ho fatto,ma è troppo tardi per tornare indietro.

Sarei dovuta tornare a casa quella sera,dovevo fregarmene di quei due ragazzi,pensare al presente. Lei era la mia nuova famiglia,me l'avevano portata via,di nuovo.

Non so per quanto tempo rimasi lì,accanto al suo corpo immobile.

La trascinai fino al suo letto,poggiando la sua testa sopra il cuscino e il corpo sul materasso. Il mio cuore aveva subito una seconda frattura. Ero cresciuta con lei,mi voleva bene,io l'ho abbandonata. Era stata solo colpa mia.

La coprì con un lenzuolo bianco,mi alzai in piedi prendendo una rosa gialla e poggiandola sopra il suo petto. Il lenzuolo,in quel punto,si era ricoperto di sangue. Scrissi un veloce bigliettino,posandolo sul comodino.

Ce la faremo Kassie,li vendicherò anche per te”

Presi la foto sul suo comodino,dove eravamo raffigurate nel bar dove lavoravo,ritagliai il suo viso,e lo misi nel medaglione che portavo al collo.

 

Le mie scarpe risuonavano sulle scale mentre le scendevo pian piano.

Pling,pling

Il sangue mi gocciolava dai vestiti,i capelli che stavo tagliando man mano che scendevo, cadevano a terra. Il rumore del coltello che segava i miei capelli rimbombava.

Troppo silenzio” pensai risalendo le scale. Lo sapevo. La porta dell'appartamento vicino era aperta. Appena la spalancai,vidi due sagome,legate e imbavagliate proprio sotto la finestra. Una dormiva,l'altra cercava di attirare la mia attenzione.

Mi avvicinai togliendo il bavaglio dal ragazzo sveglio.

-”Ehi!Che aspetti liberami!!”- mi si rivolse con una tale indiscrezione che non lo avrei fatto neanche se lo avessi voluto.

-”Cos'è successo?”- chiesi ignorando totalmente le sue lamentele

-”Ma stai zitta e liberami!”- Gli puntai il coltello ancora insanguinato alla gola.

-”Parla solo quando te lo dico io!”- Gli imposi mentre premevo sulla sua pelle.

-”Ok”- mormorò lui notando il sangue sui miei vestiti

-”Chi è stato ad uccidere Kassie?”- lo interrogai premendo la lama sulla sua gola.

-”Non lo so”- rispose tremolante -”hanno minacciato di farci fuori se non gli avessimo detto dove si trovava”- Conoscevo le sensazioni che stavano divampando in me: Odio,disprezzo,ira,rabbia.

-”Sei stato tu ad aprire la bocca!?”- lo accusai avvicinandomi al suo viso minacciando di tagliargli la gola. Nonostante avessi solo quattordici anni,non avevo la minima intenzione di sentirmi in colpa per aver ucciso qualcuno che se lo meritava.

-”No”- sussurrò lui mentre dal collo colò una goccia di sangue.

-”è stato Harry!Io non sapevo neanche ci fosse Kassie”- il mio sguardo si spostò sul compagno di fianco a lui.

-”è vivo?”- chiesi. Annuì. Ghignai cambiando la direzione del mio coltello. Osservai mentre la mia lama si piantava nello stomaco del suo amico.

-”Non più”- mormorai tra me.

-”Chi è stato?”- tornai al mio vecchio interlocutore,aveva sbarrato gli occhi,tremava.

-”Li mandava qualcuno”- mormorò semi terrorizzato -”Ho sentito un nome”- Gli feci cenno di andare avanti.

-”John Harvey”-

Chiusi gli occhi,la mia mano si bagnò di sangue caldo. Ero troppo frustrata per minacciare qualcuno e poi lasciarlo libero,mi scarico così. Uccidendo.

John Harvey

 

John Harvey

 

John Harvey


 

  
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