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Autore: Shatzy    13/03/2012    3 recensioni
“Da ora in poi quindi noi due siamo migliori amici” evidenziò, sorridendo ampiamente.
“E perché mai?”
“Beh, perché mi hai trovato” rispose convinto. “E perché sei carino come una bambina, e mi piace tenerti per mano”.

[Klaine Week]
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2. Klaine AU




La prima volta che Kurt notò Blaine era un pomeriggio nuvoloso di inizio novembre. Il Lima Bean era piuttosto affollato per via del freddo di quei giorni, studenti di diverse scuole accerchiavano i tavolini coperti di compiti e biscotti, un mormorio sommesso si levava dalla fila irregolare di clienti, e lui da dietro il bancone era intento ad eseguire gli ordini che la sua collega gli passava. E ad un certo punto, appena la campanella sopra la porta suonò, Kurt alzò la testa, e rimase a fissare il nuovo arrivato fino a quando il latte bollente non uscì dal bordo del bicchiere di carta che stava riempiendo, scottandogli una mano.

Non ci parlò direttamente, e tutto quello che scoprì in quella giornata fu che il suo nome era Blaine, che portava la divisa di una scuola privata che non aveva mai visto, e che aveva un sorriso da sogno.
Gli preparò il miglior caffè medio che l’Ohio avesse mai assaggiato.
La prima volta che Blaine notò Kurt fu soltanto qualche mese dopo.

*

“E quindi ci stiamo già preparando per le Regionali, non possiamo perdere tempo, non possiamo perdere nemmeno un minuto, non dopo quel pareggio con quel gruppo di damerini che ballano fuori tempo. Ovviamente non ci saranno problemi, almeno fino a quando il signor Schue e gli altri continueranno ad essere d’accordo che sia io a cantare una ballata, perché in quel caso- Kurt, mi stai ascoltando?”
Kurt venne improvvisamente interrotto dal suo sogno ad occhi aperti, che prevedeva lui, un ragazzo con i capelli ricci e un campo di lillà. “Rachel, anche se non c’è tanta gente non dovrei parlare con te, sto lavorando” la rimproverò. “E comunque parlavi del tuo prossimo assolo” provò, sapendo di andare sul sicuro anche se non aveva sentito una sola parola negli ultimi cinque minuti.
La ragazza gli sorrise compiaciuta, per poi guardarlo con un velo di malinconia. “Ci manchi al Glee Club”.
“Mi mancate anche voi” sospirò, “ma non ho tempo per fare entrambe le cose, e questo lavoro mi serve davvero” spiegò per l’ennesima volta.
“Tuo padre come sta?” chiese interessata.
“Meglio. Certo, non riesce ad abituarsi all’idea che un pasto senza sale sia commestibile” e che io lo aiuti a pagare le spese mediche, “ma sta molto meglio”.
“Puoi sempre unirti a noi tra qualche mese, per le Nazionali avremo bisogno di te!” tentò di convincerlo Rachel.
Kurt rise, scuotendo poi la testa. La sua amica non sarebbe cambiata mai. “Ti preparo il caffè”.
“Con panna, grazie”.
Quando il campanello sopra la porta risuonò nel locale semi-vuoto, alzò gli occhi pronto a salutare il nuovo cliente.
“Oh mio dio”.
“Okay, niente panna” accordò lei.
“No, non è questo. È lui!”
“Lui chi?”
Lui! Il ragazzo da sogno di cui ti parlavo” sussurrò, avvicinandosi all’amica e indicando la divisa blu che si stava avvicinando a un tavolino in un angolo.
“Il tuo futuro marito?”
“Esatto!”
Rachel era una persona fin troppo curiosa e decisamente poco discreta, ma questo non le impedì di voltarsi nella direzione indicata di Kurt. E quando scorse la figura di un ragazzo che rideva con dei suoi amici, non riuscì a bloccare un gridolino oltraggiato. “Oh mio dio! È lui!”
“Lui chi?”
Lui! Il damerino che balla fuori tempo!”
E tutto quello che Kurt registrò di quella giornata, era che l’uomo della sua vita doveva avere anche una voce da sogno. Perfetto.  

*

“È che ha insistito molto, in fondo a me non cambia niente”.
Se c’era una cosa veramente positiva nel lavorare come barista al Lima Bean, era poter ascoltare indisturbato tutti i discorsi dei clienti senza passare per curioso o indiscreto, proprio come Rachel. Era assurdo come le persone parlassero della propria vita come se fossero da soli, anche dei dettagli più sordidi, mentre aspettavano che le loro ordinazioni fossero pronte. E Kurt avrebbe volentieri continuato ad indossare quegli orribili pantaloni color kaki ancora per diverso tempo, solo per avere l’occasione di captare qualcosa della vita del ragazzo dei suoi sogni.
“Lo so, Blaine, ma non è la stessa cosa. Non puoi fare un duetto con un ragazzo, e non puoi ripeterlo trenta volta solo perché Trent ti considera una divinità”.
“Ma, Wes, io… Ecco, non volevo ferire i suoi sentimenti”.
Kurt non sapeva bene di cosa stavano parlando, ma quell’espressione contrita sul viso del suo Blaine gli ricordava tanto quella di un cucciolo. Magari potevano averne uno nella loro casa, un giorno; uno di quelli con il pelo scuro, esuberanti e amanti delle coccole.
“Quella canzone è un flirt continuo, ti serve una ragazza con cui hai una certa chimica, al massimo. O un ragazzo, nel tuo caso”.
Blaine sorrise timidamente, e Kurt percepì perfettamente la sensazione dei suoi occhi che sfuggivano dalle orbite. Okay, non era il momento di pulire il bancone con una stupida salvietta profumata, questo era il segno che aspettava, il miracolo in cui non osava sperare, il sogno che viveva da un mese e mezzo, un regalo di Natale in anticipo di una settimana.
“Non è andata poi così male. E allo spettacolo dovrò cantare con una ragazza, quindi è meglio abituarmi a qualcuno con cui non posso avere chimica” spiegò calmo, mentre prendeva una bustina di zucchero da una ciotola lì accanto.
Il suo amico – Wes, ricordò Kurt – scosse la testa debolmente, per poi prendere entrambi i bicchieri ripieni di caffè e voltarsi a cercare un tavolo. “È questo sabato, no?”
“Questo sabato al Kings Island” precisò l’altro. E poi scomparvero nella massa di clienti del locale.
Kurt rimase con la salvietta a mezz’aria per almeno trenta secondi, paralizzato dalla sua nuova scoperta mentre un sorriso enorme nasceva sulle sue labbra. Blaine era gay. Gay.
E inoltre, aveva appena trovato un impegno molto interessante a cui Mercedes non avrebbe potuto sottrarsi, per quel sabato.
La cosa negativa nel lavorare come barista al Lima Bean, tuttavia, oltre ad indossare dei pantaloni color kaki fuori moda di almeno venti anni, era il passare inosservato a chiunque, essere invisibile dietro al bancone, come se non potessi sentire, parlare o capire, come se non esistessi nemmeno.   

*

Quel giorno di fine gennaio Kurt era particolarmente allegro. Un timido sole splendeva nel cielo, aveva appena ricevuto il suo primo aumento, e aveva deciso di dichiararsi a Blaine. In fondo era il ragazzo dei suoi sogni e aveva già pianificato i colori del loro matrimonio, non c’era motivo di perdere altro tempo. Kurt Hummel era un giovane ragazzo innamorato dell’Ohio, e niente e nessuno poteva rovinargli il buonumore.
Tranne forse un ragazzo alto e biondo che era appena entrato al Lima Bean insieme a Blaine, e che gli sorrideva in un modo che non lasciava scampo a interpretazioni sbagliate. Era un appuntamento.
Gli crollò il mondo addosso, quantomeno sotto forma dei bicchieri di carta che stava tentando di ordinare sul ripiano. Si sentì ferito, deluso, arrabbiato, tradito. Come aveva potuto fargli questo?
Si limitò a rimanere immobile accanto alla macchina per l’espresso, appoggiando la testa contro una ciotola di vetro contenente i chicchi di caffè; lanciò qualche timida occhiata ai due in fila, notando come ogni sguardo di Blaine, ogni sorriso, ogni gesto impacciato fosse una pugnalata al petto. Quel tipo poteva anche avere i capelli più gay di tutta la città, ma era indubbiamente attraente, e maturo, e con tanto tempo libero da passare con il suo ragazzo dei sogni, invece di stare chiuso dentro un locale a preparare caffè vestito in modo ridicolo.
Ma se solo Blaine lo avesse guardato, anche per un attimo, Kurt era certo che si sarebbe accorto del loro potenziale. Se gli avesse dato una possibilità, gli avrebbe dato tutta la felicità che meritava. E dita incerte e calde che stringevano le sue mani, sorrisi complici scambiati in mezzo alla gente, labbra delicate sulla sua pelle; avrebbero avuto una loro canzone, o una colonna sonora più che altro, per raccontare tutto quello che sarebbero stati, avrebbero guardati vecchi film d’amore sul divano, dividendo una coperta e una cioccolata calda senza panna, e avrebbero pianificato la loro vita insieme dopo il diploma, a New York, lontano da tutto, dove i pantaloni kaki erano scomparsi negli anni ’80 e i ragazzi con i capelli biondi e perfetti esistevano solo nelle favole, magari insieme a una principessa, non a un principe. Blaine avrebbe scelto il nome del loro cane, e Kurt si sarebbe occupato della sua dieta, e avrebbero decorato insieme la stanza dei loro figli comprando un miliardo di riviste di arredamento e di gravidanza, anche solo per sapere tutti, ma proprio tutti i dettagli. E sarebbero invecchiati insieme, guardando i tramonti dall’attico del loro appartamento, si sarebbero tenuti per mano fino alla fine dicendosi “Ti amo”, senza stancarsi mai.
Kurt prese l’ordinazione senza pensarci, e meccanicamente mise insieme gli ingredienti. Guardò per un’ultima volta Blaine, intento a fissare il pavimento, imbarazzato per qualcosa che l’altro aveva detto.
Sospirò.
Fu certo di aver preparato il peggior caffè medio di tutto l’Ohio, quel giorno.

*

Nelle rare sere in cui era l’addetto alla chiusura del locale, lasciava che i suoi pensieri vagassero più del dovuto. Immaginava un posto grande come quello riempito da una folla adorante, un palco rialzato e le luci che lo illuminavano mentre cantava per il suo pubblico, riusciva a sentire persino il rumore degli applausi se si concentrava bene, e il profumo dei fiori che gli venivano regalati. E poi c’era sempre Blaine, seduto in disparte, che gli sorrideva orgoglioso con amore.
Ogni tanto intonava qualche motivetto mentre strofinava il bancone, qualche passo di danza con la scopa, qualche inchino e ringraziamento, almeno fino a quando non notò che non era solo. Come al solito.
“Ehm, siamo chiusi” disse ricomponendosi all’istante, notando una figura seduta a un tavolo appena dietro a una colonna.
“Oh, chiedo scusa, ho perso la cognizione del tempo”.
E a Kurt sembrò di trovarsi in uno di quei film romantici di seconda categoria in cui sai già come va a finire da quando compare il titolo sullo schermo. E avrebbe dato di tutto per poter correre mano nella mano verso il tramonto con Blaine, che ovviamente era seduto proprio di fronte a lui in quel momento.
“M-me ne vado subito” evidenziò quello, scambiando gli occhi sgranati di Kurt per qualcosa di minaccioso, probabilmente.
“No!” strillò, più acuto del necessario, tanto che Blaine sussultò.
“No?”
“No. Cioè, non serve. Devo ancora chiudere la cassa, quindi se vuoi un ultimo caffè prima di andare via posso preparartelo” e wow, la sua voce era stranamente ferma. Tutte le prove di approccio davanti allo specchio della sua camera erano servite a qualcosa.
L’altro sembrò pensarci su per qualche secondo, ma poi sorrise ed esordì con: “Un caffè medio, per favore”.
Lo so, si trattenne dal rispondere. E disse soltanto, sovrappensiero: “Con un extra di cannella”, mentre si voltava verso il bancone.
Sentì Blaine trattenere il respiro, e poi alzarsi dalla sedia e seguirlo. Che fosse pronto a scappare verso il tramonto?
“Sei tu?” chiese, appoggiandosi con i gomiti sulla lastra di marmo mentre Kurt gli preparava l’ordine.
“Sono io…?” rispose. L’uomo della tua vita? Perché la risposta è sì.
“Il mio folletto misterioso. Se vengo in determinati orari e in certi giorni, il mio caffè ha un tocco di cannella in più che semplicemente adoro” spiegò.
E io adoro te. “Oh. Forse calco troppo la mano senza rendermene conto. Meglio che ci stia attento prima che finisca le scorte e mi licenzino” ridacchiò, cercando di cambiare argomento e di non approfondire il discorso di quando un mese prima aveva ascoltato per caso una conversazione tra lui e- uhm, mi sa che l’altro si chiamava David, in cui diceva di avere un debole per la cannella.
“Mi sento in dovere di ringraziarti”.
“Come, scusa?”
“Per il caffè. E per la cannella. Dimmi il tuo sogno più grande e io tenterò di realizzarlo” propose entusiasta. Ed era strano come i suoi occhi fossero ancora più belli quando guardavano Kurt, quasi più luminosi.
“Il mio sogno più grande?” ripeté incerto l’altro.
“Esatto”.
“Oh. Broadway” rispose sicuro.
Blaine sembrò preso alla sprovvista, ma il suo sorriso si allargò ancora di più. “Sogni in grande! Sai cantare?”
“Ero nel Glee Club della mia scuola, il liceo McKinley”.
“Lo conosco! Ci dobbiamo confrontare con loro la prossima settimana alle Regionali, siete in gamba, soprattutto la vostra solista, è piccola ma piena di talento”.
Rachel sarà felice di saperlo, riuscì a pensare Kurt in un momento di lucidità. “Non ne faccio più parte, purtroppo. Sai, il lavoro…” lasciò il discorso in sospeso, facendo un vago cenno con la mano e tornando ad occuparsi del caffè. Suo padre stava molto meglio e le spese mediche erano state quasi del tutto pagate, magari poteva davvero pensare a licenziarsi a breve e tornare nelle Nuove Direzioni in tempo per il loro debutto alle Nazionali.
Blaine inclinò la testa di lato, guardandolo meglio forse per la prima volta e facendolo arrossire. “Sei al primo anno?”
“Sono al terzo!” sbottò Kurt indignato, rovesciando violentemente la tazzina di caffè nel bicchiere di carta apposito.
“Oh, anche io!” e sorrise di nuovo. Cosa c’era da sorridere così tanto non lo sapeva, ma non se ne sarebbe lamentato. “Sono Blaine, comunque” si presentò, tendendo una mano verso di lui, oltre il bancone.
Lo so, avrebbe voluto dirgli, di nuovo, ma voleva proprio evitare di passare per il suo stalker di fiducia. “Kurt, piacere” disse, stringendo quelle dita calde e sicure. E quello era proprio il momento giusto per uscire dalla porta del Lima Bean e correre insieme verso il tramonto.
“Kurt. Ti va di farmi compagnia mentre bevo il caffè?”
“Ma è tardi, non devi tornare a casa?” e cosa diamine gli stava dicendo il cervello in quel momento?
“Forse non ci voglio tornare” ammise in un sussurro, e i suoi lineamenti si distorsero appena.
Oh. Forse Kurt non era l’unico ad avere qualche problema nella sua giovane vita. Forse Blaine non era così solare ed estroverso come appariva, forse aveva dei lati oscuri anche lui. E questo lo rendeva stranamente ancora più affascinante, tanto che Kurt si ritrovò a voler conoscere ogni più piccolo dettaglio della sua vita.
“Ho ancora mezz’ora prima di chiudere” gli propose, e Blaine sorrise di nuovo.
“Allora magari mi puoi raccontare com’è la vita di un barista” gli offrì.
“Oh, non molto interessante… Tanti clienti, sempre le stesse facce, non che io ricordi tutte le facce, o i clienti, sono una specie di massa informe per noi oltre il bancone, ordinano, pagano, se ne vanno, è piuttosto noioso. Non che tu sia noioso. Cioè, almeno credo, non ho mai ascoltato un tuo discorso ed è la prima volta che ti vedo. Comunque sì, accetto la tua offerta e ti prego levami da questa situazione imbarazzante”.
Blaine rise sinceramente, e Kurt non poté fare altro che fissarlo entusiasta, anche se l’altro stava ridendo di lui. “Perché non prepari un caffè anche per te? Pago io, ovviamente, poi ci sediamo laggiù” disse, indicando un tavolino vicino a una finestra, “e approfondiamo l’argomento della fantastica vita all’interno del Lima Bean”.
E sì, quella era l’ennesima conferma che Blaine era proprio destinato a diventare l’uomo della vita di Kurt.
E forse non proprio tutti i suoi sogni si sarebbero realizzati, forse non avrebbe mai avuto un cane, non sarebbe mai corso verso il tramonto con qualcuno, o non avrebbe conosciuto a fondo un prato di lillà, ma se la vita era esattamente come se l’era immaginata, non sarebbe stato tanto divertente viverla. Insieme a Blaine, ovviamente.
“Ah, devo ancora realizzare il tuo desiderio. Broadway è fuori dalle mie competenze, lo ammetto”.
E Kurt sorrise. “Lo hai già fatto”.







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Note: non sapevo proprio che scegliere come AU, mi hanno proposto la barista!kurt ed eccola qui :D
Volevo ringraziare tantissimo chi ha recensito lo scorso capitolo, sakuraelisa e glenn :) e chi ha messo la storia nelle seguite.
   
 
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