Un’allegria cacofonia di voci disturba il mio sonno.
Infastidita, mi rivolto nel letto, premendomi il cuscino
sulle orecchie nell’inutile tentativo di attutire i suoni. Dopo essermi resa
conto dell’inutilità della cosa, getto di lato il guanciale e spalanco gli
occhi.
Okay. Qui c’è qualcosa che non va. La mia camera ha sempre
avuto un soffitto di legno, ne sono sicura: allora perché questo è color crema?
Mi strofino gli occhi, ancora convinta di sognare, e li riapro. Niente, il
soffitto crema è ancora lì. Con un scatto di reni, mi tiro su a sedere. O mio
Dio! Ma dove sono finita? Getto uno sguardo stralunato sulla stanza, che è
evidentemente una camera d’albergo.
Ma com’è possibile? Non mi ricordo niente! Non ho nemmeno
bevuto ieri sera, cavoli! Oddio, mi hanno rapita. Cristo, dev’essere così. Devono
essere piombati in casa nel bel mezzo della notte, avranno narcotizzato Ami e
la mamma e poi mi hanno portato via su una macchina scura, per portarmi in
quest’albergo dall’aria anonima, come tutti gli alberghi del resto. Immagino già
l’edizione del telegiornale: Neo sedicenne rapita nel cuore della notte. La famiglia
attende notizie.
Vedo già le lacrime di mia madre e di Ami e i commenti
sussurrati della gente: “Povera ragazza..” “Povera piccola, aveva tutta la vita
davanti!”
Non ho potuto salutare i miei
amici, non sono andata a quel programma per sorelle con Ami, non ho ancora
finito la mia lista di cose da fare prima di avere trent’anni! Dio, non arriverò
nemmeno a venti! Non ho mai mangiato marshmallow infilzati su dei bastoncini e
abbrustoliti sul fuoco in campeggio! Io e Tadase non abbiamo ancora completato
la nostra sfida a chi mangia più intrugli e.. oddio! Morirò vergine!! Che cosa
triste.. a meno che quei rapitori non siano anche dei violentatori, Dio me ne
scampi!
E Ikuto… non l’ho nemmeno potuto
salutare per l’ultima volta.. non potrò più vedere lo scintillio divertito nei
suoi occhi ametista quando mi prende in giro, il sorriso che gli increspa le
labbra quando mi guarda.. non sentirò più il suo sapore, così intenso, non lo
potrò più vedere un’ultima volta.
Oh Ikuto..
Proprio in quel momento, la porta
della stanza si apre e un ragazzo entra fischiettando tranquillo e posando
alcuni sacchetti per terra. Un ragazzo dai capelli blu.
- Ikuto?!? – strillo, con gli occhi
fuori dalle orbite.
Ikuto si volta e mi sorride:
- Oh, buongiorno, bella addormentata.
Ci siamo svegliate finalmente, eh?
- M-ma ma che succede? – grido,
ancora scioccata.
- Cosa pensi che stia succedendo? –
mi chiede enigmatico.
Magari adesso evito di
raccontargli quel film mentale sui rapinatori.
- Ehm.. – balbetto, rossa come un
pomodoro – francamente, non ne ho idea.
- Perché non dai un’occhiata fuori
dalla finestra, tanto per cominciare? – mi invita lui, facendo un cenno col
capo verso la grande porta finestra che da su un arioso balcone.
Timorosa, scendo dal letto –pregando
che non noti il mio pigiama con gli orsetti- e mi sporgo dal davanzale.
Il continuo vociare che mi ha
svegliato altro non è se non un mercato. File e file di bancarelle di ogni
genere, dai capi di vestiario alla verdura, si stendono a perdita d’occhio. Alzo
un po’ lo sguardo e mi si mozza il respiro: a qualche chilometro di distanza,
ben visibile in tutta la sua maestosità, c’è l’inconfondibile profilo del –Santo
Dio, è proprio lui!- Colosseo.
O. MIO. DIO.
Questa è l’unica frase che il mio
povero neurone riesce ad articolare in questo momento. Cioè, voglio dire.. non
è proprio possibile. Non. È. Possibile. Io non posso essere fisicamente a Roma,
caput mundi. Semmai ci sono spiritualmente e quella che sto vivendo ora è una
specie di esperienza mistica. Sì, dev’essere per forza così. Devo star sognando
di sicuro. Senza una parola, torno in camera, chiudo la portafinestra e, sotto
lo sguardo interrogativo di Ikuto, mi rinfilo sotto le coperte.
Decide poi di rompere il
silenzio, schiarendosi la voce e chiedendomi, con aria confusa:
- Ehm.. Amu?
- Mmpf? – borbotto io.
- Che stai facendo?
Dio, i ragazzi sono proprio
scemi.
- Non si vede? Sto dormendo!
- Ma.. perché?
- Ikuto smettila di rompere! Che razza
di domanda è? Sto facendo un sogno bellissimo, un’esperienza extracorporea, sono
con te nella città che desidero visitare da sempre, quindi vedi di chiudere quella
ciabatta.
Segue un silenzio sbigottito,
finchè Ikuto –di nuovo- non decide di interromperlo:
- Pff… vecchia ciabatta? Ahahah,
oddio vi prego basta, sto male! Ahahah.. Amu.. mio Dio, solo tu!!!
E giù di nuovo a ridere e ridere.
Si è persino coricato per terra dal gran ridere, se continuerà cos’ gli verrà
mal di pancia. E forse non gli farà male solo quella.
- Beh? Hai finito di prendermi in
giro? C’è gente che vuole tornare alla sua estasi mistica qui! – esclamo,
scocciata.
Ikuto ride ancora per un po’, poi
si alza e mi raggiunge sul letto. Okay, sarò pure nel bel mezzo del sogno più
bello della mia vita, ma a quanto pare gli ormoni si fanno sentire anche qui. Com’è
possibile che la sua sola vicinanza faccia aumentare tanto vertiginosamente i
battiti del mio cuore?
- Amu? – mi chiama lui con dolcezza,
scostandomi una ciocca di capelli dalla fronte.
- Mmm? – mormoro, arrossendo.
- Devo dirti una cosa.
- Mmm.. dimmi.
- Ecco.. non so bene come dirtelo
senza farti venire una sincope, ma.. siamo davvero a Roma.
- Bel tentativo, Ikuto. E io sono
il papa, ma segretamente canto anche in una rock band.
- Amu, sono serio. Guardami –
esclama, afferrandomi il viso fra le mani – Noi. Siamo. Davvero. A. Roma.
Rimango imbabolata a fissarlo perché,
per quanto sia stato efficace andarmi così vicino per svegliarmi, non lo è
stato altrettanto per le mie capacità recettrici. Qualcuno mi spiega come
cavolo posso capire qualcosa, appena sveglia, se mi guarda in quel modo e mi
sta così vicino?!?
- Scusa, puoi ripetere? – chiedo cortese.
Ikuto sorride e scandisce
chiaramente:
- Noi siamo davvero a Roma, Amu,
capitale d’Italia e culla di civiltà.
- C-cosa? Ma com’è possibile?!? –
esclamo, saltando per aria.
Mi catapulto in un battibaleno
fuori dal letto e mi metto a girare in tondo, senza sapere che fare se non
saltare dalla felicità.
- Wow! Cioè.. caspita! Non ci posso
credere!! – vaneggio, senza alcun senso.
Ikuto mi guarda divertito correre
per la stanza, esplorare il bagno, uscire di nuovo sul balcone, salutare i
mercanti, saltare e infine crollarvici sopra, sfinita.
- Tutto bene? – mi chiede,
sorridente.
- Se va bene? – chiedo retorica. In
un moto di intraprendenza, lo afferro per il collo e lo trascino sul letto con
me. Gli do un lungo bacio, assaporando il suo sapore - Va molto più che bene.
- Mi vuoi dire come hai fatto? –
esplodo infine, appoggiandomi sul tavolo con i gomiti e sporgendomi verso di
lui.
- A fare che? – chiede lui, con un’aria
finta ingenua – stai parlando di quella cosa con la lingua? Beh, se vuoi
torniamo su e ti insegno..
- Cretino! – esclamo, arrossendo di
botto e appoggiandomi allo schienale – Lo sai che intendevo. Come hai fatto a
fare tutto questo? – chiedo, facendo un ampio movimento con le braccia per
sottolineare il concetto.
- Ah, questo – ghigna lui,
fintamente deluso – e io che speravo volessi tornare in argomento.. – lascia in
sospeso la frase, accompagnandola però con un’occhiata maliziosa
inequivocabile.
Gli lancio un’occhiataccia per
fargli capire che non è il momento di fare lo stupido e lo incito a continuare.
- Beh, vedi – comincia lui,
allungando le gambe sotto il tavolo della terrazza dell’albergo – in realtà non
ho fatto niente. Utau ha ricevuto in regalo due biglietti per Roma durante uno
dei suoi concerti, così le ho chiesto se poteva darmeli. Per l’albergo, non
indovinerai mai chi è stato il mio complice: tua madre!
- Mia che cosa?! – esclamo,
attirando lo sguardo di molti commensali. Imbarazzata, bevo un sorso di
spremuta d’arancia.
Ikuto ridacchia e prosegue:
- Giuro, non sto scherzando. Modestamente,
quella donna mi adora. Del resto, chi non lo fa? Comunque, le ho parlato di
questo mio progetto e lei è stata ben contenta di aiutarmi! Senza offesa, ma
non ha tutte le rotelle a posto.. in ogni caso, ha telefonato al direttore dell’albergo
e ha prenotato le stanze. Da quello che ho capito, è un’organizzatrice di
eventi, giusto? Quest’albergo ne ha ospitati parecchi, e lei è diventata amica
del direttore per questo. Non deve aver faticato molto, quella donna potrebbe
diventare amica di un kamikaze!
Sorrido. In effetti, mamma è un
tornado di chiacchiere e risate irresistibile.
- Insomma, grazie a lei abbiamo
risolto le faccende burocratiche, quindi abbiamo sistemato i due problemi
principali. Come vedi, non ho fatto molto – conclude, scrollando le spalle.
Lo guardo di sottecchi e sorrido
tra me e me. Tipico di Ikuto dire così, avere quell’aria finta noncurante, come
se non si avesse faticato e come se non gli importasse granchè. In realtà gli
importa tantissimo, altrochè.
- Sì guarda, non hai fatto proprio
niente! – esclamo, prendendolo in giro e addentando una brioche al cioccolato –
cosa vuoi che sia? Hai solo organizzato un viaggio dall’altra parte del
pianeta a mia insaputa!
Ikuto ride:
- Sì, ma per me è una cosa da
nulla.. certo, per te sarebbe stata un’impresa epica, ma non voglio infierire
troppo.
- Spiritoso – dico, guardandolo
male – allora, raccontami di ieri! Com’è andato il provino? – chiedo, cambiando
discorso.
- Il provino? Ah, sì! – esclama,
gli occhi scintillanti come gioielli – non credo sia andato male, mi faranno
sapere. Mi dispiace di non essere venuto alla festa.. a proposito, com’è
andata? E che cosa ti hanno regalato Tadase e gli altri? Non me l’hanno voluto
dire!
Rimango spiazzata per un momento
a causa del repentino cambiamento del discorso, ma capisco che Ikuto preferisce
non parlare di quel concorso. Credo che gli metta agitazione, e ormai ho capito
che detesta mostrarsi debole, in qualsiasi modo.
Un momento: Tadase e gli altri
sapevano tutto? Che infami, non me l’hanno detto!
- Scusa un attimo, eh! – prorompo,
gli occhi fiammeggianti – ma chi, di preciso, sapeva di questa cosa?!?
Ikuto sorride e mi guarda,
palesemente divertito:
- Sarebbe più corretto dire chi NON
sapeva.. praticamente solo tu non ne eri al corrente!
- Ma bravi! E io che mi sono
tormentata per tutto questo tempo mentre voi vi divertivate alle mie spalle!
Vado avanti per un po’ con la mia
sfuriata, mentre Ikuto mi guarda con l’aria di uno che si diverte un mondo.
- Andiamo? – mi chiede dopo che ho
finito la mia tirata. Mi porge la mano e, non appena l’afferro, potrei giurare
solennemente, con la mano posata sul mio manga preferito, Shugo Chara, di
essere la persona più felice e fortunata della terra.
SPAZIO AUTRICE:
Allora?!?
Ve l’aspettavate? Non credo, era
impossibile da indovinare! :D
Forse questo capitolo è un po’
deludente, l’ho scritto abbastanza in fretta ed è cortino perché volevo pubblicarlo stasera
per un motivo in particolare.. domani sono io che vado a Roma!! Giuro, ci vado
in gita! Ed è stata casuale come cosa, il motivo per cui Amu ed Ikuto sono
andati proprio a Roma è un altro.. lo scoprirete più avanti, eheh!! Il prossimo
capitolo sarà mooolto più bello di questo. Almeno, secondo me, ovvio!
Nel frattempo, voglio chiedervi
una cosa:
C’ È QUALCUNO DI VOI CHE È DI ROMA O
DINTORNI?!?
Mi piacerebbe saperlo, così, per
curiosità! ^_^ Se qualcuno di voi lo è, me lo potreste dire?
Il prossimo capitolo sarà,
ovviamente, dopo la gita, così sarò anche più fedele riguardo all’ambientazione!
Per questo sarebbe comodo se una di voi fosse di Roma, mi potrebbe aiutare non
poco!
Ci vediamo al mio ritorno, grazie
a tutte!!!
Besos
watereyes