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Autore: ladyElric23    13/03/2012    5 recensioni
[Storia partecipante al CRACK CONTEST indetto da Addy J Lupin]
“Non credevo avrebbe accettato il mio invito”.
Sherlock Holmes, il più famoso detective di Londra, è in piedi di fronte a me, con indosso un prevedibile completo elegante, come il luogo prevede.
“Falso. Sapeva benissimo che lo avrei fatto, altrimenti non si sarebbe scomodato per farmi chiamare” stira le labbra in un sorriso sarcastico, posando la mano sullo schienale della sua sedia. “Posso?”.
“Prego, si accomodi”.
La osservo mentre finge indifferenza, Signor Holmes, mentre osserva nei minimi dettagli quello che ci circonda, credendo di non essere visto. Ma noi due siamo uguali, non mi può nascondere niente.
Niente.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Professor Moriarty, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Lo ammetto, questa storia è un po’ strana.  Sì, probabilmente qualcuno rimarrà sconvolto dalla mia depravazione (perché SI, ci stavo pensando da quando è uscito AGOS!) nonostante per  dei limiti che mi sono stati imposti non c’è assolutamente niente di vagamente rosso (ringraziate xD). Però  è una crack. E in un fandom dove giustamente regna la canonica coppia Watson/Sherlock (perché OVVIAMENTE Sherlock sta sotto!!) mi sento un po’ un’anticonformista a pubblicare questa fic xD che poi secondo me è verosimile pure questa… *shipperebbe Sherlock anche con un sasso*

Bene, che dire, non voglio anticiparvi altro, quindi… buona lettura, sì.

Sono contenta di essere tornata.

Storia partecipante al CRACK CONTEST di  Addy J Lupin  à  http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10068726

 

 

 

LA PRIMA SCELTA

 

 

“Non credevo avrebbe accettato il mio invito”.

Sherlock Holmes, il più famoso detective di Londra, è in piedi di fronte a me, con indosso un prevedibile completo elegante, come il luogo prevede.

“Falso. Sapeva benissimo che lo avrei fatto, altrimenti non si sarebbe scomodato per farmi chiamare” stira le labbra in un sorriso sarcastico, posando la mano sullo schienale della sua sedia. “Posso?”.

“Prego, si accomodi”.

La osservo mentre finge indifferenza, Signor Holmes, mentre osserva nei minimi dettagli quello che ci circonda, credendo di non essere visto. Ma noi due siamo uguali, non mi può nascondere niente.

Niente.

La mia mente riesce a seguire perfettamente il filo logico dei suoi pensieri, facendomi essere sempre un passo avanti a lei.

Mi piace questa situazione, sa?

“In fede mia” esordisce, scorrendo velocemente il menù con gli occhi scuri ed attenti, “Non capisco perché il Napoleone del crimine mi abbia invitato ad una cena così intima, per di più nel mio ristorante preferito”.

In realtà lo sa benissimo, vero?  Me lo ha chiesto solo per osservare la mia reazione, per dedurre i fatti, quella verità che cerca così assiduamente nei miei gesti, nelle mie microespressioni, magari nella speranza di un qualche riflesso incondizionato, pur sapendo benissimo che sono un ottimo giocatore di poker.  Proprio come lei, del resto.

“E’ dunque sua abitudine accettare inviti da degli sconosciuti, Signor Holmes?” inclino la testa, ed ammetto che provo un certo piacere nel prenderla in giro.

“A volte. In verità ho accettato solo perché il Royal è notoriamente il mio ristorante preferito” non trova niente di meglio con cui ribattere, punto sul vivo.

Ovviamente sapevo che lei è un assiduo cliente , normalmente in coppia col Dott. Watson, o più raramente con suo fratello, per questo ho deciso di incontrarla qui.

Premuroso da parte mia volerla mettere a suo agio, non trova?

“Per quanto mi riguarda” dico, non distogliendo lo sguardo da lei neanche per un istante, “Desideravo invitarla perché lei ha davvero attirato la mia attenzione”.

“Per aver sventato il suo attentato, intende?”

Sarcasmo.  Una delle sue armi preferite, a volte perfino più affilata di una lama.

“Veramente intendevo per la sua intelligenza” sorrido di fronte a quel guizzo di orgoglio che le attraversa lo sguardo solo per un istante, e che ovviamente non riesce a sfuggirmi. “E’ la prima volta che posso considerare qualcuno un mio pari”.

“Dovrei sentirmi lusingato, professore?”

“Si, dovrebbe”

Sin dal primo momento in cui le nostre strade si sono incontrate ho capito che c’è qualcosa di diverso in lei, Signor Holmes. Lei ha qualcosa che gli altri non hanno: capacità di ragionamento.

È astuto, ha sempre calcolato tutto nei minimi dettagli, tenendomi testa, facendomi divertire.

Ho cercato subito informazioni su di lei, rimanendo affascinato dalla sua mente, dalle sue deduzioni fuori dal comune, dalle sue indagini che portano sempre, innegabilmente, a me.

Mi stuzzica l’idea di avere finalmente un avversario degno di questo nome, che non mi fa annoiare, con cui posso giocare alla pari, ma ancora di più il fatto che lei sia così ossessionato da me.

Per prima cosa mi sono premurato di togliere di mezzo la sua unica distrazione, quella insulsa donna che sembrava avere tutto quell’ascendente su di lei; Irene Adler. Ladra internazionale, scaltra per essere una donna, ma lei merita di meglio, Holmes.

E io potrei offrirle tutto ciò che più desidera.

Quello scontro mentale infinito che la attira così tanto e che le ha fatto accettare il mio invito.

“Desiderate ordinare, signori?” chiede un cameriere giovane, probabilmente ai suoi primi mesi di lavoro a giudicare dal leggero tremore delle mani, sintomo dell’ancora presente nervosismo, una piccola macchia di vino sul polsino leggermente consunto della camicia, appartenuta ovviamente al suo predecessore, considerata la taglia.

“Si, grazie”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“La trovo un uomo molto affascinante, Holmes” ammetto, attratto dal suo comportamento, dalle sue frecciatine sagaci, dalla sua voglia di sapere.

“Io purtroppo non posso dire la stessa cosa di lei. Ho trovato piuttosto azzardata la sua scelta di invitarmi qui e…”

“Il mio era solo un invito, l’azzardo è stato  suo, accettandolo” la interrompo mentre regge il mio sguardo, ed ha il grande pregio di essere la prima persona dopo tanto tempo ad avere il coraggio di farlo. È una continua sorpresa, Holmes.

“Volevo capire con chi ho a che fare” ammette.

“E c’è riuscito?”

“Perfettamente.  Adesso sarà un vero piacere batterla al suo stesso gioco”

Tutte queste sue vane speranze mi fanno sorridere.

“Crede davvero di riuscirci?” domando, mentre faccio cenno al cameriere  di portarci un’altra bottiglia di vino.

“Si”.

La voce è ferma, priva di dubbi.

Quello che non sa, Mr. Holmes,  è che anche io ho capito molte cose di lei: vuole fermarmi. Ad ogni costo, è disposto a tutto pur di riuscirci. Questa sarà la sua rovina, lo sa?

In fondo mi dispiacerà spezzare tutte le sue ambizioni, anche se ho già in mente come distruggerla.

Emotivamente.

Fisicamente.

Completamente.

Una mente come la sua è più unica che rara, mi divertirò molto, fino alla fine.

“Dopo averla conosciuta di persona, c’è una cosa che mi chiedo…” lascio in sospeso la frase, attirando la sua attenzione. È così piacevole. “Perché il Dott. Watson ha preferito le attenzioni di una semplice istitutrice a quelle di un genio come lei?”.

La vedo smarrirsi, lo sguardo perso di chi sa di essere stato colto sul fatto. Di rischiare tutto.

Sì Sherlock, io lo so.

E non riesco a comprenderlo.

“Per me lei sarebbe sempre la prima scelta”

Come potrebbe non esserlo? Lei ha tutto quello che serve.

Rimane in silenzio, ed ammetto che è gratificante essere riuscito a toglierle tutte le parole, sa?

“L’ho forse turbata?” domando, attirando un suo sguardo indecifrabile.

L’ho messa con le spalle al muro?

L’ho forse ferita, signor Holmes? È stato per farle aprire gli occhi.

“La cena finisce qui” commenta lapidario, spingendo la sedia indietro sul pavimento pregiato. 

Faccio per alzarmi in piedi, ma lei mi fa segno di rimanere seduto al mio posto.

“Non si scomodi, non occorre” mi gela con lo sguardo.

Cerca nella tasca interna della giacca i soldi per pagare il conto, e mi offende che lei mi creda un uomo simile.

“No, faccio io” lascio le sterline sul tavolo, anticipandola, richiamando con una mano il cameriere.

“E perché mai?”.

“Perché è mio ospite. Non si preoccupi, lei pagherà la prossima volta”.

“Non ci sarà una prossima volta!” sibila tra i denti, tagliente.

Non ci crede neanche lei.

“Si, invece”

E lo sai, Sherlock.

“E’ stato un piacere cenare con lei, Sherlock”.

“E’ stato tutto suo”.

Falso.

Tutto nel suo linguaggio del corpo mi fa dedurre il contrario; la rigidità nelle spalle e nei movimenti, i passi veloci, il tic nervoso alle mani.

È nervoso, Holmes?

Lo spero proprio.

 

 

 

 

 

Inutile dire che avevo già previsto la sua reazione; sapevo che se ne sarebbe andato, offeso e ferito, sentendosi toccato sul suo unico punto debole e che sarebbe tornato a casa.

Sapevo che non avrebbe preso una carrozza, non sarebbe stato logico da parte sua affrettarsi, privandosi di un maggiore tempo per pensare, e infatti non ha tradito le mie aspettative, camminando fino a Baker Street.

Però dovrebbe sapere che le strade di Londra non sono sicure dopo il calar del sole, Signor Holmes, anche se certamente lei sa come difendersi. E d’altro canto nessuno oserebbe torcerle un capello fino ad un mio ordine.

La vedo entrare in casa e ammetto di essere colpito dal suo autocontrollo, che le vieta di sbattere la porta.

Ordino al cocchiere di fermarsi, proprio di fronte al 221B.

Non è la prima volta che mi trovo qui, e lei lo sa.

Proprio come certamente sa che l’ho seguita, aspettando una sua reazione, un suo gesto, un segno. 

La immagino salire le scale, l’immagine è talmente vivida che mi sembra quasi di vederla davvero, di sentire i gradini in legno scricchiolare sotto il suo peso.

Esita sulla maniglia della sua stanza, perso come mai si è sentito prima, e finisce col rifugiarsi nell’unico luogo che considera ancora una certezza, la camera adiacente alla sua, quella che veniva occupata dal Dott. Watson prima che se ne andasse. Prima che scegliesse.

È buia. È fredda.

È vuota.

E nonostante tutto è rimasto tutto come allora, ci sono ancora i libri, le coperte, i bauli con gli appunti, alcuni fogli sparsi sulla scrivania. 

Fa vagare lo sguardo su tutto questo, lo so.

La solitudine è il peggiore dei mali, vero Holmes?

So che noterà quel particolare nuovo. Contrastante.

Vedo la finestra illuminarsi alla fioca luce di una candela e sorrido. Come al solito lei non mi delude.

Sicuramente ha già capito che ne sono il mittente, ma la sua curiosità ha il sopravvento; prende la lettera che trova sul cuscino, indirizzata a lei soltanto, e se la rigira tra le mani, intuendo la tipologia della carta dal suo spessore, dalla filigrana pregiata, perché non può farne a meno,  ci sono troppi dettagli di cui lei ha bisogno.

La apre.

Legge.

 

Adesso sarò io la tua prima scelta.

 

 

 

 

 

 

 

 

THE END  ?

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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