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Autore: violanassi    14/03/2012    7 recensioni
Bum.
Una botta.
La colonna vertebrale rimbomba contro la parete, gli occhiali cadono e la collana orologio col gufo si rompe, producendo un rumore sordo.
Cerco di rassettarmi. Ridono.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un trillo. Il suono sordo della campanella. E' suonato l'intervallo e loro si avvicinano. Resto seduta al mio banco, mentre tutti i miei compagni si alzano frettolosamente per uscire di classe. Apro la zip della tasca anteriore del mio zaino verde acqua e tiro fuori un pacchetto di crackers, senza fretta. Nel frattempo la professoressa di spagnolo ci saluta e se ne va svogliatamente.
Eccoli. Si sono alzati dai rispettivi posti. Ghignano. Si avvicinano qui. Continuo a mangiare e a fare i fatti mie, non presto loro alcuna attenzione. Ma loro si accorgono ugualmente di me. Mi chiamano, ridono sottovoce  lanciandomi un'occhiata, mi fanno avvicinare al muro, dietro l'ultimo banco in fondo alla classe, quello di uno dei due.
Borbottano, -Eccola, la secchiona-, mi guardano come se si stessero divertendo, -Guarda, ha paura!-sudo freddo, -Che c'è, ti caghi addosso?- , devorestaretranquilla, posso farcela, devo farcela.
Bum.
Una botta.
La colonna vertebrale rimbomba contro la parete, gli occhiali cadono e la collana orologio col gufo si rompe, producendo un rumore sordo.
Cerco di rassettarmi. Ridono. Il biondo si china e mi guarda negli occhi. -Ti sei fatta male? Povera piccina! Guardati, come sei brutta! Stupida, godi a sapere tutto, eh? Ma vai in culo!-
Un'altra spinta, più forte. Una lacrima cade inavvertitamente dal mio occhio sinistro, plic, si sfascia sulla gamba di uno dei due. -Smettiamo?- Il moro sembra preoccupato. Sembra.
Un calcio.
Due.
Tre quattro cinque non conto più. -No, non è abbastanza. Forse così riusciamo a farla diventare decente.-
Nessuno in classe, sono tutti fuori. Solo io. Sono usciti anche loro. La stanza gira...buio. Luce. Buio. Luce. Drin. La campanella. La tortura è finita. Mi duole la gamba destra. Anche il ginocchio sinistro mi fa un male cane. Rientrano tutti lentamente, io sono sempre a sedere, le spalle al muro, gli occhiali per terra e i resti della collana tra le mani. Due ragazze si fermano, mi osservano sorprese di vedermi a sedere sul pavimento, ma se ne fanno presto una ragione. L'indifferenza regna sovrana. E' la cosa che mi fa più male, provoca più maledetto dolore di qualsiasi pugno o calcio. A loro non importa.
Entra il professore di storia, mi alzo ignorando i lividi e mi siedo più o meno composta al banco, mentre caccio indietro lo stupido magone che inizia ad affliggermi e che non si arrenderà molto presto.
****
Apro la porta con un colpo di gomito ed entro nel bagno. Il taglierino verde lo tengo stretto nel pugno chiuso e tremante. Chiudo la porta e mi posiziono davanti allo specchio.
Capelli troppo grossi. -Prendo in mano il taglierino.-
Occhi troppo verdi e grandi. -Lo avvicino alla pancia vicino a una costola, continuo a tremare.-
Occhi che non riescono a mentire. -Non piango. E' colpa mia se sto facendo questo. Le lacrime non scendono.-
Ossa troppo fragili. -Traccia come un disegno sulla pelle liscia, gocce di sangue scarlatto scendono macchiandone il rosa-
Troppo bassa. -Cazzo se fa male.-
Braccia fini.  -Alzo gli occhi al cielo, come per pregare qualche entità di fare smettere la mia stessa mano, ma lei continua a muoversi incidendo la carne, non troppo profondi, ma i tagli mi fanno male al cervello, non ragiono più ma ora smetto il taglierino scivola sulla lavatrice il mio riflesso perde d'intensità ma ci tengo gli occhi fissi e-
 Mi odio.
Mi odio perché non faccio nulla per impedire loro di continuare a picchiarmi. Mi odio perché tutti i miei compagni mi vogliono bene quando faccio copiare loro i compiti in classe, mi odio perché faccio questo, qui, in questo bagno, da sola, almeno una volta alla settimana, sin da quando quei due hanno iniziato, due o tre mesi fa.
Mi odio perché l'unico amico che mi ascolta è il mio taglierino. Mi odio perché mia nonna è tranquilla di là, in sala, a cucire. Perché la mia famiglia non sa o sospetta nulla. E io sono troppo, o troppo poco per quelli che dovrebbero essere i miei amici. Mi odio perché vorrei evitare tutto questo, ma in realtà non posso farne a meno.
Le braccia lungo i fianchi tinti di rosso, il sangue fermatosi sulla carne chiara e le ferite vive, pronte per tramutarsi in cicatrici permanenti. Alzo lo sguardo, con non so quale coraggio, verso lo specchio davanti a me.
-Sono abbastanza carina adesso?-




My corner.

Allora, comincio col dire che questa storia è tratta da alcuni fatti realmente accaduti ma naturalmente un po', diciamo, romanzati. Basta sapere che il filo conduttore della storia, il bullismo, e i fatti relativi ad esso descritti nel racconto sono successi veramente. Il tema del bullismo mi sta particolarmente a cuore e posso testimoniare che non è per niente facile conviverci, ma che se non ci si arrende tutto può sistemarsi. Dedio la storia a chiunque c'è passato o purtroppo, lo sta ancora passando.
Ringrazio la mia beta Marianna (RachelWantsToGoToBroadway) che mi ha aiutato tantissimo come sempre. Ti voglio bene♥.
E un grazie enorme anche a chiunque leggerà, e soprattutto a chi perde un mnuto del suo tempo a recensire, magari dicendomi cosa andrebbe migliorato, o anche criticando negativamente se c'è n'è bisogno.
Alla prossima,
Viola, aias Beth.

   
 
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