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Autore: Iyah May    14/03/2012    1 recensioni
ATTENZIONE: Questa storia è collegata a 'REMEMBERING SUNDAY'. Non sono una il sequel dell'altra ma sono la stessa storia raccontata dal punto di vista di due diversi personaggi. 'Lullabies' è raccontata da Alex, cantante del gruppo All Time Low.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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REMEMBERING SUNDAY [Chapter 26]

Domenica mattina. Ero già sveglio, lo ero dalla sera precedente. Troppa ansia per dormire, avevo passato la notte a pensare e ripensare alla setlist del concerto più importante della nostra carriera – almeno fino a quel momento. Ci immaginavo già sul palco, mi studiavo ogni mossa, ogni parola, ogni modo possibile per colpire il pubblico ma soprattutto quei talent. Dovevamo far vedere di essere diversi. Speciali, migliori.
Aprii l’armadio, tirai fuori i vestiti che avevo messo da parte la sera prima e lentamente cominciai a vestirmi. Fermo davanti allo specchio fissavo negli occhi la mia immagine riflessa, mi dicevo ‘Alex, non puoi mandare a puttane questa serata’. Raccolsi la mia roba, presi dal cassetto della biancheria una scatolina rossa che avevo nascosto pochi giorni prima e mi diressi verso Johnny; destinazione: casa Barakat.
I fratelli salirono sul furgone e partimmo alla volta del locale.
 
***
 
Molti amici e molti sconosciuti erano già lì ad aspettarci, insieme a Rian, Zack e Hachi. Facce sconosciute, gente che urlava. Vedevo tutto a rallentatore, noi che camminavamo in mezzo alla folla, mentre mi arrivavano pacche di incoraggiamento sulle spalle. Guardai i miei amici, la ragazza che amavo… Quanto era bella. Il cuore cominciò a battermi a mille. Era la mia serata. Mille emozioni mi invadevano, mi riempivano il cuore e la testa; mi sembrava di scoppiare. La tensione cominciava a farsi sentire: quella serata avrebbe dato più di una svolta alla mia vita. Lottavo per avere una possibilità nel mondo della musica e lottavo per conquistare la ragazza dei miei sogni.
Io e i ragazzi salimmo sul palco. 3, 2, 1… Che i giochi abbiano inizio.
«Ciao ragazzi! Noi siamo gli All Time Low e questa è ‘Six Feet Under The Stars’!»
Adrenalina. Tanta. Sentivo la passione pulsare nelle vene, mentre lasciavo che la musica suonata dai miei compagni mi accompagnasse in un mondo migliore. Viaggi mentali, amavo farli. Ma forse, quella sera, la realtà sarebbe stata ancora migliore della finzione, del sogno. Mi risvegliai, aprii gli occhi e quello che vidi era effettivamente meraviglioso. May era davanti a me e mi guardava negli occhi, sorridendo.
Distolsi lo sguardo dalla sorella di Jack e diedi un’occhiata a tutto il locale. Almeno 200 persone erano lì per noi e cantavano, saltavano, tenevano il ritmo con me, mentre le canzoni degli All Time Low scorrevano una dopo l’altra. Mi soffermai a guardare il tavolo dov’erano comodamente seduti i talent scout e scoccai loro uno sguardo di sfida e un sorrisetto che solitamente si addiceva a Noel, quello che diceva ‘So che siamo grandiosi, non potete resisterci’.
Era arrivato il momento di riprendere aria, così appoggiai la chitarra elettrica e Zack prese quella acustica. Tornai a cercare Iyah con lo sguardo ma era sparita. Dove cazzo era andata? Perché non era più lì a supportarmi? Cominciai a cantare, non potevo di certo fermare il concerto perché l’avevo persa di vista.
Ma poi arrivò il momento che più temevo. Dovevo cantare una nuova canzone, quella che avevo scritto pochi giorni prima, quella che avevo scritto per lei. Ma lei non era in prima fila a cantare, a ballare, a scattare fotografie, a darmi la forza di continuare con il suo solo sorriso.
«E’ arrivato il momento di suonare una nuova canzone, è la prima volta che la canto in pubblico. Spero vi piaccia. Si chiama ‘Remembering Sunday’»
Speravo solo potesse arrivare in tempo, avevo bisogno di guardarla negli occhi mentre la cantavo. Esitai ancora un attimo e poi partii.
‘He woke up from dreaming and put on his shoes / started making his way past 2 in the morning / he hasn't been sober for days’
Continuavo a cercarla, continuavo a chiedermi dove fosse finita. Avevo bisogno di lei.
La canzone andava avanti, i secondi scorrevano, i miei occhi correvano nervosamente da una persona all’altra, analizzando ogni ragazza trovassero nel pubblico. C’era troppa gente, riuscire a vederla era pressocchè impossibile.
Ritornello.
‘Forgive me, I'm trying to find / my calling, I'm calling at night / I don't mean to be a bother / but have you seen this girl?’
‘Dov’è la ragazza che amo? Se qualcuno l’ha vista, per favore me lo dica’ pensai. Avevo il suo viso stampato in testa, come se pensarci insistentemente l’avrebbe fatta comparire. Mi girai verso il mio batterista, che amoreggiava con Hachi a lato del palco. Jack non era lì con loro. Era con la sorella? ‘Ma che cazzo, Bassam! Dovevi rispettare il piano!’
Di nuovo il ritornello, si stava avvicinando il bridge. La canzone si avviava al termine e io rimpiangevo il fatto di non averla potuta cantare direttamente a lei. Volevo parlarle alla fine della canzone ma, non sapendo dove fosse, non avevo idea di come fare.
Jack ricomparve, ma senza May. Lo guardai, lui sorrise compiaciuto.
Chiusi gli occhi, mentre Merrick continuava a far vibrare le corde della chitarra. Il microfono stretto in mano tremava, sapevo di dover mettere il cuore in questa canzone, in questo ultimo pezzo.
Respiro profondo. Cominciai a cantare il bridge.
No, non lo feci. Una voce venuta da chissà dove stava cantando quel pezzo che dovevo fare io. Chi? Dove? Perché?
I presenti erano storditi quanto me, si guardavano intorno incuriositi, cercando la fonte di quella voce così dolce, meravigliosa, emozionante.
Un varco si aprì nella folla, proprio davanti a me. Un corridoio tra le persone lasciava lo spazio ad una ragazza di camminare verso il palco.
Iyah.
I’m not coming back / I’ve done something so terrible / I’m terrified to speak / but you’d expect that from me / I’m mixed up, I’ll be blunt now the rain is just / washing you out of my hair’
Lei aveva scritto quelle parole, non Jack. L’avevo capito subito, appena l’avevo vista venirmi incontro tra la folla. Il modo in cui cantava, il modo in cui mi guardava… Erano parole sincere, era quello che sentiva, erano le sue.
Scesi dal palco, il microfono sempre in mano. Volevo abbracciarla, baciarla, dirle che la amavo. Sapevo che quella canzone ci avrebbe uniti. E allora perché tremavo? Di cosa avevo paura?
‘And out of my mind / keeping an eye on the world / fro so many thousands of feet off the ground / I’m over you now / I’m at home in the clouds / towering over your head’
Finii la canzone.
‘I guess I’ll go home now / I guess I’ll go home now / I guess I’ll go home now / I guess I’ll go home’
Silenzio.
Silenzio dentro di noi, anche se tutt’attorno la gente urlava e applaudiva. Noi rimanemmo immobili, appena sotto il palco, guardandoci negli occhi. Parlai per primo.
«Iyah... Scusami per tutti i casini che ho combinato. Sono un coglione»
Ripensavo ai mesi passati. Pensavo a Tom, a Maria, a Lisa, alle mille fughe di Iyah. Pensavo che era tutta colpa mia. Pensavo che l’avevo tenuta lontana da me per troppo tempo, nonostante averla vicina fosse tutto quello che avevo sempre voluto.
Lei mi guardava con quegli occhi enormi e luminosi che tanto mi piacevano e le leggevo in faccia che non capiva cosa stesse succedendo. Ma non lo capivo nemmeno io. Sapevo solo che mi girava la testa, mentre facevo un cenno a Bassam di portarmi un mazzo di rose che avevo comprato nel pomeriggio. Eravamo sopra il palco, uno davanti all’altro, e gliele porsi. La guardai negli occhi mentre lentamente, imbarazzato ma fermamente convinto di quanto stavo facendo, mi inginocchiavo davanti a lei. Misi la mano nella tasca dei pantaloni e tirai fuori la scatolina di velluto rosso.
Iyah aveva gli occhi sbarrati. Avevo paura. ‘E se non provasse quello che provo io? E se mi rifiutasse?’ Avevo paura che stesse per svenire, quando io ero il primo ad avere la nausea e a sentire le ginocchia tremare.
Aprii la scatolina e trattenni il respiro. Tutti trattenevano il respiro con me.
La sorella del mio migliore amico vide l’anello e io scorsi i suoi occhi inumidirsi. Non volevo pensare al peggio.
«Iyah…»
Mi bloccai. Il cuore mi si era fermato. Ci riprovai, feci un respiro profondo.
«Iyah May Barakat: vuoi venire al ballo con me?»
   
 
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