Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: LandOfMagic    15/03/2012    2 recensioni
Per vivere il futuro Harry deve fare i conti con il passato...
AVVISO A COLORO CHE SEGUONO LA MIA STORIA: Ho riunito tutto in un unico capitolo e ho pensato di lasciare un finale aperto e di libera interpretazione... Spero vi piaccia!
Genere: Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Hermione
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sweet Suicide

 

1.        Incubo o Realtà

 
“Severus… ti prego…”
Piton levò la bacchetta e la puntò contro Silente.
“Avada Kedavra!”
Uno zampillo di luce verde schizzò dalla punta della bacchetta di Piton e colpì Silente in pieno petto. L’urlo di orrore non uscì mai dalla bocca di Harry; silenzioso e immobile, fu costretto a guardare Silente scagliato in aria: per un istante parve restare sospeso sotto il teschio lucente, e poi cadde lentamente all’indietro, oltre le merlature, come un’enorme bambola di pezza, e scomparve. 
(tratto da “Harry Potter e il Principe Mezzosangue”)
 
 
La tunica di Grifondoro disegnava svolazzi prepotenti alle sue spalle, sospinta dalla furia prevaricatrice del vento che trascinava le nubi sopra la sua testa in una folle danza.
“Avada Kedavra!” 
Gli parve che il cielo sopra la Torre d’Astronomia s’illuminasse ancora di quel baluginio verdastro, ma il crepitio elettrico che seguì subito dopo portò con sé la rassicurante rivelazione che si era trattato solo di una saetta. Flebile primo preannuncio della ben più devastante tempesta che sferzava nella sua mente e nel suo cuore da alcuni giorni.
L’aria a quell’ora della sera si faceva sempre più fredda e densa in cima alla Torre, un velo trasparente, quasi palpabile che si frapponeva tra il castello ed il mondo esterno, come a volerne celare i suoi segreti ad occhi indiscreti. Il vento portava l’aroma acre ed intenso di castagne arrostite ed il profumo dolce  e gradito delle piperille delle bancarelle del villaggio di Hogsmeade, e bastava tendere un poco l’orecchio oltre lo sciabordio delle ondate di vento, per udire le voci allegre e stentoree dei ragazzi che banchettavano in Sala Grande.  
Harry non si sarebbe unito alle loro chiacchiere spensierate o ai loro vivaci schiamazzi. Ormai non vi era più nulla di cui rallegrarsi.
 
Give it everything you’ve got
You’re your own worst enemy
Drinking spirits, taking shots
Glass still remains half empty
You wish that you won’t wake up
But you can’t even get to sleep
Six feet under for these six months
Just dying to be buried
Sacha Sacket – SWEET SUICIDE
 
 
Una goccia di pioggia solitaria scivolò dalle merlature più alte sulle pietre della balconata grigio antracite, subitamente imitate da altre ben più fitte e copiose. Istigata dal vento e al tempo stesso cullata nella scia dei suoi refoli, la pioggia prese a cadere sempre più insistente formando un lago di lacrime ai piedi del ragazzo sopravvissuto. Avrebbe desiderato che quel diluvio lavasse via i suoi pensieri più cupi e sporchi, così come con una semplice passata faceva svanire ogni traccia di sporcizia da tutto ciò che toccava.
Un’altra vena di malinconia in quella serata tristemente autunnale.
I rumori ora gli giungevano ovattati, ingabbiati da quella cascata fredda.
Quasi non si accorse dello scalpiccio di tacchi sulle scale alle sue spalle.
“Harry!” esclamò Hermione con il fiato corto per aver affrontato di corsa gli erti gradini che conducevano all’ultimo piano della Torre. “Sono ore che ti stiamo cercando Ron ed io!”
“Lui dov’è adesso?” parlò senza alcuna inflessione nella voce, come se non fosse stato lui a pronunciare quelle parole o come se non gli interessasse veramente udire la risposta. Era da quel giorno che stava protraendo la sua desolata esistenza tra ore di lezione per nulla proficue e momenti di totale oblio in Sala Comune, dove si attardava fino a notte fonda a rimuginare sulla stessa identica scena. La morte di Silente. La riviveva ogni volta al rallentatore.
“Severus… ti prego…”
“Avada Kedavra!” 
Come un disco che si incanta sempre nel solito punto o una pellicola che si inceppa sempre al solito minuto. Come nel più doloroso degli incubi. Peggiore anche di Lord Voldemort.
Silente, per lui era stato come un padre. Quel padre che gli era stato strappato via in così tenera età.
I giorni si susseguivano alle notti e le notti ai giorni, in un lento flusso di minuti ed ore congelati nelle nebbie della disperazione.
“Persino Nick-Quasi-Senza-Testa ha più vitalità di te!” lo aveva apostrofato Ron qualche ora addietro, che si era visto poi assestare una gomitata da parte di Hermione, corredata da un’occhiataccia fulminante.
Harry non biasimava l’amico per quella sua battuta infelice. Lo conosceva da anni e sapeva che la sua intenzione era solo quella di spronarlo a reagire, ad uscire dalla catalessi nella quale era sprofondato. Tuttavia Harry, ora come ora, non vedeva il modo di riemergere da quel baratro, era un’interminabile caduta libera senza manico di scopa e senza mai atterrare.
“Era andato a cercarti al terzo piano. Temo che Gazza l’abbia sorpreso ad aggirarsi nei paraggi del corridoio proibito”.
Il pensiero che il vecchio guardiano, protagonista di molti aneddoti spaventosi inventati ad arte per intimorire le matricole, stesse ora intrattenendo Ron snocciolando il suo lugubre repertorio di punizioni esemplari da affliggere a malcapitati studenti, riuscì a rubare ad Harry un fugace sorrisetto divertito. Ma quell’ombra di distrazione sparì velocemente così come era arrivata, cedendo di nuovo il passo ad una maschera senza espressione. Non era riuscito ancora a versare nemmeno una lacrima per Silente. Né un grido, né un urlo, né un pianto. Solo rabbia cieca. Furia devastante che non riusciva ad esplodere, attanagliata nella morsa delle rigida educazione che Zio Vernon e Zia Petunia gli avevano inculcato.
“Severus… ti prego…”
“Harry…” la crescente preoccupazione nella voce di Hermione distolse Harry dall’annegare in quell’ennesima visione. La ragazza gli si avvicinò incurante della pioggia pungente che le bagnava i lunghi capelli riccioluti e le inzuppava la divisa. Il giorno seguente si sarebbe svegliata con una testa di ricci crespi e disobbedienti, al pari della barba irsuta e ribelle di Hagrid, e sarebbe stata fonte di ilarità per tutto il tavolo di Serpeverde nonché bersaglio delle umiliazioni più bieche da parte della serpe più serpe di tutte: Draco Malfoy. Come a voler scacciare un insetto fastidioso, con un risoluto gesto della mano spazzò dalla mente l’immagine di quel suo ghigno soddisfatto che troppe volte aveva avuto la tentazione di strappargli via dalla faccia a suon di ceffoni.
“Harry…” gli posò una mano sulla spalla per richiamare l’attenzione dell’amico “…sono due giorni che non tocchi cibo… giù in Sala Grande c’è il budino di zucca stasera, il tuo preferito”.
“Non ho fame” fu la risposta. Semplice. Secca. Diretta. A riprova dell’apatia che lo affliggeva.
 
It’s Sweet
Suicide to my life
Saving you every time
I catch you half-alive
Wish I could compete
With your perfect goodbye
 
“Ma non puoi andare avanti così! Non capisci?” sbottò la ragazza, strattonandolo, decisa a risvegliarlo da quella condizione di sonnambulismo perenne al pari di una marionetta, un pupazzo di stoffa mosso da un burattinaio depresso.
Se ci volevano le maniere forti allora avrebbe utilizzato il pugno duro con lui. Da buon Prefetto qual era. Come se avesse dovuto rimettere in riga un branco di Grifondoro indisciplinati. Non gli avrebbe risparmiato nessuna predica, per quanto insensibile e spietata sarebbe potuta risultare.
“Non capisci che è proprio così che Tu-Sai-Chi vorrebbe che ti sentissi?”
Quel rimbrotto aleggiò per un momento sospeso nell’aria tra i due e poi si spense sotto il castigo della pioggia.
Silenzio. Silenzio assordante.
“Lo so quello che stai provando ora… ma devi reagire, Harry!”
“E tu che ne sai? Che ne sai di come mi sento?”
Due occhi infuocati la trapassarono da parte a parte con tale ferocia che Hermione avvertì un brivido risalirle lungo la spina dorsale. Non era stata la pioggia gelata a farla rabbrividire, no. Era stata la luce ferina nello sguardo di Harry, la definitiva consapevolezza della sua atroce sofferenza.
“Non sono uno dei tuoi libri stampati che ti basta studiare a memoria per conoscerli alla perfezione!”  
Il rumore dello schiaffo che raggiunse la guancia di Harry sovrastò lo scoppiettio della saetta che si abbatté sul Platano Picchiatore, ai confini della Foresta Proibita. Il temuto albero era stato squarciato in due metà esatte e quella di destra stava ora bruciando sotto le fiamme causate da quella scarica elettrostatica. Un bagliore rossastro che si stagliava contro un orizzonte di assoluta oscurità. Hermione si scostò una ciocca di capelli fradici dagli occhi e sostenne con fierezza lo sguardo dell’amico. Vi lesse sorpresa, sconcerto e… cos’era quella luce là in fondo? Forse una punta di gratitudine?
Harry le prese una mano. Tremava.
 
You know what it’s like to touch
The edge with all apologies
Where just this once is one too much
And you have nothing left to be
You know how it feels alone
To catch yourself still thinking
Sticks and stones may break my bones,
But words will never hurt me.
 
“Scusami, Hermione” fece Harry. “Scusa”.
Cinque lettere. Solo cinque lettere, che se prese singolarmente risultavano insignificanti ma unite formavano una delle parole più potenti al mondo. A volte irriverenti, a volte di circostanza, altre ingannevoli, finte o menzognere. Soprattutto difficili da pronunciare se dette veramente con il cuore. Solo cinque lettere, ma un vocabolario intero di significati per Hermione Granger.
 
 

***

 
La Granger sollevò i grandi occhioni scuri su Harry. Le sinuose lingue di fuoco che si levavano dal Platano Picchiatore alle spalle del ragazzo si riflettevano negli occhi di Hermione, conferendole un’espressione spettrale. La delicata pelle del suo viso, normalmente candida e pura se non per lievi spruzzate di lentiggini sulle gote, si adombrava di riflessi rossastri là dove veniva raggiunta dal caldo chiarore delle fiamme. La pioggia scrosciante a poco a poco le spense tra vapori grigiastri che si ergevano sempre più in alto fino a confondersi con le nuvole e crepitii sommessi di braci e legna arsa. Strascichi di fumo grigio che disegnavano scie di presagi nefasti nell’aria notturna.
 
There is a rain cloud 
Hanging over my head
Raining only tears
Tears are all it will shed.
Destination California – Rain cloud
 
 
“Harry… vieni qui…” il dolce sussurro di Hermione gli accarezzò le orecchie come la più soave delle ninnananne, trasportandolo in un’oasi di pace e serenità assopita dove il dolore non era che un ricordo che lentamente si affievoliva. Hermione lo accolse a braccia aperte in un abbraccio ristoratore, foriero dello stesso tepore che spesso precede l’arrivo del sonno. Harry aveva sempre riconosciuto all’amica l’indiscussa capacità di comprendere i suoi tormenti anche solo con un semplice sguardo. Molto più di quanto fosse in grado di fare Ron, il quale in più di un’occasione aveva dimostrato lo stesso tatto e la stessa delicatezza di uno Schiantesimo. Hermione, al contrario, possedeva arguzia e sensibilità da far invidia a chiunque ed Harry era certo che nel futuro dell’amica si prospettasse una brillante carriera al Ministero della Magia o addirittura come Preside di Hogwarts.
“Silente era molto più di un Preside per molti di noi” esordì la ragazza, la testa appoggiata su una spalla di Harry e le braccia intrecciate dietro la sua schiena. “E’ stato per anni il nostro mentore…” socchiuse piano gli occhi. Le folte ciglia bagnate le tremolarono al ricordo di tutti i momenti in cui il buon vecchio Silente aveva messo la sua inestimabile saggezza al servizio degli studenti, dispensando criptici consigli su cui lei amava scervellarsi e mettersi alla prova, spulciando tra i polverosi libri della biblioteca ben oltre l’orario delle lezioni.
“… un esempio per tutti noi …” sospirò, trattenendo un singhiozzo. Una lacrima solitaria scintillò tra le sue ciglia colpita dal bagliore argenteo dei raggi lunari, si gonfiò e lentamente slittò giù sul pendio del suo naso per posarsi placidamente sulla spalla di Harry. Il morbido cotone della tunica l’assorbì con avidità, così come i fiori, secchi e assetati nella calura estiva, non aspettano altro che una fresca gocciolina di rugiada bagni i loro petali avvizziti. Era esattamente così che Harry si era sentito dalla morte di Silente: avvizzito … come un fiore che da troppo non riceve più acqua. Secco. Appassito.
Hermione si asciugò con una mano la scia salata che le era rimasta sul viso e sollevò la testa dalla spalla dell’amico. “Lui non avrebbe voluto vederti così!”
“Lo so … è solo che è così difficile riprendere un nuovo anno senza … senza di lui” l’evidente traccia di commozione nella sua voce spinse Hermione ad abbassare lo sguardo per concedere ad Harry qualche istante per riprendersi senza sentirsi osservato.
“Nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile” con la punta del suo esile piedino, fasciato in una morbida scarpetta di velluto, giocherellò con la piccola pozza d’acqua piovana che si era formata nell’intercapedine di due pietre sconnesse della pavimentazione.
“Vieni, Harry, raggiungiamo gli altri in Sala Grande”
Una nuova impietosa folata di vento le scompigliò i capelli. Un turbinio di ciocche ricciolute simili a vivaci serpenti risvegliati dalla melodia esotica di un incantatore esperto. Una ciocca solleticò il naso di Harry. Profumo di grano bagnato maturato al sole e di fogli di pergamena nuovi di zecca.
“Vieni …” lo prese per mano ed insieme si avviarono verso le scale, lasciandosi dietro una scia d’impronte fradice. Sul primo gradino la ragazza si voltò appena e tracciò un rapido movimento nell’aria con la bacchetta.
“Abscondo!” Per celare ad altri le tracce del loro incontro sulla Torre d’Astronomia.
 

***

 
“Ma dove siamo finiti?”
“Alle scale piace cambiare, Harry” la voce giunse dall’arcata alle loro spalle. Il candelabro incastonato in una nicchia della parete di pietra illuminò una testa di corti capelli rossi.
“Ron!”
“Io non darei la colpa alle scale” il ghigno enigmatico che comparve sul viso di Hermione costrinse i due ragazzi a scambiarsi delle occhiate perplesse. L’imponente trifora alla loro sinistra si spalancò con tale veemenza da causare la rottura dell’antica quanto pregiata vetrata che raffigurava uno dei quattro fondatori storici di Hogwarts: Salazar Serpeverde. La conseguente raffica d’aria ghiacciata che invase la stanza fece rabbrividire i ragazzi. Le candele si spensero in uno sfrigolio di cera che si scioglie e cola a terra, pervadendo l’ambiente di un odore acre di fumo.
“Mi-miseriaccia, ma che succede?” balbettò Ron, sgranando gli occhi per abituarsi all’oscurità nella quale erano piombati. Una risata divertita lo fece trasalire. Più di quanto non trasalisse al pensiero di ritrovarsi nell’aula di Pozioni di Piton inseguito da una miriade di grossi ragni neri e pelosi.
“Hermione? Che ti prende?”
Ron avvertì lo sconcerto e l’incredulità nella voce di Harry e si avvicinò di più all’amico senza nemmeno rendersene conto. Non era mai stato un grande esempio di virtù e coraggio. In fondo, la parte dell’eroe non veniva forse sempre appioppata a Potter? Il grande cavaliere dall’armatura splendente, senza macchia e senza paura.
“Ha… Harry … mi … mi sono ricordato di avere un impegno importante …” tentò di svignarsela ma prima che riuscisse a guadagnare il portone, questi si richiuse con uno scatto fragoroso ad un palmo dal suo naso. Weasley rimase paralizzato, come sotto l’influsso dell’Incantesimo Petrificus Totalus. Hermione dietro di lui abbassò la bacchetta e la ripose in una tasca della sua tunica.
“Tutto bene, Ron?” fece Harry senza staccare lo sguardo da Hermione per non lasciarsi cogliere impreparato da eventuali sue mosse precipitose.
“Mmm … mmm …” gli giunsero dei mugugni sconnessi in risposta, al ché dedusse che l’amico fosse solo un tantino scioccato.
“Si, Ron, stai bene? Il tuo amichetto qui è preoccupato per te!” sputò Hermione con disprezzo. Era ferma al centro della sala, nell’unico punto raggiunto dai raggi della luna che disegnavano un cono di luce tutt’intorno alla sua figura. “Voi due siete patetici! Mi fate venire voglia di vomitare! Puah!” si esibì in un gesto esplicito, come se davvero dovesse espellere qualcosa dalla bocca, e poi si ripulì con una manica della tunica.
“Hermione! Ma che ti succede? Mi fai preoccupare!” Harry tentò di avvicinarsi muovendo un passo, ma lei lo minacciò puntandogli contro la bacchetta ed obbligandolo ad arrestarsi.
“Fermo dove sei! Perché non ti preoccupi per te una buona volta?” sbraitò. “Credimi, è giunto il momento che inizi a farlo!”
Harry non riuscì a replicare, né a muoversi. Si sentiva, al pari di Ron, pietrificato e confuso. Riuscì solo a pensare che ormai non c’era più speranza per nessuno mentre osservava Hermione, al centro della stanza, sollevare la manica destra della tunica ed esibire con sfacciato orgoglio il Marchio Nero.
“Miseriaccia, che significa?”
“Ancora non l’hai capito, Ron?” Hermione gli rivolse un ghigno impertinente. “Capisco che tu non sia una cima, ma ti credevo più sveglio!” la risata di scherno che scaturì dalla sua bocca risuonò di un’eco agghiacciante nell’ampio salone, fino a disperdersi in alto tra le volte del soffitto di pietra.
Sfoderando la sua bacchetta di legno di vite, Hermione prese a tracciare con l’usuale grazia che la contraddistingueva dei segni delicati proprio sulla pelle del braccio marchiata con il simbolo del Signore Oscuro. Si muoveva con gesti lenti e ben misurati, quasi a voler sfiorare il Marchio Nero con carezze suadenti, accompagnando ogni movimento con sussurri imperiosi, che ad orecchie babbane sarebbero risultati solo una serie di sibili indecifrabili.
“Da quando sa parlare il serpentese?” fece Ron strabuzzando gli occhi.
“Bé, non guardare me! Non gliel’ho insegnato io!” Harry era sconvolto tanto quanto l’amico.
Dalla finestra spalancata, dove fino a qualche minuto prima campeggiava la vetrata di Salazar Serpeverde, si levò una nebbiolina innaturale, simile ai densi vapori che spesso aleggiavano sulle acque del Lago Nero nelle sere invernali. Arrampicandosi sulle pareti esterne del castello si insinuò scivolosa all’interno della stanza, riversandosi come una cascata sulla pavimentazione e lasciando trasparire tra le sue foschie una figura dai contorni indistinti.
Essa strisciò fino ai piedi di Hermione ed il cono di luce che rischiarava quel punto permise ai due ragazzi di distinguere quella che in apparenza sembrava solo una scia di nebbia.
“Benvenuta, Nagini!”
Fauci serpentine si spalancarono in un acuto sibilo di risposta ed il rettile si avvinghiò dolcemente alle gambe di Hermione per poi risalire con sinuosa lentezza più in alto. Sui fianchi e fino alle spalle. Quando la sua testa si trovò alla stessa altezza di quella della ragazza, Nagini le diede un piccolo buffetto sulla guancia e sembrò sussurrarle qualcosa all’orecchio. La sua lingua biforcuta si muoveva vorticosa ad una velocità impressionante. Harry, nonostante gli sforzi, non riuscì a cogliere le parole del serpente, distinse solamente la risposta divertita ed entusiasta di Hermione.
“Oh si, mia cara, il Padrone ne resterà molto soddisfatto!”
 

***

 
Il corpo del ragazzo era riverso sulle fredde lastre del pavimento dei sotterranei. Sembrava che dormisse, mentre fuori dalle finestre del castello di Hogwarts la pioggia sferzante si era mutata in una sottile pioggerellina innocua ed il vento si era placato fino a trasformarsi in una leggera brezza quasi inconsistente, come a voler regalare un segno di rispetto e compostezza dinnanzi al riposo del giovane. Una chiazza di sangue si allargava sotto il suo collo macchiandogli il candido colletto che spuntava dalla tunica Grifondoro. Due forellini rossi all’altezza della giugulare segnavano il punto in cui le zanne di Nagini avevano sferrato il loro attacco velenoso. Pochi secondi ed il ragazzo era collassato a terra scosso da tremiti intensi.
Ora giaceva immobile, inerte in quella pace eterna che solo la morte può conferire. I capelli ramati, con riflessi della stessa sfumatura del sangue che colava sulla pietra grigia, erano scompigliati dal venticello che spirava dall’esterno. Senza alcuna possibilità di riuscita, quel soffio sembrava volerlo tenere legato alla vita, che lentamente era defluita via ad ogni goccia di linfa rossa che andava ad aggiungersi alla pozza sul pavimento.
“Rooooooooooooonnn!”
L’urlo disperato, così forte da squarciargli la gola, fece vibrare le finestre e le volte del soffitto, come se quello fosse l’esatto epicentro di un terremoto devastante. Si gettò ai piedi dell’amico morente, frustrato per non essere riuscito a reagire tempestivamente e ad evitare quella tragedia. La cicatrice sulla fronte gli pulsava in maniera insopportabile, segnale che aveva sempre accompagnato eventi particolarmente pericolosi e fatali. Strinse i denti. Quel dolore fisico era solo un banale pizzicore se confrontato con l’atroce sofferenza dell’essersi ritrovato testimone della feroce morte del proprio migliore amico. 
“Me la pagherete! Me la pagherete!” gridò Harry in preda a una furia incontrollata. Scattò con un agile balzo verso Nagini. La bacchetta già sfoderata pronta a colpire.
“Reducto!”
Una delle colonne ai lati della sala esplose con un boato assordante. Una miriade di pezzetti di pietra e marmo vennero scagliati in aria in una polverosa nuvola di fumo e ricaddero fragorosamente al suolo.
Nel pulviscolo che offuscava la vista, Harry intravide la coda di Nagini strisciare fulminea al riparo del basamento di colonna rimasto ancora in piedi.
“Bersaglio mancato” lo derise Hermione. “Harry Potter …” gli si avvicinò con prudenza, ma la sua voce era piena di quella sicurezza di chi è certo di avere il proprio nemico in pugno, “… le tue doti sono così millantate da tutti gli insegnanti, eppure sei così scarso in Incantesimi. Dovresti applicarti di più, proprio come faccio io!” sorrise con sfacciata saccenteria.
“Perché lui?” Harry temeva di essere spacciato, tuttavia voleva sapere. “Perché coinvolgere anche lui?” indicò il corpo senza vita del proprio migliore amico e non riuscì ad impedire ad una lacrima di rigargli il viso affranto. “Perché non uccidere solo me e basta?”
“Ancora una volta ti ho sopravvalutato” commentò la ragazza, l’espressione di profonda seccatura sfociò in uno sbadiglio annoiato. “Mi sembra più che ovvio, no?”
“Cos’è più che ovvio?” fece Harry confuso, togliendosi gli occhiali appannati dall’umidità del pianto.
“Il mio Padrone non ti vuole morto …”
Con un cenno del capo, Hermione indicò a Nagini la finestra dalla quale era entrata. Saettante come un fulmine, il rettile sgusciò via nella notte che dilagava fuori dal castello.
“… almeno per ora!” aggiunse tornando a fissare Harry. “Ci rivedremo presto!” sentenziò trionfante e, pronunciando un semplice Incantesimo di Smaterializzazione, svanì nell’aria senza lasciare traccia.
“Hermioneeee! Hermioneee! Hermioneee!”
 
 

***

 
“Hermioneeee! Hermioneee! Hermioneee!”
Harry si svegliò di soprassalto in un bagno di sudore gelato. In una parte della coscienza sentiva il pianto di un neonato trapanargli il cervello. Si portò istintivamente le mani alle orecchie. 
“Harry?” una mano si posò sulla sua spalla e lo accarezzò gentilmente. “Lily si deve essere svegliata spaventata dalle tue urla. Sta piangendo. Ancora quell’incubo, tesoro?”
Harry annuì, sovrappensiero. Era la quarta notte di fila che quel sogno lo tormentava. Era sicuro che si trattasse solo di una coincidenza?
“Non so, c’è qualcosa di strano … qualcosa che non mi convince … è assurdo …” si grattò il mento come se quel gesto potesse aiutarlo a mettere insieme i pezzi di un puzzle che non tornavano.
“Assurdo. Puoi dirlo forte!”
La mano gli sfiorò il viso in una carezza soffice e delicata. “Io che passo al lato oscuro e ordino a Nagini di uccidere Ron … Questo non è un incubo, è pura fantascienza!”
“E’ una follia, lo so, eppure...”
Eppurela cicatrice gli doleva anche adesso. Adesso che era sveglio. Adesso che l’incubo era finito. Com’era possibile?
“Eppure?” lo incalzò Hermione.
“La cicatrice mi brucia” Harry si passò una mano sulla fronte. Si sentiva la testa andare in fiamme, sul punto di esplodere. Represse un urlo di dolore per non spaventare e mettere in allarme la moglie. Si morse il labbro inferiore ed espirò profondamente in cerca di sollievo. “E’ sempre stato un segnale del Suo ritorno”  lo disse piano, come se il solo pronunciare quelle parole ad alta voce rendesse tutto più reale.
“Sciocchezze! Tu-Sai-Chi è morto, Harry! L’ abbiamo distrutto un anno fa!” sentenziò Hermione “… e non c’è alcuna possibilità che possa essere tornato! E’ normale che tu sia ancora sconvolto. È passato poco tempo in fondo e tu e Lui avevate stabilito un legame. Ma non c’è nulla da temere, vedrai che col tempo gli incubi svaniranno. E il dolore alla cicatrice è solo una suggestione mentale” gli diede un bacio sulla guancia e aggiunse “Vado a vedere come sta la bambina”.
Hermione si alzò dal letto con un fruscio leggero, le balze della vestaglia d’organza svolazzarono seguendo lo spostamento d’aria causato dal suo movimento.
Lo sguardo di Harry venne catturato da un improbabile quanto terrificante disegno che stava prendendo forma sul lenzuolo dove fino a poco prima era stata seduta la moglie. Linee verdi si intrecciavano e si scioglievano in un miscuglio confuso di tratti. Harry avvicinò il viso e restò sconcertato. Qualcosa di verde e lucente contrastava la purezza nivea delle lenzuola. Era un teschio … con un serpente che gli usciva dalla bocca come una lingua.
Harry si tolse gli occhiali e si stropicciò gli occhi.
Quando li riaprì il Marchio Nero era svanito.
O forse non c’era mai stato. 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: LandOfMagic