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Autore: Melanto    15/03/2012    7 recensioni
Aria. Acqua. Terra. Fuoco. Alla disperata ricerca del Principe scomparso, mentre nel cielo rosseggia un'alba che odora di guerra. Una lotta contro il tempo per ritrovare la Chiave Elementale, prima che finisca nelle mani del Nero, e salvare il pianeta.
Siete pronti a partire?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Elementia Esalogy'
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ELEMENTIA
- The War -





CAPITOLO 14: All'ultimo respiro (parte II)

Via Crociata – Sistema Montuoso del Nohro Sud, Regno degli Ozora, Terre del Sud Meridionali

“Se ci ripenso, devo dire che la cosa che mi ha più impressionato di quel combattimento è stata vedere Yuzo che picchiava un bambino!”
Il volante arrossì all’osservazione di Hajime. “Non era un bambino! Era uno Stregone!”
“Accidenti, avevo il sacco di pulci a coprirmi la visuale” sbuffò Mamoru, tirando via un ghignetto divertito. “Me lo sono perso. Finalmente ti sei deciso ad abbandonare la facciata del ‘bravo ragazzo’, uccellino?”
Lui arrossì ancora di più. “Non c’è niente da ridere.”
“Questa è bella! Non hai voluto picchiare lo scarafaggio di quel Vulkan, mentre hai quasi accoppato un marmocchio! Sei un po’ contraddittorio, lo sai?”
“La vuoi piantare?!”
Scontrarsi con degli Stregoni, e uscirne praticamente illesi, li aveva caricati. Forse anche troppo.
Mentre si avvicinavano alle porte di Hemur, non avevano fatto altro che parlare di quello che era avvenuto. Certo, c’era la novità di aver potuto affrontare i servi di Kumi sul campo ed essere sopravvissuti per poterlo raccontare agli altri compagni di scuola rimasti nelle rispettive città-studio, ma c’era altresì che, in fondo al cuore, si sentivano invincibili. Avevano letto di tantissimi scontri epocali, nei libri di storia, che non sempre si erano conclusi con la vittoria degli Elementi; molti erano caduti, altri erano periti per le ferite riportate, ma la loro iniziazione era stata un successo. Avevano costretto tre Stregoni alla ritirata e non erano nemmeno dei Minister; doveva pur significare qualcosa.
Ciò non toglieva che la prossima volta avrebbero dovuto prestare maggiore attenzione e preparare un piano d’azione preventivo, onde evitare anche le poche ferite che avevano riportato. La prossima volta sarebbero riusciti a sconfiggerli del tutto.
Erano pronti?
Forse sì o forse…
Hajime volse lo sguardo a Teppei, celando la propria preoccupazione.
Restava in disparte, rispetto agli altri, e a stento diceva due parole quando di solito chiacchierava così tanto che doveva intervenire Mamoru per farlo stare zitto.
Non stava bene, glielo si leggeva in faccia: l’espressione stanca, gli occhi stretti e lucidi, lo sguardo sempre chino. Aveva la fronte imperlata di sudore, e Teppei non sudava mai né avvertiva la stanchezza fisica, grazie ai suoi allenamenti a Tyran. Eppure continuava a non dire nulla, apertamente, ma lui l’aveva capito: c’era qualcosa che non andava e tutto era cominciato dopo che avevano affrontato gli Stregoni.
“Teppei, sei divenuto silenzioso.”
L’interpellato quasi sussultò sulla sella. Sollevò il capo di scatto, alla domanda di Yuzo, e la luce del sole che si rifletteva ovunque gli bruciò gli occhi. Tutto bruciava: la schiena, le gambe. Si sentiva a pezzi, aveva le braccia pesanti e stava sudando. Lo stomaco gli faceva un male terribile, quasi l’avessero infilzato con decine di lame, e gli risultava difficile perfino respirare bene.
“No, tutto a posto” disse con sforzo, abbassando nuovamente lo sguardo per il fastidio della luce.
Il volante scosse il capo. “A me non sembra…” 
Anche Mamoru rimase perplesso, ma non disse nulla. Si limitò solo a lanciare un’occhiata al Tritone e questi annuì, rallentando il proprio cavallo per affiancarsi a quello del compagno di Terra.
“Vedi di farla finita.” Gli disse in tono serio e anche piuttosto nervoso. Se già gli era parso stranissimo che la Fiamma si fosse ammalata di febbre bassa, vedere Teppei sofferente gli piacque cento volte meno. “Ce ne siamo accorti tutti, ma speravamo non ti si dovesse strappare di bocca il motivo. Stai male?”
Teppei ruotò gli occhi con fastidio, girando altrove il viso. “Non sto male per niente.”
“Mi sembra di averla già vissuta questa scena.”
E Mamoru tossicchiò, più distante, con fare disinvolto, tanto che riuscì a strappare un sorriso anche al tyrano.
Hajime però non perse la propria serietà. “Guarda che parlo sul serio, Teppei.”
Ma l’interpellato non aveva voglia di parlare o di ammettere che qualcosa non andava; lui era una roccia e stava benissimo. Rise, ma si vedeva che stava fingendo.
“Ho detto che non ho niente! Non mi credi? Guarda! Sano come un pesce!” Teppei spronò la propria cavalcatura, spingendola al trotto. Superò i compagni e provò a saltare un piccolo ramo caduto sulla via da uno degli alberi che la costeggiava. Confidò troppo in sé stesso e nella propria resistenza.
Quando il cavallo atterrò con le zampe posteriori, una fitta lancinante lo trapassò di netto, all’altezza dello stomaco, togliendogli il respiro. Per un momento lunghissimo il mondo si dipinse di bianco e nemmeno si accorse di cadere di sella, tanto da non sentire l’impatto col suolo. Tutto, attorno a lui, era ovattato, lontanissimo, per primo il suo corpo. Quasi non gli appartenesse più.
Non udì il richiamo allarmato di Hajime, non udì le voci di Mamoru e Yuzo. Il bianco, che gli copriva gli occhi, si diradò dopo alcuni momenti infiniti che non riusciva ugualmente a collocare in una dimensione temporale. Non riusciva neppure a muoversi.
Il primo volto che scorse fu quello di Hajime, chino su di lui, che gli sollevava la testa e lo guardava, pallido in volto; poi la Fiamma e il volante. Le loro voci arrivarono in differita rispetto al movimento delle labbra. Di nuovo il bianco e infine, come un muro soffocante, il nero.
“Teppei! Teppei, maledizione rispondimi!”
“Ha… ji…”
“Sono qua, sono qua!”
“…dove… dove?...”
Hajime sentì il sangue prosciugarsi dalle vene, mentre aggrottava le sopracciglia. “Come ‘dove’? Sono qui…” Gli passò la mano sulla fronte: era bollente. “…non mi vedi?”
Teppei sollevò le dita con uno sforzo atroce. Cercò di trovarle con gli occhi, ma c’era solo il nero ed era ovunque. Iniziò a tremare. “…do… ve…”
Hajime gli prese la mano e la strinse, seguitando a carezzargli il viso. La propria pelle era fresca, poteva dargli un po’ di sollievo, ma il tyrano sembrava aver perso tutte le percezioni. Prese a scuotere il capo e a guardare alternativamente Mamoru e Yuzo. Il suo solito distacco verso le esternazioni troppo accorate era stato messo da parte in un attimo per lasciare il posto a un totale smarrimento. “Che sta succedendo?”
“Non ne ho idea!” sbottò la Fiamma.
“Cos’è questo?” Yuzo sembrò scorgere qualcosa sul collo di Teppei. Velocemente gli aprì la giacca di cuoio e la camicia. Gli era parso di aver visto un segno scuro, ma quando si trovò davanti quella ragnatela violacea che tracciava vene e capillari di quasi metà torace, rimase di sale.
Il volante cercò di seguire tutti i percorsi, per trovare il punto da cui partivano e ogni segno conduceva al braccio, dove c’era ancora la benda. Yuzo la tolse e la ferita apparve aperta e infetta.
“Dannazione!” ringhiò, mentre Hajime scuoteva il capo.
“Ma… ma com’è possibile? Era solo un graffio…”
Con della stoffa, il volante provò a toccarla e del siero chiaro uscì misto a un fluido violaceo. Strinse gli occhi con preoccupazione. “Credo sia veleno. L’oggetto che l’ha ferito doveva esserne imbevuto.”
Hajime ingoiò un’imprecazione. Davanti ai suoi occhi scorsero nuovamente le immagini di ciò che era accaduto: il somaro, il fumo viola e la lancia. Era stata quella a colpirlo ed era un incantesimo Venefico. Maledizione, che stupido a non averci pensato prima! Che stupido!
Guardò il compagno di Alastra alla ricerca di una sua parola o anche solo di essere rassicurato,
ma Yuzo, suo malgrado, si ritrovò a scuotere il capo.
“Non me ne intendo, purtroppo. Dobbiamo portarlo da un Naturalista, lui saprà cosa fare.”
Mamoru annuì. “Hemur dovrebbe essere a pochi chilometri, non perdiamo tempo.”

Lanciarono i cavalli fino allo stremo.
I muscoli degli animali erano tesi, gli zoccoli sollevavano zolle di terra quando lasciavano il suolo e le criniere schioccavano nel vento. Erano già provati per la lunga traversata, ma gli Elementi sarebbero stati disposti a spingerli a versare fino all’ultima goccia del loro sudore pur di arrivare a Hemur il prima possibile.
Sulla strada, si fermarono solo quando scorsero la prima persona dopo giorni. Un uomo aveva, sulle spalle, una cesta piena di pesce e una canna lunga nella mano. Quando li sentì arrivare di corsa, si fermò al lato della strada e li guardò con aria perplessa e anche un po’ intimorita.
Mamoru tirò le redini dello stallone e questo impennò sulle zampe posteriori, sbuffando e scalciando.
L’uomo si strinse di più sul ciglio.
“Sapete dove possiamo trovare un Naturalista?!” esclamò la Fiamma. La sua urgenza era palpabile anche nella voce.
“B-beh… dovete arrivare in città, lì-”
“Possibile che prima non ci sia nessuno?! Che so, nelle campagne!”
Il povero pescatore ci pensò un po’, scrutandoli intimidito. Solo allora si accorse che su uno dei cavalli viaggiavano in due, e quello che montava dietro non stava per niente bene. Per non farlo cadere, era stato addirittura legato al compagno che guidava l’animale.
“Dannazione, abbiamo fretta!” insistette Mamoru.
“Veramente, ci sarebbe… ci sarebbe Shibasaki, ma-”
“Dove lo troviamo?”
“Proseguite dritto. Al bivio per Hemur prendete la via sterrata a destra. Però devo avv-”
“Grazie!”
Mamoru non lo fece finire, diede un leggero colpo alla bestia e questa riprese a correre come avesse avuto un mostro alle calcagna.
Il pescatore rimase col dito sospeso a mezz’aria e l’aria incerta di chi non aveva avuto il tempo di dire la cosa più importante.
Ormai lontani, Yuzo si girò in direzione di Mamoru. “Lasciamelo portare in volo a destinazione; ora che sappiamo dov’è la casa del Naturalista, posso andare avanti.”
La Fiamma si volse rapidamente verso Hajime e vide la testa di Teppei abbandonata a peso morto sulla spalla del compagno; tutto il suo corpo era un peso morto, le braccia ciondolanti lungo i fianchi e l’aria che veniva inspirata con la bocca. Non c’era tempo per pensare alla copertura o alla discrezione.
“D’accordo, fa’ in fretta!” decise e Yuzo annuì, gli lasciò le redini della cavalcatura di Teppei e lui rallentò un po’, per affiancarsi al Tritone.
“Lascialo a me, Hajime. Vi precedo.”
L’altro non riuscì a rispondere nulla, ma sciolse i nodi della corda che aveva legata in vita. Yuzo si sollevò in volo, mentre il proprio cavallo correva ormai a briglia sciolta, e prese in consegna il tyrano. In un attimo, partì come una scheggia, lasciandoli indietro.
Hajime lo seguì con gli occhi fino a che non scomparve, pregando, in tutte le lingue che conosceva, le divine Yukari e Yoshiko affinché non abbandonassero Teppei.

Yuzo volò sopra gli alberi, mantenendo fisso lo sguardo al suolo in attesa di scorgere il bivio che lo avrebbe condotto dal Naturalista e, quando emerse finalmente nella pianura, delle foreste Lulha alle sue spalle non rimasero che dita verde scuro che sembravano allungarsi sui primi campi coltivati.
Da quell’altezza, che non era eccessiva per non affaticare ulteriormente Teppei, poteva già scorgere Hemur in lontananza, segno che la meta non doveva essere troppo lontana.
La Via Crociata era di nuovo ben visibile e ampia, piena di luce.
Quando notò il bivio, rallentò qualche attimo per assicurarsi che fosse quello giusto. Spostò lo sguardo a destra e scorse un filo di fumo levarsi tra alcuni alberi radi, innocuo prolungamento delle foreste. Doveva essere quella la casa del Naturalista.
Riprese a volare a tutta velocità, scansando agilmente le fronde fino a che non emerse in una piccola radura.
Una modesta casa in legno e mattoni vi sorgeva al centro e il fumo proveniva da un focolare acceso nel cortile su cui bolliva un calderone nero.
Quando piombò nei pressi dell’entrata, il volante si trovò davanti una giovane. A una prima occhiata pensò fosse l’assistente del medico.
Appena lo vide, e forse più per la sorpresa e i modi bruschi con cui era atterrato, la donna lanciò un urlo spaventato facendo cadere i tre tronchetti tagliati di fresco che reggeva tra le braccia.
“E’ qui il Naturalista?” domandò Yuzo con urgenza; non aveva tempo di provare a rassicurarla, ci avrebbe pensato dopo, adesso doveva solo occuparsi di Teppei. “Vi prego, è importante!”
In quel mentre, un uomo sulla trentina uscì dall’abitazione.
“Deva, cos’hai da urlare?” disse, spostando poi lo sguardo su Yuzo, ma quando i loro occhi si incrociarono il volante si coprì l’orecchio che aveva preso a fischiare con forza.
“Uno Stregone?!” gli parve assurdo che ne avesse incontrato uno proprio in quel momento e la stessa sorpresa aleggiava nello sguardo dello sconosciuto.
Con un balzo, Yuzo si levò in volo. Un braccio reggeva il corpo di Teppei mentre la mano libera gli aveva permesso di sollevare il vento che ora spirava forte attorno a loro, tanto da rovesciare il pentolone sul focolare e far ruzzolare i cocci di legno al suolo.
La giovane si rannicchiò in un angolino, spaventata.
Lo Stregone guardò prima l’assistente e poi l’Elemento che aveva davanti – Elemento d’Aria, a giudicare dai poteri –; in fretta sollevò le mani.
“No, aspetta-”
“Allora quella del Naturalista era un’altra trappola!”
Ma lì arrivò la frase che Yuzo non si sarebbe mai aspettato di sentire. Un’altra volta.
“Nessuna trappola. Sono io il Naturalista!”
“Vuoi prendermi in giro?!” Il volante lo disse in tono severo e accusatorio. Il vento seguitava a spirare e lui non sembrava intenzionato a farlo dissolvere.
Non era possibile. Non di nuovo.
Per un attimo, davanti ai suoi occhi la figura del giovane venne sostituita da quella di Hans e provò un terribile istinto di vendetta. Con uno sforzo atroce si contenne, serrando quei sentimenti a volte aggressivi che la tappa a Ghoia aveva riportato alla luce insieme a tutto il resto. Non poteva dar loro spazio; in quel momento, Teppei era la sua priorità e non aveva tempo di mettersi a litigare o, peggio ancora, combattere contro uno Stregone.
“Non ti sto prendendo in giro, ragazzo. Interrompi i tuoi poteri, te lo chiedo per favore.”
“Sì, certo, e dovrei abbassare le mie difese? Mi credi così stupido?”
“Ti credo stupido se non lo fai!” L’uomo si sistemò gli occhiali in un gesto stizzito. “Oh, dannazione! Dovrei essere io quello furioso! Piombi in casa mia e mi aizzi contro la tua magia elementale da due scudi! Se davvero avessi voluto, ti avrei già immobilizzato, è chiaro?!” Il Naturalista si avvicinò all’assistente e si chinò al suo fianco, per poggiarle una mano sulla spalla in segno di rassicurazione. “Chiunque ti abbia mandato da me non era certo uno Stregone, no? Altrimenti te ne saresti accorto o sbaglio?”
Yuzo valutò le sue parole e convenne che, sì, se il pescatore fosse stato un mago l’avrebbe avvertito, così come era successo appena aveva visto lui.
Con cautela sedò l’intensità delle raffiche, riducendole a un vento insidioso, ma incapace di rovesciare oggetti al suolo.
Lo Stregone tornò ad alzarsi. Le mani ai fianchi e le labbra piegate in una smorfia.
“Ora dimmi che diavolo sei venuto a fare qui, dopodiché sparisci dalla mia vista.”
A Yuzo non sembrò sul piede di guerra e nonostante odiasse a morte l’idea di dover affidare Teppei nelle mani di un bastardo della stessa risma di Hans, era consapevole che il tempo stava stringendo e lui doveva prendere una decisione.
“Ho bisogno del vostro aiuto.” Il vento si dissolse e lui smise di volare.
Tsk! E chi ti dice che sia disposto a dartelo?” Si impuntò l’altro voltandogli le spalle. Aveva subito notato il compagno che reggeva tra le braccia e, a una prima occhiata, doveva essere ridotto male, sembrava avesse la febbre, ma non era riuscito a vederlo da vicino e poi non erano affari suoi. Niente che aveva più a che fare con la medicina era affar suo. Né con la Magia Nera. Aveva smesso di esser entrambi da troppo tempo; non era più nessuno se non una specie di eremita fuori da Hemur che i cittadini accettavano solo per l’aiuto che, in passato, aveva dato loro. Null’altro che questo. Lui non era nessuno.
“Vi prego. Non saprei a chi chiederlo né penso che avrei più il tempo per farlo.”
“Se è di un medico che hai bisogno, caschi male. Non sono più un Naturalista.” Salì nuovamente le scale di casa e si fermò sulla soglia, continuando a dargli le spalle. “E ora che lo sai, vattene.”
Yuzo lo osservò rientrare nell’abitazione, con sguardo inferocito.
Lui… lui si permetteva di rifiutarsi?
Dopo che era stata per colpa degli Stregoni se Teppei rischiava la vita?
Dopo che era stata per colpa di un maledetto fanatico emulatore se lui aveva distrutto mezzo Dogato di Rhalesta?
Oh, no.
Nessuno Stregone-Naturalista-Eremita o quel che credeva di essere l’avrebbe chiuso fuori. Quello era poco, ma sicuro.
Gli Elementi d’Aria erano la pazienza della diplomazia, ma lui non aveva tempo né d’esser paziente né d’esser diplomatico.
In un attimo lo seguì, entrando in casa senza invito. Con una folata di vento fece spazio su di un tavolo e vi adagiò il corpo di Teppei tra le proteste del medico.

“Sta’ tranquillo.”
La voce di Mamoru gli fece spostare lo sguardo per puntarlo sulla schiena del compagno. Cavalcava di qualche metro avanti a lui e gli aveva rivolto appena la trequarti.
“Vedrai che Yuzo sarà già arrivato e il Naturalista si sarà subito messo all’opera.”
Hajime lo sperò con tutto sé stesso. Sperò che la Fiamma avesse ragione e che magari il medico avesse già somministrato l’antidoto a Teppei. Magari stava già guarendo e ora se la dormiva della grossa, alla faccia della sua preoccupazione. Ma tutte le congetture gli sembrarono così appese a un filo da essere pronte a cadere in un attimo.
Il volante era diventato invisibile in un batter d’occhio, lasciandoli indietro nemmeno si stessero muovendo a rallentatore e invece cavalcavano come disperati, trascinando gli altri animali, privi di cavaliere, con loro. Ma nonostante gli zoccoli sembrava avessero le ali, ad Hajime la comparsa del bivio gli parve avvenire dopo un’eternità. Le sue percezioni di tempo e spazio avevano perso il senso della realtà, allungandosi a dismisura. Tutto quello che voleva era arrivare dal Naturalista e scoprire che Teppei stava bene e già in via di guarigione. Nient’altro. Voleva avere la sicurezza che fosse fuori pericolo, che avrebbe aperto gli occhi per guardarlo e riuscire a vederlo. Tutto qui. Non era una richiesta assurda, dopotutto.
Senza rallentare, svoltarono in direzione della stradina sterrata che portava di nuovo verso un lembo di foresta.
L’ansia sembrava una spugna che cresceva e si gonfiava nello stomaco, quasi a soffocarlo, ma si ostinò a ignorarla, nonostante la voglia che aveva di vomitare. Una nausea terribile mista a crampi.
Non era mai stato così tanto preoccupato in vita sua. Mai. E pregò di non esserlo mai più, perché non avrebbe saputo sopportarlo di nuovo.
Lui e la Fiamma rallentarono le bestie solo quando scorsero la sagoma di un’abitazione. Doveva essere quella e Hajime scese al volo, senza nemmeno aspettare che il cavallo si fermasse del tutto.
“Aspetta!”
La voce di Mamoru lo bloccò all’improvviso. Il tono tagliente.
Il Tritone gli vide uno sguardo attento che scrutava l’intorno con circospezione. Poi abbandonò l’animale e lo raggiunse.
“Non noti nulla? Non senti nulla?”
“Cosa dovrei sentire?!” Hajime era frustrato. Voleva solo entrare in casa e sapere come stava Teppei, quando d’improvviso se ne accorse. Un orecchio fischiava, basso. Lo toccò e guardò la Fiamma, spalancando l’occhio non coperto dal ciuffo. “Non dirmi… che anche tu…”
“Ci deve essere uno Stregone. Forse più.”
- No! Non adesso! Non qui! - pensò Hajime guardandosi intorno, senza però scorgere nessuno. Solo allora si accorse del calderone rovesciato e dei tronchi sparsi. Un pensiero orribile gli attraversò la mente. “E se fossero all’interno della casa?”

“Ma… dico, sei sordo?! Ti ho detto che non sono più un Naturalista! Fuori di qui subito o altrimenti-”
“Lanciatemi contro tutti i vostri incantesimi di Magia Nera, non me ne andrò fino a che non lo avrete curato.” Il medico piegò le labbra verso il basso, inarcando pericolosamente un sopracciglio, ma Yuzo non ne volle sapere. “Siete voi Shibasaki, giusto? Se mi hanno detto di venire qui ci sarà un perché! Per favore, date un’occhiata al mio compagno e se non vorrete essere voi a curarlo, dite a me come posso fare. Me ne occuperò io.”
Hiroyuki Shibasaki(1) tacque per alcuni momenti, colpito da tanta insistenza e determinazione. Spostò lo sguardo sul giovane adagiato sul tavolo e strinse le labbra, in una smorfia che tentava di nascondere quanto dentro si sentisse combattuto.
Da un lato, il suo spirito naturalistico avrebbe voluto fare qualcosa, ma dall’altro…
Spostò lo sguardo sull’assistente che era entrata piano piano in casa e si manteneva ferma contro la parete. Anche lei sembrava aver capito la gravità della situazione e gli rivolse un’occhiata speranzosa. Si aspettava che lui…
Hiroyuki girò le spalle al mago d’Alastra e incrociò le braccia. “Certo che sei indisponente! E poi dite che sono gli Stregoni a-”
“E colpa di alcuni Stregoni se il mio compagno sta così male.” Lo freddò Yuzo e lui si fece più attento. “Siamo stati attaccati e lui ferito.”
“Non dirmelo: presenta degli strani segni viola che seguono vene e capillari?”
Yuzo capì che lui sapeva cosa facesse soffrire Teppei. Si preparò a sentire il verdetto. “Sì…”
L’altro sbottò in una risata di spregio.
“Ah! Allora puoi anche raccomandare la sua anima a una delle tue Dee, ormai è spacciato.” Shibasaki si volse, per godere appieno dall’espressione smarrita e incredula del suo ospite. Lo spirito dello Stregone non riusciva mai a sopirsi completamente. “Veleno di Rankesh, il peggiore di Elementia.”
Rankesh. Quella maledetta bestia tornava di nuovo. Per Yuzo fu un incubo; il siero di Rankesh aveva soggiogato la sua mente quando era caduto nelle mani di Hans e ora il veleno dello stesso animale rischiava di far morire Teppei.
“Non c’è niente che possa curarne gli effetti”, riprese Shibasaki, “tranne il siero di Zaikotto, ma scordati che io ce l’abbia; è merce talmente rara che non la troveresti mai da queste parti, nemmeno pregando in tutte le lingue del mondo.” Tese un mezzo sorriso di superiorità. “Rassegnati.”

“Facciamo irruzione.” La mano di Mamoru si infiammò completamente, rendendola simile a una torcia.
Al suo fianco, Hajime ingoiò a vuoto, indurendo l’espressione. Lingue d’acqua scivolarono dai palmi e frustarono l’aria, emettendo un suono basso e gorgogliato.
La Fiamma gli fece cenno di avvicinarsi a un lato della porta socchiusa, mentre lui si sarebbe appostato all’altro.
Furono in posizione in un attimo. Mamoru appoggiò due dita sul legno, pronto a spalancare l’uscio, e avvertiva distintamente, ormai, la presenza di persone all’interno della casa. Sentiva una voce e non era quella di Yuzo.
“…è merce talmente rara che non la troveresti mai da queste parti, nemmeno pregando in tutte le lingue del mondo. Rassegnati.”
Il tono non gli piaceva, anche se non aveva idea di cosa stesse parlando e con chi. Guardò Hajime e gli mimò dei numeri con le labbra.
Tre.
Due.
Uno.
Mamoru spalancò la porta con un colpo deciso. La mano ardente protesa in avanti per attaccare chiunque si fosse trovato di fronte. Hajime comparve dietro di lui, lingue d’acqua riempirono l’ambiente fino al soffitto, incombendo minacciose sui presenti.
I due Elementi si trovarono davanti una specie di spettacolo irreale: una donna impaurita, Teppei disteso su un tavolo, Yuzo fermo al suo fianco e un terzo uomo in piedi, più distante.
Quest’ultimo sgranò gli occhi allargando le braccia. “E questi chi diavolo sono?! Amici tuoi?! Ma in quanti accidenti siete?!”
Per Mamoru fu chiarissimo che quello era lo Stregone, era tutto il resto a essere incomprensibile. “Ma che cosa…?”
“Interrompete gli incantesimi!” Yuzo si mise di mezzo, alzando le mani.
“Interromperli?! Quello è uno-”
“E’ il Naturalista.”
La Fiamma s’azzittì per un momento, sgranando gli occhi. Poi sbottò: “Un altro?! Cos’è? Una mania?!”
“Per favore non polemizzare…” Yuzo cercò di calmare tutti e due, ma Hajime guardava lo Stregone con un odio talmente denso che lo stesso Shibasaki pensò che potesse inchiodarlo al muro.
Scosse il capo, i tentacoli d’acqua ancora danzanti nel vuoto.
“Non permetterò a nessuno Stregone di mettere di nuovo le mani addosso a Teppei” ringhiò.
“Perfettamente d’accordo” convenne Mamoru e Yuzo lo fulminò con l’occhiata peggiore che avesse mai ricevuto dal volante, tanto da lasciarlo interdetto.
“Adesso smettetela. Non possiamo permetterci di stare ancora a discutere perché la situazione è peggiore di quanto creduto e questo Stregone è tutto quello che abbiamo, quindi fate sparire i vostri incantesimi. Adesso.”
“Che vuoi dire con ‘la situazione è peggiore’?” Hajime lo guardò terrorizzato, l’acqua dissolta nel nulla, e Yuzo stemperò l’espressione severa, aggrottando le sopracciglia e usando un tono più morbido.
“Il veleno iniettato a Teppei, non è uno qualunque.”
“E dovremmo fidarci di uno Stregone per-”
A quel punto, Shibasaki si decise a intervenire. Ne aveva piene le scatole di tutta quella storia e l’unica cosa che voleva era vederli sparire dalla sua proprietà, per non farvi mai più ritorno, possibilmente. Interruppe Mamoru ancor prima che terminasse la frase.
“Volete stare zitti?! Continuate a blaterare quasi che non fossi presente, che razza di modi!” Sollevò il mento e tirò su gli occhiali. “Ho già detto al vostro amico che non ho la minima intenzione di intervenire, anche perché non c’è nulla ch’io possa fare, quindi potete anche smetterla di affannarvi tanto.” Abbassò il tono, pur mantenendolo freddo e sdegnoso. “Non sono più un Naturalista da molto tempo e non ricomincerò adesso. Allo stesso modo, ho smesso di essere uno Stregone, quindi evitate di parlare a sproposito; né il mio passato né ciò che sono è affar vostro.”
Ma di tutto il discorso, ad Hajime interessò solo una frase, che gli fece abbassare le braccia per abbandonarle lungo i fianchi mentre mormorava quel: “Non potete… fare niente…?”
“Esatto. Il vostro amico è senza speranza ed è un miracolo che non sia già morto. Già che ci siete, ditegli una preghiera.”
Shibasaki lo affermò con durezza e quasi non curanza, costringendosi a ignorare il dolore con cui uno dei nuovi arrivati aveva posto quella domanda. Per sottolineare la sua indifferenza, riprese a occuparsi degli alambicchi sparsi per la casa-laboratorio e voltò loro le spalle, come se non fossero nemmeno presenti. Come se Teppei non fosse steso sul suo tavolo in preda agli spasmi causati dal veleno, ai dolori dei crampi, alla febbre.
Mamoru l’avrebbe voluto incenerire, ma rispose con altrettanta durezza ed espressione carica di sdegno. Dissolse le fiamme. “Abbiamo perso solo del tempo. Porteremo Teppei in città, da un Naturalista vero e non da uno Stregone che dovrebbe pendere da una forca, invece di giocare al medico.”
Ma Hajime si rese conto che non c’era tempo né altre opportunità. Teppei doveva essere curato lì e subito e lui aveva finito la pazienza.
Nel momento in cui Mamoru fece per muoversi, i liquidi di tutti gli alambicchi e le ampolle presero a ribollire di colpo, tanto da far tintinnare i contenitori di vetro.
Shibasaki si guardò attorno, con un sopracciglio inarcato e l’espressione infastidita.
“Non potete… fare niente…” ripeté ancora il Tritone, il viso immobile, sembrava in trance e Yuzo gli rivolse un’occhiata preoccupata. I capelli neri si sollevarono nel rifluire dei poteri che illuminarono i suoi contorni di un bagliore blu oltremare. “Adesso te lo dico io cosa farai.”
Le ampolle andarono in frantumi una dopo l’altra, riversando al suolo il loro contenuto.
“Non è minacciandomi che-”
Hajime non gli lasciò finire la frase. Lo raggiunse in un batter d’occhio, lo agguantò per le spalle e lo scaraventò dall’altra parte della stanza, facendolo finire su un secondo tavolo.
Shibasaki avvertì l’impatto con fiale e boccette vuote che si frantumarono sotto il suo peso. Espulse l’aria, spalancando la bocca, ma non ebbe il tempo di rispondere a quell’attacco, perché il Tritone gli fu nuovamente addosso, per bloccarlo. La nuca batté contro il legno e una lingua d’acqua gli si avvolse attorno alla gola, strozzandogli il respiro.
Hiroyuki spalancò gli occhi e si aggrappò ai polsi del giovane per cercare di liberarsi, ma senza risultati. In quel modo non poteva nemmeno pronunciare qualche incantesimo.
“Adesso tu farai quello che hai detto di essere, ovvero il Naturalista, e lo guarirai, mi sono spiegato bene? Non mi importa un cazzo del tuo passato, dei tuoi motivi o di chissà che altra stronzata lacrimevole. Tu. Guarirai. Teppei.” Gli occhi neri sembravano inghiottirlo in fondo a un mare oscuro, dove era impossibile respirare o provare a risalire. Lo strattonò ancora, la nuca di nuovo contro il legno. “Io non posso rischiare di perdere il mio migliore amico solo perché non hai abbastanza palle. Sono stati quelli come te a ridurlo in questo stato e tu lo salverai, a qualsiasi costo, perché se lui muore, io ti ammazzo.”
“Hajime, adesso calm-” Mamoru venne fermato da un lungo tentacolo d’acqua che si frappose fa lui e i duellanti in maniera minacciosa. “Woh! Woh! Ho capito! Stai calmo, dannazione!” Arretrò un passo alla volta, con le mani alzate.
Ecco un altro che perdeva la testa. Si ritrovò a pensare che il detto: ‘le acque chete rompono i ponti’ fosse più che azzeccato, vista la reazione di Hajime, ma in fondo… in fondo lui poteva capire. Anzi. Capiva benissimo. Anche lui sarebbe stato disposto a fare l’impossibile, a minacciare e uccidere il mondo solo per la persona che riteneva essere la più importante. E Teppei era la più importante per Hajime.
“Hajime, ascoltami.” La voce di Yuzo gli parve provvidenziale in quel momento, anche perché sapeva prendere le persone meglio di lui. E forse quel tono fermo, di chi stava impartendo quasi un ordine, era ciò di cui il compagno aveva bisogno. “Se lo uccidi, non salveremo mai Teppei. Lascialo respirare, ha capito l’antifona. Lascialo respirare, Hajime.”
La bocca del Tritone si deformò in una smorfia di totale disprezzo e rabbia. La corda d’acqua ancora stretta attorno alla gola dello Stregone e negli occhi avvertì il netto pizzicare delle lacrime. Fu solo quello, unito alle parole di Yuzo, che riuscì a fargli riprendere il controllo di sé.
Lasciò la presa, l’acqua si ritirò e lui fece qualche passo indietro, voltando le spalle al Naturalista. Svelto si passò il dorso della mano sugli occhi.
Shibasaki scivolò al suolo, tossendo con forza. L’aria nei polmoni gli bruciò il petto mentre prendeva boccate profondissime. Era stato convinto che sarebbe morto e invece era ancora lì e c’era l’Elemento di Aria, ora, a guardarlo dritto negli occhi con freddezza.
“State bene?”
Lui annuì, ma non riuscì a rispondere.
“Per favore, aiutateci. Non ve l’avremmo mai chiesto se non ne avessimo avuto così bisogno, ve lo posso assicurare.”
Nel suo tono, per quanto mitigato dalla diplomazia di Alastra di cui aveva tanto sentito parlare, c’era disprezzo e non gli sembrava dettato esclusivamente dal pregiudizio che vedeva l’uno Stregone e l’altro Elemento, ma c’era una netta forma di rancore per qualcosa che doveva aver provato in prima persona. Qualcosa che aveva a che fare con la sua categoria e con la sua magia.
Poi… poi c’erano le parole dell’Elemento d’Acqua. C’era la sua disperazione. Quella di chi si sarebbe perduto per non ritrovarsi mai più se il compagno fosse morto. Quella disperazione la conosceva anche lui, meglio di quanto quei ragazzi potessero anche solo immaginare.
Inspirò a fondo un’ultima volta e si alzò.
“Deva, prendimi dell’acqua e della terra” disse con tono deciso. “Mi raccomando: la terra non deve essere superficiale, togli i primi venti centimetri e prendi il resto.”
“Sì… dottore.” L’assistente aggiunse quella parola con un misto di ansia e trepidazione, scomparendo all’esterno della casa.
“Lo guarirà?” domandò Yuzo; la durezza appena stemperata, come se avesse voluto mettere da parte quelli che erano i dissapori per pensare solo al bene del loro compagno.
Lui annuì, poi cercò il Tritone con lo sguardo. Anche se chiaramente arrabbiato e preoccupato, anche nei suoi occhi riuscì a leggere un filo di speranza.
“Farò tutto quello che posso, dico sul serio.” Non lo faceva per le minacce; essendo uno Stregone, aveva sempre messo in conto di morire troppo presto per assaporare la maturità della vecchiaia. Lo faceva perché era importante, perché doveva. Perché era arrivato quello che non credeva avesse aspettato per così tanto tempo.
Eppure gliel’aveva detto.
‘Tornerai ad alzare la testa. Nella Terra e nell’Acqua troverai tutte le risposte che non hai mai saputo darti.’
Gliel’aveva detto.
La Terra, il ragazzo che rischiava la morte, e l’Acqua, il ragazzo che sarebbe stato disposto a qualsiasi cosa pur di salvarlo.
Gliel’aveva detto, sì, il Principe gliel’aveva detto in quell’incontro di un attimo dall’altra parte del Nohro e lui era stato scettico, come qualsiasi Stregone. Il lupo perdeva il pelo, si diceva così, e il suo vizio di non credere nel potere elementale era difficile da mandare via, dopo che per anni era vissuto immerso solo nella Magia Nera.
Forse era arrivato il momento di iniziare a cambiare sul serio.
Con gesti svelti si arrotolò le maniche del maglione e della camicia, si avvicinò al giovane disteso sul letto e gli aprì gli abiti per capire meglio la sua condizione e fino a che punto il veleno fosse entrato in circolo. Nel mentre, parlò con loro, per spiegare cosa avrebbe fatto e di cosa aveva bisogno.
“Il veleno di Rankesh si combatte solo con siero di Zaikotto, ma è una merce rarissima che io non ho. E se non ce l’ho io, non ce l’avranno nemmeno in città.”
Yuzo si fece dappresso con preoccupazione. “Ma se voi ne siete sprovvisto come possiamo fare?”
Shibasaki s’allontanò dal tavolo per raggiungere i suoi ripiani colmi di barattoli di vetro. Ne prese uno pieno di larve verdi e tornò al tavolo.
“Si dice che ce ne sia qualcuno nelle Paludi Acquanera, ma non ne ho la certezza. Molte volte sono andato a cercarli, ma gli zaikotti sono sensibili alla magia ostile e io sono comunque uno Stregone; devono aver percepito i miei poteri come una minaccia, quindi non si sono mai fatti vedere.” Pescò quattro o cinque larve e le mise sulla ferita di Teppei. Gli animali ci si aggrapparono, fameliche, iniziando a mangiare i tessuti morti e a suggere il veleno. Avrebbero ripulito il taglio meglio di qualunque altro disinfettante.
Quando le vide all’opera, Hajime comprese fossero delle velenisughe e storse il labbro in un misto di disgusto e dolore nel vedere il viso contratto di Teppei. Stava soffrendo, stava soffrendo moltissimo, era palese, e lui non ce la faceva a vederlo così senza poter fare nulla per riuscire ad alleviare le sue sofferenze.
Hiroyuki continuò. “Io posso rallentare l’effetto dell’avvelenamento, ma non so per quanto tempo; ricordate che il veleno di Rankesh avrebbe già dovuto ucciderlo ed è solo perché è un Elemento di Terra che è ancora vivo. Non posso fare altro, ma ho bisogno di reperire degli ingredienti nelle foreste qui intorno.”
Mamoru annuì e diede disposizioni. “Yuzo, resterai con lo Stregone e gli presterai sostegno nella ricerca dei materiali o in qualsiasi altra cosa avrà bisogno; io e Hajime andremo alle Paludi: da che parte sono?”
“Uscite dal retro e proseguite sempre dritto, troverete delle indicazioni lungo il cammino. Le paludi sorgono in una specie di conca, circondata dalle montagne e sono molto insidiose, vedete di stare attenti. Nella stalla ci sono un paio di cavalli, usate quelli, i vostri devono essere stanchi.”
“D’accordo, non perdiamo tempo.” La Fiamma uscì in fretta dalla porta secondaria che dava sul retro dell’abitazione e si mise a sellare le bestie. Hajime lo seguì quasi subito, ma si fermò un’ultima volta accanto al tyrano: aveva la fronte madida di sudore, i denti digrignati e stretti per combattere il dolore.
Il Tritone gli poggiò la mano sul braccio e avvicinò il viso. “Tornerò presto, promesso, ma tu non mollare, va bene? Non mollare, Teppei. Se ci provi te la farò pagare e lo sai che sono violento, quando voglio.” Tentò di sorridere, ma la smorfia che uscì fu contrita e affranta.
Yuzo gli toccò la spalla. “Abbi fiducia, ce la farà. Adesso vai, appena posso vi raggiungo per darvi una mano.”
Lui annuì, e uscì svelto sul retro. I cavalli pronti e Mamoru già in sella. In un attimo era al suo fianco, che galoppavano per raggiungere le paludi.
Fermo sulla soglia, Yuzo li seguì con gli occhi mentre si allontanavano. Levò una silenziosa preghiera alle Dee affinché riuscissero a trovare al più presto il famoso serpente di cui avevano bisogno per salvare Teppei, poi tornò dal Naturalista per sapere come rendersi utile.
Lo vide intento a staccare le velenisughe ormai gonfie per buttarle nuovamente nel barattolo, dove sarebbero morte per il troppo nutrimento.
“Ditemi di cosa avete bisogno” esordì, mentre l’assistente rientrava in casa con due secchi enormi, uno pieno d’acqua e l’altro pieno di terra.
“Deva, sostituiscimi” ordinò il medico alla giovane che prese subito il suo posto. Senza guardare il volante, Shibasaki si diresse al banco, pescò quattro barattoli diversi, quasi vuoti, e ne cavò, per ognuno, una foglia differente. “Queste. Crescono qui intorno, non dovrebbe esserti difficile trovarle.”
Yuzo le prese dalle sue mani e lasciò in fretta l’abitazione. L’attimo dopo, Hiroyuki lo vide sfrecciare in volo da una delle finestre.
“Dottore.” L’assistente si attirò il suo sguardo, smettendo per un attimo ciò che stava facendo, ma seguitando a guardare il viso di Teppei con profondo dispiacere. “Credete che questo ragazzo-”
“Non devo credere nulla.” Non voleva, per paura di fallire di nuovo. “Devo solo agire.”

I cavalli dello Stregone non erano stalloni possenti come i loro, ma continuavano a correre ugualmente, nonostante venissero spronati fino al limite.
Mamoru si manteneva leggermente sollevato dalla sella, il viso quasi affondato nella criniera e gli occhi stretti, per contrastare il vento comunque freddo e tagliente anche se avevano superato le montagne. Anzi, a ogni istante sembrava gelarsi un po’ di più, forse perché stavano tornando in prossimità dei monti.
Hajime, al suo fianco, era nella stessa posizione e con gli occhi spalancati, come se freddo e vento non fossero affatto un problema.
Si fermarono a dei bivi, dove cercarono di capire la direzione da prendere leggendo dei cartelli logori, recanti scritte incise male, quasi incomprensibili. Erano stati fatti dagli abitanti delle zone rurali, per cercare di orientarsi in quell’intrigo di foreste che portava alle paludi. Non erano zone attraversate tutti i giorni.
All’ennesimo bivio, Mamoru percepì l’aumento di umidità nell’aria che rendeva il freddo più intenso e fastidioso. Al momento non aveva troppi problemi, poiché accaldato, e sperò solo che la febbre bassa non tornasse a dargli noia, perché in quel momento non poteva assolutamente permettersi di mollare: doveva salvare Teppei; dopo sarebbe anche potuto morire, ma prima doveva salvare il suo compagno di missione.
“Ascolta” esordì, in direzione del Tritone. “Io e l’acqua non andiamo d’accordo, quindi procedi per gli acquitrini, io cerco lungo pendici delle pareti montane che circondando la conca. Se trovi questa serpe, prendila e corri dallo Stregone; non perdere tempo ad avvisarmi, va bene? Prendila e vai.”
Hajime annuì e le loro strade si separarono.
Mamoru si immerse di nuovo nella foresta, che si infoltiva andando verso le montagne, mentre tendeva a diradarsi verso le paludi vere e proprie. Non aveva idea di dove avrebbe potuto trovare questo fantomatico rubinato e si sentì già abbastanza fortunato nel sapere come diavolo fosse fatto solo perché lo aveva visto al Circo di Dhèver.
Cavalcò, scartando agilmente, e qualche volta saltando, tronchi piegati di querce su cui erano cresciuti erbe e muschi. Di lontano, le formazioni montuose sembravano divenire più vicine e, diversamente da quelle incontrate quando erano più addentro al Nohro, solo le vette e le zone alte dei costoni erano innevate.
Quando si accorse di essere entrato abbastanza nella foresta, rallentò l’animale fino a fermarlo del tutto. Smontò e iniziò a guardarsi attorno per provare a cercare qualsiasi indizio, ma ebbe la sensazione di essersi messo alla ricerca del famoso ago nel pagliaio e sperò che ad Hajime andasse molto meglio che a lui.

Comprese d’esser prossimo agli acquitrini quando sentì il rumore che gli zoccoli producevano al suolo: un suono sciaguattante.
Hajime rallentò, facendo avanzare la cavalcatura fino a una zona più scoperta. Da lì si potevano vedere le pozze d’acqua stagnante coperte da una sottile patina verde, alghe, qualche ninfea. Lungo i bordi dominavano canneti alti e silenziosi, che nascondevano piccoli animali anfibi e uccelli pescatori, mentre dai pantani, tronchi spezzati di faggi, disseminati per le paludi, emergevano dalla superficie; alcuni erano addirittura interi.
Si guardò intorno e decise che era meglio proseguire a piedi, altrimenti il cavallo si sarebbe trovato solo i calcagni pieni di sanguisughe. Smontò di sella e i piedi affondarono nella fanghiglia viscida. Lui non se ne curò e avanzò con passo sicuro e sguardo attento.
Doveva trovarlo. Non importava quanto avesse dovuto rivoltare quella palude, avrebbe trovato uno zaikotto, avrebbe salvato Teppei, fosse stata anche l’ultima cosa che avrebbe fatto in vita sua.
Mentre camminava, immergendosi negli acquitrini fino al ginocchio, sentiva la testa spaccarsi in due sotto un’emicrania lancinante. Gli veniva sempre quando sentiva di aver accumulato troppo, senza esplodere.
La sua non era la scuola dei colpi di testa, non era la scuola dove si insegnava a sfogare tutta la frustrazione e la stanchezza che si accumulava nel tempo, ma era la scuola che imponeva, sempre, di guardare ogni cosa con distacco, a distanza. Similmente come avveniva alla scuola di Alastra, ma ad Agadir non creavano incantesimi dietro cui nascondersi né si studiavano le discipline mentali; semplicemente, il resto veniva lasciato indietro per focalizzarsi sulle cose più importanti perché, come diceva suo padre, non esistevano prove difficili, ma solo quelle che richiedevano un impegno maggiore.
E lui, adesso, si sentiva la testa piena.
I troppi pensieri la stavano martellando senza sosta nonostante si ostinasse a ragionare e agire con lucidità. Aveva già dato di matto abbastanza quando si trovavano dallo Stregone, quando aveva tentato di ucciderlo, perché lui l’avrebbe ucciso sul serio se Yuzo non l’avesse fermato e gli avesse fatto riacquistare un filo di obiettività. Il suo raziocinio era andato a puttane, il suo distacco, a volte quasi freddo, era andato a puttane con lui e adesso si intestardiva a mantenere un controllo che non aveva, che non sentiva. Sapeva solo che Teppei stava morendo. Stava morendo e lui non era al suo fianco. Stava morendo e non poteva salvarlo. Stava morendo e lui stava correndo dietro a un fottuto serpente.
D’un tratto si fermò, un piede in acqua e l’altro sulla riva; la mano appoggiata a un tronco ricurvo. Assaporò l’amaro della realtà in tutta la bocca e lungo la gola.
Teppei stava morendo.
L’amico di una vita, quello insostituibile; il fratello che poteva essere l’altra metà di sé stesso. Quello che era convinto restasse al suo fianco fino alla fine dei suoi giorni. Quello che si ritrovava a consolare, a rimproverare, con cui aveva passato le notti a parlare di tutto e che avrebbe sempre capito, sempre, anche quando faceva lo stupido e l’irresponsabile.
Teppei. Il suo.
“Che farò?” La voce gli uscì spezzata. Stava piangendo e non se n’era nemmeno accorto. “Che farò se ti dovessi perdere? Che ne sarà di me? A questo non hai pensato? Eh? Non hai pensato… a me?” Si morse il labbro inferiore, chinando il capo, e il ciuffo ribelle gli coprì gli occhi al momento opportuno. “Non puoi farmi questo… non puoi…”
La mano si serrò attorno al tronco, strappandone la corteccia con rabbia.
Non gli avrebbe mai permesso di andarsene in quel modo e lasciarlo da solo, a patire la mancanza.
Ringhiò, tirando un pugno all’albero e imprimendovi il segno delle nocche. La solidità del legno gli fece prendere nuovamente contatto con la realtà e con la sua razionalità. Alzò la testa e si mosse per mettersi alla ricerca di quel maledetto serpente.

Sollevò l’ennesima pietra, ma non trovò nulla.
Mamoru cominciava a perdere le speranze.
Era da troppo, ormai, che stava cercando, setacciando la boscaglia senza cavare un ragno dal buco o un serpente dalla tana, in quel caso. E nonostante i guanti e il cappotto pesante, iniziava a sentire l’acuirsi dei brividi di freddo tra le spalle, per non parlare delle mani che si erano fatte gelide.
La Fiamma sfilò un guanto e soffiò nel palmo. La pelle assorbì del tutto il calore del suo fiato, ma non era sufficiente.
Dee, quanto avrebbe voluto avere il volante al suo fianco, in quel momento. Gli sarebbe bastato toccarlo per un momento e-… Scosse il capo, rimproverando sé stesso per la propria debolezza. Non voleva sfruttare Yuzo ancora di più, era fuori discussione, e se l’era già ripromesso.
Infilò nuovamente il guanto e si guardò intorno. Aveva cercato negli anfratti, sotto le sporgenze di roccia, alla base degli alberi e dei ceppi. Niente serpenti. O, almeno, niente zaikotti.
Se davvero erano in grado di percepire la magia attraverso la pietra che avevano sulla fronte, allora avrebbe dovuto di sicuro aver sentito la sua. Ma se l’avesse scambiata per una magia ostile?
Sbuffò, passandosi una mano nei capelli. Correre dietro a una serpe che, tra l’altro, come animale gli faceva pure schifo, non era proprio l’ambizione della sua vita, ma non poteva fare altrimenti, se voleva salvare Teppei. Questo, Mamoru lo sapeva, perciò continuava a cercare, a sollevare rami e foglie, a frugare tra i cespugli e a camminare sotto i costoni di roccia alla ricerca anche solo di una traccia, come la muta della pelle, senza fermarsi nonostante il freddo lo azzannasse in morsi leggeri e mirati, taglienti.
Era arrivato alle pendici di una delle vette più basse della parte esterna del Nohro, si staccava dal sistema principale creando una specie di braccio circolare, che racchiudeva la conca delle paludi. Aveva un taglio netto, scalabile solo con corde e picconi o volando. La roccia era nuda e alla sua base aveva tane di animali, nelle caverne naturali.
Mamoru continuò a camminare immergendosi nuovamente verso le fronde. C’erano querce e faggi; s’alternavano in maniera irregolare, ma per fortuna erano meno intricate di quelle che aveva attraversato assieme ai suoi compagni; quella parte delle Lulha, proprio perché chiusa dalle montagne e ricca di paludi, era cresciuta più rada e questo tornava un po’ a suo vantaggio, poiché gli permetteva di cercare meglio. Allo stesso modo, per avere una maggiore libertà di movimento, aveva lasciato il cavallo verso l’esterno della foresta, per poter passare anche per gli anfratti meno agevoli senza doversi curare dell’animale.
Si fermò accanto a una quercia e fece per chinarsi a controllare la presenza di serpenti quando i brividi lungo la schiena si acuirono di colpo.
Le labbra di Mamoru si tesero, mentre lo sguardo si faceva attento nello scrutare tra fronde e cespugli.
Aveva già provato quei brividi improvvisi e se aveva ragione a breve avrebbe dovuto sentire anche uno spiacevole fischio alle orecchie.
Arrivò l’attimo dopo che l’ebbe pensato, facendo allertare tutti i suoi sensi.
La Fiamma rimase immobile perché, da qualche parte, molto vicino a lui, erano in transito degli Stregoni. Certo che la zona pullulava di Magia Nera; altro che serpenti e zaikotti, quei maghi da strapazzo, lì, crescevano come funghi.
L’udito si tese, catturò ogni suono, anche il più piccolo: il fruscio delle fronde, un verso lontano, il suo stesso respiro.
Lo spezzarsi d’un ramoscello.
Nel preciso istante in cui spiccò il balzo, una raffica di piccole sfere infuocate abbandonò le sue mani disperdendosi tutt’attorno alla sua figura. Per contro, un’altra sfera, nera, emerse dal nulla e ne contrastò e divorò un paio.
Era lo stesso incantesimo che aveva osteggiato il suo nel loro primo scontro con gli Stregoni.
“Ma guarda un po’ cosa abbiamo qui.”
Quella voce, Mamoru la riconobbe subito; era l’unica che aveva udito dei tre maghi.
Si volse e questa volta fu una figura intera a spuntare da dietro gli alberi. Media statura, capelli castani e sopracciglio inarcato con divertimento sull’espressione poco rassicurante.
“Il cane” disse la Fiamma, stringendo lo sguardo.
Quello sorrise. “Ci rivediamo prima del previsto, Elemento. Hai ancora i segni del bacetto che ti ho dato?”
Mamoru stette al gioco. Nel palmo già pronta un’altra sfera. “Tsk. Dovrai fare di meglio, se vuoi sperare di farmi male, sacco di pulci.”
L’altro ammiccò e incrociò le braccia. Aveva l’aria di chi sapeva avrebbe vinto lo scontro e Mamoru si rese conto di non poterlo smentire perché, ne era certo, il cane non era da solo.
Con la coda dell’occhio, la Fiamma inquadrò altre due figure che emergevano dalla boscaglia, alle sue spalle. Era in trappola ed era in minoranza. Questa volta non sarebbe stata affatto una passeggiata.
“Tutto solo?” Una voce più sottile gli si rivolse e Mamoru la associò al più basso del trio. “Dove hai lasciato i tuoi amici? Il conto lo abbiamo in sospeso anche con loro.”
“Di sicuro quello di Terra sarà già morto” sentenziò quello più grosso e Mamoru pensò che sarebbe stata una catastrofe se avessero trovato anche Hajime: nel pieno di uno scontro non avrebbero mai fatto in tempo a recuperare lo zaikotto che serviva per salvare Teppei.
Non poteva fuggire, ma avrebbe dovuto trattenerli il più a lungo possibile per permettere al compagno d’Acqua di muoversi indisturbato. Era arrivato il momento di tirare fuori tutto ciò che aveva imparato a Fyar, ma non sarebbe stato facile con la febbriciattola che ancora lo attanagliava.
Ghignò. Era nella situazione peggiore possibile: cosa chiedere di più al suo spirito combattivo per dare il meglio?
“Eh, già. Solo soletto, ragazzi.” Le sfere si moltiplicarono nei palmi; pronte per essere lanciate. “Che dite? Mi fate compagnia?”

 


[1]HIROYUKI SHIBASAKI: ve lo ricordate? E' il medico che cura Taro Misaki durante il World Youth, dopo che il giovane si era ferito per salvare Yoshiko dal solito camion folle vagante per le strade di CT XD. Shibasaki non si è mai dimostrato troppo 'dolce di sale', come suolsi dire dalle mie parti, ma sempre molto severo e rigido. Si scioglie un po' solo nel Golden23, dove lo vediamo assieme alla sua famosa assistente di cui ignoro completamente il nome (XD) e che ho ribattezzato Deva. (The Doctor: *clicca qui*. L'Assistente: *clicca qui*)


…Il Giardino Elementale…

Ops.
Houston, abbiamo un problema.
XD e io aggiungerei anche 'grosso'. XD Insomma, doveva esserci un motivo se questo capitolo si intitola "All'ultimo respiro", o no? Ed è solo l'inizio. XD
Io non sono cattiva, sono solo un po' sadica. I personaggi ormai si sono abituati a tutto questo, la prendono come viene, anche perché non possono fare altrimenti. X3 E poi, che mondo sarebbe senza drama e angst?! *ride*
La faccenda si complica, dunque, con la vita di Teppei appesa a un filo, Hajime a un passo dalla disperazione e Mamoru impegnato in un face-to-face con ben tre stregoni alla volta. E Yuzo?
*ride* Staremo a vedere.

Al solito, il mio ringraziamento va a tutti voi che continuate a stare dietro a questa storia infinita - che forse sta vedendo la fine XD -. Ho iniziato qualcosa del capitolo 15, ma proprio qualcosissima, ergo, ci vorrà tempo per finirlo e Aprile non mi sarà molto propizio tra viaggi vari. Farò quello che potrò, ma stavolta non assicuro nulla anche se non ho mai saltato gli aggiornamenti anche quando credevo di non farcela. In questo caso, credo proprio che non sarò puntuale. Mi spiace. :(


Galleria di Fanart (nessuna aggiunta)

- Elementia: Fanart

Enciclopedia Elementale (nessuna aggiunta):

1) Enciclopedia Elementale – Volume Primo: Le Scuole Elementali e l’AlfaOmega
  • Capitolo 1: La Scuola di Tyran
  • Capitolo 2: La Scuola di Alastra
  • Capitolo 3: La Scuola di Fyar
  • Capitolo 4: La Scuola di Agadir
  • Capitolo 5: Gli Stregoni dell’AlfaOmega


  • 2) Enciclopedia Elementale – Volume Secondo: Elementia: storia e caratteristiche

  • Capitolo 1: La Storia
  • Capitolo 2: La Magia in Elementia
  • Capitolo 3: Le Divinità di Elementia


  • 3) Enciclopedia Elementale - Volume Terzo: Cicli di Studio e Titoli

  • Capitolo 1: Cicli di Studio
  • Capitolo 2: Titoli


  • 4) Enciclopedia Elementale - Volume Quarto: Gli Ozora ed i Gamo

  • Capitolo 1: La faida tra gli Ozora ed i Gamo
  • Capitolo 2: L'Armata Reale della famiglia Ozora
  • Capitolo 3: Le Legioni della famiglia Gamo


  • 5) Enciclopedia Elementale - Volume Quinto: Classi Magiche e Professioni

  • Capitolo 1: Elementi e Sacerdotesse Elementali
  • Capitolo 2: Erboristi e Stregoni
  • Capitolo 3: Naturalisti e Alchimisti


  • 6) Enciclopedia Elementale - Volume Sesto: Il Calendario Elementale

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Mesi
  • Capitolo 3: Festività (pagg 1 e 2)


  • 7) Enciclopedia Elementale - Volume Settimo: Le Terre dell'Oltre

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Paràdeisos
  • Capitolo 3: Gefüra
  • Capitolo 4: Infero
  • Capitolo 5: Creature: Salamandre
  • Capitolo 6: Creature: Silfidi, Ondine, Gnomi
  • Capitolo 7: Creature: Driadi, Diavoli
  • Capitolo 8: Creature: Maustaki
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