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Autore: My Pride    15/03/2012    2 recensioni
~ Raccolta di dieci one-shot/flash fiction un po' assurda e sentimentale incentrata sulla coppia Roy/Ed ♥
» 10. It's the story of my life ~ Special Chapter ~ Hearts Burst Into Fire
Chiusi gli occhi umidi, annuendo soltanto. E la sua presa diventò più salda, più protettiva.
Stretto e piangente ad un uomo che non fosse ‘To-san o ‘Ka-san, capii che i miglior amici erano quelli che ti erano vicini al cuore anche senza saperlo.
[ Partecipante alla challenge indetta dalla community Think Fluff ]
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Roy/Ed
Note: Lime, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shattered Skies ~ Stand by Me'
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A buon intenditor Titolo: A buon intenditor...
Autore: My Pride
Fandom: FullMetal Alchemist
Tipologia: One-shot
[ 2022 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roy Mustang, Edward Elric, Jason Mustang, Famiglia Hughes
Tabella/Prompt: Animali › 03. Pinguino
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff
Rating: Giallo / Arancione
Avvertimenti: 
Shounen ai, What if?


FULLMETAL ALCHEMIST © 2002Hiromu Arakawa/SQUARE ENIX. All Rights Reserved.

    Eravamo a casa di Maes e aspettavamo pazientemente che Glacier ci chiamasse per la cena, chiacchierando del più e del meno mentre Elicia, nella sua camera, aiutava quello sbarbatello di Jason con quella benedettissima matematica. Che fosse negato con quella materia, ormai lo sapevano anche i muri di casa Hughes.
    Anche se Maes aveva guardato il “nostro caro figlioletto” con un’aria alquanto sospettosa, come per dire “Tocca mia figlia e ti ritrovi senza attributi”, alla fin fine se n’era stato in silenzio e li aveva lasciati andare a studiare, facendo accomodare me e Edward in salotto, dove ci trovavamo adesso. Can che abbaia non morde in fondo, no? Evitavo quindi di dire che, tanto per cambiare, aveva messo in mezzo me dicendo che con i miei consigli l’avrei portato sulla cattiva strada. Era davvero malfidente...
    A ridestarmi dai miei pensieri, furono le loro improvvise risate, e capii solo in seguito che mi ero perso gran parte del discorso in cui si erano gettati. Difatti li guardai stranito, senza capire. O almeno finché Edward non mi diede una bella pacca sulla spalla con la mano d’acciaio. «Ehi, svegliati, mammina!» esclamò divertito, soffocando un’altra risatina.
    Così immerso nei miei pensieri, non mi ero nemmeno accorto che si era gettato sul divano accanto a me e mi stava squadrando, con quel cipiglio bambinesco nonostante i trent’anni e passa. Sbattei un po’ le palpebre, stringendomi poi nelle spalle. «Stavo pensando, scusate», borbottai.
    Vidi Maes portare mano ad alcuni stuzzichini, inghiottendone uno. «Ammettilo che è colpa dei cinquanta!» fece a sua volta in tono spassoso, battendosi una mano su una coscia. «Mi sa che ti toccherà davvero passare in farmacia, se continui così!»
    «Stavolta vado in sua difesa!» replicò prontamente Ed, tappandomi la bocca con la mano d’acciaio prima che potessi rispondere a tono. «In quel campo è ancora arzillo!»
    Scansai la mano dal mio viso con più garbo che riuscii a trovare, nonostante la vaga stizza che la conversazione mi stava procurando. «Preoccupati delle tue prestazioni, Maes, non delle mie», sbottai nervoso, sentendo Edward trattenere una risata, come se tutta quella situazione lo divertisse.
    «Non ho mica problemi, sono ancora un giovincello», sghignazzò, adagiando la schiena al divano su cui era accomodato. «Io almeno resto sveglio, non crollo addormentato!»
    «Mai addormentato!» mi sentii in dovere di informarlo, incrociando le braccia al petto prima di indicare con un cenno del capo Edward. «Lui, semmai, si è addormentato!»
    Il diretto interessato smise di ridacchiare di botto, guardandomi torvo. Mi tirò una guancia con tutta la sua forza, gli occhi ambrati ridotti a due fessure. «Ma non avevamo nemmeno cominciato», specificò, in tono grave e incazzato. «Qui il vecchietto sei tu, non io», soggiunse, quasi con una punta di perfidia. Non appena mi mollò la guancia me la massaggiai, atteggiando il viso ad un’espressione offesa mentre, poco distante, Maes se la rideva bella grossa. Succedeva sempre questo. E da un bel paio d’anni, ormai. Ero diventato il bersaglio preferito a cui lanciare frecciatine, sia per il mio bel biondino e mio figlio, sia per il mio migliore amico. Che senso aveva, però, continuare a dire di smetterla? Lo facevo da un mucchio di tempo e non aveva mai funzionato.
    Continuammo a parlottare poi del più e del meno, senza avere un vero e proprio filo logico, o lasciandoci andare in discorsi che superavano non poco la linea della castità. Venimmo interrotti da Glacier non più di una ventina di minuti dopo. Entrò in salotto con il suo bel grembiule con i pinguini, richiamandoci con un colpetto di tosse proprio nel bel mezzo di una di quelle che lei, o qualsiasi altra donna, avrebbe reputato “battuta squallida e sconcia”.
    Un tantino a disagio e imbarazzati ci voltammo simultaneamente tutte e tre nella sua direzione, vedendola sulla soglia con una mano poggiata sul fianco. «Se uno di  voi “uomini”», disse poi, mimando le virgolette con due dita. «potesse farmi il favore di aiutarmi con i piatti, ve ne sarei molto grata».
    «Ti aiuto io», liquidò subito la questione Edward, alzandosi per raggiungerla. Era lui, in fondo, che aveva dato inizio a quel botta e risposta.
    Alla fine, comunque, toccò a me e a Maes alzarci per andare a richiamare i nostri figli. Continuammo a ridere ancora un po’ nel corridoio, come due stupidi. O almeno finché lui non si apprestò a bussare. Si fermò a pochi millimetri dal legno della porta, ascoltando proprio come me. Dall’interno si sentivano le voci di Elicia e Jason, e non sembrava affatto che stessero studiando...
    «Tiralo un po’ fuori, è troppo dentro!»
    «Ma che pretendi, non l’ho mai fatto!»
    «Stammi a sentire, allora, tiralo fuori che altrimenti ti fai male!»
    «Ma è sempre così quando lo si fa? Non si può direttamente cominciare?»
    «No, come minimo devi prima sapere come fare...»
    Ci furono poi degli attimi di silenzio, rotto solo pochi secondi dopo dalla voce squillante di Jason.
    «Facciamolo e basta, mi sono rotto dei preliminari!»
    Da fuori, restammo tutti e due basiti ad ascoltare, prima che Maes sfondasse letteralmente la porta della camera. Vi si fiondò dentro come una furia, con la grinta furibonda d’un padre che vuole proteggere l’illibatezza della figlia. «Non azzardatevi a fare nulla!» esclamò, incazzato e non poco.
    Io mi sporsi giusto un po’ dallo stipite, cercando di capire quel che stava succedendo. Se stavano facendo quel che credevo io, non volevo assolutamente assistere. Ma sbattei accigliato le palpebre, quando realizzai, così come Maes che aveva abbassato le braccia lungo i fianchi, la situazione. Jason - perfettamente vestito, c’era da sottolineare - se ne stava seduto sulla sedia accanto al materasso, dove invece si trovava Elicia. Fra le mani reggevano dei sacchetti e dello spago, e sul letto erano sparsi pezzi di stoffa e persino l’imbottitura che si usava per i peluche. Vari aghi da cucito, poi, erano appuntati ad un puntaspilli, vicino ai libri di studio abbandonati. Guardandoci, con un ago per uno in mano, loro sbatterono, accigliati quanto noi, le palpebre.
    «Che c’è papà?» chiese Elicia, un tantino perplessa. Senza parole, Maes di limitò a sbattere ancora una volta le palpebre, indietreggiando un po’. Sembrava quasi esserci rimasto male dal non aver trovato qualcosa di scandalistico.
    Ridacchiando nervoso, il mio figlioletto nascose dietro la schiena quel che aveva in mano, rivolgendomi un sorrisino tirato. «Ci siamo presi una piccola pausa per distrarci», si scusò sulla difensiva. «Avremmo ripreso a studiare presto, ‘Ka-san, davvero».
    Non era di quello, però, che mi ero preoccupato al principio. Da fuori il discorso sembrava tutt’altra cosa. E per fortuna Edward era andato ad aiutare Glacier! Deciso finalmente a lasciare quella mia specie di nascondiglio, entrai un po’ nella stanza, poggiando una mano sulla spalla di Maes come a tirarmelo via. Era ancora un tantino scombussolato, data l’espressione che gli vedevo in viso. Lo spinsi fuori, nel corridoio, vedendolo ciondolare verso la cucina come se non se ne capacitasse. Di cosa, però, mi era ancora sconosciuto.
    «La cena è pronta», mi limitai a dire poi, gettando un’occhiata ad Elicia, e, intercettato il mio sguardo, lei parlò.
    «Ma che è successo, Zio Roy?» mi domandò, abbandonando sul materasso quel piccolo sacchetto che reggeva fra le mani. A guardarlo meglio, era lavorato in modo che sembrasse quasi una bambola rudimentale. Una di quelle che da un po’ di tempo andavano così di moda fra i giovani.
    Mi grattai dietro al collo, un tantino a disagio. Come potevo dir loro che io e Maes, cretini com’eravamo, avevamo pensato stessero facendo altro? Semplice, non gliel’avrei affatto detto. Se la sarebbe vista Maes con Elicia, io al massimo mi sarei limitato a fare un discorsetto a Jason. «Meglio se lo chiedi a tuo padre, Elicia, credimi», dissi semplicemente, dando vita ad una di quelle scrollate di spalle che potevano significare tutto o niente.
    Loro si lanciarono un’occhiata veloce, palesemente perplessa. «Non capisco che vi è preso», disse infine Jaz, scuotendo la testa prima di alzarsi finalmente in piedi e stiracchiarsi alla bell’e meglio. Anche Elicia lo imitò, radunando tutti gli oggetti che avevano usato per poggiarli sulla scrivania. Raggiunta la soglia sulla quale c’ero ancora io, mi sorpassarono, pronti a dirigersi in cucina. Ma prima che si allontanasse a sua volta, poggiai una mano sulla spalla di Jason per fermarlo.
    Mi guardò, interrogativo. «Avrei fame anch’io, ‘Ka-san», fece sarcastico, sollevando un sopracciglio scuro. Gettai una rapida occhiata intorno, passandogli un braccio dietro alle spalle. E il suo volto divenne quasi annoiato, se non svogliato. Sapeva bene che facevo così quando cominciavo discorsi che duravano un mucchio di tempo ma che, alla fine, non gli entravano in testa. «Che ho fatto adesso», borbottò, con il tono della voce ormai arreso.
    Gli massaggiai il deltoide sinistro, come a farlo rilassare. «La prossima volta fammi il favore di studiare in salotto, con Elicia», dissi semplicemente, ricevendo così un’occhiata incomprensibile.
    «E ora che c’entra?» chiese, grattandosi innocentemente una guancia. Persino l’espressione del suo viso, in quel momento, lasciava trapelare solo innocenza. Ed era molto difficile crederlo, conoscendolo.
    «Ti dirò la verità, Jaz», cominciai sarcastico. «Pensavamo che stesse succedendo ben altro, lì dentro».
    Forse si scandalizzò, perché sgranò gli occhi azzurri, dilatandoli. «Ma siete due vecchi maniaci pervertiti!» esclamò d’impeto, e dovetti tappargli la bocca con una mano per soffocargli il grido. Sarebbe stato difficile spiegare le sue parole, se fosse giunto alle orecchie di chi stavo pensando io in quel momento...
    «Zitto, brutto idiota», sbottai, ignorando deliberatamente gli appellativi che aveva usato. Specialmente la parola “vecchio”.
    Bofonchiò qualcosa, con la bocca ancora coperta dalla mia mano. Fu lui stesso ad allontanarla, guardandomi in cagnesco. «Bella fiducia che hai in tuo “figlio”», fece, più che innervosito. «Invece di saltare a conclusioni affrettate potevate concederci il beneficio del dubbio».
    Alzai gli occhi al soffitto, esasperato. Sembrava non si rendesse conto della situazione. Maes, quando si trattava di certe cose, era iper-protettivo. Certo, ogni padre difendeva sua figlia... ma lui superava davvero ogni limite! «E voi potevate evitare discorsi fraintendibili», replicai in risposta, lanciandogli un’occhiata di sbieco.
    Incrociò le braccia al petto, imbronciandosi come suo solito. «Siete tu e lo Zio Maes ad avere le menti malate», ribatté, come se volesse avere ragione lui.
    Mi limitai a trarre un lungo sospiro, scuotendo piano la testa. «Non so tu, ma io un “Tiralo fuori” lo interpreto in un solo modo», dissi ironico. E lui storse la bocca in una smorfia, agitando le mani in aria come se volesse scacciare un’immagine che non gli piaceva affatto.
    «‘To-san fa bene a negarti il sesso», mi tenne poi presente, senza peli sulla lingua. Ma non me ne stupii più di tanto. Era sempre stato spontaneo e diretto, su certe cose. Chissà perché, eh?
    «Non dirlo nemmeno per scherzo», mi ritrovai a borbottare, lasciandolo finalmente libero.
    Inclinò un po’ la testa di lato per guardarmi in volto in quel modo, dando vita ad uno di quei soliti sorrisi che soleva usare quando voleva farsi perdonare qualcosa. O, per meglio dire, quando voleva qualcosa. «Se mi presti la macchina faccio in modo di lasciarvi soli per divertirvi», disse in tono dolce e smielato, sbattendo quasi graziosamente le ciglia. Ecco, lui sì che sapeva rapidamente cambiare discorso. Ma stavolta aveva sbagliato richiesta. Già una volta mi aveva sfondato la macchina!
«Te lo puoi anche scordare», sbottai, per niente intenzionato a dover riparare - o ricomprare - anche quella di cui usufruivo adesso.
    Continuò a sbattere le ciglia, imperterrito. «Tieni di più alla tua auto che alle serate passate a letto con ‘To-san?» mi chiese, accentuando il sorriso per renderlo così malizioso e quasi maniacale. Diavolo, quel ragazzo era tremendo. E io ero un fottuto idiota. Sapeva troppo bene quali erano i miei punti deboli, maledizione! E puntava soprattutto sul fatto che io e Edward non potevamo concederci tutto il tempo che ci spettava per vari motivi.
    Lo guardai negli occhi, e fu un grave errore. Stavo ormai tentennando, perdendomi in quell’azzurro. Cosa che feci ben presto, ritrovandomi a sospirare quasi afflitto. «Cerca di riportarmela intera», mi arresi.
    Esultando, mi abbracciò dandomi diverse pacche sulla schiena e sulle spalle, alzando poi il viso per fondere gli occhi nei miei. «Grazie, ‘Ka-san, avrei davvero fatto una figuraccia andando a piedi a prendere la ragazza con cui esco!» esclamò, allargando il sorriso. E fu a quel punto che mi maledii, dandomi del cretino. Aveva già programmato tutto, questo piccolo figlio di buona donna... ed ero io l’idiota che ci cascava sempre!







_Note inconcludenti dell'autrice
Sto praticamente tirando fuori tutte le vecchie storie che avevo in sospeso, e ho l'assoluta intenzione di portare tutto a termine. Per il momento mi concentrerò su questa raccola, a cui mancano soltanto sette capitoli, e poi, pian piano, mi dedicherò a tutte le altre storie che non aggiorno da un'eternità di tempo, concludendo anche quelle. Il fandom non è più lo stesso e me ne rendo conto, però non si può far nulla contro la nostalgia e quindi alla fine, anche non volendo, eccomi qui. Il motivo per cui sono tornata nel fandom è proprio questo, e credo che queste piccole storielle in cui è presente Jason ne siano la prova più assoluta.
Commenti e critiche, ovviamente, sono ben accetti.
Alla prossima. ♥


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