La odiava, odiava quella fotografia e quanto rappresentava. Odiava quello che prometteva e che non si sarebbe mai realizzato. Non più.
Non era esattamente quella che si poteva definire una bella foto, eppure Sirius non era mai riuscito a disfarsene; non che fosse avvezzo ai sentimentalismi, ma gli dispiaceva davvero fare a meno di quel ricordo. Così l'aveva lasciata lì, sbiadita tra le pagine consunte di un vecchio tomo di Astronomia, dimenticata come i nomi di formule e galassie remote. Per anni. Anni. E adesso la odiava.
La odiava perchè, in qualche modo, quella foto poteva ancora avere il sorriso di James, beffardo, sciocco, sincero, allegro. Generoso. Era generoso nel regalare sorrisi, quel cervo miope di suo fratello. Di sicuro ne avrebbe avuto uno anche per lui, in quel momento, e magari lo avrebbe preso in giro per i capelli sporchi e la barba incolta. 

Hai deciso di aprire una friggitoria, per caso, Felpato? Perchè hai dei capelli così unti da fare invidia a Mocciosus!

Sirius sentì la voce di James - credette di sentirla.
Occupava tre quarti dell'immagine, il suo sorriso, dispiegandosi in primissimo piano come se volesse prendersi gioco dell'osservatore. Sullo sfondo, Sirius riusciva a scorgere sè stesso e Remus ridere di gusto, ma nulla da fare, la foto era di James. Era James.
Provò a sillabare il nome del suo migliore amico e un'atroce morsa gli avvolse il cuore. Passato, dannato passato.
James, Remus, Peter e Sirius.
Potter, Lupin, Minus e Black.
Erano una squadra, erano una famiglia. La sua famiglia. Erano il suo sorriso. 
Erano bambini, erano amici. Erano.

La foto giacque inerte sul pavimento impolverato, una macchia di colore sul mogano scuro.
Il sorriso di James era felicità pura. Era.