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Autore: namedemme    15/03/2012    4 recensioni
Le faceva molto male far riaffiorare alla mente quei ricordi.
Seduta sulla sabbia, meditava su tutto quello che le era accaduto.

Il destino ha voltato le spalle a Mia, una ragazza semplice e riservata, che
si è ritrovata sola, immersa in un tormento che la sua anima fragile non sa placare...
4° classificata al contest "Questo colore è per te"
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Tormented soul
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Piangeva con la testa stretta tra le ginocchia, i singhiozzi erano quelli di una ragazza disperata, a cui non è rimasto nulla. 
Mia aveva soltanto sedici anni, eppure provava già questi sentimenti contrastanti, dolore e solitudine, un mix letale che l'ha trascinata in un baratro senza fondo...

 
Fin da piccola Mia era timida e insicura, faticava a stringere amicizia con i suoi coetanei e amava fantasticare sul suo principe azzurro, sperava che un giorno sarebbe venuta a prenderla in groppa al suo cavallo bianco come la neve.
Ma quando divenne adolescente e cominciò a essere più consapevole di se stessa e di ciò che la circondava, capì che era tutto falso, che il principe azzurro non esisteva.
La sua famiglia non era benestante ma nemmeno povera, poteva dire che se la cavavano. I suoi genitori erano molto premurosi e la riempivano d'affetto, era la loro unica figlia, a cui volevano un bene dell'anima.
Mia era cresciuta docile, gentile e felice, anche se nei suoi occhi si poteva leggere un'inquietudine nascosta nel profondo dell'anima.
Spesso l'avevano umiliata e presa in giro a causa del suo carattere calmo e pacato, e anche perchè spesso nel pulmino si perdeva nella lettura di vari romanzi, al contrario delle altre ragazze, che erano scatenate e ribeli. A tredici anni, in terza media, molte di loro già fumavano e alcune bevevano fino, qualche volta, ad ubriacarsi.
Mia era anche una ragazza molto romantica, infatti spesso si innamorava, mai ricambiata; eppure non era una ragazza brutta, tutt'altro: carnagione chiara, due grandi occhi blu incastonati in un viso leggermente ovale e liscio, le ciglia lunghe e le sopracciglia fini li mettevano ancora più in risalto. Le sue labbra erano sottili e rosee, accompagnate da un naso piccolo e grazioso. Lunghi capelli neri e mossi incoronavano il volto, completando il tutto. Era alta nella media ed era magra, certo non come una modella, però non poteva lamentarsi.
Due volte alla settimana faceva danza classica, una sua grandissima passione. Sognava di potersi esibire nei più famosi teatri del mondo, un giorno.
Successivamente aveva scoperto l'amore per la scrittura, e aveva cominciato a scrivere prima brevi racconti, che leggeva ai suoi familiari, e poi un libro, che concluse poche settimane dopo il suo quindicesimo compleanno.
Insomma, era una ragazza come altre che conduceva una vita normalissima, finchè accadde l'irreparabile.

Una mattina d'agosto venne svegliata da urla provenienti dal piano inferiore. Inizialmente era confusa, i suoi sensi erano ancora addormentati, ma si svegliò del tutto quando capì che le urla erano di sua madre e corse perdifiato in salotto. Lì trovò la donna minacciata da un uomo molto alto e muscoloso, stava puntando un coltello da cucina al suo collo e nella mano siinistra teneva una pistola. Suo padre giaceva a terra, gli occhi spalancati e privi di espressione, mentre il sangue scorreva copioso dalla tempia destra.
L'uomo sogghignò, e Mia ebbe una paura folle. Sua madre era terrorizzata almeno quanto lei.
«Ti prego, non far del male alla ragazza», lo supplicò.
«TACI TU! E lui... finalmente avrà capito cosa significa rubare la donna a qualcuno», scoppiò in una risata malvagia che gelò il sangue alla ragazza.
«Oh, ma guarda chi c'è...», disse con la stessa risata.
Finalmente ebbe il coraggio di guardarlo e le parve di vedersi allo specchio. L'uomo era incappucciato e si scorgevano solamente gli occhi, identici ai suoi.
Mollò la madre di Mia tremante sul divano e si avvicinò alla giovane.
«SCAPPA, MIA, SCAPPA!», le urlò la madre, ma lei aveva troppa paura per correre via. L'uomo l'afferrò e tentò di spogliarla con la forza. Urlò e si dimenò, ma lui era troppo forte. Da quel momento in poi aveva ricordi confusi: l'uomo che la buttava per terra e si sdraiava su di lei, obbligandola a stare ferma, un dolore acuto più o meno sull'addome, lui che uccideva sua madre mentre lei, debole e inerme, guardava senza poter far nulla, sdraiata sul tappeto del salotto, dopo che le era stata strappata con la forza la sua purezza. Poi la polizia, lei che veniva trasportata in ambulanza, voci vaghe...

Dopo quell'episodio era stata rinchiusa in un orfanotrofio, ed era diventata ansiosa e depressa. Non mangiando quasi nulla, era dimagrita parecchio. Non danzava né scriveva più, al massimo leggeva qualche libro ma mai con l'interesse di prima.

Scoprirono che l'uomo misterioso era il suo vero padre, aveva assassinato sua madre e il suo patrigno per il desiderio di vendetta che l'aveva roso per tutto quel tempo. Si era fidanzato con sua madre quando ancora frequentavano il liceo, ed erano stati in sieme per alcuni anni. Lui però aveva iniziato a cambiare, era diventato un uomo dispotico e violento. Lei si era stufata delle sue angherie, aveva capito che era un uomo cruento, capace solo di odiare, e aveva avuto il coraggio di scappare. Successivamente conobbe quello che sarebbe diventato suo marito, e solo allora si accorse di aspettare un figlio, da pochi mesi. A lui non importò e si fidanzarono lo stesso. Poi nacque lei, Mia, e quando la piccola compì cinque mesi si sposarono. Era rimasta sconvolta quando lo era venuta a sapere.

Poco tempo dopo una famiglia la prese in affido, e riuscì a tornare quasi come prima. Un bel pomeriggio delle prime settimane di settembre la ragazza si vestì, pronta per andare da qualche parte, quando qualcuno la vide.
«Dove vai?», le chiese la sua matrigna, guardandola interrogativa.
«A fare una passeggiata al mare», rispose. Non sapeva mentire, era sempre stata sincera. 
Fece scivolare, senza che lei lo vedesse, un piccolo taglierino in una delle tasche dei jeans.


Le faceva molto male far riaffiorare alla mente quei ricordi.
Seduta sulla sabbia, meditava su tutto quello che le era accaduto.
Si strinse la testa tra le ginocchia e cominciò a piangere inconsapevolmente.
Provava un dolore immenso, in quel momento, che la straziava,
e che aveva tenuto nascosto dentro se per tutto quel tempo, come aveva sempre fatto.
Il tramonto creava dei riflessi meravigliosi sul mare, soprattutto sulla linea dell'orizzonte,
e questo le ricordava la sua infanzia, facendola soffrire di più.
In quel momento, decise di farla finita.
Poco dopo, la sabbia si tinse di scarlatto.



   
 
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