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Autore: nadya94    15/03/2012    1 recensioni
Questa è la mia prima ff quindi sarei davvero felice se mi deste dei consigli su come migliorare. Ho deciso di scrivere riguardo a questa coppia magnifica, Robert e Kristen, con le dovute modifiche! Spero vi piaccia!
"Ma dove trovarla? In fin dei conti sapevo solo il suo nome. Ma perchè mi interessava tanto? L'avevo vista una sola volta e non sapevo nulla del suo carattere, nulla di nulla": ragionamento con il cervello.
"Devo trovarla": ragionamento con il cuore.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ma ciao! Eccomi di nuovo qui e come al solito con un ritardo tremendo!
Diciamo che questo capitolo è un pò diverso dal solito, ma capirete meglio leggendo :D
Grazie mille per chi mi legge, chi mi segue, chi mi scrive recensioni... Love U so much <3



 “Don’t waste your time on me,
You’re already the voice inside my head”
I miss you- Blink 182

 
Pov.Robert                                                            
 
“Allora, spiegami un po’..cosa hai fatto??!” mi chiese Tom, con due occhi sgranati e l’espressione sul viso che la diceva lunga.
“Ecco…le ho scritto una lettera” ammisi, a disagio. Incominciavo a pensare di aver fatto una grandissima cazzata. Ma cosa diavolo mi era venuto in mente? E a rincarare la dose ora ci pensava il mio migliore amico!
“Ma lo sai che la società si è evoluta? Che ormai la gente normale è da secoli che non si scrive più lettere?!”
“Certo, certo” risposi, più per zittirlo che per ammettere che forse aveva ragione.
In quel momento mi sembrò che ciò che avevo fatto fosse un’azione degna di Darcy: lui aveva scritto una lettera ad Elizabeth per spiegarle che non era quel genere di persona che lei credeva, ma, allo stesso tempo, non l’aveva obbligata ad accettare un amore che lei non provava. Aveva accettato la sua decisione e proprio dal diniego di lei che era cominciata la sua ascesi morale, che lo aveva portato a diventare degno della sua stima, degno di poter rispecchiare i suoi occhi in quelli di Elizabeth.
In preda ad uno slancio istintivo, dovuto alla preoccupazione accumulata in un’intera settimana, avevo preso in mano una penna e, armato di questa, avevo buttato di getto parole a volte crude, a volte dolci, senza mai esserne soddisfatto. Alla fine, mi ero arreso e avevo messo a nudo tutto ciò che sentivo, risultando forse troppo sincero, troppo indifeso, abbattendo le barriere che impedivano al mio essere di rifulgere in tutta la sua essenza.

Ma ora mi sentivo uno stupido e a buona ragione: non avevo saputo nulla da lei e non sapevo come comportarmi. Sarebbe venuta? Mi avrebbe parlato? Come mi avrebbe guardato dopo quello che era successo? Avevo voglia di prendermi la testa tra le mani e azzittire tutte quelle voci all’istante. Ormai non sentivo neanche più la voce dei professori; mi spingevo nelle diverse aule come un automa, senza rendermi conto della direzione che prendevo di volta in volta, inconsapevolmente. Tom parlava, blaterava, gesticolava, forse sperando, con un vano tentativo, di riuscire a catturare la mia attenzione.
La campanella suonò: fine della giornata, che liberazione. Non vedevo l’ora di tornare a casa, chiudere la porta della mi a stanza, infilare le cuffie del mio MP3 ed estraniar,mi dai problemi.

“… e poi le ho chiesto di uscire e lei non si è nemmeno degnata di rispondermi, sai come sono le ragazze… ehi c’è Kristen!!”
Il nome risuonò da lontano e fu in grado di spezzare quell’atonia.
“Lì, davanti all’ingresso! Và a parlarle, muoviti!” mi incitò Tom.
Corsi, cercando di spostare le persone che trovavo davanti, senza curarmi delle loro proteste: avevo di meglio da fare e di cui preoccuparmi.
“Kristen” la chiamai; ormai l’avevo raggiunta e per farle girare le avevo posato le mani sulle spalle. Lei sussultò, si girò all’istante e sembrò sorpresa di vedermi.

“Robert, ciao” mi rispose, impacciata più del solito, ma con un dolce sorriso sulle labbra. Sarei stato capace di gettarmi da un dirupo solo per vederlo di nuovo risplendere sul suo volto.
“Senti, io volevo..”
“… parlarti di una cosa”
Entrambi ci ritrovammo a dire la stessa frase: scoppiammo a ridere così, senza un motivo davvero razionale. Mi resi conto che adesso l’aria era meno elettrica, si era affievolita.
“Okay, mi ero preparato un discorsetto, ma credo che di questo passo non riuscirei a finirne nemmeno mezza parola!” dissi io, per sdrammatizzare.
Lei sembrò rendersi solo in quel momento conto che aspettavo una risposta da lei: era esitante, boccheggiava senza che le parole riuscissero ad uscire.
Dopo qualche secondo, disse: “Amici?”
“S-si certo che si!” Cavolo, non mi aveva snobbato o addirittura considerato uno stupido! Era pur sempre un inizio!
“Va bene..Allora ci vediamo in giro, io vado” mi disse, salutandomi con un gesto della mano.
“Asp..”
Niente da fare, era già scappata via, incuneandosi tra le centinaia di persone che uscivano da scuola e che non vedevano l’ora di tornare a casa. In realt, forse era stato meglio così: non sapevo neppure io cosa avrei voluto dirle. Il mio era stato un semplice tentativo di trattenerla, di respirare ancora quel suo profumo che mi inebriava i sensi. Forse in quel momento assomigliavo ad un eroinomane in astinenza. Già mi mancava la sua presenza: e dire che se n’era andata da non più di cinque minuti!
“Allora? Cosa ha detto?” la voce di Tom mi riportò alla realtà e sentii una presa sulle spalle.
“Niente, ha detto: amici” risposi, con un sorriso smagliante.
“Bhè, sempre meglio di niente! Ma non metterti strane idee in testa. Lei non è la solita ragazza: è difficile capirla o semplicemente cercare di parlarle. Sembra sempre in fuga da qualcosa” pensò ad alta voce, meditabondo, assumendo l’espressione pensierosa che aveva sempre quando parlava di ragazze.

Si riteneva un grande esperto: ne aveva avute a dozzine da quando aveva raggiunto i tredici anni e ormai la sapeva lunga… Il suo unico ( e io direi anche grandissimo) problema era il fatto che non sapeva mantenere una relazione per più di una settimana. Secondo me, era perché si sceglieva ragazze disinibite, snob e con la puzza sotto il naso, le quali, dopo un po’, lo stancavano e lui, semplicemente, decideva di scaricarle.

“Neanche io sono il solito ragazzo, Tom” puntualizzai.
No, non lo ero e non lo dicevo per distinguermi dagli altri, per essere diverso, come ormai tutti gli a adolescenti della mia età facevano. Era la pura e semplice verità. Mi sentivo a disagio in quel mondo, come se non avessi ancora trovato la mia strada, come se da qualche parte, in qualche angolo recondito, qualcuno mi stesse aspettando per condividere quella stessa sensazione con me, per andare avanti e, mano nella mano, intraprendere la strada che ci avrebbe portato alla felicità. Ma forse tutto ciò era solo un’utopia, una bellissima e impossibile utopia.
“Si, hai ragione, non lo sei. La prova inconfutabile è che non solo ti piacciono le ragazze impossibili, ma cerchi anche di conquistarle con maniere da galantuomo! cos’è. la prossima volta chiederai la sua mano al padre?”
“Dai, non fare il cretino! Comunque… ci penserò, grazie del consiglio!” scherzai divertito all’idea.
“Non dirlo neanche per scherzo! Quella ragazza ti ha mandato in tilt gli ultimi neuroni che ti rimanevano!”.
E non aveva neanche idea di quanto avesse ragione.
 
 
Tornai a casa, fradicio e gelato perché non avevo portato con me l’ombrello ( grazie alla mia grandissima memoria) e mi misi a cercare le chiavi di casa all’interno dello zaino. Le portavo sempre con me, ma quel maledetto zaino sembrava essere un pozzo buoi. Come minimo ci avrei messo tre quarti d’ora per trovarle.
Ma… mentre le cercavo, il mio sguardo si posò casualmente sulla porta: era socchiusa.
Perché? Mia madre era a lavoro, forse era ritornata per la pausa pranzo: ma no, impossibile, non lo faceva mai. Forse aveva dimenticato qualcosa: possibile. Con un sospiro di sollievo, abbassai la maniglia e spinsi la porta verso l’interno.

“Mamma, sei qui?” gridai, pronto a gettare lo zaino sul divano.
Silenzio.
Iniziavo a preoccuparmi: c’era qualcuno..
Non feci nemmeno in tempo a terminare il mio pensiero che sentii un colpo secco alla nuca, improvviso.
Riuscii solo a vedere il buio, scuro e macchiato di rosso sangue.
Poi, più nulla.
 
 
Bip…Bip…Bip..
Iniziava a darmi un fastidio tremendo quel suono: sembrava si ripetesse all’infinito. Avrei voluto dire a qualcuno di farlo smettere, ma ero troppo debole, troppo. La mia mente era cosciente, ma non riuscivo a trasformare i pensieri in azioni. Ragionavo lucidamente, o almeno credevo.
Secondi, minuti, ore, giorni…
Avevo perso la cognizione del tempo. Cosa aveva ora importanza, in quel buio ovattato in cui mi sentivo imprigionato?
No, non mi sarei arreso. Sapevo che c’era qualcosa là fuori. Qualcosa per cui valeva la pena combattere, qualcosa per cui valeva la pena attraversare le fiamme dell’inferno.
Si, ma cosa?!
La memoria ritornò a poco a poco, a scatti fotografici. Come se stessi vedendo un album, ricordo dopo ricordo.
Vedevo me piangere dopo la morte di mio padre, me cercare di rimettere a posto i pezzi distrutti della mia vita, me non riuscirci.
Infine, occhi verdi che mi guardavano, braccia che avvolgevano il mio corpo, mani che toccavano il mio viso, labbra che baciavano teneramente le mie…
Ecco cosa cercavo, ecco per cosa valeva la pena non arrendersi.
 
 
“Robert!” una voce ansiosa e preoccupata riecheggiò nella mia mente.
Mi resi improvvisamente conto che non era frutto della mia fantasia, riuscivo davvero a sentirla. Fu come una goccia che fece traboccare il vaso
Piano, iniziai a stiracchiare le dita, falange per falange. Esultai dentro di me. Ancora più lentamente, aprii le palpebre.
Luce, troppa luce.I miei occhi si chiusero di nuovo, di scatto.
Li risprii e questa volta andò meglio, mi stavo lentamente abituando. All’inizio, non riuscivo bene a mettere a fuoco l’ambiente che mi circondava.
Ma dov’ero?
Le pareti che circondavano la stanza erano azzurrine, alla finestra riuscivo a vedere tende dello stesso colore, leggermente impolverate. Tastai il letto su cui ero disteso: le lenzuola, bianche, emanavano un fresco odore di pulito. Ma, mentre mi concentravo sui particolari intorno a me, avevo dimenticato la questione più importante, la voce.
“Oh, Robert, sono stata così preoccupata!” disse ancora la voce e i miei occhi saettarono verso la persona da cui proveniva il suono di quelle parole.
“Mamma!”
Mi spaventai: la mia voce non era mai stata così roca.
“Perdonami, tesoro, perdonami”, incominciò a piangere e calde lacrime caddero dal suo viso angelico.
“Di cosa dovrei perdonarti?” sorrisi, accarezzandole il viso con una mano e asciugando con il pollice le sue lacrime.
“Sono stata così lontana da te. Non..dopo che..Dopo l’incidente, io non ce la facevo. Non ce la faccio più a vivere come se niente fosse. Ti ho fatto soffrire e mi sento così in colpa!”
“Ma mma, non dirlo neanche per scherzo. Non hai nulla da farti perdonare, nulla. Non ne parliamo più, ti prego. Piuttosto..dove siamo?” chiesi curioso.
“In ospedale, sei stato colpito alla nuca e hai ripreso conoscenza solo adesso” mi disse.
Sgranai gli occhi: Cos’era successo?!
Non ebbi bisogno di formulare la domanda: mia madre si accorse della mia espressione sbalordita e rispose alla mia domanda silenziosa.
“Due giorni fa ricordi di essere tornato a casa e di aver trovato la porta aperta?”
“Si, ma..”
“Sono stata chiamata da Elisa, la signora che abita di fronte a noi. Aveva visto due uomini in passamontagna correre fuori dalla nostra casa, era entrata da noi per controllare se era tutto al suo posto. Invece ha trovato te in un lago di sangue, disteso a terra. Ho temuto che fossi…morto…Eri così p-p-pallido”.
Le si spezzò la voce. Tremava, era sconquassata da forti tremiti.
“Mamma, non fare così, ti prego. Sono qui adesso. Non me ne andrò, mai” le dissi, anch’io con le lacrime agli occhi.
Ci abbracciammo, stretti, incuranti di tutti quegli aggeggi fissati al mio corpo.
Un pezzo della mia anima ritornò a posto, al luogo che gli apparteneva ed a cui era stato strappato.


P.S: Okay, si lo so forse è un pò smieloso? Umm..rileggendolo forse si!
        Voi comunque non mancate di farmi sapere cosa ne pensate! Al prossimo capitolo, che giuro cercherò    di postare in tempo ;D

 
 
 

   
 
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