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Autore: My Pride    16/03/2012    3 recensioni
~ Raccolta di dieci one-shot/flash fiction un po' assurda e sentimentale incentrata sulla coppia Roy/Ed ♥
» 10. It's the story of my life ~ Special Chapter ~ Hearts Burst Into Fire
Chiusi gli occhi umidi, annuendo soltanto. E la sua presa diventò più salda, più protettiva.
Stretto e piangente ad un uomo che non fosse ‘To-san o ‘Ka-san, capii che i miglior amici erano quelli che ti erano vicini al cuore anche senza saperlo.
[ Partecipante alla challenge indetta dalla community Think Fluff ]
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Roy/Ed
Note: Lime, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shattered Skies ~ Stand by Me'
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Peaceful Sunday Titolo: Peaceful Sunday
Autore: My Pride
Fandom: FullMetal Alchemist
Tipologia: One-shot
[ 2193 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roy Mustang, Edward Elric, Jason Mustang
Tabella/Prompt: Animali › 09. Cane
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff
Rating: Giallo / Arancione
Avvertimenti: 
Shounen ai, What if?


FULLMETAL ALCHEMIST © 2002Hiromu Arakawa/SQUARE ENIX. All Rights Reserved.

    Risi mentre sentivo le sue gambe nude strusciare contro di me, il suo naso sfregare contro una spalla, le sue braccia gettate al collo e quel senso di tranquillità e benessere che ci avvolgeva riempire completamente la nostra camera da letto.
    Era domenica mattina, e potevamo finalmente goderci qualche attimo d’intimità dopo quella dura settimana di lavoro, standocene rintanati sotto alle coperte avvinghiati l’uno all’altro, con i nostri corpi nudi che si riscaldavano a vicenda. Amavo l’inverno solo per quel motivo. Mentre fuori nevicava e tutto si imbiancava, io potevo starmene al calduccio con la persona che amavo, senza dovermi preoccupare di null’altro. Il pranzo e la cena potevo benissimo ordinarle da casa, quindi l’unico pensiero che maggiormente mi premeva era coccolare un po’ Edward, ora che potevo permettermelo. Da quanto tempo non facevamo l’amore? Fin troppo, probabilmente.
    Sentii le sue labbra premute sulla pelle, la sua piccola lingua rosea l’accarezzava di tanto in tanto, facendomi ridere ancora come un bambino. Presi, con lentezza e sensualità, a far scorrere le mie mani sulle sue spalle, sulle braccia, facendo attenzione a non intrappolarmene una nel suo auto-mail. Da un po' di tempo quell’affare aveva bisogno di un controllo, ma ancora non si era deciso a farsi dare un’occhiata da Winry. E tanto meglio, secondo me. Mi giunsero alle orecchie i suoi mugolii appagati quando cominciai a baciargli con dolcezza il collo, succhiandone i lembi di pelle fino a renderla arrossata, dandogli poi un piccolo morso. Le sue mani scesero ad accarezzarmi il fondoschiena, e gemetti quando il desiderio si impadronì completamente di me, facendomi respirare affannoso e lasciarmi sfuggire rantoli fin troppo marcati. Non mi sfuggì il sorrisino un po' doloroso che si era dipinto sulle labbra di Edward, sebbene vedessi alla perfezione che si trovava nella mia stessa condizione. Non potevamo rimandare oltre...
    Lui ribaltò delicato le posizioni, ma prima che la sua mano sinistra potesse scendere verso il mio basso ventre, tutta l’atmosfera sfumò, cancellata dall’improvviso suono del campanello. ‘Fanculo, chiunque fosse. Cercammo di ignorarlo, ma non smise di suonare, e ad esso si aggiunse anche l’insistente abbaiare del cane dell’inquilino al piano di sotto. Irritato, frustrato, e anche con un certo bisogno fisico di cui liberarmi alla svelta, una volta che Edward si fu spostato e rintanato nuovamente sotto al piumone mi alzai, lanciandogli una fuggevole occhiata.
    Lui scrollò le spalle, come se nulla fosse. «Vedi chi è e torna qui alla svelta», brontolò, ma stava sorridendo. «Aspetto il mio fuoco per scaldarmi», ironizzò, lasciandosi scappare una grossa risata prima di rotolare all'indietro sul letto, come se ciò che lui stesso aveva appena affermato fosse particolarmente esilarante.
    Sospirai, rassegnato. Arraffai poi la prima cosa che trovai legandomela intorno alla vita, e con tutto che faceva freddo, cercai di dirigermi più in fretta che potei all’ingresso malgrado il problema e stando attento che non mi cadesse di dosso quel vestiario improvvisato. Senza badarci troppo, però, gettai un’occhiata allo spioncino, imprecando. L’avrebbero pagata cara, parola di Roy Mustang! Avrei volentieri dato fuoco ad entrambi. Spalancai con rabbia la porta, senza nemmeno curarmi delle mie condizioni. «Che cazzo, voi due!» sbraitai, facendoli accigliare e sussultare. «Devo pensare che lo facciate apposta!» Era la terza volta, in quel mese, che mi ritrovavo fra i piedi Maes e Havoc, e sempre quando io ed Edward tentavamo di starcene per conto nostro... se non era mio figlio, erano loro!
    «Ehi, non ti scaldare, Roy», fece Maes, senza guardarmi. Potei notare dalla sua espressione che era un tantino sconvolto... 
    «Non pensavamo di trovarla impegnato di prima mattina», disse per dargli man forte Havoc, guardando con un certo interesse la pavimentazione.
    Stavo per ribattere, ma una terza voce si fece sentire, facendomi sbiancare. «Colpa mia, ‘Ka-san».
    Nay, vi prego... non era come pensavo. Mi venne quasi voglia di sbattere la porta in faccia a tutti e tre. Dalle spalle di Jean fece la sua comparsa la testa mora del mio caro figlioletto, una peste di vent’anni che avrebbe dovuto trovarsi all’Accademia. Un’altra sospensione? O solo una licenza da lui voluta? Mi portai una mano a coprirmi il volto, afflitto. Non ne potevo più. «Statemi a sentire», cominciai, sorridendo amaramente e trattenendomi a stento. «Non devo di certo spiegarvi cosa avete interrotto... vero?!» Il mio abbigliamento e qualcos’altro, parlavano da soli... era impossibile non capire.
    «Non è mica colpa nostra se decidi di divertirti con Edward alle dieci del mattino!» esclamò a voce fin troppo alta Maes, guardandomi per qualche secondo.
    «Guarda che ti ho sentito, Hughes!» fece di rimando, squillante, la voce di Edward dalla stanza, e Maes prese a rigirarsi i pollici, vagamente imbarazzato mentre Jason e Jean avevano cominciato a ridersela bella grossa. Ci guadagnai da uno dei due una pacca sulla spalla, fondendomi in un sorriso.
    «Dai, ‘Ka-san, pensa positivo», sghignazzò quel degenerato di mio figlio, gli occhi azzurri vispi e divertiti come non mai. «Noi lo facciamo anche per il tuo bene».
    Mi venne voglia di prenderlo a schiaffi. Non lo feci solo perché i suoi occhi erano tentatori. Maledettissimo azzurro cielo! «Spiegami piuttosto perché sei qui e non all’Accademia», domandai eloquente, ma invece di rispondermi lui si intromise Havoc. Stranamente non aveva sigarette in bocca, ma non gli chiesi il perché.
    «Vede, si è presentato al Quartier Generale», cominciò, traendo un sospiro. «Avevamo da fare gli straordinari quando l’ho trovato a gironzolare nella Hall».
    «Non mi sembra d’aver chiesto questo», borbottai in risposta, sistemandomi meglio il lenzuolo che copriva le mie nudità. Ormai la mia eccitazione era scoppiata come una bolla di sapone, per colpa loro. Dannazione.
    «Ci stavo arrivando», fece ancora lui, quasi annoiato. Ma fu Maes a continuare, interrompendo sia lui che Jaz, che stava tentando di prendere la parola.
    «Questo genio di tuo figlio ha ben pensato di seguire le tue orme», disse, come se quella semplice spiegazione desse una risposta a tutto. Inarcai un sopracciglio, però, senza capire.
    «Cazzeggiava, Roy,» fece ancora, un po’ innervosito. Avrei dovuto esserlo io, non lui! Mi avevano interrotto sul più bello!
    «Non vedo quale sia il problema», bofonchiai punto nel vivo. Anche lui cazzeggiava, all’Accademia. Non poteva dare la colpa a me se lo faceva anche Jason. I ragazzi erano ragazzi, no?
    «Visto, Zio, te l’avevo detto che per ‘Ka-san non c’erano problemi», si fece sentire la voce del mio pargolo, tutto contento.
    Sbuffai fra me e me, non volendo indagare oltre. Qualsiasi cosa avesse fatto, ben sapevo che non mi sarebbe piaciuta. Così, dopo un altro paio di parole e scambi di convenevoli, feci entrare quel degenerato, salutando loro con un ampio gesto della mano prima di chiudere la porta. Jason mi seguì tranquillo per un bel tratto di strada, fermandosi solo quando mi voltai per fulminarlo con lo sguardo. «Trovati qualcosa da fare», berciai imbronciato. «Ho un affare da concludere»,
    Scettico, fece vagare il suo sguardo ceruleo su di me. Si soffermò sul lenzuolo che tenevo legato in vita, tornando poi a guardarmi in viso con quella sua solita espressione da so tutto io. «Oh, certo, vedo bene che affare», replicò, sarcastico. Lo fulminai con lo sguardo. Uno di quelli che volevano dire “Sono cazzi miei.” E proprio di quelli si parlava. «Lo vedi, tanto meglio», sbottai, sebbene non mi andasse a genio essere preso in giro.
    Jason sbuffò un po’, sollevando un angolo della bocca. «Non fa bene non portare a termine il lavoro, sai?» fece ancora, ironico. E a quel punto volli davvero prenderlo a schiaffi. Sembravano invitanti, quelle guance... ma, per mia sfortuna, mi trattenni nuovamente.
    «Di chi è la colpa di questa interruzione, secondo te?» gli tenni solo presente con irritazione, vedendolo fare spallucce.
    «Mia no di certo», rispose con innocenza. «Io l’avevo detto a Zio Maes che probabilmente eravate impegnati a fare sesso».
    Sempre schietto. Non c’era nulla da fare. Ed era anche sempre pronto a scaricare la colpa su altri. Ma gira e rigira era sua, quando venivamo interrotti!
    «Che succede?» chiese dopo poco la voce di Edward, richiamando l’attenzione di entrambi. Era poggiato alla stipite della porta, senza nulla addosso. Alla vista di Jason arrossì un po’, nascondendosi prima di sollevare un sopracciglio. «Tu non dovresti essere qui», costatò. Bell’intuito davvero. E ci era arrivato da solo, eh.
    Vidi il nostro figlioletto dar vita ad una di quelle scrollate di spalle che potevano significare tutto o niente, sorridendo rivolto al suo indirizzo. «Anche io sono felice di vederti, ‘To-san», ironizzò, ricevendo un’occhiataccia dal mio compagno.
    Edward borbottò qualcosa fra sé e sé, gettando poi un rapido sguardo verso di me. Ahia. Non mi piaceva come mi guardava. Vuoi vedere che ora ci andavo di mezzo io? E stavolta non avevo fatto nulla! «Spiegazione?» domandò, con quella voce un po’ nervosa. Ecco, io lo sapevo...
    Mi grattai con non curanza dietro al collo, scrollando anche io le spalle. Ne sapevo quanto lui, molto non potevo dire. «Stavolta non so nulla», feci sincero. «Devi chiedere a Maes o a Jean», scoccai un’occhiata a Jason, che sbadigliava tranquillo. «O al qui presente Jaz, il diretto interessato».
  Gli occhi color whisky del mio compagno si posarono su di lui, anche se sembrava tutt’altro che intimidatorio nascosto com’era dietro la porta. «Allora, Jaz?» gli chiese, ottenendoci solo un’altra non curante scrollata.
    «Mettiamola così», iniziò, ponendo poi entrambe le mani avanti come a voler imporre già da quel momento una tregua. «C’entrano le donne».
    A quella eloquentespiegazione, non volemmo chiedere più nulla. Sicuramente aveva fatto una qualche cazzata delle sue. Non sapevo quale, certo. Ma ero pronto a scommettere che era bella grossa, se gli aveva fatto lasciare per l’ennesima volta  l’Accademia. Vidi Edward alzare lo sguardo al soffitto, sconsolato. E non gli davo torto. Era una mina vagante, quel ragazzo. «Vai in salotto, Jaz», disse di punto in bianco, con un tono quasi arreso. «Leggiti un libro, una rivista, mettiti a mangiare... ma vedi di stare lontano dal corridoio». Corridoio forse era troppo espansivo. Camera nostra esprimeva meglio il palese divieto.
    Jason scosse la testa, borbottando fra sé e sé. «Quando volete spassarvela siete veramente intrattabili», costatò, ricevendo un’occhiata ammonitrice da entrambi. Intrattabili noi, certo. E lui allora? Quando cominciava con le solite sparate sulla sua altezza era insostenibile. Peggio di Edward, certe volte. E avevo detto tutto.
    «E io lo diventerò ancora di più se non finiamo», riprese Ed, assottigliando lo sguardo.
    Il viso di Jason si contrasse un po’ in una piccola smorfia, scuotendo la testa. «Contenti voi», borbottò quasi sottovoce, quasi non volesse farsi sentire. Ma lo sentimmo bene.
    Edward si avvicinò anche maggiormente a lui così da essere alla sua stessa altezza - il che non era difficile - e lo guardò attentamente negli occhi, nervoso. Nemmeno gli importò se era completamente nudo sotto il suo sguardo. Tanto, ormai. «Jason Mustang», disse, e mi sembrò quasi imperativo. «O te ne vai in salotto senza disturbare o ti ci spedisco io a suon di calci. Sono stato chiaro?»
    Emettendo un basso borbottio contornato da uno sbuffo, lui agitò distratto una mano. Come se non gliene importasse. Ma fu bofonchiando che si diresse in salotto. Proprio come gli era stato ordinato. Mi stupivo sempre quando Edward riusciva a farsi ubbidire. Sia da Jason, sia da me. Che fosse lui il cane alfa, in quella casa?
    Vidi Edward osservarmi curioso e malizioso, mentre mi faceva cenno di seguirlo in camera da letto. Si buttò sul materasso, spostando un pò il piumone. Picchiettò poi la parte libera con la mano d'acciaio, invitandomi. «Su, credo che adesso non ci disturberà più almeno per un bel po' di tempo», mi sorrise, passandosi allusivo la lingua sulle labbra. Un gesto lento ed erotico che mi mandò letteralmente in delirio. Strano, però, visto che di solito mi liquidava sempre con una scusa. Jason in casa? Niente sesso. Ma non volli ricordarglielo. Così, come un predatore, mi avvicinai al letto, balzando su di lui e strappandogli un urletto divertito mentre mi avventavo voracemente sul suo collo, con le sue mani aggrappate alle spalle.
    Stavo per prepararmi a spingermi oltre quando sentii un insistente scalpiccio e qualche tonfo. La previsione di Edward, a quanto sembrava, era sbagliata. Anche a distanza faceva casino. Imprecai fra i denti e mi riconcentrai su di lui che mi aveva nuovamente attirato a sé, lasciando perdere i rumori che provenivano dal soggiorno. Aveva davvero voglia, a quanto sembrava. Ma qualcosa di pesante che cadeva frantumò completamente tutto. Per l’ennesima volta. E prima ancora che ce ne rendessimo conto, la porta s’aprì con non curanza, rivelando la figura di nostro figlio che reggeva fra le mani qualcosa. Aveva il volto dispiaciuto, nonostante non lo fosse poi così tanto. «Mi sa che l’ho rotto», disse tranquillo, incurante che fossimo entrambi nudi sotto il suo sguardo azzurro. Ma quando il mio si posò sull’oggetto in questione, sbiancai. Era uno dei miei spadini da collezione, quello?
    Spalancai la bocca, incredulo, dimenticandomi persino di Edward. E ce ne voleva, bisognava aggiungere. Ma quella volta l’aveva fatta grossa, il nostro pargolo. Come diavolo aveva fatto a romperlo?! Me ne fregai di tutto, anche del fatto che ero nudo, alzandomi di scatto. Ero a dir poco furioso, e quel degenerato se n’era accorse. Tanto che, urlando un “Non l’ho fatto apposta!” cominciò a fuggire verso il salotto, chiedendo invano pietà.
    Inutile dire che una vena ballerina cominciò a pulsare sulla mia fronte, mentre lo rincorrevo per casa seguito dalle esclamazioni di disappunto di Edward. «Jaz! Questa volta non mi scappi!»







_Note inconcludenti dell'autrice
Stavolta non ho molto da dire, se non che, come le precedenti, anche questa è una vecchia storia
Sono vecchie storie come questa che i fanno sorridere e provare una certa quanto bizzarra nostalgia, e non posso far altro che sospirare afflitta quando vedo il fandom così abbandonato
Io continuerò comunque a postare, dunque se qualcuno legge, commenta o passa anche solo per caso da queste parti, spero che un piccolo sorriso gli venga strappato con queste piccole storie
In fondo Jaz è un amore, no? *Cuore di mamma mode on*
Commenti e critiche sono ben accetti.
Alla prossima. ♥


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