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Autore: Zomi    16/03/2012    10 recensioni
-...lui mi ha sempre protetto e difeso da tutto e da tutti… e non m’importa di morire oggi, sotto le vostre angherie, se ciò servirà a proteggerlo e a salvarlo… in verità, sono io in debito con lui, non il contrario, e oggi salderò il mio debito: per una volta sarò io a proteggerlo e difenderlo da tutto e da tutti…-
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ANGOLO DELL’AUTORE:
Chiunque legga questa FF è pregato di commentarla. Siate sinceri, grazie!!!

Zomi
 


 

NAMI’S DEBIT
 


 
Il ticchettio della pioggia era fastidioso.
Lo disturbava, con quel suo suono continuo e costante, senza mai pause o alternazioni.
Era fastidioso, come lo era la dura e fredda terra su cui era disteso. Di puro ghiaccio, ecco come gli sembrava. Come se si fosse addormentato su un lago ghiacciato e che ora, quella lastra fredda, cercasse di penetrare dentro di lui fino a raggelargli anche le ossa. Ghiaccio tagliente e glaciale che lacerava la pelle nuda della sua schiena e delle scapole, mordendo i muscoli e dissetandosi con il sangue che colava dal profondo taglio che stillava sangue a livello dei reni.
Il dolore era lancinante, ma Zoro non si lamentava.
Non riusciva a muovere nemmeno una fibra del suo corpo, totalmente indolenzito e racchiuso in quel silenzioso dolore. Non riusciva nemmeno ad aprire gli occhi per vedere se piovesse veramente o meno, in quanto, sebbene percepisse il rumore della pioggia, non ne sentiva le gocce cadergli sul viso e sul corpo. Restava fermo e immobile sdraiato sul selciato della strada, a gridare dentro di se per il male, incapace di urlare veramente. Migliaia di piccole scintille scoppiavano intorno alla sanguinante ferita che lo trapassava, incendiandogli la pelle e bruciandola. Il flusso di sangue che ne sgorgava, lacerava maggiormente il taglio, aprendolo sempre più per la furia con cui usciva dall’interno del corpo dello spadaccino, riversandosi fino a terra e bagnando la polvere.
Zoro non ricordava come era arrivato lì, ferito e sanguinante disteso sulla strada. Ricordava solo l’arrivo sull’isola, la separazione dai compagni per andare a bere con la sua mocciosa in una taverna qualsiasi e poi…
-Mmh…-
Un lamento.
Quello era un lamento. Un gemito di dolore.
Trasalì sorpreso il samurai. Qualcuno stava soffrendo.
Risvegliato da quel sussulto dolente, lo spadaccino tremò, cercando di riprendere il controllo di se stesso. Smosse le gambe e percepì chiaramente alcune gocce di acqua bagnargli le ginocchia.
-… Anf…-
Di nuovo un gemito. Più soffocato sta volta, ma comunque doloroso. Chi stava soffrendo? Chi? Un suo Nakama? Nami? Era lei che soffriva?
-… Ahhh…-
Un grido.
Un grido di dolore scappato da labbra serrate e strette da un indomito carattere, orgoglioso e testardo che lui conosceva bene, ed emesso da un timbro di voce abituato a soffrire in silenzio, a sopportare tutto e continuare ad andare avanti.
Nami.
Quella che stava soffrendo era la sua mocciosa. Qualcuno la stava picchiando, con cattiveria e accanimento, per piegare quel suo orgoglioso spirito e sentirla urlare per il dolore. Un nuovo orribile grido strozzato e un fremito intorno alle spalle del verde.
“Nami!!!” pensò spaventato.
Deglutendo a fatica, si impose di aprire l’occhio destro e vedere che cavolo stesse succedendo. Con estrema fatica e tremando per lo sforzo, riuscì malamente a socchiudere appena l’occhio, aprendosi una piccola visuale sul mondo esterno che fino a pochi attimi prima era buio e confuso.
Sfuocato e non del tutto chiaro, un cielo grigio e turbe gli si spalancò sopra di lui, quasi accecandolo con la sua luce biancognola e improvvisa. Richiuse di scatto l’occhio, irritato per l’inattesa luce. Digrignando i denti, riaprì con fatica l’occhio, ricominciando a osservare di nascosto ciò che lo circondava.  Ora la visuale era abbastanza chiara, anche se non riusciva a delineare bene la figura dai contorni incerti e rossicci che lo sovrastava, coprendolo dalla pioggia su gran parte del corpo.
Con testardaggine, Zoro si concentrò al massimo per mantenere aperta quella piccola fessura e migliorare la visuale. Il ticchettio della pioggia aumentò d’intensità, diventando più fragoroso e assordante. Il diluvio cadeva indefesso e abbondante su l’intera piazza dove si trovava, bagnando ogni più piccolo centimetro di essa, tranne lui.
Da ciò che aveva potuto sentire e percepire, Zoro capì che sopra il suo muscoloso e ferito corpo, si ergeva con forza e caparbietà quello esile e ansimante della navigatrice Mugiwara.
Lo proteggeva dalla pioggia, mettendolo al riparo dalle gocce fredde di essa e difendendolo dai continui calci e spinte che dei marine sferravano contro di lei.
Era posata con i palmi delle sue mani dietro le spalle dello spadaccino, alzata dal resto del corpo maschile che proteggeva, inginocchiata a terra, ricoprendo dalla testa fino a metà gambe il giovane e proteggendolo come uno scudo dalle intemperie e dai loro nemici.
-… mgh…-
Un nuovo calcio alla schiena la colpì, incurvandola in avanti. Nami non perse l’equilibrio e resistette al colpo, non rovinando sul corpo ferito del compagno. Con uno sbuffo, fletté nuovamente le braccia, riportandole tese e dritte attorno al viso rilassato e privo di conoscenza del verde. Era stanca.
Sentiva la pioggia scivolarle dalla schiena lungo i fianchi, correre su di essi e seguirne il profilo, fino a raggiungere il suo addome e da lì gocciolare su quello dello spadaccino. I lunghi e rossi capelli erano completamente bagnati, e dalle loro punte cadevano a terra piccoli fiumiciattoli di pioggia, che andavano a mischiarsi con il sangue che colava dalla ferita del suo compagno e dalle sue. I suoi vestiti, un paio di short di jeans rossi e una camicia scollata bianca, erano totalmente fradici. Ansimava debolmente, Nami, sul punto di cedere sotto la pioggia di calci di fucili e colpi di tacco dei militari.
-Umpf…- sbuffò, venendo urtata dal calcio di una carabina che la fece quasi cadere totalmente addosso al torace del verde.
-Ah ah ah ah…- rideva il soldato che l’aveva appena colpita -… che credi di fare, donna? Speri davvero di poterlo proteggere ancora per molto? Illusa… ah ah ah ah…-
Nami non rispose. Strinse i pugni a terra, mordendosi un labbro per la rabbia e il male che provava, cercando di mantenere la sua posizione sopra il corpo di Zoro, coprendolo dalla pioggia e dall’attacco dei marine. Quei maledetti li avevano attaccati alle spalle, non appena loro avevano lasciato la taverna in cui stavano bevendo.
La navigatrice aveva avvertito l’avvicinarsi di un acquazzone e, dopo numerose proteste da parte del compagno, l’aveva convinto a fare ritorno sulla Sunny. Non avevano nemmeno percorso 10 metri sulla via che portava al porto, che quel manipolo di soldati li aveva accerchiati e attaccati in un piccolo foro. Di sorpresa e con vigliaccheria, uno di loro aveva ferito alle spalle lo spadaccino, trapassandolo con la lama della sua spada, mentre questi lottava con un suo compagno. Il verde si era accasciato al suolo ferito e aveva perso conoscenza per l’abbondante emorragia, emettendo un raccapricciante rantolo di dolore. Nami aveva interrotto subito di combattere con i marine, buttandosi a proteggere il corpo dello spadaccino dall’imminente colpo di spada di un soldato. Un profondo taglio le si era aperto sulla schiena, lacerandole la camicia, ma non aveva sentito alcun male, preoccupata com’era per la vita del suo Nakama.
Zoro era svenuto e una scia rossa e densa sgorgava dalla sua schiena, riversandosi sul selciato della piazzola e mischiandosi alla polvere. Nami osservava nel panico il corpo del ragazzo, terrorizzata al pensiero di perderlo. Si issò sopra di lui, studiandolo e riprendendo a respirare quando percepì il suo soffio leggero e debole alzargli il torace. Piccole gocce, chiare e leggere avevano in tanto iniziato a diluire quel flusso amaranto che sgorgava da dietro la schiena dello spadaccino, disperdendolo intorno al corpo del ragazzo.
L’acquazzone, in fine, era iniziato.
Nami aveva ricoperto il corpo del compagno con il suo, tendendosi sopra di esso e cercando di proteggerlo dalla pioggia. Una raffica continua di calci e colpi si era abbattuta sul formoso e femminile corpo, nel tentativo di farla cedere e stramazzare al suolo sfinita come il compagno, approfittando di quella posa inoffensiva. Ma la forza d’animo e l’orgoglioso spirito della navigatrice avevano resistito con testardaggine, non piegandosi a quelle sevizie.
Con un movimento rapido e nascosto, Nami aveva azionato l’SOS del DenDen-mushi che aveva con se, per chiedere aiuto ai compagni, mentre i marine continuavano a malmenarla.
-Ah ah ah ah… appena ci stancheremo di picchiarti, porteremo te e il tuo compare alla nostra nave e da lì non scapperete più al vostro mortale destino a Marine Ford…- la derise un altro soldato, calciandola sulle gambe. Nami chiuse gli occhi per il dolore, ma non emise alcun verso.
Sapeva che il male che stava provano, non era niente in confronto a quello che Zoro stava sopportando in quel momento. Riaprì gli occhi, posando lo sguardo dolce e stanco sul viso asciutto del verde: sembrava dormisse. L’espressione era rilassata e gli occhi erano socchiusi. Brevi scatti muovevano il suo corpo, forse in reazione al dolore che stava provando.
-Zoro…- mormorò preoccupata, prima che un nuovo colpo la incurvasse verso il volto del ragazzo e che una piccola lacrima di preoccupazione per la sorte del compagno le scivolasse lungo la guancia.
Zoro la vide, quella piccola ma pesante lacrima. Nami era in pensiero per lui e i continui colpi non giovavano alla sua ferita sulla schiena. Cercò di ringhiare contro i soldati, ma nessun verso uscì dalle sue sottili labbra. Avrebbe desiderato potersi alzare e impugnare le sue fide katane, proteggendola e salvandola da quei bastardi della Marina.
Prendersela con una donna. Maledetti vigliacchi, gliela avrebbe fatta pagare cara, molto cara.
-Argh argh argh… che scenetta patetica… il famoso Roronoa protetto dalla sua navigatrice… da una donna… argh argh argh… che femminuccia…- un calcio sulle costole.
-Un pappamolle…- la punta nera e dura di uno stivale spingeva con forza sulla spina dorsale ricurva della navigatrice.
-Un guerriero di carta igienica…- rise un altro marine, mentre sferrava un possente colpo di tacco del suo fucile tra le scapole della ragazza, ricoperte dai capelli sciolti e fradici.
-NON VI AZZARDATE A DERIDERLO…-
La voce improvvisamente carica e energica di Nami zittì i marine, che puntarono sorpresi il loro sguardo su di lei.
-Non dite una sola parola sul mio spadaccino, chiaro? Lui è il grande Roronoa, futuro miglior spadaccino al mondo, e voi non siete degni nemmeno di leccare l’ombra de suoi passi, luridi omuncoli…- sbraitò la rossa, concentrando lo sguardo sul viso inespressivo del verde.
Nessuno, nessuno poteva deridere Zoro. Lui era il migliore, il più forte e nobile guerriero del Grande Blu, suo Nakama e compagno. Sebbene un po’ scorbutico e testardo, lui era sempre pronto a dare tutto se steso per gli altri, soprattutto per lei, e nessuno poteva permettersi di ridere di lui davanti a lei e sperare di passarla liscia. Zoro era suo, e guai a chi glielo toccava. Nessuno doveva osare parlare male dell’uomo che amava.
-Zoro è il più grande spadaccino di sempre…- continuò Nami, stringendo con rabbia le nocche delle mani fino a farle diventare bianche e intimandosi di trattenere le lacrime di rabbia e dolore per le contusioni -… lui mi ha sempre protetto e difeso da tutto e da tutti… e non m’importa di morire oggi, sotto le vostre angherie, se ciò servirà a proteggerlo e a salvarlo… in verità, sono io in debito con lui, non il contrario, e oggi salderò il mio debito: per una volta sarò io a proteggerlo e difenderlo da tutto e da tutti…-
Una piccola lacrima scivolò lenta sullo zigomo della bella cartografa, per poi cadere leggera e fresca sulle labbra di Zoro, piacevolmente sorpreso delle parole dolci e protettive che la compagna aveva appena pronunciato. Aveva sempre saputo che il loro rapporto non era di semplice amicizia, che esso tendeva ad assomigliare di più a una forma di amore reciproco, nascosto e timido, un tacito accordo di attesa tra i due e di fedeltà fino alla dichiarazione d’amore di entrambi. Ma quelle parole, inattese e potenti, erano la prova reale e vera di tutto quel sentimento che entrambi custodivano dentro di loro. Lo spadaccino cercò di ghignare, come sempre faceva quando era orgoglioso di lei, ma fallì, ancora troppo debole per muovere anche solo i muscoli del viso.
-Stupida…- ringhiò un soldato, sferrando un calcio sulla schiena ferita della ragazza e schiacciando il tacco nero e sporco di fango dello stivale contro la ferita aperta -… tu morirai oggi, sotto questa insulsa pioggia, e il tuo caro compagno perirà con te… il tuo sacrificio sarà inutile…-
Fragorose risate si alzarono come un coro dal foro e altri tacchi pesanti e lerci si posarono con cattiveria sul dorso di Nami, iniziando a spingere su di esso per far stramazzare al suolo la giovane.
La navigatrice digrignò i denti, impegnandosi a tener dritte le braccai e a non cedere a quelle spinte.
-Solo un grado… solo un grado…- si ripeteva, aspettando che la temperatura scendesse ancora di un misero grado, prima di punire tutti quei maledetti marine.
-Solo un grado, spadaccino mio… solo uno e poi nessuno più ti disturberà nel tuo riposo…- mormorava, cercando di resistere a quei spintoni portentosi e mordendosi le labbra per il dolore.
-Un grado, amor mio… un solo grado…-
Con gesto tremante, portò la mano destra fino alla cintola dove era fissato il suo Sansetsukon, cercandolo con la punta delle dita. Sentì la stoffa della sua camicetta totalmente bagnata dalla pioggia e il bordo dei calzoncini imbrattato del sangue della sua ferita. I calci e le spinte dei marine si susseguivano con cattiveria su di lei, enfatizzate dalle risate e dagli insulti dei soldati.
Sostenuta su una sola mano, Nami tremava allo stremo delle forze, rischiando di cadere sconfitta sotto quei soprusi, ma orgogliosa più che mai, ansimando e cercando di trattenere senza successo quelle maledette lacrime di dolore che le rigavano il bel viso, continuava a reggersi sopra Zoro. A tentoni, setacciava la sua cintura.
“Dov’è? Dov’è?” imprecava dentro di lei. Passò la mano sul lato sinistro dei pantaloncini, trovandoci alla fine allacciata la sua arma. Con un sorriso, l’afferrò decisa percependo che finalmente quell’ultimo sospirato grado di temperatura era sceso. Sorridendo trionfante, si alzò dal corpo del compagno, mettendosi in ginocchio in mezzo ai marine, che la circondavano nel picchiarla, e, con la schiena dritta e le braccia tese al cielo grigio e piovoso, puntò la sua arma verso le gocce di pioggia.
-SHARP ICE RAIN…- gridò, per poi tuffarsi addosso a Zoro e coprirlo totalmente con la sua figura. I soldati restarono a bocca aperta, basiti per quel gesto inaspettato, ma non ebbero il tempo di deriderla o riprendere le loro violenze sul corpo rannicchiato della navigatrice, perchè una fitta pioggia di gocce ghiacciate, affilate e taglienti, si scagliò su di loro, trafiggendoli e penetrandogli nella carne.
Molti di loro iniziarono ad urlare per il dolore, scappando in ogni dove lungo il foro, ma la pioggia si era totalmente tramutata in quel diluvio di coltelli di ghiaccio. I più erano già stramazzati al suolo, sanguinati e privi di conoscenza. Nami, con sorriso soddisfatto, difendeva il corpo del suo samurai, facendogli da scudo e sopportando il suo stesso attacco. Zoro era sbalordito dalla nuova tecnica della compagna. Sapeva che era migliorata parecchio durante i due anni di allenamento, ma non si aspettava così tanto. Con uno sforzo immondo, la strinse a se afferrandola per alcuni lembi della camicia che indossava e avvicinando maggiormente i loro toraci. Lentamente, la piazza si zittì.
Le grida dei marine scemarono lungo le vie, inseguendo i pochi sopravvissuti, mentre il ticchettio della pioggia tornava a governare ritmicamente sul selciato. Le piccole lamelle di ghiaccio tornarono semplici lacrime d’acqua, non più mortali e nocive, ma leggere e fresche, innaffiando i soli due corpi vivi del foro.
Il battito della pioggia ora era più calmo e leggero, come a voler cullare le membra stanche e sanguinati dei due giovani stesi nella piazzola. Ansimando la navigatrice sorrise, accarezzando lievemente il viso del verde e posando a terra, vicino alle inermi katane di lui, la sua arma.
-Come stai?- chiese con un fil di voce Nami, accortasi della presa dello spadaccino e capendo che si era risvegliato.
-Non c’è male…- ghignò quello, con un finto tono straffotente ma che rivelava tutto il suo malessere e la sua stanchezza -… tu?-
La navigatrice si addossò del tutto al torace del compagno, infossando il capo ramato nel’incavo tra spalla e collo.
-Sono a pezzi…- ridacchiò, sussultando per le ferite sanguinati della schiena.
-Credo di capire che intendi…- portò un mano sul suo dorso Zoro, accarezzandole lievemente i brandelli della camicia e cercando di non sfiorare i tagli. Sentiva la pelle candida e liscia della ragazza tremare per i suoi tocchi, mentre scie rosse si univano alla pioggia e al suo sangue per riversarsi a terra.
Sfinita, Nami cercò a terra la mano del samurai, per stringerla nella sua. Intrecciò con decisione le loro dita e si rilassò sentendo la stretta di Zoro in risposta alla sua.
-Gli altri stanno arrivando…- mormorò lei.
-Si, tranquilla mocciosa… arrivano…- l’abbracciò lo spadaccino, chiudendo gli occhi e beandosi della leggera pioggia che ora li bagnava. Era come se una mano fresca e leggera li accarezzasse, rinfrescando le loro ferite e tamponandole un poco.
-Grazie…- soffiò tra i crini rossi lui -… grazie per avermi protetto oggi… mocciosa mia…-
Nami scrollò le spalle, alzando di poco il capo verso il mento del ragazzo. Vi posò un bacio leggero, tornando poi a infossare il volto sulla gola calda e accogliente di lui.
-È mio dovere…-
Chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal battito dolce e regolare del cuore maschile che la accarezzava. Le loro mani intrecciate, il sangue unito in un unico rivolo vermiglio, le loro fatiche coccolate dalla stessa pioggia, i respiri che cantavano a tempo, i loro cuori che risuonavano come uno solo, mentre da lontano si potevano sentire il possente avvicinarsi di due corse: zoccoli rumorosi di renna dottore e passi vigorosi e veloci di un capitano dal cappello di paglia. 

   
 
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