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Autore: RicksIlsa    17/03/2012    1 recensioni
« Mary Margaret, ascoltami bene. Io ti giuro che non lascerò che accada. Andrò fino in fondo a questa storia. Andrà tutto bene. Non ti lascerò nei guai » promise, e si lasciò scappare un piccolo strillo quando Mary Margaret improvvisamente la soffocò nell’abbraccio più forte che avesse mai ricevuto.
La sorpresa si dissolse in fretta, ed Emma sentì crescere il suo affetto per Mary Margaret di dieci volte.
Ventotto anni senza una meta, e finalmente aveva trovato la sua casa in questa piccola, stramba, pittoresca cittadina. Dopo Henry, Mary Margaret era quanto di più vicino a una famiglia Emma avesse mai avuto. E avrebbe lottato fino all’ultimo respiro per tenerla con sé.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: David Nolan/Principe Azzurro, Emma Swan, Mary Margaret Blanchard/Biancaneve, Signor Gold/Tremotino
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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N/A: Ambientata dopo il finale di Red-handed; lieve spoiler su Heart of darkness.

 

 

 

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Mary Margaret non aveva detto molto al momento dell’arresto, ma il dolore e il tradimento le si leggevano in faccia.

« Devo farlo secondo le regole; non posso mostrare alcun favoritismo » cercò di spiegare Emma, mentre guidava gentilmente l’amica alla cella.

L’altra rimase in silenzio.

« Dai, lo sai che Regina non aspetta che una scusa... Mi rimpiazzerebbe in un battito di... » Le parole le uscirono di bocca prima che si rendesse conto di quel che diceva.

La pelle chiarissima di Mary Margaret si fece ancora più pallida a quel gioco di parole non voluto.

« Oddio! Scusa! Non intendevo... » La voce di Emma si affievolì; agitò le braccia impotente.

La sua compagna si limitò a scuotere la testa e si sedette sulla panca nella cella. I gomiti sulle ginocchia e il viso sepolto nelle mani, lacrime silenziose scivolarono sulle sue guance bianche.

Emma afferrò una scatola di fazzoletti e una bottiglia d’acqua e li posò sulla panca, prima di chiudere la cella.

Ci vollero quasi due ore per catalogare tutti i documenti, le impronte digitali e le foto segnaletiche. Tutto fu schedato e salvato in backup. Emma non aveva intenzione di tralasciare nulla. Lo doveva alla sua amica: sarebbe stata più accurata che poteva.

« Fatto. Ora io ti pago la cauzione e tu te ne torni a casa. Poi noi... »

« Ho il diritto di fare una telefonata, vero? » la interruppe Mary Margaret, secca.

« Ehm, certo. Certo che puoi » disse Emma, e cominciò a cercare il cellulare dell’amica nella sua borsa.

« Devo usare il tuo. »

Emma batté le palpebre e la guardò confusa.

« Nel mio non c’è il numero di cui ho bisogno. »

Mary Margaret tese la mano attraverso le sbarre, ed Emma si fece scivolare lentamente il cellulare fuori dalla tasca e glielo passò.

La donna nella cella rivolse a Emma uno sguardo penetrante.

Ti fidi di me, o no?

Le parole non furono pronunciate ad alta voce, ma fu come se lo fossero. Non ci volle molto a Emma per prendere una decisione.

« Andrò a... fare due passi e a prendere una boccata d’aria. »

Aveva intenzione di stare fuori molto più a lungo ma, nella fretta di dimostrare la sua fiducia a Mary Margaret, aveva dimenticato il cappotto, e fuori faceva molto freddo.

Mary Margaret aveva appena riagganciato quando Emma rientrò.

« Qualcun altro verrà a pagare la cauzione. Non devi preoccuparti di macchiarti la reputazione. »

Emma si sentì come se l’avesse schiaffeggiata.

« Mary Margaret, per favore, non fare così! »

Ma l’amica aveva rivolto il viso al muro e si rifiutò di dire una parola di più.

Venti minuti dopo, Emma udì un suono familiare e si lasciò sfuggire un gemito.

« Oh, ti prego, dimmi che non l’hai fatto! »

Tirò di nuovo fuori il cellulare dalla tasca e controllò l’elenco delle ultime chiamate.

Il nome del signor Gold era in cima. E di sicuro era proprio il ticchettio del suo bastone sulle piastrelle del pavimento, il suono che Emma aveva riconosciuto.

« Non dovevi farlo... Ti avrei tirata fuori io! Non avresti dovuto fare un patto con lui! »

Mary Margaret era arrossita, ma sporse il mento in fuori con aria di sfida.

« Non vorrei mai che tu mostrassi dei favoritismi. »

Emma si sentì cadere la mascella a quel tono arrogante. Suonava così sbagliato, nella bocca della sua migliore amica.

« Signorina Blanchard, le consiglierei di non parlare in assenza del suo avvocato. »

Emma e Mary Margaret trasalirono al suono della voce, malgrado sapessero entrambe della sua presenza lì.

Emma si voltò a fronteggiarlo, pronta a scatenare tutta la rabbia di quella giornata assurda, ma si fermò di fronte allo sguardo di quegli occhi scuri. La guardava con partecipazione e apprensione. Non era suo nemico, e sarebbe stato leale all’accordo di aiutare la sua amica. Naturalmente doveva avere le sue buone ragioni, ma l’avrebbe fatto, ad ogni costo. Ed Emma si era già rivelata incapace di arrivare dove poteva arrivare lui.

La rabbia si sgonfiò, e lei tornò a guardare Mary Margaret con occhi stanchi.

« Ha ragione. Devo mantenermi neutrale e seguire le regole. C’è troppo in gioco » ammise con un sospiro.

Gli occhi di Mary Margaret brillarono di lacrime non versate.

« Giusto. Non vorrei certo che tu perdessi il lavoro! Voglio dire, è solo della mia vita che si sta parlando! » praticamente urlò.

Questa volta fu come un calcio nello stomaco.

« Regina la farebbe subito licenziare. Come suo avvocato, credo che la nostra migliore possibilità sia che Emma Swan mantenga il suo distintivo. »

La voce di Gold era tranquilla, ma le sue parole echeggiarono forte nella mente di Emma.

Mary Margaret si portò una mano alla bocca e singhiozzò. Altre lacrime caddero e, senza pensarci due volte, Emma aprì la cella.

« Mary Margaret, ascoltami bene. Io ti giuro che non lascerò che accada. Andrò fino in fondo a questa storia. Andrà tutto bene. Non ti lascerò nei guai » promise, e si lasciò scappare un piccolo strillo quando Mary Margaret improvvisamente la soffocò nell’abbraccio più forte che avesse mai ricevuto.

La sorpresa si dissolse in fretta, ed Emma sentì crescere il suo affetto per Mary Margaret di dieci volte.

Ventotto anni senza una meta, e finalmente aveva trovato la sua casa in questa piccola, stramba, pittoresca cittadina. Dopo Henry, Mary Margaret era quanto di più vicino a una famiglia Emma avesse mai avuto. E avrebbe lottato fino all’ultimo respiro per tenerla con sé.

Il signor Gold si schiarì la gola, e le due donne sciolsero riluttanti l’abbraccio.

« Vada a casa, signorina Blanchard. Si riposi. Verrò a trovarla domattina per mettere a punto la nostra linea difensiva » ordinò, ma con una gentilezza che non portava con sé alcuna offesa.

Emma le rivolse un cenno del capo e la guardò uscire. Si voltò a lanciare a Gold un’occhiata di avvertimento.

« Perché lo sta facendo? Cosa ci guadagna? » domandò.

Lui sorrise e abbassò lo sguardo, come prendendosi un momento per godersi un qualche scherzo tutto suo. Poi alzò di nuovo lo sguardo su di lei e inclinò il capo.

« Semplice. Ho bisogno che lei faccia il suo lavoro, e che lo faccia al meglio. Mi deve ancora quel favore e, se non fosse più sceriffo, allora le mie opzioni sarebbero molto... limitate. »

Emma annuì, sollevata ora che aveva compreso le sue motivazioni.

« Si muova con attenzione, Emma. Ha una parte da recitare, e tutta la città sta a guardarla. »

   
 
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